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Qualche parola ancora

Post n°240 pubblicato il 07 Marzo 2017 da kkrok

Mi scuserà Lutero se aggiungo qualche parola al suo post. Qualche parola realistica dal mio punto di vista. Dunque, come si può definire amore un gesto che non ha alternativa? Un gesto che di certo chiunque si risparmierebbe volentieri, un gesto che nessuno potrebbe compiere se non in preda alla disperazione. Non conosco lo specifico del caso ma ne conosco molti altri. Un figlio disabile, un figlio disabile psichico, provate a pensare cosa possa significare. Quante famiglie fatte a pezzi da situazioni che non sono (e non possono essere) gestite in autonomia. Leggo in un commento qui sotto “forse non avrebbe voluto tanto rumore”… non so cosa ha pensato a proposito quest’uomo di 83 anni ma, di certo ed anche questa volta, il rumore sarebbe doveroso, oltre che necessario. Perché la disperazione di una famiglia non deve propagarsi nel silenzio fino a non lasciare alternative. Deve gridare forte e deve pretendere di essere ascoltata. Provate ad immaginare se questa famiglia avesse avuto un aiuto nella quotidianità ed uno sguardo sereno al futuro. Ogni vita ha il sacrosanto diritto di essere vissuta. Ogni vita. Quella di questi genitori ottantenni e quella della loro figliola, come la vita dei tanti ragazzi che vengono quotidianamente “aiutati a vivere” anche quando il sorriso è difficile.

Commenti al Post:
Lutero_Pagano
Lutero_Pagano il 07/03/17 alle 16:54 via WEB
Kkrok, sono assolutamente d’accordo con te che se quest’uomo fosse stato certo di lasciare la figlia in mani sicure e amorevoli, non avrebbe compiuto quell’atto.
La mia è stata una riflessione su quale movente avesse potuto determinare quella azione. Tu parli di disperazione. Certo. Senza ombra di dubbio è disperazione. Ma questa disperazione da cosa origina?
I vicini lo descrivono come una persona per bene, discreto, onesto, sempre cordiale con tutti. La stessa famiglia è descritta così. Non aveva guai legali né finanziari, non era sotto l’effetto di qualche allucinogeno, non era un malato mentale. La sola sua preoccupazione, così come dichiarato nella scarna lettera lasciata ai parenti, era il destino della figlia che lui voleva proteggere.
Se guardiamo la maggior parte degli omicidi, cosa troviamo? Odio, brama, intento di appropriazione, nel meno odioso dei casi rabbia feroce. Tutte cose qui assenti.
L’essere umano, secondo me è più vicino al simbolo di quanto si creda. Questi sono i casi in cui determinate pulsioni ancestrali giocano la scena. Il connubio, spesso il conflitto, fra amore e morte non è cosa tanto sconosciuta all’uomo. Eros, la pulsione umana tesa alla vita e alla sua conservazione, Thanatos, la distruzione, l’annientamento.
Ammiro la tua propositività nell’insistere sul piano sociale, degli interventi, della prevenzione a queste tragedie. E’ senza dubbio quella la strada da percorrere, ma umanamente se i miei occhi cadono su questo evento, non posso che ammutolire di fronte ad una scelta dolorosa che immagino scaturita dall’amore piuttosto che da altre cause.
 
 
kkrok
kkrok il 07/03/17 alle 18:35 via WEB
Definiamola decisione amorevole dettata dalla disperazione. Sottolineo il termine "decisione" e non "scelta" perchè ai miei occhi questa appare come una decisione senza possibilità di scelta. Disperazione dettata da cosa ti domandi. Posso dirti che le famiglie dove i genitori sono ormai anziani ed i figli disabili adulti sono molte ed al loro interno è raccolta tutta la paura che ciascun genitore nutre per il futuro dei propri figli, sommata alla difficoltà di far fronte ad ogni loro esigenza mentre l'età avanza. La disperazione non è odio, non credo lo sia mai, nè rabbia, forse è solitudine e sofferenza per la quale non si vede soluzione sommata ad una grande stanchezza. Ecco, io insisto sulla possibilità di dare soluzioni proprio "umanamente" perchè quando c'è umanità che grida (seppur silenziosamente) altra umanità dovrebbe rispondere. Permettimi di rimanere sempre molto pragmatico ed ancorato ad ogni più semplice situazione terrena.
 
simona80psssss
simona80psssss il 07/03/17 alle 18:46 via WEB
Non ti si può dare torto krok hai scritto delle veritá e io non posso neanche lontanamente immaginare quali pensieri e sentimenti albergavano in questo uomo...tuttavia come lutero ho interpretato il gesto come un atto di disperazione mosso dall amore...sicuramente c è molto più di questo e lo hai espresso nel tuo post...
 
Lutero_Pagano
Lutero_Pagano il 08/03/17 alle 06:39 via WEB
Qui, per chi fosse interessato, un approfondimento alla vicenda discussa ieri. Un post molto completo che fa luce sul vissuto della figlia.

http://blog.libero.it/Unmondonuovo/13509783.html
 
 
kkrok
kkrok il 08/03/17 alle 08:23 via WEB
Ho letto Lutero e sai cosa manca? Manca tutto il mondo che stava in quella casa quando la porta si chiudeva. Ci sono porte chiuse che custodiscono grandi sofferenze. Notti lunghissime. Ma è solo la mia esperienza e metto in conto di poter sbagliare.
 
webbolo0
webbolo0 il 08/03/17 alle 14:37 via WEB
mi domando una cosa Lutero , dopo aver letto qul blog , dunque la donna 44 enne non era la classica donna rinchiusa in un corpo , lavorava, aveva interessi , in questa ottica cambia il discorso, in quell'ottica si e' un omicidio neppure giustificato dall'amore.
 
 
Lutero_Pagano
Lutero_Pagano il 08/03/17 alle 15:05 via WEB
Ho letto anche l'intervista rilasciata dai suoi amici, è evidente che era una donna che amava la vita e che la considerava più di quanto considerasse la sua malattia. Però era anche una donna che partendo già da una grave disabilità dalla nascita, recentemente si era aggravata al punto di non potersi più muovere da sola nemmeno in casa. In questo contesto, è difficile pensare ad un padre “rassicurato” sul futuro della figlia. Trovo comprensibile la sua disperazione. Il fatto che avesse degli amici che la volevano bene non gli dava rassicurazioni certe sul futuro di una figlia che non riusciva più a spostarsi da una stanza all’altra.
Che il suo sia stato omicidio è fuori di dubbio, lo era anche prima. Conoscere la generosità del suo entourage di amici non ha cambiato la mia visione in merito.
Differente sarebbe stato lo stato d’animo del padre ( e dei tanti che versano in condizioni analoghe), se avesse avuto la certezza, non di un aiuto saltuario affidato alla disponibilità degli amici ma di una istituzione che ne avesse cura per sempre.
 
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