CSMinformaNotiziario tra il serio, il faceto e pure l'ameno sulla salute mentale, la solidarietà e relativi dintorni e contorni nel territorio del Sulcis-Iglesiente (Sardegna, Italy) e, talvolta, pure Oltre. |
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(clicca sul titolo per accedervi) periodico di approfondimento sulle tematiche della salute mentale che prende spunto dagli argomenti del dibattito quotidiano al Centro di Salute Mentale di Carbonia.
In questo numero:
Il prendersi cura
(di Antonio Cesare Gerini)
"Corpo in azione" nella psicoterapia con il bambino
(di Magda Di Renzo)
Un modello per le dipendenze
(di Alessandro Floris et al.)
Le polarità
(di Simona Corrò)
Il gruppo Solidarietà ...
(di Ylenia Corrias)
La famiglia e la sua storia
(di Carla Corona)
Un modello concettuale per la gestione del rischio nel nursing
(di Antonello Cuccuru)
Digitale: il futuro della radiologia
(di Carlo Saba)
METODOLOGIA
“IL PRENDERSI CURA”
nel lavoro del Centro Salute Mentale di Carbonia
Spesso quando si discute degli interventi svolti in favore delle persone con disturbo mentale si enumerano tali interventi, mettendoli in fila e indicandone la quantità. Si fanno tante visite psichiatrico–psicologiche, tanti interventi socio-sanitari, tanti riabilitativi o sulla famiglia e così via. Sembra che procedere in questo modo sia necessario per dimostrare l’efficacia del servizio stesso.
Qui però, in questa riflessione, non si procederà a enumerare gli interventi svolti dal CSM di Carbonia, ma si cercherà di mettere in evidenza il metodo che sta alla base degli interventi stessi.
Il “prendersi cura” è il primo momento di tale azione. “Il prendersi cura” è lo specifico del nostro lavoro. L’altro polo, cioè le modalità “teatro”, "fattoria", "laboratori", "gruppi di auto aiuto" etc, sono l’oggetto tecnico dell’intervento. La parola “cura” del “prendersi cura” non va confusa con la parola che in medicina e scienze affini usano indicare concetti simili. Ad esempio non va confusa con la parola “terapia”. La terapia è solo una delle modalità del “prendersi cura”, una modalità al fianco delle altre. Una modalità che richiama ad un intervento medico (farmaco-terapia) o psicologico (psicoterapia) o sociale (socioterapia), ma che non esaurisce mai il “prendersi cura”. Il “prendersi cura” di cui qui vogliamo parlare si coniuga con le parole “ascolto”, “condivisione”, “attenzione”, in una parola “relazione”.
All’interno del nostro lavoro nella salute mentale il “prendersi cura” è alla base di ogni altra modalità di intervento: accoglienza, volontariato, lavoro nella fattoria, inserimento lavorativo nel sociale, assistenza all’abitare, ecc.
E’ opportuno fare un passo avanti per comprendere: “chi” si prende cura di “chi”?Forse possiamo sostituire la parola “Chi” con la parola “Qualcuno”. Allora potremmo dire che “qualcuno si prende cura di qualcuno”. Entrambi i “qualcuno” del “prendersi in cura” sono delle “soggettività personali”, sono delle persone. La “soggettività personale” è composta dai due termini “soggettività” e “personale”. C’è evidentemente un accento posto sul mondo soggettivo interiore e sulla contemporanea capacità di relazione del soggetto, attraverso il suo interno sentire, col mondo esterno, col mondo degli altri e il mondo delle cose. Possiamo, senza ulteriormente approfondire, chiamare persona questa “soggettività personale”.
Dunque:“una persona si prende cura di una persona”.La persona che pratica la psicoterapia è sempre molto di più della sua tecnica psicoterapica, come c’è sempre di più nella persona rispetto alla sua depressione, soprattutto se la depressione si declina col verbo avere (qualcuno ha la depressione). Se la depressione si declina col verbo essere, cioè è depressa, allora è depressa la persona e la depressione è personale quindi ogni depressione è diversa da un’altra in quanto ogni essere personale è irripetibile.
(l'articolo intero a cura di A.C. Gerini lo trovi al messaggio n. 111)
A PROPOSITO DI FOLLIA
“Deistituzionalizzare la malattia era ed è la legge 180,
deistituzionalizzare la follia è il nostro quotidiano prospettico compito.”
(Franco Rotelli)
Perché la malattia è un dis-valore?
E’ sempre più chiaro che la malattia altro non è che l’ istituzionalizzazione della follia e quest' ultima, probabilmente, altro non è che la forma parossistica dell’istituzionalizzazione dei conflitti. Come non vedere nel dilatarsi e nel restringersi dei conflitti di norme (a seconda delle situazioni di espansione e di recessione economica di un paese) la relatività di un giudizio scientifico che di volta in volta muta l’irreversibilità delle sue definizioni? Come non sospettare che esse siano strettamente collegate e dipendenti dall’ideologia dominante? Questi sono alcuni temi fondamentali della nostra ricerca teatrale. Partiamo dalla denuncia di una vita impossibile per alludere ad un’altra vita che, per ora, non ha altro luogo dove poter essere se non la scena. Lavoriamo per poter adesso porci e un giorno opporci all’incedere di quella violenza materiale, culturale, politica che anche qui, anche oggi, nega ancora i diritti fondamentali. Il problema allora non sarà quello della guarigione, ma dell’emancipazione, non la restituzione di salute, ma l’invenzione di salute, non laboratori per l’ortopedia delle libertà negate, ma laboratori per la riproduzione sociale della gente. (Accademia della Follia)
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PROVOCAZIONI
Discussione
Qualcuno ha scritto che un farmaco è una sostanza che viene somministrata ad una cavia e produce un articolo scientifico. Ma il processo non è così immediato: qui sulla terra un farmaco è una sostanza che viene somministrata ad una cavia, produce un articolo scientifico che riceve una commenda da almeno un docente (sempre assai noto in America e già membro dell'OMS) ed è citato in un congresso ai Tropici. Il rimedio entra quindi in produzione e viene proposto all'Autorità comPetente che - attesa la sostanziale ignoranza del funzionariato, in assenza di alcuna opposizione scientifica (naturalmente, a parte quelle eventuali delle qualificate Commissioni prePoste!) - approva.
Ora ha inizio la sperimentazione sulla popolazione e i risultati sono sempre positivi o, al massimo, discutibili e discussi, ma mai negativi. Solo in un caso - in quanto naque una popolazione di bambini affetti da gravi (ed evidenti) malformazioni e la farmaceutica non prese in tempo la stampa per il collo e un farmaco - un sedativo antinausea e antipnotico, guarda un po' - fu ritirato con grande scandalo. Passarono somme ingenti, certo, però nessuno andò in galera.
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Post n°206 pubblicato il 12 Febbraio 2011 da csmcarbonia
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Post n°205 pubblicato il 22 Luglio 2010 da csmcarbonia
La Mediateca Comunale di Carbonia, viale Arsia, ospiterà venerdì 23 luglio, alle ore 18.00, la presentazione del libro "L'anello spezzato - Vita eroica di gente comune", di Nino Mistretta, Giampaolo Cirronis Editore. (clicca sulll'immagine per visualizzare la copertina) Interverranno l'autore e l'assessore alla cultura del comune di Carbonia, Maura Saddi. Prefazione Non è detto che sia sempre del tutto naturale trovare le parole giuste per iniziare a raccontare una storia, scrivere un libro o soltanto identificarsi nella narrazione di un semplice racconto. La voglia di tramandare ad altri le proprie esperienze è forte e sovente ci pressa e c’invoglia ad accettare una sfida con noi stessi. Entriamo così in conflitto, con la paura di non essere capaci di trovare il linguaggio giusto, efficace e coinvolgente per far capire al lettore, senza retorica, la narrazione; e spesso ci poniamo delle domande che premono al nostro interno cercando di liberarci da tutti i perché, spingendoci a dare compimento a quel desiderio. Chi ci spinge alla ricerca del presupposto per intraprendere una simile avventura? Di rivivere il nostro passato? Di ricreare nel nostro presente fatti e accadimenti ormai lontani? A questi tanti interrogativi non è sempre facile dare una risposta. Ritengo, però, che il pungolo venga dall’inconscio che genera il desiderio di trasmettere ad altri la propria esperienza di vita. Questa voglia non ci abbandona, ci mina sempre di più per esplodere dentro di noi, diventando passione e desiderio di comunicare attraverso la narrativa le testimonianze di un nostro recente passato, che troviamo nelle anse della vita quotidiana, e ora fanno parte di noi spingendoci a fare il primo passo. Poi l’arcano mistero si scopre, e questa voglia la chiamiamo semplicemente: “coraggio”. Coraggio che serve per esordire e tentare di narrare alcune di quelle storie vere di quel passato, che il destino per certi aspetti rinnova, e ce le ripropone ancora nella realtà del nostro tempo e del nostro vivere quotidiano di oggi. Storie che si ripetono puntualmente cariche di energia negativa, che fanno riemergere ad intervalli di tempo lo spettro della miseria e della disperazione. Storie che si ripetono con cadenza fissa e costante, sempre presenti e attuali. Di quelle stesse vissute dai nostri minatori, nel nostro tormentato territorio sulcitano. Il motivo dominante della narrativa è sempre il lavoro. Ai lettori di oltre i confini del nostro territorio, che avranno occasione di leggere quanto narrato in questo umile libro, occorre creare la visione storica di quella odissea politica, delle peripezie affrontate dai nostri protagonisti principe, Turi e Gaudenzio, che fungeranno da esempio di quelle migliaia di pionieri che hanno dato corpo a quella nuova era. Il primo capitolo è dedicato all’impianto storico su cui si sviluppa la narrativa, condizione necessaria per capire i sacrifici e le vicissitudini affrontati dai personaggi che hanno dato origine alla città di fondazione e le lotte per la sua sopravvivenza: Carbonia…. più volte definita la capitale del carbone. Nino Mistretta |
Post n°204 pubblicato il 13 Luglio 2010 da csmcarbonia
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Post n°203 pubblicato il 12 Maggio 2010 da csmcarbonia
" ... dobbiamo evidenziare il significato positivo del gruppo per l'individuo e fare distinzione tra il gruppo e la massa. Il gruppo è un'unità viva i cui membri sono tutti collegati tra di loro da un legame che può essere naturale, biologico, come la famiglia, il clan, la tribù o il gruppo etnico, oppure può essere istituzionalizzato, come il totem,la setta o il gruppo religioso; ma anche nel gruppo istituzionalizzato i membri sono legati emotivamente da comuni esperienze. .. La formazione del gruppo dipende quindi dalla presenza di una participation mystique tra i suoi membri, da processi inconsci di proiezione. ... Inoltre, per sua natura il gruppo ha anche un carattere permanente, duraturo, che è assicurato da legami inconsci tra i membri. Ogni autentico gruppo è permanente e stabile e perciò possiede o acquisisce una dimensione storica. Perfino gruppi temporanei come le classi scolastiche, i reggimenti , ecc., tendono a costituirsi una loro storia e a diventare così un gruppo autentico. ... |
Post n°202 pubblicato il 03 Maggio 2010 da csmcarbonia
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Seminario di Formazione Ore 8.30 - Registrazione dei partecipanti |
Post n°201 pubblicato il 19 Aprile 2010 da csmcarbonia
Il gruppo teatro Albeschida presenta |
Post n°200 pubblicato il 03 Febbraio 2010 da csmcarbonia
Prende avvio oggi 3 febbraio 2010 la II° edizione di UN PONTE SULLA SCENA- rassegna teatrale organizzata dalla compagnia Albeschida con la Direzione Artistica di Corrado Licheri, la collaborazione organizzativa de La Cernita Teatro e il patrocinio del Comune di Carbonia e della Provincia di Carbonia Iglesias. La compagnia Albeschida nasce nel 2000 all'interno del Centro Diurno del CSM di Carbonia (ASL 7).Dal 2006 la compagnia lavora sotto la guida del regista Corrado Licheri, (fondatore delle compagnie cagliaritane il Teatro del Sale e il Teatro dell'Elefante). Quest’anno, come spiega Dott. Antonio Cesare Gerini, responsabile del CSM di Carbonia “ La rassegna ha l’obiettivo di sviluppare il concetto del “prendersi cura”, metodologia di lavoro utilizzata all’interno del centro di salute mentale di Carbonia che si coniuga con le parole ascolto, condivisione, attenzione, in una parola “relazione”. Una rassegna dal 3 febbraio sino al 16 Aprile 2010 articolata in spettacoli, corsi di formazione destinati alle scuole del secondo ciclo d'Istruzione del Sulcis Iglesiente e una mostra fotografica allestita nel foyer del Nuovo Cine Teatro, che illustra il percorso artistico e formativo del Gruppo Teatro Albeschida.
Quattro gli spettacoli della Rassegn che avranno inizio tutti alle 10,30: il 4 febbraio 2010 andrà in scena “Quarant’anni o poco meno” Regia: Corrado Licheri , in scena: Corrado Licheri, Cristina Fonnesu (Teatro dell’Elefante), 19 febbraio 2010 “Anche le mele hanno il bruco” regia di Nicoletta Pusceddu, 12 marzo 2010 “Sogno di una notte di mezza estate” da W. Shakespeare - adattamento e regia: Giampietro Orrù - In scena: ragazzi del laboratorio Dream Art 2009(Fueddu e Gestu), 16 aprile 2010 “Rovesci d’amore”Liberamente ispirato al mito di Teseo e Arianna- Testo e regia di Andrea Meloni. In scena Andrea Meloni,Sabrina Mascia,Elisabetta Piras. Produzione Teatro Alkestis. “Ogni spettacolo -come spiega il Direttore Artistico Corrado Licheri- “ sarà accompagnato da stage teatrali e perfomance condotti dagli stessi registi coinvolti nella rassegna e ai quali parteciperanno gli studenti e gli attori della Compagnia Albeschida sul concetto del “prendersi cura”. Le scuole coinvolte: Ippia di Carbonia e Iglesias, Liceo Scientifico “Emilio Lussu” di Sant'Antioco- Area Sociopsicopedagogica e Scienze Sociali, Istituto “C. Baudi di Vesme – Liceo Piscopedagogico e delle Scienze Sociali di Iglesias.
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Post n°199 pubblicato il 27 Gennaio 2010 da csmcarbonia
(di Antonio Cesare Gerini) Se si vuole dare una definizione di disturbo mentale si può dire che esso è uno stato in cui la persona è persa in un grave e spesso invincibile isolamento; isolamento da se stessa e dalla comunità con contemporaneo tentativo di uscita da tale stato attraverso pensieri e comportamenti “folli” e che gli psichiatri chiamano “psicosi”. |
Post n°198 pubblicato il 03 Novembre 2009 da csmcarbonia
C’E’ QUALCUNO DI NOI CHE GUARDA LE STELLE… … |
Post n°197 pubblicato il 03 Novembre 2009 da csmcarbonia
Progetto tutela salute mentale, teatro e psichiatria |
Post n°196 pubblicato il 25 Maggio 2009 da csmcarbonia
Giovedì 4 giugno 2009 dalle ore 9,00 alle ore 17,30 Il progetto PlusEducando, percorso di informazione, sensibilizzazione e prevenzione della violenza di genere, si articola attraverso una serie di azioni: La giornata di studio e formazione dal titolo ri-conoscere la violenza è la prima azione del progetto PlusEducando, rivolta a operatori sociali, educatori, insegnanti, forze dell’ordine, dirigenti e responsabili di enti e organismi dei settori socio sanitari culturali ed educativi. Gli obiettivi della giornata sono la condivisione di esperienze diverse, lo sviluppo della qualità dell’ascolto, il coinvolgimento costante degli operatori, la messa a fuoco delle diverse forme della violenza di genere. Oltre che nelle relazioni delle esperte, la violenza di genere viene esplorata attraverso percorsi e forme espressive che attingono ai diversi linguaggi della creatività, attivando modalità di coinvolgimento e comunicazione fortemente partecipate e non convenzionali.
PROGRAMMA DEI LAVORI ore 9,00 Arrivo e Accreditamento dei partecipanti Percorso sensoriale - artistico di avvicinamento ai temi della violenza di genere Relazioni Violenza di genere: la violenza psicologica, fisica e sessuale dentro e fuori le mura domestiche in Sardegna I Centri Antiviolenza - Esperienze: il Progetto Aurora Nascita ed Accudimento: Percorsi violenti nella sanità? ore 12,00 Coffee Break ore 12,30 Relazioni Linguaggi di regole, diritti, Diritto: le parole che avvicinano ad un “Diritto Umano” La Mediazione Umanistica: perCorsi di riconoscimento, la Parola che umilia, la Parola che riconosce ore 13,30 Pausa ore 14,30 Relazione Spazio interattivo - La Parola ai Partecipanti Il percorso sensoriale-artistico di avvicinamento ai temi della violenza di genere sarà visitabile anche nei giorni successivi alla giornata di studio PlusEducando è uno dei 28 progetti finalizzati alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità, ha selezionato in tutta Italia. Il progetto è stato elaborato dai seguenti partners: la Provincia di Cagliari (ente capofila), Commissione Pari Opportunità e Assessorati alle Politiche Sociali e alla Pubblica Istruzione, il MIUR, l'Ufficio Scolastico Provinciale di Cagliari, la Cooperativa Sociale Madrugada, l’Associazione G.R.E.C.A.M., la società Castiabbiri Movies, le Esperte Anna Cabianca e Paola Cabianca. Il territorio di attuazione del progetto PlusEducando è quello del PLUS 21, che comprende i Comuni di Settimo San Pietro, Selargius, Monserrato, Quartucciu, Ussana, Sestu, Monastir. PlusEducando prevede diverse azioni che impegnano operatori di consultori, centri sociali per la famiglia, scuole, ASL, centri sportivi, forze dell’ordine, cittadini e cittadine. Il coinvolgimento di diversi ambiti istituzionali e professionali è finalizzato alla costruzione di linguaggi condivisi e di risposte alla violenza di genere integrate e non settoriali. Il progetto si articola attraverso giornate di studio e informazione, seminari di sensibilizzazione e approfondimento, incontri tra operatori formati e utenti, servizi di ascolto. L’obiettivo è la crescita della capacità di riconoscere la violenza e di superare gli stereotipi di genere, con particolare attenzione alle forme di violenza meno visibili, presenti in ambito familiare, nelle relazioni e nei comportamenti quotidiani all’interno delle nostre comunità. Per informazioni: Cooperativa Sociale Madrugada |
Post n°195 pubblicato il 21 Maggio 2009 da csmcarbonia
di Anna Fata Quante volte mi capita di ascoltare il senso d’insoddisfazione delle Persone: “Mi manca questo, questo e quest’altro ancora”. A cui poi, altrettanto di frequente, s’accompagna il vissuto di mancata realizzazione di sé, e, per forza di cose, anche del Sé. Quante volte mi chiedo il perché di tante corse, fughe, accantonamenti di se stessi, dei propri messaggi di vita. Quanta scomodità si cela nel dover prendere atto che tutto quel che abbiamo modellato e costruito fino a quel momento e a cui ci siamo aggrappati e, peggio ancora, identificati, non ci corrisponde più. Un bel colpo. Che richiede incessantemente di ricominciare da capo. E arrivare così a quella che di fatto è l’Essenza che caratterizza ogni istante di Vita. Nessuna certezza, nulla di definito una volta per tutte, ogni istante è un mondo a sé. Quanta delicatezza, quanta vulnerabilità e forza al tempo stesso sono sottese alla capacità di fermarsi, stare e so-sostare nella Vita. E non necessariamente questo coincide sempre con l’immobilità fisica. Saper agire, emozionarsi, muoversi, e restare nel profondo in connessione sospesa e silenziosa con sé, Sé e il mondo di cui si è parte è ben praticabile. Che poi, di fatto, è anche l’essenza della Pratica Meditativa. Già, siamo dei Praticanti, tutti noi, anche senza saperlo. Il bello viene quando ne diveniamo coscienti. E cominciamo a giocare con questi vissuti e sensazioni che s’affacciano. Che spasso osservare se stessi con un pizzico di distacco: ci si rende conto di quanto, talvolta, ci rendiamo ridicoli ai nostri occhi! Perché lo facciamo? Per lo più per essere accettati. Quanto dolore proverebbe quel piccolo Orfano – Archetipo che caratterizza ciascuno di noi, a livello individuale e collettivo – di fronte all’ennesimo abbandono. E, allora ci camuffiamo: indossiamo abiti che ci costringono, proferiamo parole che pensiamo, ma non sentiamo, svolgiamo lavori che ci danno prestigio e denaro, ma scarsa realizzazione delle potenzialità, frequentiamo luoghi solo perché sono di moda. E, peggio, assai di frequente si arriva a tal punto ad immedesimarsi in questa rappresentazione che finiamo col crederci! C’illudiamo che quella sia la nostra vera essenza. Ma, talvolta, come un alito di vento può increspare la superficie del mare, oppure, rinforzandosi, può ribaltare le imbarcazioni, un evento esterno, piccolo o grande che sia, ci risveglia, ci aiuta a vedere come sono più propriamente le cose. E lì, immancabilmente, il castello di sabbia s’affossa. Tutto sommato, nonostante lo sbigottimento e il dolore iniziali, è una liberazione. Liberazione, finalmente, d’essere se stessi, d’esprimersi per quel che si è, di fare quel che ci si sente, in linea con la propria natura più profonda. E anche laddove qualcosa in superficie non s’accorda alla nostra natura si accetta con quella serenità profonda che ci fa sentire che questa non intacca in alcun modo la nostra natura più intima. Ma per arrivare a questa consapevolezza e accettazione, occorre un percorso, che è unico per ciascuno di noi, pur con elementi comuni alla collettività. Un percorso che passa attraverso la profondità per scaturire in una rinnovata leggerezza, in un abbandono di pesi e gravami che spesso ottundono la vita, che c’impediscono di viverla per quella che è: complessa, ma non complicata, leggera, ma non superficiale, ironica, ma non sarcastica. |
Post n°194 pubblicato il 07 Maggio 2009 da csmcarbonia
Il giorno mercoledì 13 maggio alle ore 10.00, presso la sede dell'INMP a Roma, in via di San Gallicano 25/a, avremo il piacere di presentare il Dossier "Medicina e migrazione" della rivista Africa e Mediterraneo. Una serie di articoli sulle esperienze e le testimonianze di chi ogni giorno s'impegna nell'assistenza sanitaria agli immigrati in Italia, con l'obiettivo di offrire una base di riflessione per fornire risposte adeguate ad una società multiculturale che vive forti contrasti, specialmente nell'assistenza socio sanitaria rivolta alle categorie più fragili della popolazione. |
Post n°193 pubblicato il 07 Maggio 2009 da csmcarbonia
Sono passati solo 14 giorni dal mio ingresso in comunità, e uno dalla mia uscita, però posso dire che sto incominciando ad assaporare la libertà, intesa dalle sostanze, ho anche capito che la cosa che mi mancava unicamente dentro la piccola comunità terapeutica non era la droga o l’alcool, ma mia moglie, prova ne sia che quando sono uscito non ho fatto richieste trasgressive. Dentro di me sento che questa volta posso e devo farcela lo stesso con gli aiuti esterni quali gruppi, colloqui… lo spiraglio di luce che vedo e sento dentro di me lo posso paragonare a quando avevo fatto i 7 mesi di comunità uscendone benissimo dal problema, naturalmente per finire di rimettermi nella retta via continuerò a fare sport quali piscina, lunghe camminate in pineta e naturalmente non facendo mai più uso di sostanze o abusare di farmaci, riprendere a lavorare, perché è vero il detto il lavoro mobilita l’uomo. Sono contentissimo di aver capito queste cose finalmente, ma allo stesso tempo provo un po’ di ansia, ma credo sia normale. Ho sprecato diciotto anni della mia vita dedicandoli alla droga e all’alcool, ma adesso voglio rinascere, voglio solo purezza dentro di me e voglio che mia moglie non soffra più per me. Voglio essere una persona vera non più una persona paragonata a un numero. Ho capito veramente e finalmente che le sostanze mi hanno solo rovinato, quindi non devo più permettergli di entrare nella mia vita. |
Post n°192 pubblicato il 19 Febbraio 2009 da csmcarbonia
L'Ufficio Consigliera di Parità della Provincia di Cagliari, la Scuola di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario dell'Università di Cagliari, l'Ufficio Scolastico Provinciale di Cagliari presentano il progetto Venerdì 27 febbraio, ore 17/19 Venerdì 6 marzo, ore 17/19 Esiti contemporanei del pensiero femminista Per informazioni: |
INFO
C O N T A T T I
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RECENSIONE DA MEDICINA E MORALE
Gerini Antonio Cesare, Il significato del ciclo mestruale. Appunti Sparsi sul femminile, Carbonia 1999, pp. 149. sguot@hotmail.com
In questo libro l’Autore, psicoterapeuta, medico psichiatra, analizza il significato del ciclo mestruale da un punto di vista medico-psicologico, con particolare attenzione alla sessualità della donna e al suo rapporto con la maternità. Intento dell’Autore è mettere in risalto come la cosiddetta tensione premestruale, accompagnata da irritabilità e tristezza, sintomi di depressione, sia dovuta al mancato concepimento: “è come se l’organismo femminile si accorgesse già prima dell’incompiutezza del processo, di non aver raggiunto la finalità implicita, ovvero la fecondazione” (p. 51). Gerini afferma, infatti, che essendo la fecondità un bene e un valore profondamente insito nel corpo, “il suo venir meno è sempre causa di sofferenza, anche se vissuta più o meno consapevolmente” (p. 51).
Sottolineando la finalità unitivo-generativa del ciclo mestruale (ovulazione e flusso mestruale) che la donna vive intensamente in tutte le fasi feconde della sua vita e che portano il suo corpo ad orientarsi verso una dimensione che sia soprattutto generativa e creativa, Gerini afferma che “non è nel profondo ed essenzialmente ricerca di piacere e desiderio di questo stato affettivo, ma quella di unità tra due esseri di sesso diverso che in questo incontro generano e custodiscono un’altra persona, il loro figlio” (p. 145). A questo proposito l’Autore distingue due momenti caratterizzanti il ciclo mestruale: il primo, culminante con l’ovulazione, si manifesta con una tendenza “centrifuga”, ossia orientata verso l’esterno, verso l’incontro sessuale che è un incontro unitivo e procreativo. Tutto il corpo partecipa a questa pulsione con espansioni affettive di tipo espansivo-comunicative. Se, tuttavia, il concepimento non è avvenuto, si ha la regressione del corpo luteo e la cessazione della sua attività ormonale. L’arrivo del flusso mestruale (secondo momento) ne è la manifestazione più evidente.
Gli stati emotivi che si accompagnano al flusso mestruale sono molto diversi e possono essere individuati nella vergogna, nella colpa, nell’angoscia, nell’ansia, secondo una modalità esistenziale che ricorda alla donna il “fallimento” del progetto di fecondità insito nella natura stessa.
Per tutti questi fattori Gerini afferma che il ciclo mestruale è la testimonianza di quanto “la sessualità sia connaturalmente legata alla generatività e il non raggiungimento di tale obiettivo è causa di sofferenza somato-psichica evidente, sebbene spesso molto sfumata” (p. 47).
Trovi il lavoro intero all'indirizzo http://www.psichiatriasirai.org/signif-ciclo-mestr-libro.htm
TEATRO E FOLLIA
METODO DI LAVORO
di Claudio Misculin
Parlando di “metodo di lavoro”, mi sento in dovere da affermare che non esiste metodo in arte, esiste l’esperienza.
Io ho fatto un’esperienza alla quale ci si può riferire.
L’arte è un’apertura permanente che non si può vivere senza l’accettazione e la ricerca lucida e deliberata del rischio (Kantor)
Ebbene il fattore rischio che ho scelto per giocare all’interno dell’arte è la “follia”.
E’ una ricerca che tiene aperti, spesso faticosamente, spazi che si vanno rapidamente omologando, sfere che tendono ad automizzarsi, nella schizzofrenia del singolo e in quella più generale.
Quindi il teatro diventa anche mezzo, strumento di concreta quotidiana mediazione d’oggetto con altri soggetti, sani o malati che siano. Luogo di produzione di cultura, attività di formazione alla relazione con uomini e donne e cose.
Siccome parliamo di una ricerca tra teatro e follia, che non esclude, ma travalica il mero aspetto terapeutico, per cogliere sino in fondo nel profondo l’essenza e la validità di tale metodo di lavoro, cominceremo a viverlo e a pensarlo come strumento efficace per un buon approccio al teatro, non solo per il matto, il disgraziato, il differente, ma anche per il normale che intende cimentarsi nel teatro.
E per finire sul “metodo di lavoro” vorrei dire due parole sull’eccesso, e cioè Viviamo nella dimensione dell’anticipazione dei desideri. Cioè i miei desideri non nascono più da pulsioni interne, ma dalla scelta delle soluzioni fornitemi.
Faccio un esempio: posso scegliere tra mille tipi di dentifricio, ma non posso scegliere l’aria pura: non c’è più.
Viviamo già nell’eccesso: eccesso di mezzi, di strumenti, di ignoranza. Il risultato è incomprensione della realtà, incomprensione di se stessi, incomprensione.
Il palco è per convenzione il luogo deputato all’eccesso. E nel mio teatro questo è.
E’ il luogo magico, il luogo del delirio che offre le valenze alla ricomposizione immediata del soggetto, mentre oggettivamente è una finestra che permette la visione delle contraddizioni.il sistema dell’eccesso.
"N O R M A L I T À"
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi e' infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicita'.
Pablo Neruda
Inviato da: saralina
il 19/04/2010 alle 13:22
Inviato da: bluleila
il 19/11/2008 alle 22:45
Inviato da: abele71
il 08/10/2008 alle 18:50
Inviato da: Anonimo
il 10/07/2008 alle 22:55
Inviato da: Anonimo
il 14/06/2008 alle 19:29