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SCIOGLI LA TRECCIA MARIA MADDALENA dello scrittore: Guido da Verona

Post n°200 pubblicato il 01 Novembre 2012 da ciapessoni.sandro
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SCIOGLI LA TRECCIA MARIA MADDALENA – dello scrittore: Guido da Verona.

 

Immagine: Maria Maddalena…

[…] E il pentimento eri tu, Maria Maddalena. Tu eri la fredda rinunzia, il raggio di sole che diventa ombra; il cimbalo ed il sonaglio della danza nell'orchestra del canto liturgico; eri la ghirlanda sfogliata, il mazzo reciso, la semenza fuor dal granaio, il rosaio spezzato dal vento.

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***

Fine del romanzo (seguito del post 199)

Ed una di quelle donne diceva: «Comprate alla Vergine un cero», ed una soggiungeva: «Portate alla Vergine un fiore»; altre vendevano statuette per le quali si era salvi da tutte le epidemie, altre vi davano, con mezzo franco d'acqua miracolosa, la certezza di ottenere una grazia ineffabile, per voi stessi o per i vostri congiunti... E il mare della moltitudine vi spingeva innanzi, vi sbatteva come un rottame, senza che fosse possibile resistere ad essa; vi premeva in sé dandovi l'impressione, il terrore, d'essere divenuto uno dei suoi, irrimediabilmente, una preda lieve della infinita sua miseria, una povera cosa inerte nel potere immenso della cristianità. Questa folla camminava recitando preghiere, vi opprimeva col lezzo dei suoi corpi devoti e sudici, vi comunicava un poco della sua anima disperatamente accesa di miracolo, e fra quel mare di umana gente che tutta credeva in una sola follia, voi stesso comprendevate che non era niente affatto assurdo inginocchiarsi davanti ad un simulacro di legno, credere che i morti possano risorgere, le piaghe insanabili sparire, i ciechi riaprire gli occhi al sole perduto.

Ora entravo nel buio dolore di Cristo. C'era nel mondo un altro mondo, che tu pure imparasti a conoscere, Maria Maddalena. Da tutte le case usciva un grido; nell'anima di tutti gli esclusi era il bisbiglio della insoffocabile preghiera.

E il pentimento eri tu, Maria Maddalena. Tu eri la fredda rinunzia, il raggio di sole che diventa ombra; il cimbalo ed il sonaglio della danza nell'orchestra del canto liturgico; eri la ghirlanda sfogliata, il mazzo reciso, la semenza fuor dal granaio, il rosaio spezzato dal vento.

E l'ultimo rifugio eri tu, Maria Maddalena. In questa vita rossa e calda come il succo delle rosse melagrane, tu eri la via dell'altra sponda, il passaggio all'altra fedeltà; eri l'addormentata che apre gli occhi e vede il sole nascere nel lontano infinito. Brillasti nei conviti ed umiliasti nella polvere la tua treccia bionda. Su te furono ghirlande, su te gli spini; la tua carne denudata urlò, e pianse di fredda solitudine. Ne' tuoi capelli profumati si torsero le dita crudeli degli amanti, e la treccia tua si sciolse per avvolgere il sonno del Liberatore.

La tua treccia è gonfia di rugiada, le tue mani han l'odore dei mandorli, Maria Maddalena...

E tu sei quella che tiene me prigioniero, in questa moltitudine che si raduna davanti al Calvario; tu sei quella che risorgesti nel cuore della pallida Bernadette, musica eterna dell'umano amore, peccatrice di Mágdala, innamorata dell'Uomo di Galil... Egli ti disse:

«Lévati; ora è l'alba. Se nel sonno hai peccato, scendi alla fontana e detérgiti. Hai la veste orlata di brina: la tua treccia è gonfia di rugiada; il sole sta per nascere dietro la neve dell'Hermòn. Lévati; è già tempo di andare.»

E così, nella verde Galilea, fecero molta strada insieme. E camminando ella era sempre con lui, spesso a fianco, talora nella sua ombra. E l'amore della cortigiana di Mágdala fu l'amore che seppe andar più lontano traverso la memoria degli uomini: pallido e voluttuoso amore della rinunzia, eterna poesia del mito cristiano.

Ma ora tu risorgevi, cortigiana di Mágdala, dalle buie distanze dei secoli; venivi tra quell'immenso gregge di umiltà, e nuovamente perduta nell'amore di Cristo, me, davanti al Calvario, conducevi per mano.

Tu eri stata la povera figlia del mugnaio Soubirous, dai capelli pieni di vento, che andava per vicoli umidi, rasente il muro, alta e pallida, senza guardare alcuno. Tu splendevi, con la tua treccia bionda e buia, nel sogno dei miserabili, e la carne tua che possedettero i centurioni prepotenti, e l'amore tuo fedele che seguiva l'Uomo di Galil, era ciò che nelle favole millenarie ti rendeva, o peccatrice, così umana.

Non la moglie vergine del falegname di Nazareth, ma tu sola eri, o peccatrice, la divina bellezza del mito cristiano. E il mare umano scendeva, con me prigioniero, verso il terreno sacro del Calvario, alla Fontana dei Miracoli. Giunto in vicinanza del ponte che varca il fiume di Bernadette, cominciai con veder allargarsi lo spazio della dura vallata, e le montagne ovali scostarsi, chiudendo in sé una specie di fantastico anfiteatro, dove nel fondo si alzava, nuda a solenne, la Collina del Calvario.

Pareva che la natura previdente avesse voluto erigere uno scenario da leggenda intorno ai sacri misteri della fede cristiana. E là poteva una gente senza numero trovare spazio per le sue genuflessioni; tutto era costrutto con il senso dell'immensità, quanto era travaglio dei secoli od opera prodigiosa della fatica umana. Vedevo dall'estremo angolo della vallata scendere il fiume balenante, che pareva urtasse in un rogo di sole contro il macigno della rupe di Massabielle. Lontana, quasi cancellata nell'azzurrità, immersa in un vapore di sole, brillava di guglie d'oro la catena dei Pirenei.

....…………………………………….

«Signore mio Lord Pepe, non posso che darvi ragione. Lourdes è una triste fiera dei miracoli, dove si vende Cristo e si esorcizzano le piaghe dei cristiani; una bottega di atroce medievalità, ove governano senza pudore il fanatismo e la superstizione. Questa insolente impresa di alberghi e di monasteri, di ceramica sacra e di candele istoriate, ha per sua fondatrice involontaria la figlia d'un povero mugnaio, che disturbò notevolmente, con il rumore dei suoi miracoli, gli ozî parigini del terzo Napoleone.

Signore mio Lord Pepe, voi siete - come io ben conosco - l'ultimo rampollo di una vecchia gente cristianissima, e siete un gagliardo possessore di femmine disoneste, un fino artefice del lieto vivere, un amabile fanatico della religione di Vatel: - questa buia Lourdes, invasa di storpi e di catecúmeni, certo non è il teatro che si conviene ad un giovine hidalgo pari vostro. Sebbene imbevuto di ortodossia fin dentro le midolle degli ossi, pur, nel cattolico epicureismo del vostro felice ubi consistam, non è luogo per l'umano dolore. Il senso del mondo per voi si compendia - unica teologia - nel perfetto piacere.

Signore mio Lord Pepe, voi siete un vero credente. Nel passare davanti ai tabernacoli non dimenticate il segno della croce; per strada lasciate il passo al maestoso clero cattolico; fors'anche recitate il Pater e l'Ave, ogni sera, prima di coricarvi con Litzine. Gesù Cristo vi serve inoltre a formulare qualche sonora e pittoresca bestemmia; la vostra fede, altrettanto superficiale quanto inestirpabile, vi aprirà la via del Paradiso, allorché , al termine di tutte le gioie della vita, voi pure dovrete comporre la vostra spoglia elegante in un freddo cimitero.

I pellegrinaggi, la follia mistica, il traffico delle mercanzie religiose, la Fontana dei Miracoli: - ecco, signore mio Lord Pepe, un certo numero di cattoliche seccature, alle quali, voi credente, preferite i miracoli dello scomunicato baccarà. Per avere il capriccio di strofinarsi a que' mille contaminati, bisognava esser pazzi come la folle Madlen, od essere - voi dicevate Lord Pepe - «un extraño caballero como Usted.»

Orbene, in questo gran disordine della fiera umana, quali dovremo noi scegliere, per disciplina dello spirito nostro, fra i sacri ed i profani mercanti di paradisi? Chi è nel giusto? chi è più presso alla vena d'oro, fra questi cercatori di felicità? Gli uni e gli altri méntono; questi e quelli méntono. La vita è una volgare sciocchezza. Mente il dolore, mente il piacere.

Lasciate gemere le campane, cantare le orchestre: tutto questo non è in fondo che un po' di rumore...

...........…………………………………..

Or io vedevo, nel celestiale dirupo, quella che un tempo chiamavasi la caverna dei caprifogli e degli spini.

Quando scese al guado Bernadette, la Gave de Pau scorreva sotto la rupe di Massabielle, rasente il greto selvaggio. Ma ora la sagacia idraulica dell'ingegneria canonicale aveva respinto il fiume nel mezzo della vallata e spaziose murature circondavano l'accesso alla Grotta del Miracolo. Questa non era paurosa né profonda; nulla in sé aveva dell'antro o della spelonca, nulla dei sinistri abitácoli di uomini primordiali o di fiere scomparse; ma solo appariva per due fenditure nella roccia, che ne formavano l'entrata e l'uscita; odore rancio di candele consunte appestava l'aria sotto la volta affumicata; le labbra dei fedeli avevano intaccato e reso liscio il sasso delle pareti; nel fondo era una specie di strozzatura, dalla quale pullulava un filo d'acqua, scarso, debole, che ogni tratto s'interrompeva.

Questo era il sublime rivolo, che dissuggellò dal macigno la mano lieve della pascolatrice.

Davanti alla fiacca sorgente vacillava un triste tabernacolo ed infinite migliaia di lettere si ammucchiavano dietro un cancelletto, in una specie di naturale paniere. Là in fondo erano appese ancora le grucce e gli ordigni ortopedici dei primi che furono tocchi dal miracolo, e tutta la rupe, intorno all'accesso della Grotta, se ne vestiva come d'una tragica e squallida reliquia di martirio.

I fedeli si stipavano all'ingresso, ove era, contro il palco del predicatore, un rozzo ed enorme simulacro della Signora di Lourdes. I cristiani entravano come sonnambuli, dopo avere compresse follemente le labbra su la pietra luccicante; compivano il giro dell'angusto presepe, che doveva sanarli da ogni patimento: alcuni stramazzavano al suolo, tramortiti, nel vedere l'acqua celestiale. Venivano tolti su di peso; il lezzo era insostenibile; il cancello impediva di attingere alla divina Sorgente; le fisionomie, tra quel barlume di ceri e quella nebbia di sacra fuliggine, assumevano un non so che di orribilmente spettrale; un silenzio, non interrotto che dallo strisciar dei piedi, lasciava udire il gorgoglio che l'acqua scarsa mandava nella sua fatica di gemere; e la folla continua, pazza, pesante, muta, costringeva, dopo qualche attimo, a procedere fra le pareti anguste, fino all'uscita.

Là, pareva che l'aria del mondo ancora fosse dolce a respirarsi, come per chi esce d'improvviso da una galera sotterranea. Ma quivi era la più turpe adunazione di carne moritura che mai si accolse davanti allo stupore dei miei occhi, e questa orribile fiera di atroci difformità circondava la Grotta del Miracolo. Come i sacri lebbrosi dell'Oriente, questi erano fatti segno all'adorazione della folla ed erano lasciati stare innanzi a tutti, proprio sul limitare della Grotta, come una larga platea di contraffazioni umane sotto il pergamo del predicatore, in attesa del miracolo.

Chi poteva reggersi era in piedi su le grucce, oppure a ginocchi; gli altri erano deposti su lettighe, barelle, sedie scorrevoli, od erano quasi murati vivi entro macchine d'ortopedìa. Quasi fossero gli attori spaventosi d'un liturgico dramma da Gran Guignol, erano lasciati soli e campeggiavano in mezzo alla folla, sinistramente percossi dal chiarore delle torce, neri di tabe, monchi delle membra, con piaghe senza nome, con viluppi di fasce onde gemeva la nera putredine, meno simili a creature che a cadaveri dissepolti.

Era scesa la rapida oscurità che fa breve in autunno il crepuscolo tra i monti; un po' di luna, fra nuvole, batteva sopra un angolo del Gave. L'odore dei timi, l'odore dei boschi pieni di ciclamini, aleggiava su la immensa folla che si andava perdendo nell'oscurità.

E torneranno alle Fontane del Miracolo i greggi degli eterni miserabili, a dimenticare nel sogno d'un'umile pascolatrice il sogghigno freddo e sarcastico dell'uomo che si chiamò Voltaire.

Hai una treccia che ti veste, Madlen, come il fiocco abbrunito dal sole veste la pannocchia del grano...

Eppure le rose nascoste ancora fioriscono dai fragranti rosai; nostra è ancora la gioia del mondo; in noi sale scintillante la spuma del vino biondo, ridono, tremano, cantano gli archi dei pazzi violini... Domani - forse domani - ridiverrai la peccatrice di Mágdala, quella che ha smarrito un fiore nella polvere del mio cuore di viandante.

E le rondini - pensavo - della bianca terra di Guipuzcoa si levano tutte a stormo, e trillano, questa mattina, per andare...

Álzati ancora ignuda, com'eri sul drappo d'oro nel mezzo della Basilica scintillante, mentre saliva, tra il dolore della umana gente, la voce del grande organo avvolto in una musica di fiamme, e l'alta chiesa bruciava come un padiglione di sole – di fuoco e di sole – ove erano tutti i peccati, le gioie della carne, tutto il rossore della umana voluttà, il riso ebbro della perdizione che vuota il calice, spezza il bicchiere... più su, più su, in un vortice di sole - di fuoco e di sole - ubriaca, nei paradisi terrestri, l'infernalità dionisiaca della vita...

Álzati ancora e danza, ignuda, sul cuore del mondo, peccatrice di Magdala!... Nell'alba lontana - io pensavo - una vela è partita sul mare. Álzati ancora e danza, ignuda, sul cuore del mondo, e sii la cortigiana di Mágdala, splendente in amore fra tutte le donne perdute, bella come la rosa che nasce nei fragranti giardini del Libano, l'intrisa di tutti i peccati, l'amica dei centurioni prepotenti, quella che disse una sera al pallido Uomo di Galil: - «Préndimi! baciami!... la strada è bella; e tu scioglierai la mia treccia per farne il tuo guanciale profumato...».

Forse, talvolta, la sera, quando i treni si addormentano, quando la strada passa traverso l'anima di chi va via - tu per me, io per te, Madlen - chissà dove, chissà quando, riudiremo sottovoce cantare la musica dei pazzi violini; e dell'amore che ci portò e del dolore che ci strinse non rimarrà che una striscia di fumo, nulla, un po' di sogno, l'azzurra ombra d'una sera d'estate, su la bella Concha, davanti al sole che moriva nel divino Atlantico... e sarà una striscia di fumo, nulla, un poco d'anima dispersa nel rumore della strada, qualcosa di troppo lieve, di troppo azzurro, la memoria d'una sera d'estate, una striscia di fumo, nulla...

F I N E D E L R O M A N Z O

BUONA LETTURA!

 

 
 
 
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