Creato da maryrose.ms il 14/05/2008

CONTROESODO

BREVI PAUSE PER RIPRENDERE FIATO

 

 

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FOLLIA

Post n°77 pubblicato il 30 Settembre 2008 da maryrose.ms
 
Tag: follie





LA' IN RIVA ALL’ARNOhttp://www.comune.alessandria.it/flex/images/D.0f0b24e2ca37e8d76f66/prog_fam_indice.jpg
 BUIO MONUMENTO ALL’AMORE TRAMUTATO IN IRA

 DAVIDE RONDONI

C
ome
ha fatto Simone, dopo aver posteggiato la sua auto in riva all’Arno, a
uccidere a martellate i suoi piccoli di 7 e 5 anni? Erano una bambina e
un bambino. Poi si è dato fuoco insieme ai loro corpi. Come avrà fatto,
pensiamo, storditi, mentre leggiamo una cronaca fredda e tremenda di
liti con la compagna e madre dei due, di annunci fatti per telefono a
parenti che, con chissà quale magone e terrore, si sono messi a
cercarli, di case popolari a Pisa, proprio nelle zone del conte Ugolino
che Dante ritrae divorare i suoi figli...
  E viene la tentazione
di lasciare lì, fissa e perduta nel suo smalto terribile questa storia.
Questa ennesima vicenda di sangue innocente sparso per rancori di
amanti, o di sposi sperduti in un delirio. Verrebbe da distogliere lo
sguardo, per non voler nemmeno immaginare cosa sia accaduto dentro
l’auto parcheggiata come per una gita. Per non pensare ai due
innocenti, che avevano diritto a vivere, a non essere sacrificati alla
rabbia di un amore andato in malora. Avevano solo 5 e 7 anni.
 
Cos’è un bambino a quella età, come puoi colpirlo? Verrebbe da lasciare
quell’auto parcheggiata tra le nebbie della follia, dire solo: sono
cose da pazzi. E distogliere lo sguardo, il cuore, per non morire di
pena, e di scandalo contro il cielo che, come l’Arno indifferente lì
vicino, sembra esser restato lontano da quei due bambini. Invece no,
guardare si deve. Non fare finta che queste cose appartengano a un
altro pianeta da quello in cui siamo, non fingere che non c’entrino mai
nulla con le cose che viviamo di solito. Lasciare quell’auto tra le
nebbie della nostra indifferenza sarebbe come condannare ad un’ultima,
estrema inutilità il sacrificio dei due bambini. Perchè chiunque di noi
sa che c’è sempre un rischio: di distruggere il bene in nome dell’ira.
Di cancellare quel che c’è di buono in un rapporto – d’amore o amicizia
– a causa di una rabbia, di un rancore, di un 'aver ragione contro'
l’altro. C’è sempre il rischio di 'fare fuori' il bene che c’è stato in
nome della difficoltà del dissidio presente. Il rischio di essere
violenti contro il bene che c’è o che c’è stato, in nome del dissidio
presente.
  L’auto di Simone, padre colpevolissimo e tristissimo,
padre fattosi carnefice, creatore del proprio inferno e anch’egli,  da
compatire come si deve compatire chi perde la mente, e i suoi due
figli, compongono ai nostri occhi una immagine tremenda di ciò che
rischiamo e siamo anche noi, e non di rado. Sono, in quell’auto
parcheggiata sull’Arno, il dolente e buio monumento all’amore che si
tramuta in ira. All’amore che diviene il suo contrario, quando le prove
della vita non sono affrontate con la forza del perdono o della
pazienza. Con le forze dell’amore che non cedono alle forze del
possesso e dell’egoismo. Il cielo e l’Arno non sono indifferenti a
questa tragedia. Il cielo parla sempre, con segni e suggerimenti, nei
cuori degli uomini, ma noi possiamo decidere di non ascoltare. Avrà
parlato anche a Simone, ma lui ha scelto di ascoltare per mesi, forse
per anni l’ira che in lui cresceva. Ha deciso di nutrire quella – fino
a divenirne pazzo schiavo – invece che ascoltare il cielo. E l’Arno,
dolce fiume di Toscana, ha di certo dato agli occhi dei due piccoli
l’ultima bella luce che hanno visto. E ha raccolto le loro lacrime, le
ha portate al mare. E al cuore di Dio, mare dei mari, dove il tempo
breve e sorridente dei bambini diventa eternità. Quel cuore che è
­l’unico posto dove la pena immensa di averli persi puo' chiedere
di non ammattire.

Fonte Avvenire




 
 
 
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VERGINE MADRE

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
 

LA MADRE

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"Cari amici,
Ciò che mi preoccupa principalmente della vicenda del sito islamico legato ad Al Qaeda in cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed io siamo stati minacciati di morte, indicati come "due morti che camminano, proprio come si autodefiniva Falcone", è la sottovalutazione del fatto che si tratta di un testo in lingua italiana e che l’autore è verosilmente un italiano convertito all’islam terroristico di Osama bin Laden.
La mia impressione è che in generale, a livello di potere esecutivo, legislativo e giudiziario, immaginando che questo terrorismo islamico "Made in Italy" potrebbe essere l’opera di una testa calda e magari di un cane sciolto, nel senso di un fanatico non organico a un gruppo terroristico noto, il pericolo viene valutato al ribasso e si ritiene quindi che non ci si debba preoccupare più di tanto. Questo è un errore gravissimo. Non si comprende che anche se fosse presente un solo aspirante terrorista e magari un terrorista suicida, sarebbe di per sé sufficiente per avere la certezza che si tratta della punta di un iceberg, dove l’iceberg è una realtà ben radicata territorialmente e ideologicamente che dovrebbe preoccuparci." Magdi Cristiano Allam
 
 

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