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CONTROESODO

BREVI PAUSE PER RIPRENDERE FIATO

 

 

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PADRE ALDO TRENTO

Post n°55 pubblicato il 31 Agosto 2008 da maryrose.ms
 


«Il
mio unico progetto è fare quello che Dio mi mostra ogni giorno». In
Paraguay la parrocchia di San Rafael guidata da padre Aldo Trento
riprende la coscienza medievale e lo spirito delle Riduzioni dei
Gesuiti. Si accompagna l’uomo dalla nascita al cimitero, mostrando come
il cristianesimo crea una civiltà dell’amore. Padre Aldo (classe 1947,
nativo della provincia di Belluno) è in Paraguay dal 1989 dopo una
serie di esperienze anche traumatiche (il periodo della contestazione,
una crisi affettiva e la depressione). La parrocchia di San Rafael ha
circa 10mila abitanti e si trova nella capitale Asunción. Nel 2004 è
nato il Centro di eccellenza dedicato a San Riccardo Pampuri che ha fin
qui dato assistenza a 14mila malati («Piccole ostie bianche», come le
chiama padre Aldo»). Un asilo, una scuola elementare, un’azienda
agricola che prima era destinata al recupero dei carcerati e oggi è una
succursale per i malati di aids non terminali. Due casette per i
bambini orfani o malati di aids. La Casa Gioacchino e Anna per anziani,
il Banco dei donatori del sangue, il Banco alimentare. Sono queste le
altre attività sviluppate da padre Aldo che a partire dall’incontro con
don Giussani ha ritrovato se stesso e ha accompagnato gli ammalati in
particolare quelli terminali verso l’incontro con Cristo.

 

Padre Aldo, è difficile sintetizzare in poche righe la sua missione

 

Mi
occupo anzitutto di malati terminali e depressi. Quello che è strano è
che avevo terrore di finire in un manicomio. Ho alle spalle anni e anni
di antidepressivi. La notte che porto con me è dolorosa, ma oggi la
vivo con la gioia perché Dio per realizzare le sue opere ti vuole sulla
sua croce con lui. Può fare anche diversamente, ma con me ha scelto
questo metodo. Stare di fronte agli ammalati significa realmente
immedesimarmi con loro fino al punto che quella sofferenza diventa mia,
diventa preghiera e supplica.

 

Nei volti dei malati si può rivedere il volto di Cristo, eppure facciamo fatica ad accettare questa condizione

 

Basta
pensare a me. Non avevo neanche per la testa di fare queste cose. Non
avevo più voglia di vivere. I morti mi hanno sempre fatto paura così
come i malati terminali. Ora tutti i giorni vedo la morte in faccia. Il
nostro fine è che i malati terminali possano incontrare Cristo. La
morte è come il momento del matrimonio nel quale si apre la porta della
chiesa con il fidanzato che aspetta sull’altare la fidanzata. Una notte
muore un malato di aids e un’infermiera mi ricorda che quando le donne
andavano al sepolcro avevano con sé gli aromi e i profumi. Da allora
anche da noi si fa così.

 

La bellezza di Cristo è capace di liberare il cuore dell’uomo?

 

Un
ragazzo di 22 anni, piegato dall’aids, mi ha detto: «Padre, io non ho
mai avuto nessuno come compagno nella vita, l’unico è stato l’aids.
Oggi finalmente capisco cosa cercavo». Gli ammalati chiedono
continuamente i sacramenti. Una mamma di 32 anni si è ritrovata con due
bambine di 7 e 8 anni, affette da malattie congenite, morte in
ospedale: è rimasta da sola con un bambino e ha scelto di adottarne
altri 12 malati di aids. C’è anche chi, fra gli ammalati, ha scritto un
canto per ricordare che la morte libera dalle catene del corpo e fa
incontrare Cristo. Crispino, 34 figli sparsi ovunque, prima di morire
ha organizzato una cena per festeggiare l’ultimo compleanno con tutti i
malati. I racconti sarebbero molti.

 

Facciamo un passo indietro. Ripercorriamo le tappe della sua vocazione

 

All’età
di 7 anni sento la prima chiamata, ma purtroppo ero troppo piccolo. A
11 anni durante una confessione il sacerdote mi chiese se mi sarebbe
piaciuto diventare prete, dissi di sì un po’ anche per il timore della
sua reazione. Poi mi accorsi che quel sì aveva cambiato la mia vita:
desideravo essere totalmente di Cristo.

 

Quali sono state le difficoltà principali?

 

Durante
gli anni della contestazione sono entrato in crisi. Ero irrequieto: la
voglia di infinito e di totalità; il cristianesimo che avevo accolto
non era in sintonia con il ‘68. A Padova da giovane prete incontro
Potere Operaio e lì perdo la testa. Divento simpatizzante con tutto
quello che ne seguì: i superiori mi mandarono - dopo il divieto da
parte del vescovo di predicare in parrocchia - a Salerno a seguire i
carcerati.

 

La prima svolta avvenne durante una manifestazione

 

Nel
maggio del 1975 avevo aderito a uno sciopero contro l’imperialismo
americano in Vietnam. Quattro ragazzi (di cui uno mi ha scritto questa
settimana) del primo anno del liceo dove insegnavo mi videro con il
giornale di «Lotta continua» e mi dissero: «Padre non è così che si
cambia il mondo, lei dovrebbe insegnarcelo. Il mondo si cambia, il suo
cuore cambia se incontra Cristo». Rimasi sconvolto. Incominciai a
seguire l’esperienza di Cl. Da lì è iniziata la mia avventura fino al
1989 quando una crisi affettiva mi ha messo ko: da un lato capivo che
questa persona era importante per la mia vita, dall’altra ero prete e
la mia vocazione era fuori discussione.

 

Poi l’incontro e il rapporto con don Giussani

 

Consegnai
la mia situazione a don Giussani, che mi disse: «Finalmente è accaduto
il miracolo, adesso diventerai un uomo». Diventare un uomo ha voluto
dire fare i conti con la mia umanità che non pensavo così drammatica e
così dura. Il 7 settembre 1989 don Giussani mi ha accompagnato
all’aeroporto per il Paraguay. Mi sono buttato in un disegno del quale
Giussani era il tessitore e Dio la mano.

Grazie a Il Sussidiario

 
 
 
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VERGINE MADRE

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
 

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"Cari amici,
Ciò che mi preoccupa principalmente della vicenda del sito islamico legato ad Al Qaeda in cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed io siamo stati minacciati di morte, indicati come "due morti che camminano, proprio come si autodefiniva Falcone", è la sottovalutazione del fatto che si tratta di un testo in lingua italiana e che l’autore è verosilmente un italiano convertito all’islam terroristico di Osama bin Laden.
La mia impressione è che in generale, a livello di potere esecutivo, legislativo e giudiziario, immaginando che questo terrorismo islamico "Made in Italy" potrebbe essere l’opera di una testa calda e magari di un cane sciolto, nel senso di un fanatico non organico a un gruppo terroristico noto, il pericolo viene valutato al ribasso e si ritiene quindi che non ci si debba preoccupare più di tanto. Questo è un errore gravissimo. Non si comprende che anche se fosse presente un solo aspirante terrorista e magari un terrorista suicida, sarebbe di per sé sufficiente per avere la certezza che si tratta della punta di un iceberg, dove l’iceberg è una realtà ben radicata territorialmente e ideologicamente che dovrebbe preoccuparci." Magdi Cristiano Allam
 
 

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