Creato da ciapessoni.sandro il 21/02/2010

P o e t i c a

P o e s i a - L e t t e r a t u r a - S t o r i a - M u s i c a

 

 

« L'AMORE DI LOREDANA - R...L'AMORE DI LOREDANA - R... »

L'AMORE DI LOREDANA - Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli.

Post n°204 pubblicato il 10 Dicembre 2012 da ciapessoni.sandro
Foto di ciapessoni.sandro

L’AMORE DI LOREDANA – Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli.

 

 

Immagine:

Venezia: Teatro La Fenice.

Cliccare per ingrandire l'immagine .

 

PARTE PRIMA (seguito)

***

Terza puntata (seguito del post 203)

 

In tre anni, la bambina s'era fatta una giovane bella, della fresca e molle bellezza veneziana, e a Filippo piaceva. Ma anch'egli non l'amava; era la piccola amica... La piccola amica! Quante volte, sprofondato tra i cuscini della gondola silenziosa, o seduto in un salotto a fianco d'una dama, o in un palco della Fenice tra la luce dorata e lo scintillio dei diamanti, Filippo Vagli aveva pensato alla piccola amica, che dormiva tranquillamente nella casetta bianca sul campiello muto! E rideva dentro di sé, chiedendosi che cosa avrebbero detto quelle patrizie, le amiche officiali, se avessero conosciuto l'umile sua confidente, colei che sapeva farlo sorridere, sapeva parlare come a lui piaceva, sapeva ascoltare e discutere.

In quei tre anni egli aveva avuto più d'una amante; e la voce, per i meandri molteplici del pettegolezzo veneziano, esagerato ed innocuo, era giunta fino all'orecchio di Loredana, la quale non capiva se quei racconti le facevano piacere o se l'angustiavano; ma intanto si studiava d'osservare le donne che la voce popolare additava quali amanti di Filippo, per vedere s'erano belle, se vestivano bene, se non erano indegne di lui. Osò parlarne con Filippo, che ne rise.

- Stia attenta, - egli le disse, - e vedrà che ogni mese e fors'anco di quindici in quindici giorni il nome della mia amante cambia. Sono discorsi di sfaccendati, i quali mi rendono il favore di sviar la curiosità dietro mille tracce, e non si sono ancora avveduti che io passo tanto tempo vicino a lei.

- Non ha amanti, allora? - chiese Loredana.

Essi parlavano di sera, nel tinello; una sera a metà gennaio del 1893. Spesse volte si trovavano così quasi soli, perché la mamma, con la fiduciosa ospitalità veneziana accresciuta dalla stima ch'ella aveva per la figlia, non vigilava i loro discorsi e stava innanzi alla finestra della saletta a centellare la ventesima tazza di caffè. E quella domanda, la quale sarebbe parsa ardita e sconveniente per un'altra fanciulla, ai due amici sembrò così naturale, che si stupirono di non aver mai parlato d'un argomento che si prestava a tante confidenze.

- No, non ho amanti, - rispose Filippo.

Loredana si mise a ridere.

- Neanche la contessa Fausta di Montegalda? - domandò maliziosamente, e soggiunse: -

Fausta! Che bel nome!

- Toccato! - pensò Filippo. Quindi rispose: - No!

- Eppure, si ricorda quella sera che andai alla Fenice l'inverno scorso, con la mamma e gli zii? Lei era nel palco della Montegalda, che aveva un così bel diadema di brillanti sui capelli neri; e qualcuno mi disse che lei era innamorato della contessa. Io guardai attentamente e capii che avevano ragione.

- In ogni caso, - osservò Filippo, - tra innamorato e amante v'è un abisso.

- Oh sicuro! - esclamò Loredana con gravità comica. - Un abisso!... E lei, tanto timido, si spaventa degli abissi...

La fanciulla rise e Filippo la guardò. Non gli era mai parsa così bambina come in quell'ora, e tutta fresca, con la bocca sinuosa e ardente appena ombreggiata da una lievissima pelurie sul labbro superiore; e la luce che veniva dai grandi occhi scuri gli sembrò più vivida del consueto. Prima ancora di riflettere, si chinò e baciò quegli occhi e quella bocca, mentre Loredana abbassava la testa, attonita e sommessa.

- Ciò che egli fa, è ben fatto! - ella pensò. - Ciò che egli fa, si può fare!

Loredana pensava in tal maniera, pure senza amare Filippo, e Filippo la baciava senza amarla. Ma ambedue con ogni sforzo avrebbero difeso quella loro strana amicizia, perché sentivano l'un per l'altra una fiducia, che nessuno al mondo aveva mai loro ispirato. Fu in quello stesso mese di gennaio che Filippo trovò un giorno la casetta in festa. Era l'onomastico della mamma e v'erano due o tre famiglie, recatesi a portar dolci e auguri alla buona donna. Intorno a Loredana, tutta vestita di rosa e lievemente scollata, stavano altre fanciulle, e alcuni giovanotti scherzavano con la piccola amica di Filippo, la quale rideva e si scaldava presso il caminetto, avanzando i piedini con una mossa non priva di civetteria.

Filippo guatò lo spettacolo. Tra quei giovani, uno fermò specialmente la sua attenzione, un biondo con occhi cerulei; si chiamava Adolfo Gianella, era impiegato in una banca e possedeva qualche po' di terra in provincia di Vicenza. Parlava poco, vigilava gli amici, ascoltava, serrando le labbra, i madrigali ch'essi rivolgevano alla giovinetta; e sopra tutto, pareva annoiato e diffidente per la presenza di Filippo. Egli stava presso il caminetto, in piedi, di fronte a Loredana; e v'era nel suo atteggiamento muto un significato di padronanza e di protezione, che svelava, in lui il fidanzato o almeno l'innamorato serio. Dai suoi occhi si sprigionò più d'una volta qualche occhiata cupida al collo bianco e perfetto di Loredana. Il contegno di Adolfo Gianella divenne a poco a poco tanto chiaro, che i suoi compagni smisero di corteggiare quella e si volsero alle altre ragazze.

Filippo se ne andò, con un male in cuore, con una rabbia, con un'angoscia, che lo stupivano e lo facevano tremare. Entrò nel salotto della contessa di Montegalda e parve distratto tutto il tempo che vi rimase. Fausta gli passò vicino, gli fece un lieve cenno di seguirla e quando furono nella sala da ballo, deserta, gli chiese:

- Che cosa avete, Flopi?

- Mi fa male il cuore! - egli rispose.

- Male? – ripeté Fausta. - Un male fisico?

- Fisico. Un aneurisma, - disse Filippo sbadatamente.

- Mio Dio! - esclamò la contessa con voce soffocata. - Siete pazzo? Di aneurisma si può morire!

- Si può morire di tutto, amica, mia! - concluse Filippo.

La giovane voleva insistere, chiedere quali cure facesse, ma Filippo le lanciò un'occhiata stranamente beffarda, e rientrò nel salotto, dove si intavolava una partita di boston. Egli aveva bisogno di sapere, e tuttavia stette parecchi giorni senza recarsi a trovar le signore De Carolis. La comparsa di quel giovanotto biondo con gli occhi cerulei gli aveva fatto sentire che un giorno Loredana gli sarebbe stata tolta per sempre e ch'egli non avrebbe potuto nulla per impedire una cosa tanto semplice e tanto grave, poiché non aveva intenzione di sposare la fanciulla, d'affrontare una lotta con la propria famiglia, con la madre, con le sorelle e coi cognati...

Loredana avrebbe appartenuto ad Adolfo Gianella, impiegato di banca e piccolo possidente.

Fausta di Montegalda conobbe in quei giorni molte amarezze; Filippo era irascibile e pareva che il fasto e l'eleganza della giovane signora lo irritassero, quando per l'addietro gli erano stati tanto cari. In un convegno, egli sbadigliò più d'una volta, mentre Fausta gli esponeva, come nei primi tempi del loro amore, i progetti per la primavera, per l'estate, per l'autunno, tutto un programma di divertimenti, studiato in modo da non dover vivere troppo lontani l'uno dall'altra.

Quello stesso giorno, Filippo incontrò in Piazza, sotto le Procuratie Nuove, Loredana che camminava frettolosa, di ritorno dall'aver fatto alcune compere. Egli la salutò e tirò dritto, perché evitava di farsi vedere dagli amici con una fanciulla, ch'essi non conoscevano e che non apparteneva al loro «mondo»; il quale era un gruppo di men di duecento persone. Ma tornò presto indietro, e corse a casa delle De Carolis.

Loredana era molto impacciata; Filippo era freddo e pieno di rabbia. Anche il fatto, punto nuovo, d'averla trovata sola per strada, gli faceva dispiacere, sebbene non avesse mai ignorato che la signora De Carolis permetteva alla figlia, come del resto usavano tutte le sue amiche, di uscire sola a far compere o di andare sola a far visita alle conoscenti. Infine, per togliere quell'ombra che s'addensava tra di loro, la fanciulla raccontò a Filippo che l'avevano fidanzata, da un mese circa, ad Adolfo Gianella.

- Le piace? - domandò Filippo.

- No, per niente.

- Le pare che sarà felice con lui?

- Ne dubito molto.

- E allora?

Allora? La mamma aveva consigliato così; la famiglia Gianella era contenta; Adolfo era innamorato e minacciava d'uccidersi e di uccidere, se Loredana non fosse stata sua. Poi, che cosa poteva fare ella al mondo? Adolfo era un giovane onesto, in buona posizione, e le voleva bene davvero.... Ella s'era rassegnata e il fidanzamento era avvenuto.

- Senza dirmi nulla! - interruppe Filippo.

- Non osavo, - confessò la fanciulla, guardando l'amico a occhi socchiusi, tra le lunghe ciglia. - Del resto, che cosa poteva importare a lei? Lei non si occupa di queste piccole miserie. Filippo non rispose, ma disse a se medesimo, che infatti egli non poteva e non doveva occuparsi dell'avvenire di Loredana, poiché non voleva toglierla ad Adolfo e sposarsela lui.

- Tutto ciò che la riguarda m'interessa, - osservò. - La mia amicizia aveva qualche diritto.

La fanciulla chinò il capo e non rispose. Una sofferenza nuova sorgeva nel suo cuore per quell'interrogatorio. Aveva qualche diritto, Filippo? E allora anche lei aveva qualche diritto, e pur tuttavia Filippo le aveva sempre taciuto, anzi le aveva sempre negato quell'amore per la contessa di Montegalda, del quale si parlava ormai con sicurezza in città.

La madre sopravvenne, e mostrò a Loredana i campioni di alcune stoffe per gli abiti della fanciulla. Filippo volle sceglierne due egli stesso, ma la signora De Carolis osservò ch'erano troppo cari; bisognò contentarsi dei più semplici, che a Filippo sembrarono anche molto brutti. Egli comparò mentalmente la vita modesta, quasi povera della sua piccola amica col lusso onde si circondava Fausta; e fu intenerito, ricordando che Loredana non si lagnava mai, non badava a quei particolari meschini, non invidiava nessuno. Fausta sarebbe rimasta intontita se avesse potuto sapere che la povertà di Loredana era più gradita a Filippo che non l'eleganza di lei.

Una sera a pranzo dalla contessa Lombardi, Filippo s'irritò sordamente incontrando Fausta gemmata come un idolo, coperta di merletti preziosi, superba. C'era il marito, il conte Ettore di Montegalda, e Filippo non poté subito dire a Fausta qualche parola crudele; ma non gliene mancò l'occasione durante la serata; e ripensando ai campioni delle stoffe per gli abitini di Loredana, sentì il bisogno di criticare l'abbigliamento di Fausta, con tanta ingiustizia, che la contessa ne rimase stupefatta.

- Via, via, - ella disse, sforzandosi a ridere, - voi non potete giudicar di queste cose!

- Voi, piuttosto, non potete dare un giudizio di nulla e di nessuno! - rimbeccò Filippo. -

Credete di vivere, e siete tanto lontana dalla vita quanto la terra dal sole!

Fausta aveva l'abitudine di comandare, d'imperare sempre e dovunque. Era bella, alta, formosa, coi capelli nerissimi e gli occhi azzurri; gli uomini la desideravano, le amiche ne tolleravano il potere, il marito ne era orgoglioso senza mai aver pensato ad amarla.... Sentendosi, per la prima volta dacché viveva, così umiliata e torturata da Filippo Vagli, ella ne provava un dolore inesprimibile, e invece di ribellarsi, a poco a poco era tratta a soggiacere a quella forma di dominio non mai provata. Se un giorno ella aveva amato Filippo tepidamente, lasciandosi prendere per accidia e per noia, ora la rudezza insospettata dell'amante, la prepotenza che si tramutava qualche volta in sarcasmo, la soggiogavano; e temeva di perderlo, e si chiedeva ansiosa se quella irascibilità, quella voglia di tormentare non fossero i sintomi della stanchezza; e divenendo umile, moltiplicava le cure gentili per l'innamorato, cercava di farsi piccola e buona.

Ma ella era ormai condannata a scontare ciò che Filippo soffriva per Loredana; ogni episodio triste o increscioso dell'amicizia tra la fanciulla e il conte Vagli si ripercuoteva nell'amore tra il conte Vagli e Fausta; la quale non capiva, non sapeva darsi ragione, non sospettava menomamente la causa di quella mutazione improvvisa, e cominciava a credere che Filippo fosse malato davvero, seriamente, più di quanto egli aveva detto.

- Quel suo fidanzato è molto antipatico! - disse un giorno Filippo a Loredana. – Perché mi guarda sempre di sottecchi, e scappa appena giungo io? Non potrebbe trattare da persona educata? Adolfo Gianella voleva togliere di mezzo Filippo: la presenza di quest'ultimo, le sue cortesie e la sua assiduità presso una fanciulla dalla quale non doveva sperar niente, gli sembravano strane e sospette.

- È il mio amico! - aveva risposto Loredana alle insistenze del fidanzato. - È il solo amico che io abbia: mi vuol bene come un fratello. Perché devo fargli uno sgarbo e mandarlo via, dopo tre anni d'amicizia onesta?

Adolfo non capiva. Un conte, un libertino, un pessimo soggetto, preso da sentimento purissimo per una giovinetta di diciotto anni, bella e povera? Non aveva mai udito raccontar nulla di simile. Ed essa, fredda e testarda, continuava a ripetere ch'era l'amico, e che non lo avrebbe mandato via, e che Adolfo non doveva pensar male.

 

Fine Prima parte della terza puntata.

 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 12
 

ULTIME VISITE AL BLOG

cassetta2odnandrefmanuelapergola87melzani54marco90_sacredMorghennbicsipetrotempestadamore_1967lapis03alfredoalfredodglantoniobr.aVolo_di_porporamaschiomaturo6edoardo_crivellarizaou
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963