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SCIOGLI LA TRECCIA MARIA MADDALENA - dello Scrittore : Guido da Verona

Post n°189 pubblicato il 18 Settembre 2012 da ciapessoni.sandro
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SCIOGLI LA TRECCIA MARIA MADDALENA – dello scrittore Guido da Verona

 

 

Immagine: Treno Espresso Madrid - Paris

L'express Paris-Madrid allungava sotto la tettoia della stazione imbandierata le sue vetture luccicanti, collegate insieme da un passaggio a mantice; nel mezzo del treno il salon-restaurant sfavillava di luce come una sala da ballo.

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***

XII° Parte del romanzo (… seguito del post 188)

Il Russo lungo lungo, amico del Belga piccino piccino, aveva una sorella di media statura. Questa era una signorina ben fatta, poco seria, che andava pazza per il ballo ed era dalla fronte alle caviglie cosparsa di quella indefinibile seduzione che si chiama il fascino slavo. Sopra i suoi fianchi molto ben disegnati già pericolava una minaccia di pinguedine, come una vera spada di Damocle della quale un marito romperebbe il filo.

Non so bene di quali cose in particolar modo si occupasse la signorina Anastasia Mikailovna, figliuola d'un Boiardo ucraino; certo è che tutti gli scapoli dell'albergo, di giorno e di sera, molto volentieri stavano con lei. E la signorina Anastasia Mikailovna, per un senso d'altruismo quanto mai lodabile, trovava il mezzo di regalare ad ognuno qualche bríciola del suo fascino slavo.

Non rimase a mani vuote neanche Lord Pepe; il quale sapeva, beato lui, comprendere il fascino slavo di tutte le nazioni. Quando una signorina russa nata nella pingue Ucraina balla con un giovine spagnolo vestito a Picadilly, gli altri popoli della terra non devono far altro che radunarsi all'intorno e tacitamente guardare. Io, per l'appunto, seduto vicino a Madlen, contemplavo le perfette eleganze tersicoree dell' hidalgo Lord Pepe, mentre vedevo dipingersi nella fisionomia di Madlen quella sottile ironia tutta particolare del carattere inglese.

Ciò accadeva pochi giorni or sono. Ma oggi la signorina Anastasia Mikailovna, con la racchetta da tennis in mano, si era invece rifugiata nel più intimo salottino dell'albergo e stava con molta lassitudine appoggiata contro una scrivania; le sue trecce scure brillavano sopra un golf color viola del pensiero, e, forse per pudore, forse per indecisione, guardava con occhi bassi le sue belle scarpette di daino molto fino. Lord Pepe, con una posa da seduttore altrettanto blasé quanto irresistibile, dolcemente le andava parlando, non saprei dire se con le mani oppure con le ginocchia. Le parlava, è probabile, di cose attinenti al fascino slavo e delle pieghe certo involontarie che sul corpo della signorina Anastasia Mikailovna, figlia di Boiardo, prendeva il golf di lana color viola del pensiero.

Ciò avveniva in una piccola sala di lettura; luogo adatto, come ognun vede, a leggere I Fioretti di San Francesco, od a scrivere lettere alla propria famiglia su carta intestata con il regale stemma della Reina Maria Cristina.

Quando entrai nella sala di lettura, fecero entrambi un movimento repentino, poi Lord Pepe baciò la mano della signorina Anastasia Mikailovna, e con il viso ancora compenetrato di fascino slavo venne a prendermi allegramente sotto braccio. Anzi mi propose - fatto molto singolare, data la sua naturale pigrizia - di fare con lui una passeggiata.

- Volentieri, Lord Pepe - gli risposi. - Ma dove andremo? verso la Concha?

- Sì, verso la Concha, como quiere Usted.

Allora, mentre camminavamo sotto il pallido sole ancor soffuso di nebbia, Lord Pepe mi fece con amabilità questo leggiadro discorso, che tenterò di riassumere in breve, saltando, poiché prive d'importanza, le mie numerose interruzioni. Disse Lord Pepe:

«Voi siete un molto simpatico ed amabile giovinotto, anzi vi confesso che ho molta simpatia per Usted. Voi avete un carattere che va molto bene con il mio, solo vi consiglio di non lavorare troppo la notte, perché avete spesso la faccia stanca, e non c'è bisogno di prendere la letteratura tanto sul serio quando se ne può far a meno. Poi non dimenticatevi che i libri, tanto quelli di scienza come quelli d'amore, servono sopra tutto alle persone che non sanno trovare altro mezzo per uccidere il tempo. Que sì, caballero!... La donna è poi come la letteratura: più si legge e meno la si comprende. - Pausa - Io mi sono accorto che a voi piace molto la mia piccola amica Madlen. Questo mi fa piacere. Madlen è una donna molto elegante, muy fina, muy dispendiosa, e che ha fatto apposta a lasciarsi fare la corte da Usted, perché la donna gode mezzo mondo se può vedere il suo amante consumarsi di gelosia. Ma con me questo gioco non riesce, pauvre petite, por que soy un hombre qui s'en fiche! - Pausa – La sola cosa davvero importante è questa: che in otto mesi mi ha fatto spendere un mezzo patrimonio; ragione per la quale mio padre, banchiere a Londra, mi ha telegrafato; «Mas nada.» Le due parole irrevocabili che ogni tanto mi telegrafa in tutte le lingue, secondo il paese dove mi trovo. «Rien plus.» «No more.» In Italia si dice: «Niente più.» Mio padre, banchiere a Londra, quando scrive telegrammi, ha una forza di carattere davvero inflessibile. «Quando invece parla con suo figlio capisce sempre di aver torto. Dunque bisogna ch'io vada a Londra. Ciò mi secca, per la traversata della Manica, che in questi mesi non è del tutto conforteable, come dovrebbe essere un canale degno del popolo Inglese. - Pausa - Mio padre, banchiere a Londra, con un ordine di Borsa rifà in due giorni quello ch'io sciupo in un anno; quindi potrei benissimo rimanere con Madlen fino al principio dell'inverno, ed anche dopo, se ne avessi urgente necessità. Ma questa mia risoluzione dispiacerebbe forse a Usted, e non divertirebbe affatto il vostro amico don Josè de Higuera, che in amore come in tutte le cose preferisce sempre all'abitudine la novità. È stato un errore innamorarmi di Madlen, ed è la prima volta che ubbidisco per otto mesi ai capricci di una sola donna. Ma il mio amore per fortuna è fatto in modo che solo dura finché non mi avvenga d'incontrare un'altra donna la quale non sia peggiore della precedente. Ed io posso dire a Usted che questo è il solo modo ragionevole d'innamorarsi. Claro? Dunque volevo riferire a Usted che domani parto per Parigi, e dopodomani traverserò la Manica. Fra otto giorni – poiché ci vuol sempre circa una settimana prima che mio padre voglia riconoscere i suoi torti - sarò di nuovo a Biarritz, con una deliziosa attrice del Vaudeville, ch'essendo amica nel medesimo tempo di un deputato marsigliese e di un sarto parigino, costerà lo stesso a mio padre, banchiere a Londra, ma forse a me, in privato, permetterà di fare una certa economia. - Pausa - Ora penso di aver fatto il mio dovere, informando voi per il primo di questo mio viaggio a Londra. Viaggio che a voi farà piacere, ne sono certo, mentre a me dispiace moltissimo di allontanarmi da un simpatico amico y distinguido caballero como Usted.»

Sul mare sonnolento si adagiava una striscia di sole, vaporosa e calma; lungo il Paseo de la Concha ferveva un corso animatissimo. E noi tornammo indietro, allegri, senza la più piccola ombra di disagio, per comperare dal primo tabaccaio che incontrammo quelle grosse ed aspre Elegantes emboquilladas, delle quali entrambi eravamo sprovvisti.

Su la soglia della tabaccheria mi parve necessario dirgli, prendendolo a braccetto:

- Cher ami... non ho purtroppo un padre, banchiere a Londra, né una Manica da passare con tanta facilità; ma se quello che il «trente et quarante» finora non mi ha tolto può esservi utile per qualche settimana, vi prego di trattare con me come fareste con un vecchio amico...

Egli rifiutò indiscutibilmente, con un sorriso da Grande di Spagna.

Ella tese a Lord Pepe la sua lunga mano inguantata, con un saluto sobrio e semplice, come se quella partenza definitiva non dovesse durare che lo spazio di ventiquattro ore. A piè del treno, presso il montatoio, ella stava immobile vicino all'amante, lasciandogli nella mano la sua mano aperta e guardandolo negli occhi senza il minimo segno di dolore.

- Good bye. Friend. Kiss for me London...

Non v'era in lei turbamento visibile, ma neanche la più piccola simulazione. Otto mesi d'amore o di giornaliera intimità finivano per lei senza una lacrima, invece con una stretta di mano, con un sorriso da signorina, da miss inglese, limpido, illibato, sarcastico.

- Good bye, Friend. Kiss for me London...

Il marciapiedi bianco d'elettricità rifletteva la sua lunga ombra; il cappellino frivolo e serio, l'abito a giacca, gli stivaletti luccicanti, parevano stranamente adatti ad accrescere la sua impassibilità. In quel momento era più che mai onesta, più che mai signora, e signora inglese in tutta l'estensione del termine; tantoché ripensavo, quasi per amore del contrasto, alla sua bella camicia di linon, fina come un ragnatelo.

L'express Paris-Madrid allungava sotto la tettoia della stazione imbandierata le sue vetture luccicanti, collegate insieme da un passaggio a mantice; nel mezzo del treno il salon-restaurant sfavillava di luce come una sala da ballo. I pranzi ormai erano finiti, le tavole sparecchiate; nel lunghissimo corridoio del treno molte cuccette chiuse custodivano il sonno dei viaggiatori già coricati. Altre lasciavano intravedere dagli sportelli aperti i preparativi notturni d'una coppia inglese che ammobiliava il proprio home, d'una parigina irrequieta che trasformava il suo scompartimento in un profumato boudoir, con bagaglio ad armacollo e piuma tirolese, infine d'un diplomatico turco in perpetua vacanza, che avrebbe offerto molto volentieri alla sua vicina di parete una bottiglia di Champagne...

Ormai, pare impossibile, non v'è treno di lusso che solchi l'Europa in qualsiasi direzione senza contenere la Parigina e il diplomatico Turco, questi due esponenti così caratteristici dell'umanità del ventesimo secolo.

Gli eleganti controllori della Compagnie Internationale des Wagons Lits, bei giovani, che talvolta, nel cuore della notte, una viaggiatrice solitaria chiama con romantiche scampanellate, ora ciarlavano fumando a piè dei montatoi; altri andavano preparando i lettini candidi, altri esaminavano fasci di tessere o facevano saltare il tappo d'una bottiglia di Pale Ale. Sopravvenne un Herr Doctor bavarese, viaggiatore di seconda classe, con occhiali a stanghetta e fasce di lana verde ai polpacci, uno di quelli che il Creatore stampò con la creta che gli rimase dall'ippopotamo.

Costui andava da una vettura all'altra agitando uno scontrino dell'Agenzia Cook. Dopo aver seccata molta gente, alla quale non spettava occuparsi di lui, trovò finalmente un capotreno che gli diede retta, ed osservato il numero dello scontrino, gli disse in un tedesco irreprensibile che la sua cabina era stata riservata per un Ispettore Generale della Compagnia - sede di Bruxelles – qualcosa come il vice-padrone di tutti i treni a dormitoio che ansano e volano traverso l'Europa. Altro dunque non rimaneva per lui che rassegnarsi alla suprema ragion di Stato.

Fine XII° parte del romanzo.

Buona lettura.

 

 
 
 
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