Creato da maryrose.ms il 14/05/2008

CONTROESODO

BREVI PAUSE PER RIPRENDERE FIATO

 

 

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DESIDERIO DI ROSARIO

Post n°13 pubblicato il 02 Giugno 2008 da maryrose.ms
 

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MARINA CORRADI

 Un amico
racconta di sua nonna e del suoandare, nelle sere di maggio, a dire il Rosario
in cortile con le vicine, dieci donne sedute su una fila di sedie davanti alla
cucina.

  «Quanto tempo fa ?», domandi tu, immaginando un ricordo vecchio di
lustri. Ma no, risponde l’amico, il Rosario mia nonna lo dice nel cortile della
sua casa a Lambrate,in queste sere di maggio.Lambrate è quella periferia di
Milano sotto la verticale degli aerei che decollano da Linate.

  Ogni tre minuti sopra la testa la prua di un jet che si alza rombando.
Accanto, le sei corsie della Tangenziale gonfie di traffico incolonnato; sotto,
le acque livide del Lambro. Quel quartiere, a vederlo, sembra l’icona grigia di
una modernità senza memoria. E che invece – ancora, o di nuovo – ci si dica il
Rosario nei cortili, ti stupisce. È finito ieri maggio, e, al di là della
celebrazione del Papa a San Pietro, sui giornali di mesemariano non hai letto.
Eppure, tuttavia, bastava entrare in una chiesa qualunque d’Italia in questi giorni
per trovare la sera decine e decine di persone che recitavano l’Ave Maria.
Oppure sgranavano quell’antica catena a casa loro, e nei conventi, negli
ospedali, a bassa voce, con parole da secoli uguali. Il Rosario continua a
essere detto, pianamente, senza clamore, da una massa non piccola, ma
mediaticamente invisibile. I dotti, gli intellettuali guardano con educato
compatimento a chi è fedele alla preghiera più umile, a quel ripetere semplice
e monotono. Già al pregare, di questi tempi, si guarda come a qualcosa di
infantile – non è da uomini moderni inginocchiarsi, e domandare. Ma, poi, la
preghiera delle donne e dei vecchi, quel ridire le stesse parole in una cadenza
regolare scorrendo lenta fra le mani la corona, pare a molti un gesto desueto
in giorni in cuile nostre dita fanno agilmente zapping, mandano sms, digitano
email. («Il Rosario – scrisse Romano Guardini – appartiene al popolo credente
come il lavoro e il pane, ma appena l’uomo cade nell’inquietudine del
ragionamento o della vita moderna, ne perde l’abitudine»).

  E però l’abitudine non è perduta.

  Vive e si trasmette ancora, e non a pochi, benché sia pubblicamente
'invisibile'. È un filo tenace quasi la corona cui per secoli le nostre donne
si sono aggrappate come a una fune per non precipitare – quando il marito era
al fronte, quando un figlio era malato. Molti di noi ricordano ancora queste
donne col Rosario in mano, simbolo di un affetto silenzioso e paziente, senza
bisogno di troppe ragioni o parole. Come aderendo, nella preghiera a quella
donna in cui Cristo si fece carne – a quella donna fattasi terra perché Dio si
facesse uomo – a un modello diverso dal principio maschileche ci domina:
diverso da quel 'fare, produrre, pianificare il mondo e semmai fabbricarlo da
sé, senza dover niente a nessuno', come ha scritto Joseph Ratzinger. A cosa
serve, sorridono i sapienti, quel mormorare parole neanche proprie, neanche
'spontanee', ma ricalcare invece i Misteri della vita di Cristo e l’Ave Maria,
e invocare 'Regina della Pace', e 'Stella del mattino', in una litania che
all’estraneo sembra una automatica nenia?

  Non sanno, i dotti, ciò che è chiaro se ascolti i pellegrini a Lourdes,
o i poveri che dicono il Rosario in una notte africana assediata da una guerra
civile: quelle parole antiche sono insieme invocazione, contemplazione,
speranza. Sono un restare, un riposare dentro il respiro di Dio. Come essere
presi in braccio, bambini, dalla madre.

  Stanchi, trovare misericordia. E poi abbracciati, confortati, riprendere
a camminare.

 Da Avvenire

 
 
 
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VERGINE MADRE

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
 

LA MADRE

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"Cari amici,
Ciò che mi preoccupa principalmente della vicenda del sito islamico legato ad Al Qaeda in cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed io siamo stati minacciati di morte, indicati come "due morti che camminano, proprio come si autodefiniva Falcone", è la sottovalutazione del fatto che si tratta di un testo in lingua italiana e che l’autore è verosilmente un italiano convertito all’islam terroristico di Osama bin Laden.
La mia impressione è che in generale, a livello di potere esecutivo, legislativo e giudiziario, immaginando che questo terrorismo islamico "Made in Italy" potrebbe essere l’opera di una testa calda e magari di un cane sciolto, nel senso di un fanatico non organico a un gruppo terroristico noto, il pericolo viene valutato al ribasso e si ritiene quindi che non ci si debba preoccupare più di tanto. Questo è un errore gravissimo. Non si comprende che anche se fosse presente un solo aspirante terrorista e magari un terrorista suicida, sarebbe di per sé sufficiente per avere la certezza che si tratta della punta di un iceberg, dove l’iceberg è una realtà ben radicata territorialmente e ideologicamente che dovrebbe preoccuparci." Magdi Cristiano Allam
 
 

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