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L'AMORE DI LOREDANA - Romanzo dello scrittore : Luciano Zuccoli.

Post n°203 pubblicato il 05 Dicembre 2012 da ciapessoni.sandro
Foto di ciapessoni.sandro

L’AMORE DI LOREDANA – Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli.

 

Manerba del Garda.

Cliccare sull’immagine per ingrandire.

***

PRIMA PARTE

… seguito: Seconda puntata.

III

- Data fatale! - ella pensò e disse ad alta voce, senza rammarico.

Poi rapidamente si slacciò il corpetto, passò la catena attorno al collo, e sorrise. Nessuno, all'infuori di Filippo, doveva veder quella catena, e nessuno, all'infuori di Loredana e Filippo, sapere e ricordar quella data.

- Gli abiti li vedremo poi; ora scendiamo a cenare, - disse Filippo.

- E tuo zio? - mormorò la giovane titubando. - Se cena anche lui, mi vedrà senza velo.

- E rimarrà ammirato, - concluse Filippo.

Cenarono sul terrazzo illuminato da tre lampioni a gas; il lago era scuro, ma a Loredana pareva meno tetro e misterioso. Sulla strada innanzi all'albergo non poca gente passava e guardava la coppia, forse invidiando. Un piccolo gatto bianco e nero, poi un cane pòmero vennero a corteggiare i forestieri e ad accattar qualche boccone. Le zanzare attratte dalla luce danzavano intorno al capo dei due amanti.

Durante la cena, Filippo spiegò il programma per l'indomani: dovevano cercare un piccolo albergo nascosto o una villetta discreta a Salò o a Maderno o a Gargnano; e veder anche la sponda veronese, dove assai minore era la probabilità, d'incontrar gente, poiché i piroscafi non vi approdavano.

- La sponda veronese di là dalla penisola di Sirmione: Salò da questa parte, oltre il capo Manerba....

E Filippo faceva dei gesti in direzione del lago, mentre l'amica sua sorrideva perché non riusciva a distinguer nulla... Ma un gesto restò a mezzo: era comparso sul terrazzo lo zio Roberto, seguito dal direttore dell'albergo.

- Se il signor conte permette, - diceva quest'ultimo, - gli servirò io stesso una cena di suo gusto...

- Sì, roba leggera, ve ne prego! - rispose il conte, sedendo a una delle tavole di marmo, poco lontano da Filippo. E vedendo il nipote, come non si fossero lasciati un momento prima, gli fe' cenno con la mano, salutando:

- Oh, ciao, Flopi!

- Buon appetito, zio!...

Il conte attese che Filippo riprendesse il discorso a bassa voce con la fanciulla per darle un'occhiata; e la vide bellissima, con quel viso bianco e fresco e con quei capelli scuri, che due pettini scintillanti di strass trattenevano a pena. Ma gli parve pure che ella fosse estremamente giovane, non solo per Filippo che aveva da sei anni valicato la trentina, ma per chiunque se la fosse portata via senza passare dal sindaco e dal parroco...

- Che cosa le ha dato da intendere? - pensò il conte Roberto. - Non mi pare un'oca, e sta ad ascoltarlo come l'oracolo.... Che cosa, le ha dato da intendere, dico io?

Egli si volse udendo uno stropiccio di passi: ma mentre s'aspettava di vedersi posta innanzi la prima vivanda, scorse invece il cameriere che gli tendeva un telegramma sopra un piatto...

- Un telegramma per me? - disse stupito.

Filippo troncò il discorso con Loredana e guardò lo zio, che apriva il telegramma. Il conte Roberto lo lesse un paio di volte e se lo mise in tasca senza dir verbo e senza più volger l'occhio al nipote. Ma cenò di malavoglia, scoperse che il Bardolino non aveva un bel colore e acchiappò con le mani un paio di zanzare che gli ronzavano troppo da vicino.

Loredana s'era ormai alzata da tavola e rientrava; passando presso il conte Roberto abbassò il capo. Filippo la seguiva.

- Ascolta, - disse il conte Roberto, - verrai quest'anno a San Martino a veder la Torre? La inauguriamo a ottobre...

Ma non appena s'accorse che la fanciulla era scomparsa, mutò voce:

- La mamma chiede tue notizie, - disse. - Come la facciamo?

- La mamma? – ripeté Filippo sbalordito. - Che mamma?

- Tua madre, mia cognata, la contessa Vagli, quella che ti ha dato alla luce, bontà sua! - esclamò lo zio Roberto irritandosi.

- E come può sapere che noi siamo qui?

- Chi, noi? Quanto a me, lo sapeva, perché gliel' ho scritto. Quanto a te, avrai fatto le cose con la testa nel sacco. Toh, guarda!

E il conte Roberto levò da una tasca e mise sotto gli occhi di Filippo il telegramma:

«Flopi partito oggi constami trovarsi sul lago. Se incontri avvertilo domani denunzieranlo Procura Re. - Bianca».

Filippo gettò il foglio giallino sulla tavola e non disse nulla.

- Mi pare, insomma, - concluse lo zio, - che non tiri vento propizio per te da queste parti.... Io tornerei indietro...

- Indietro? - esclamò Filippo. - E dove? A Venezia?

- Se preferisci che ti denunzino al Procuratore del Re, è un altro conto.

- Ma perché mi denunzierebbero?

Il conte Roberto alzò le spalle.

- E me lo domandi, tu che sei avvocato? La tua compagna di viaggio è una bambina; ti denunzieranno per corruzione, per seduzione, che so io? per ratto...

E ricordando la famosa grida citata dal Manzoni, aggiunse con voce tranquillamente allegra:

- «Per rapto de dona honesta».

- Non faranno niente, - disse Filippo. - In ogni modo, ci penserò....

- Bravo, pensaci! Il Procuratore del Re penserà anche lui a modo suo: e quella disgraziata tua madre si divertirà un mondo, fra due pensatori di questo genere...

Il conte Roberto si guardò intorno, poi seguitò con voce più cauta:

- E chi è quella ragazza?

- Lo hai detto: una bambina, che amo pazzamente, che mi ama, e che voglio tener con me.

- Ma non ha più di sedici anni... - Diciotto....

- Son sempre pochi. E ha il padre, i fratelli, una famiglia?

- Non ha che la madre.

- La vuol tenere con sé - mormorò il conte Roberto, come ripensando alla frase del nipote. - O che cosa significa questo?

- Vedremo più tardi, - disse brevemente Filippo.

- È di modesta nascita? - riprese lo zio.

- Di modestissima nascita. Con una madre che l'adora, e che è troppo debole, troppo ingenua, troppo facile a credere, la poveretta si sarebbe perduta...

Il conte Roberto interruppe passandosi la mano tra i capelli bianchi, con un gesto di comico stupore.

- E tu la salvi, - disse poi, - menandola a passeggio sul lago di Garda?

- Chi sa? - rispose ancora brevemente Filippo.

Il direttore dell'albergo ricomparve e i due uomini tacquero.

- Buona, la vostra cena, - gli disse il conte Roberto. - Ma il Bardolino non aveva un bel colore. E poi dovete cambiar posto alle scuderie: il puzzo di lettiera e di fieno vi ammorba tutto l'albergo.

- Il signor conte ha ragione, - assentì il direttore. - Vedremo più tardi!

- Vedrà più tardi, anche lui! - borbottò Roberto fra i denti.

Si alzò da tavola e s'appoggiò al braccio di Filippo ch'era rimasto pensieroso innanzi al vecchio. Il conte Roberto era più alto e più tarchiato del nipote; Filippo aveva statura media, capelli neri e lisci; gli occhi chiari dallo sguardo rapido e vivo dicevano un'anima irrequieta e audace; ma il colorito del volto che intorno agli occhi pareva quasi grigio e certe rughe sottili ricordavano una vita di tempeste e di disordini. L'uomo di sessant'anni, col volto acceso e i capelli bianchissimi, dava più grata impressione di freschezza, o avesse goduto e sofferto meno, o avesse sortito una tempra meno sensibile.

Roberto e Filippo salirono le scale fino al primo piano; innanzi all'uscio della sua camera, lo zio disse a bassa voce:

- Arrivederci. Io parto domattina presto. Pensa quello che fai; comunque vada a finire, mi sembra una corbelleria, perchè io credo che l'uomo non è monogamo.

- Grazie. E... scusami, che cosa scriverai alla mamma?

Il conte Roberto alzò bruscamente le spalle e sparì nella sua camera senza rispondere.

IV.

- Perdonami, cara, - disse Filippo entrando e avvicinandosi a Loredana, che scriveva, seduta innanzi a un tavolino. - Mi ha data una lezione di storia: la torre, la battaglia, i quadri con gli episodi più importanti... Un quadro rappresenta anche lui, che a quei tempi era tenente di cavalleria e si è battuto a San Martino... E tu, che hai fatto?

Loredana scriveva a sua madre una lettera felice e disperata, piena d'umiltà e di carezze.

Filippo vide che gli occhi dell'amica erano umidi.

- Amore mio, - disse, chinandosi a guardare, - se tu adoperi la carta dell'albergo con la veduta del lago, di Desenzano, dei piroscafi, e il nome del proprietario e l'indirizzo, tanto vale chiamar qui la mamma e il Procuratore del Re.

Si morse le labbra, ma ormai troppo tardi: Loredana lo fissava corrucciata e pallida.

- La mamma e il Procuratore del Re? - disse. - Che cosa significa?

- Nulla, proprio nulla, ti assicuro, - rispose Filippo, accarezzandole lievemente i capelli.

- Che cosa volevi dire? - incalzò la fanciulla. - Come ti son venute queste idee?

- Volevo dire che non dobbiamo trascurare ogni precauzione e che le imprudenze potrebbero recarci qualche noia.

Loredana prese il foglio di carta già coperto di scrittura diritta e uguale, lo fece in pezzi minuti e li gettò a terra.

Filippo conosceva da tempo l'anima sdegnosa e taciturna della fanciulla. Non pareva fosse nata da piccola gente operosa (il padre era stato mercante di stoffe a Rialto); ma la sensibilità intellettuale, l'intelligenza acuta, la rapida intuizione e sopra tutto un orgoglio e un coraggio più pronti all'azione che alla parola, facevan pensare a un'origine aristocratica, a un atavismo imperioso, a un ambiente squisito. E tuttavia, ella ora così carezzevolmente e voluttuosamente femmina, così sommessa a chi sapeva guidarla, che Filippo non ricordava d'aver conosciuto una donna più varia d'atteggiamenti e più degna d'amore.

Da tre anni ella si recava a villeggiare con la madre a San Donà, in una villetta confinante coi poderi dei conti Vagli; e così Filippo le era diventato amico, senza, sognare che un giorno egli, a tanta distanza d'età, avrebbe avuto bisogno di quella giovanetta, allora tuttavia, con le sottane corte e coi capelli sciolti, che le scendevano per le spalle.

Egli le aveva raccontato molti fatti della sua vita, che gli amici più intimi di lui ignoravano; e senza amarlo, ella ne sentiva la protezione e la forza, Quand'egli partiva o da San Donà o da Venezia per qualche viaggio, una tetra malinconia le piombava sul cuore. Ella trovava in lui i modi, le forme, la perizia di vita, che scarseggiavano o mancavano interamente fra le persone le quali frequentavano la casa della mamma, piccole borghesi che con l'instancabile chiacchierio la inviperivano e l'allontanavano.

 

Fine prima parte della seconda puntata.


 

 
 
 
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