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Post n°142 pubblicato il 24 Febbraio 2013 da Giuseppe_Cotta
Riconoscimento dell'UE a 12 autori nuovi o emergenti: premio europeo per la letteratura 2012.
“Il premio annuale, consegnato il 09 ottobre 2012, giunto alla sua quarta edizione, è una delle iniziative promosse dall'UE per sostenere gli autori europei. I vincitori, tutti autori nuovi ed emergenti, oltre a ricevere un assegno di 5.000 euro, beneficiano della fama che questo riconoscimento offre loro e di attività promozionali in occasione di prestigiose fiere del libro. L'UE investe anche circa 3 milioni di euro l'anno nella traduzione di alcune delle migliori opere letterarie europee, rendendole accessibili ad un maggior numero di lettori e aiutando gli autori ad ampliare il loro pubblico. Dal 2010 i finanziamenti dell'UE hanno contribuito alla traduzione in 19 lingue di 32 dei 35 vincitori del premio autori giovani ed emergenti per un totale di 104 traduzioni. Il 27 marzo sempre del 2012 i 27 più bravi giovani traduttori dell'UE sono stati premiati per la loro eccellenza linguistica. Le prove si sono svolte nel novembre 2011: potevano parteciparvi ragazze e ragazzi di 17 anni, chiamati a rappresentare sia la loro scuola che il loro paese. I concorrenti potevano scegliere tra 23 testi, uno per ciascuna lingua ufficiale dell'UE, da tradurre in un'altra di queste lingue a loro scelta. Anche se molti hanno scelto l'inglese come lingua di partenza, il numero totale di combinazioni linguistiche utilizzate è stato pari a 148, il più elevato dall'istituzione del concorso nel 2007. Scopo del concorso Juvenes Translatores è promuovere l'insegnamento delle lingue in Europa e accrescere il prestigio della professione di traduttore. Il concorso è diventato sempre più popolare di anno in anno: l'ultima edizione è stata quella con il più alto numero di partecipanti, oltre 3.000. Tratto dal sito ufficiale della UE: http://ec.europa.eu/news/culture/121009_it.htm
D’una letteratura europea se ne parlava già prima che vi ponesse mano Mazzini, tanto che il suo scritto dedicato a questo tema inizia proprio con la citazione di Goethe: «Io intravvedo l’aurora d’una letteratura europea: nessuno fra i popoli potrà dirla propria; tutti avranno contribuito a fondarla.» Mazzini di suo afferma:«… E fu schernita sovente col nome di sogno la idea d’un uomo che precorrea d’alcun secolo ai destini dell’uman genere, finché il tempo, che rode le cieche venerazioni e le invidie, non ebbe posto il suggello de’ fatti alla verità.» Fra coloro che credevano nella possibilità di una letteratura europea vi era un giovinetto il quale avendo le generalità composte da tre nomi e un cognome, le sintetizzò in Novalis. Giovinetto perché, scrisse “La Cristianità ossia l’Europa” tra giugno ed agosto del 1799 a ventisette anni e giovinetto perché morì per tisi a soli 29 anni. Novalis affermava che «Erano tempi belli, splendidi, quelli dell’Europa cristiana, quando un’unica Cristianità abitava questo continente di forma umana, e un solo, ampio e comune disegno univa le piú lontane province di questo vasto regno spirituale.» Nel 1828, ad una generazione di distanza, a fare da contraltare alle simpatie cattoliche di Novalis, riconoscendo parimenti l’importanza d’una letteratura europea, vi fu il francese e protestante François Guizot. Di Ernst Robert Curtius, critico letterario e saggista tedesco, è "Letteratura europea e Medio Evo latino" scitta e pubblicata nel 1948; un'opera importante per l'analisi della letteratura del nostro continente: la storia della civiltà occidentale, saldata da alcuni luoghi comuni. «Quest’opera intende cogliere la letteratura europea come un tutto unico, e fondare tale unità sulla tradizione latina», si trova scritto nella recensione al libro di Erich Auerbach. O per citare direttamente Curtius: «Si deve considerare il Medio Evo nella sua continuità tanto con l’Antichità che con il mondo moderno.» Curtius tuttavia non si lascia sfuggire un po’ di scetticismo, affermando che nella situazione spirituale odierna, (a metà del novecento, con un’Europa appena uscita da un’altra guerra mondiale), quell’unità che è sopravvissuta a venti secoli di storia corre gravi pericoli. Sembra strano che nel corso del XIX secolo, quando tra rivoluzioni e restaurazioni, illuminismo e romanticismo, in un’Europa travagliata da mille contrapposte esigenze, si riuscisse a parlare di una comune letteratura. Meno strano è che tra costoro vi fosse Mazzini: «La necessità d’un mutamento nella letteratura de’ popoli è cosa ormai troppo evidente, perché vi s’abbiano a spender parole. Le vicende, le istituzioni, le nuove credenze, i mutati costumi, e le passioni diversamente temprate, hanno creato il bisogno d’una nuova letteratura ch’esprima la situazione ed i voti del moderno incivilimento; perché la letteratura, quando non s’inviscera nella vita civile e politica delle nazioni, è campo d’inezie, snervatrici degli animi. Per tutta Europa pare che un soffio di novella vita avvivi gl’intelletti e gli sproni a vie non tentate finora.» Poteva essere di parere diverso chi si batteva per una Europa dei popoli? E cosi, partendo da personalità come Foscolo e Alfieri; Goethe e Schiller; Lord Byron, Shelley, Keats, Wordsworth, Coleridge; Alexander Dumas padre; e da quelli che avevano già appreso “come l’uom s’etterna” al pari di Dante e Shakespeare, fa riferimento alla possibilità di una letteratura comune. Mazzini che scriveva in francese ed in inglese altrettanto bene che in italiano era per una lingua universale, come qualcuno afferma? Secondo Lui una letteratura europea richiedeva una lingua comune? Riferendosi ancora alle parole di Goethe afferma «E so che a molti il vocabolo di letteratura europea suona distruzione d’ogni spirito nazionale, d’ogni carattere individuale de’ popoli: ad altri, stranezza, sogno utopistico… I primi confondono l’indipendenza d’una nazione col suo isolamento intellettuale – ed è errore di mente; i secondi disperano degli uomini e delle cose – ed è difetto di cuore.» Così in merito alla lingua unica lascio a più dotti l’ardua sentenza. Certo che oggi la globalizzazione, non solo economica e capitalista richiede una lingua comune, per i contratti, per la diplomazia, per lo scambio d’idee e l’affermazione di princìpi ma la letteratura europea non sarebbe più vera se composta su di un “sistema delle letterature d’Europa”, fatto di entità nazionali ben distinte e in alcuni casi rivali fra loro? Potrebbe essere una “inimicizia” produttiva. Certo è che non bisogna cadere nella trappola della diversità intesa come propria autosufficienza e altrui ignoranza; affermando inconsciamente ciò che dice Francesco De Sanctis in chiusura dell sua “Storia della letteratura italiana” «da' nostri vanti s'intravede la coscienza della nostra inferiorità.» (ogni riferimento è puramente casuale).
Giuseppe Cotta Socio isolato A.M.I. Nazionale
Ho lavorato principalmente sul testo la letteratura europea di Franco Moretti, tratto da Storia d’Europa edito da Giulio Einaudi nel 1993 e come sempre su www.liberliber.it
Pubblicato su l'Alassino del mese di febbraio 2013
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