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SCIOGLI LA TRECCIA MARIA MADDALENA - dello Scrittore : Guido da Verona

Post n°190 pubblicato il 21 Settembre 2012 da ciapessoni.sandro
Foto di ciapessoni.sandro

SCIOGLI LA TRECCIA MARIA MADDALENA – dello scrittore: Guido da Verona

 

 

Immagine:

Descrizione dell’immagine. L’Espresso Parigi-Londra

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***

Parte XIII° del romanzo (seguito del post 189)

Da ultimo il capotreno si volse ad un impiegato che passava, e gli disse con l'aria più serena del mondo:

- Fous-moi que'que part ce sacré diable d'Alboche!

Un cuoco enorme, il quale sporgeva con tutta la pancia dalla finestrucola della sua cucina, sfogliava un numero dell'Assiette au beurre, fumando con regale voluttà un eccellente sigaro Avana.

Trofei di bandiere appese dappertutto ostentavano le sigle unite del Regno Iberico e della Repubblica Francese; - tra pochi giorni il Primo Cittadino di Francia, con i suoi Ministri, avrebbe traversato i selvaggi Pirenei per volgere a profitto delle tariffe doganali e del «Mediterraneo lago francese» quella simpatia che il giovine Re Alfonso, nel frequentare le regate ed i five o' clock di Biarritz, aveva saputo inspirare alle belle donne che governano la Francia.

La Compagnie Internationale des Wagons Lits mi sembra, nel ventesimo secolo, un organismo sociale d'importanza e di significazione per lo meno equivalenti a quelle ch'ebbe nei secoli trascorsi la benemerita Compagnia di Gesù. Essa è davvero una forza, una ruota, un'ala della vita moderna, come l'altra era una catena ed una potenza della vita medioevale.

Quel treno lungo, sottile, snello, fatto d'acciaio terso e di legno levigato, che trascinerebbe nel cuore delle montagne ciclopiche una fantasmagoria di specchi e d'elettricità, che brucerebbe la distanza come il fuoco arde la miccia d'una mina, quel treno pressoché ingioiellato, carico di belle donne, d'uomini ricchi e di bagagli costosi, per cui le frontiere dei regni più non divengono che fermate frettolose, quel treno dove corrono tutte le monete, dove si parla ogni linguaggio, dove s'intrecciano avventure veloci, e che al mattino si profuma nel suo tepido corridoio di soave cipria e d'Acqua di Lavanda, era, per chi bene sapesse intendere, un segno dei tempi nostri, della vita nostra, di quella nuova e transitoria bellezza verso la quale ora cammina il mondo.

Roma costruiva con la pietra millenaria, noi costruiamo con la delebile velocità: - e questo mi pare più grande.

Per quanto gli spiriti amici del palinsesto, coltivatori instancabili della polvere di museo, trovino che su la terra nulla di nuovo accade, ma tutta la bellezza e tutto l'esempio a noi provenga dagli antichi, pure io sono profondamente persuaso che nessuno fra quei sapienti selvaggi che a noi diedero la seccatura di possedere una tradizione poté mai concepire l'eleganza, o nulla d'equivalente all'eleganza d'una lady inglese che saluta il proprio amante con un semplice shake hand sotto i finestrini di un velocissimo express.

Cleopatra e l'amica di Petronio mi fanno sorridere quando penso a Madlen Green. Povere belle donne d'una volta!... ormai servite al cinematografo, per sollazzare gli ozi domenicali delle nostre ancelle, che al buio sopportano con brividi la mano dell'innamorato contrabbandiere...

Lord Pepe indossava, per traversare la Manica, un soprabito da viaggio così ampio e così adatto all'emigrazione, ch'era impossibile chiedere alla fantasia d'un sarto qualcosa di più conforme alla fuliggine dei treni ed alla inclemenza dell'acqua marina. Portava inoltre un berretto scozzese, ben calzato fino ai sopraccigli, una camicia floscia, un collettino di seta chiuso da una spilla doppia, che lasciava dondolare con il voluto disordine la gala d'una cravatta ferroviaria.

Lord Pepe rappresentava in quel momento l'uomo che viaggia; perfino le sue ghette sembravano fatte apposta per andare in treno; chiunque l'avesse veduto in quel perfetto abito da grand’ express, avrebbe detto senz'altro: - Ecco un uomo che traverserà l'Europa.

Egli teneva tra le sue la mano di Madlen, senza dirle cosa alcuna, e tuttavia sembrava turbato. In lui nulla esprimeva il turbamento, fuorché la sua bocca ben rasata, che si stringeva ogni tanto come per formulare una impronunciabile parola.

Allontanarsi da una donna è sempre cosa triste, perché ogni donna possiede un poco della nostra gioventù. Quello che fu con una, certo non sarà con altre; l'amore che finisce è un'illusione perduta, un gioiello che non si ritroverà mai più. E lo sentono anche le anime semplici, se pure non comprendono il senso di questa grave tristezza.

La cosa più amara che sia nell'amore non è forse l'abbandono in sé stesso, quanto il suono indefinibile della parola: addio. Si può talvolta essere giunti fino alla sazietà, fin quasi all'avversione, ma nel momento in cui ci si dice addio, nel momento in cui la donna che fu nostra ridiviene per noi la forestiera, e quando pensiamo che l'amore d'un altro l'inseguirà, la gioia d'un altro la possiederà, ecco, ritorna in mente un bacio, una parola, una musica del passato, e nasce nell'anima di chi parte una desolata voglia di piangere.

Povera piccola Madlen!... s'era innamorata di lui per avergli veduto ballare il tango argentino con una ragazza della Pampa, in una sala del Rat Mort - e questa era senza dubbio una cosa molto gentile; - povera piccola Madlen!... aveva cambiati al suo fianco centinaia d'abiti uno più bello dell'altro, stritolate coi suoi dentini scintillanti un infinito numero di «crevettes grises», sorseggiate con le sue rosse labbra tante coppe di amaro Sciampagna, giocato vicino a lui, con una storditaggine ammirevole, tanti e poi tanti fasci di que' larghi biglietti da mille, che a lui mandava il suo ricco sfondato padre, banchiere a Londra... povera piccola Madlen!... aveva inoltre fatto con lui tanti gentili capricci, tante adorabili sciocchezze, tante piccole civetterie... si era lasciata per così lunghe notti baciare, stancare da lui... tutto questo non valeva dunque la pena ch'egli sentisse, nell'abbandonarla, una piccola malinconia?...

Sì, certo; poiché queste cose per l'appunto sono l'amore; sono l'amore di tutti gli uomini e di tutte le donne, anche se la forza del buon senso cerca di reprimere in noi questa insoffocabile poesia.

Forse Lord Pepe se ne sarebbe dimenticato in poche ore, perché il suo cuore non aveva memoria, i suoi sensi non avevano fedeltà; ma in quel momento era triste; io lo vedevo. Ed infine le disse:

- Ecrivez-moi une lettre, Madlen, si vous n'avez rien de mieux à faire...

- Yes, dear.

- Je serai votre ami tout de même...

Le dava del voi, con un rispetto sincero. Fece tuttavia un movimento, come se volesse baciarla su la bocca; ma il braccio di lei, teso, lo trattenne. Egli piegò il capo sovra la sua mano inguantata, vi pose leggermente le labbra, e salì nel treno.

Ella disse ridendo:

- Ecco, il treno parte in ritardo.

E non so perché ridesse, non so perché ripetesse ancora due volte questa osservazione, che non era nemmeno esatta: - Il treno parte in ritardo.

Lord Pepe, venuto al finestrino, si abbottonava i guanti. I suoi guanti erano color fuliggine; gli stavano bene. Mentre le ruote cigolavano, accese una sigaretta. Io vidi a poco a poco allontanarsi, biancheggiare nell'ombra il cuoco del Salone restaurant, che fumava con regale voluttà un eccellente sigaro Avana. Poi non vidi altro, laggiù nella notte, che un fanale rosso trascinato verso il mare di Francia; un fanale rosso, un po' d'amore, nulla: un punto sottile come l'oblio, pallido come la distanza, che disperdeva la cenere d'un amore nella polvere della strada infinita...

Rimanemmo lì, noi due, silenziosi, a guardare le bianche rotaie. E la voce di Madlen ripeteva nel mio cuore un po' deserto:

- Good bye, Friend...

- Cosa facciamo alla stazione ora?

- Nulla; andiamocene.

- Sì, e dove?

- Ritorniamo a piedi, se volete.

- Ritorniamo.

- Che ore sono?

- Le undici.

Il vento agitava le stelle disseminate nel lontano spazio; un odore forte d'ondata marina investiva la terra buia. Nel passare frammezzo a due nuvole un filo di luna batteva su qualche fredda invetriata.

Le diedi il braccio; e camminammo. Si muoveva con leggerezza, quasi con gioia, rovesciando un po' la fronte all'indietro per immergere la bocca nel vento profumato. Era stranamente simile a qualcosa che avevo già veduto, ad una sensazione che avevo già provata. Non so dove, non so quando, forse ne' miei lontani anni, quando credevo all'amore; all'amore come ad un miracolo che ogni giorno può nascere per via, all'amore come ad un profumo che venga da fuori di noi.

E pensavo: - «Adesso è tardi; la fontana che in me cantava ora si è spossata; il mio cuore non è più così giovine; per troppe strade ho trascinata questa mia deserta anima di navigatore.»

La città era sepolta sotto un grande velario di stelle; nuvole azzurre, trasparenti, vi correvano sopra, si urtavano, si sfasciavano, senza riuscire a spegnerle. Gli alberi, gonfi di notte, carichi d'autunno, facevano stridere sotto i nostri piedi qualche foglia gialla. Nei giardini della terra di Guipuzcoa la vecchia estate si andava consumando in nuvole di profumo.

E allora Madlen si fermò, chiuse gli occhi, mi tese la bocca.

Un orlo di leggera umidità bagnava la sua fina veletta. Mi disse:

- Non dovete credere che vi ami...

- Appunto non lo credo; ma che importa? C'è forse bisogno d'essere innamorati per provare tutto quello che può essere nell'amore?

- Ecco, voi dite assai bene. Voi dite come si dice da noi: «to be in Love - essere nell'amore.» Questo mi piace. Vivere con un poco d'ansietà, fra il desiderio e l'immaginazione; stare con l'anima e coi sensi nel pericolo di provare un grande brivido. In fondo è sempre l'immaginazione quella che dà le gioie meno volgari e più sottili. Ma io non vi amo, siate certo, non vi amo. Anzi voi siete qualche volta così lontano da me...

- Questo è preferibile. Così non correremo il rischio di abbandonarci alle ineleganze del vero amore. Due persone come voi e me, se per caso provano un sentimento hanno anche il dovere di nasconderlo. È il dovere della nostra buona educazione, il senso di quella giusta misura in tutte le cose che deve a noi proibire l'uso del «sempre», del «mai» - le due famose parole tanto ridicole, che fanno somigliare i dialoghi di tutti gli innamorati alla prosa del Segretario Galante.

Fine XIII° parte del romanzo.

Buona lettura!

 

 

 
 
 
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