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LA PAZZA DEL SEGRINO di Ippolito Nievo - VIII Capitolo (ultimo)

Post n°31 pubblicato il 08 Settembre 2010 da ciapessoni.sandro
Foto di ciapessoni.sandro

VIII Capitolo – (ultimo) –

 

Se il signor Ambrogio, tornato a casa quella sera, ebbe a rallegrarsi della contentezza dipinta in viso alla figlia, quale da un anno non era più solito a vederla, gli toccò stupire più assai la mattina dopo, a leggere un foglietto di Leonardo nel quale s’adduceva il pretesto d’alcuni allargamenti nella casa di Milano per differire il matrimonio d’una settimana. Il vecchio burbero andava maledicendo e la casa, e Milano e i capricci delle spose e la dabbenaggine del genero per la quale ogni sua provvista avrebbe preso la muffa con que’ continui ritardi; insomma l’era così inquieto e intrattabile, che la signora Peppina stentava a tenergli testa, e il restante della famiglia scappava da ogni luogo ove egli entrasse per qualche sua bisogna. La Camilla tuttavia non perdeva quel suo nuovo umor gaio per la cattiveria del padre; e se in quei giorni le lunghe assenze della Celeste non l’avessero tenuta sovente in affanno, sarebbesi detto ch’ella serbava nel cuore una felicità tutta sua. Per questo il signor Ambrogio imbizzarriva e tempestava sempre di più, parendogli strano, che si osasse vivere tranquilli, mentre egli aveva nell’anima una burrasca da non dire. Ma che fu di lui, poveretto, quando al quarto giorno di cotali tormenti capitò una nuova lettera del futuro sposo, dov’era detto, che venuto egli a conoscenza d’un impegno anteriore della Camilla, e della cessazione delle cause che ne impedivano l’adempimento, si credeva in debito di rimetterle la data parola?

“Cosa diavolo viene a seccarmi con i suoi impegni, - gridò il signor Ambrogio stracciando quella carta che gli dava tanto martello (angoscia, sofferenza). – Pretenderebbe forse ch’io sposassi mia figlia a un giovine che è buono sì, che è bravo, ma che non ha nulla nulla a questo mondo?… Per carità, scriviamogli tosto, che torni in senno prima che la Camilla s’accorga di niente!

E prendeva appunto in mano la penna per rispondere a Leonardo, che le sue erano ubbie fuori di tempo, e che essendo la Camilla contenta di sposarlo egli pensasse non a rimettere l’altrui, ma a mantenere la propria parola, e che si desse fretta per non dar luogo a ciance; quando la Camilla stessa apparsegli dinanzi, così bella e sorridente che il vecchio rimase strasecolato ad ammirarla.

“Leggete, padre mio, - diss’ella porgendogli un piego.

Era nientemeno che Leonardo medesimo, il quale spiattellava alla cugina quanto il signor Ambrogio avrebbe voluto con tanta cura nasconderle. Di più in quello scritto era spiegato cosa egli s’intendesse per cessazione delle cause che avevano impedito il matrimonio della Camilla con Giuliano; giacché le comunicava, come l’erede del dottor Anselmo aveva trovato fra le carte del defunto il saldo totale del debito del signor Graziadio; onde questi, sciolto da ogni obbligo di pagamento, tornava nel libero possesso del suo fondo di Brianza nonché della spezieria. “Or dunque, cuginetta, siate felice (così terminava la lettera!). Voi lo meritate, e il vostro sposo puranco, e ne sapete il perché. Ad ogni modo a me tocca ringraziarvi del carnevale che passerò a Milano, giacché senza di voi, non me ne sarebbe mai venuto il pensiero; e spero che di me vi ricorderete almeno con pietà. Credo di aver mantenuto presto e pienamente le promesse fattevi l’ultima volta che vi ho veduta, e in prova del vostro contentamento vi prego a permettermi d’essere a voi compare dell’anello, e padrino di battesimo al vostro primo bambino”.

Dopo letto, il signor Ambrogio si strofinò gli occhi, che gli pareva aver le traveggole; e voltava e rivoltava quel piego per tutti i versi, ma già non c’era caso, e quel ch’era scritto era scritto. Alla fine si tolse dalla fronte alcune ciocche di capelli bianchi che gli si erano scompigliati in quei suoi atteggiamenti di stupore, e con un sospirone non più udito restituì la lettera ben piegata alla Camilla.

“Gli era per questo, - mormorò egli come vergognando d’una sì grossa canzonatura, - gli era per questo, che da cinque giorni in qua mi sembravi tutta ringalluzzita?…

“Padre mio… - balbettò la donzella avviandosi ad scusarsi.

“Taci, taci, fraschetta! – riprese minacciandola con l’indice il signor Ambrogio. Ma tutti i rimproveri ebbero fine lì; e rispose sul momento a Leonardo, che quanto egli aveva operato era veramente da uomo di cuore, e che sommamente gli spiaceva non aver un’altra figliuola da dar a lui. Finiva col dirgli, che lo teneva tuttavia obbligato, perché in quel frattempo Giuliano poteva essersi mutato d’idea, e non lo avrebbe sciolto finché questi non rinnovasse formalmente la dimanda.

Figuratevi se Leonardo ebbe a ridire fra sé di quest’ultima clausola!

“Ecco, sono il gran furbo io! – diss’egli mostrando la chiusa della lettera a Giuliano, il quale con esso lui era stato di guardia tutta la giornata all’ufficio postale di Lecco.

Infatti il dì seguente la domanda fu rinnovata in tutta regola come voleva il signor Ambrogio da Giuliano in persona; e se si fece festa in quel giorno per tutta la casa non è a dimandare. Solo la Celeste, la quale, come dicemmo, aveva ripreso la sua vita errabonda e selvaggia, non partecipò all’esultanza comune; e stette nel camposanto inginocchiata sulla fossa di sua madre fino all’ora di notte. La Camilla voleva a forza mandarla a prendere e costringerla a non allontanarsi più con tanta loro inquietudine: ma Giuliano li ammonì, che a contrariarla sarebbe stato peggior consiglio, e che bisognava lasciarla fare a suo grado, massime che la poveretta non parlava più di voler raggiungere sua madre, e sembrava rassegnata a vivere finché il Signore l’avrebbe chiamata. Soltanto consentì che sarebbe stata ottima cosa sorvegliarla nelle ore di notte, onde per inavvedutezza non le incogliesse qualche disgrazia.

Intanto anche il signor Graziadio dopo due mesi di assenza era rientrato nella sua farmacia che non era stata ancora riaperta: e dove fu riappiccata la solita partita di tresette. E così si giunse lietamente al giorno di Santo Stefano, nel quale il matrimonio dei due giovani fu finalmente celebrato, assistendovi come sacerdote don Girolamo, e per testimoni il dottore e Leonardo.

Dopo la messa di benedizione adunque, sull’ora del mezzodì, per una di quelle giornate d’inverno che sembrano rubate dall’Italia alla primavera degli altri paesi, il numeroso corteo nozzereccio se ne veniva a piedi verso la casa della sposa, ove aspettavalo una imbandigione, per la verità tutt’altro che umile: ma cotal peccatuccio è scusabile una volta nella vita. Dunque venivano zii, zie, cugini, amici e compari, giovani e vecchi chiacchierando e ridendo allegramente, quando appena sbucato sul Segrino, ecco che il dottore il quale precedeva gli altri a braccetto del curato ed aveva occhio da cacciatore, si ferma ad accennare un non so che laggiù sopra una balza che imprende quasi minacciosa sull’acqua del lago. Pareva come un corpo di donna rivolta inverso loro e inginocchiata sopra una zolla, la quale tra per essere sporgente dal ciglio del dirupo, tra pel soverchio peso che la gravava, le cedeva sotto spaventosamente.

“Sì, certo è una donna!

“Per carità che la cade!

“Ma colei è pazza a starsene in quel rischio!

“Ah la veggo! è la Celeste! – gridò Giuliano il quale, tra la Camilla e il suocero, aveva raggiunto il dottore, e inteso lo sguardo ov’egli colla mano accennava…

Dir questo e mettersi ad una corsa precipitosa fu pel giovine l’affare d’un lampo; e tutti gli altri a corrergli dietro alla disperata; tutti, mano la Camilla che fu quasi per svenire, e solo coll’aiuto della madre poté reggersi in piedi, e trascinarsi lentamente dove gli altri rovinavano a precipizio. Senonché Giuliano, per quanto molti fossero i giovani ed agili come lui, arrivò primo di tutti; e ancora non giunse in tempo, che l’era appunto lontano dalla Celeste un breve passo, quando la zolla si divise dalla roccia.

“Signor Giuliano, - disse quella povera anima stendendo le braccia verso lui: - ho voluto far troppo bene, ed ora vado a trovare mia madre in paradiso!…

Ciò dicendo, scomparve ella dietro il dirupo, e s’udì il tonfo del suo corpicciuolo che precipitava nel lago. Giuliano balzò a rompicollo dalla roccia; come, non saprei dirlo, giacché l’era così ritta e liscia come può essere una parete; ma Dio lo protesse, sicché giunto sano e salvo a basso, e siccome l’acqua in quel sito profondavasi pochissimo, così gli fu agevole trarre a riva la Celeste. Ma temeva assai d’aver salvato un cadavere, giacché la rupe cadeva un trenta piedi, e per essere il lago tanto basso, era da credere che la percossa contro il fondo fosse stata mortale. Intanto per varchi più agevoli erano discesi altri della comitiva, e così lo aiutarono a portar l’annegata sulla strada, ove il dottore, non potendo fare di meglio per la sua età attempatella, aveva approntato le lancette (strumenti necessari per praticare un salasso) . Fu cosa veramente strana e commovente vedere allora quel folto corteo, tutto splendido di vesti festive, circondare il corpo quasi esanime d’una meschina contadinella in vari atteggiamento d’angoscia, di terrore, di compassione!…

Soprattutto poi pietosa era a rimirarsi la novella sposa, che pallida ancora pel sofferto mancamento dei sensi, ed ansante per la fretta datasi di giungere, aveva gettata la mantelletta per essere più pronta a sollevare la Celeste, e attenta alle cure che le veniva prestando il dottore, con quel suo volto pieno di bontà e di dolcezza, in quella candida veste nuziale, sembrava veramente l’angelo della consolazione. Infatti, contro l’opinione generale, dopo una copiosa cavata di sangue, la poveretta aperse gli occhi come da un lungo profondissimo sonno; e in pari tempo, svegliandosele la facoltà di sentire, rabbrividì tutta pel freddo dell’acqua che dai vestimenti inzuppati le aveva penetrate e irrigidite le membra. Fu allora che fattesele dintorno tutte le donne, così in fretta, come il caso voleva, le ebbero piuttosto stracciate che tolte di dosso le vesti; r l’una offrendo il mantello, l’altra lo sciallo o la pellegrina (mantellina da donna) , in breve la fu involta in drappi asciutti, tantoché il gelo non la prendesse in quel tratto di strada che era ancora prima di giungere alla casa del signor Ambrogio. Indi i più giovani la tolsero sulle braccia, e dandosi lo scambio giunsero in dieci minuti a deporla sul suo letticciuolo.

La Celeste era rimasta in fin allora tutta trasognata guardandosi intorno come se ogni cosa le riuscisse affatto nuova; e il medico stimava che questo fosse effetto passeggero della potente scossa ricevuta; ma qual fu la meraviglia d’ognuno, quando, benché alquante ore fossero passare, ed ella affatto rinvenuta, pur non fu possibile tornarle a mente nulla dell’accaduto!… Né la Camilla, né il dottore, né Leonardo furono da lei riconosciuti,per quanto dicessero e facessero; onde si venne in chiaro che la aveva totalmente perduto la memoria. Ma Giuliano non volle credere a quelle prime apparenze; ed egli che ne sapeva più innanzi degli altri, giudicò fra sé opportuno di sostar ancora qualche tempo, prima di sottoporla alla prova della sua presenza.

Quel giorno come potete credere le nozze non furono allegre, e verso sera la comitiva si disperse qua e là a narrare per ogni dove il caso pietoso della povera pazza.

Io ne odorai allora alcun che da uno de’ parenti della sposa, onde m’invogliai di tutto sapere, e passando per Lecco poco tempo dopo, venendomi fatto di conoscere Leonardo, quel nipote del signor Ambrogio, ebbi l’intero racconto tal quale ve lo esposi. Senonché vi fu un punto, ove io, con quattro parole buttate là nel chiaro scuro ho tentato dichiarar quello, cui più che dalle labbra io avea potuto desumere dall’esitazione e dalla bella modestia del raccontatore. Da quel dì è ora corso un mese, ed oggi stesso ebbi da Lecco novelle, delle quali, per essere liete quanto mai, non voglio frodare il lettore.

Il signor Graziadio s’è arreso finalmente alle preghiere della nuora, e, ceduta fra poco la spezieria ad un cognato del dottore, passerà a far dimora cogli sposi presso il signor Ambrogio. Tutti poi sono lietissimi per la buona piega che ha presa la convalescenza della Celeste: ella è ora, si può dire, nel ricominciare d’una nuova vita, poiché del suo passato non gli balenò mai fin qui neppure una vaga reminiscenza, e lo stesso Giuliano fu da lei accolto come uno straniero, quando per la prima volta s’attentò di ricomparirle dinanzi. Un medico fatto venire da Milano fu meravigliato assai d’un tale miracolo: ma è sua opinione, che la giovinetta sia risanata affatto e che l’intelletto le si svilupperà naturalmente, come è nei bambini, purché non la si sforzi di soverchio a volgere il pensiero in addietro. Figuratevi, se questo parere espresso da persona così egregia e prudente, com’è quel medico, diede ai nostri amici una piccola  consolazione! Di fatti per le due settimane, che corsero dappoi, s’avverarono appuntino le previsioni di quel savio uomo; e la Celeste cominciava di già a ragionare come una fanciulletta di sette anni.

Dicono che sia impossibile esprimere l’amore ch’ella ha preso alla Camilla, e le carezze ch’ella va prodigandole continuamente fanno piangere di tenerezza.

Quest’ultima domenica la condussero a messa, e siccome don Girolamo la celebrava all’altare del Rosario, così ella per tutto il tempo che la stette inginocchiata, non la fece altro che guardare a vicenda l’immagine della Beata Vergine, e la sua buona protettrice; onde poi tornando a casa le disse, che, guardando lei le sembrava  ancora di vedere quella bella Signora che era seduta sull’altare, e domandò chi era quella Signora; e rispondendo la Camilla quella essere la Madonna: - Or bene, - soggiunse, - e tu sarai la mia Madonnina! – e le saltò colle braccia al collo.

Ma tutto avvenne senza che una nuvola di rimembranza venisse a turbare la sua gioia infantile: e quando Camilla si lamenta ingenuamente con suo marito perché alla poverina non possa almeno sovvenire il gran bene che la fece a loro due, aprendo gli occhi a Leonardo,  Giuliano crolla il capo, rispondendo, che Dio col togliere la memoria a quella creatura sapeva bene di fare il suo meglio. Fino il signor Ambrogio va pazzo di quella giovinetta, ch’è ormai entrata a far parte della famiglia; e già cerca fra sé un tale che non abbia nulla come lei, e che sia galantuomo, e giovine e bello, onde dare ad ambedue qualche cosa e così maritarli in nome di Dio ed allogarli presso di sé per gastaldi. L’unica abitudine che sia rimasta alla Celeste della sua prima esistenza è una predilezione per quel povero lago del Segrino, ove quando ella esce colla Camilla vorrebbe sempre dirigere la passeggiata: e siccome si vide, che quei siti e perfino la costiera dove rimane tuttavia la capanna della Marta, anziché rattristarla, le mettono allegria, così non passa giorno di sole che le due giovani non scendano a camminare lungo la bell’acqua.

L’autunno venturo, se vi muove il desiderio d’una gita per quelle bande, o festosi villeggianti della Brianza, non spaventatevi d’un nome che ricorda, a quanto si dice, la storia d’una principessa del tempo antico morta lì presso, di crepacuore, e ricordatevi di visitare il laghetto del Segrino. Se mai sulle sue rive incontraste due belle donnine, l’una rosea e bionda come un angiolino di Paolo Veronese, vestita modestamente da damina campagnola, l’altra bianca e melanconica dagli occhi neri e soavi, acconciata alla contadinesca; salutate di cuore a nome mio la Camilla e la Celeste.

 

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