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Cineforum 2009/2010 - 23 febbraio 2010

Post n°82 pubblicato il 03 Marzo 2010 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

REVOLUTIONARY ROAD

Regia: Sam Mendes
Soggetto: Richard Yates (romanzo)
Sceneggiatura: Justin Haythe

Fotografia: Roger Deakins

Musiche: Thomas Newman

Montaggio: Tariq Anwar

Scenografia: Kristi Zea

Arredamento: Debra Schutt

Costumi: Albert Wolsky, Sandi Figueroa (per Kate Winslet)

Effetti: Randall Balsmeyer, John Stifanich, Big Film Design

Interpreti: Kate Winslet (April Wheeler), Leonardo Di Caprio (Frank Wheeler), Kathryn Hahn (Milly Campbell), David Harbour (Shep Campbell), Ryan Simpkins (Jennifer Wheeler), Ty Simpkins (Michael Wheeler), Zoe Kazan (Maureen Grube), Kathy Bates (sig.ra Helen Givings), Richard Easton (sig. Givings), Michael Shannon (John Givings), Kristen Connolly (sig.ra Brace), John Behlmann (sig. Brace), Adam Mucci (Jason Maple), Timothy Warmen (padre di April), Lorian Gish (April adolescente)

Produzione: Scott Rudin, Sam Mendes, John N. Hart, Bobby Cohen, Gina Amoroso, Ann Ruark per Evamere Entertainment/BBC Films/Neal Street Production

Distribuzione: Universal

Durata: 119’

Origine: USA, Gran Bretagna, 2008

Francois Truffaut si arrabbiava a sentire l'assioma secondo il quale “succede ai film quello che succede alle maionesi: riescono o non riescono”. Spiace contraddirlo, ma “Revolutionary road” è un film perfettamente "riuscito"; nel senso che tutto contribuisce a farne un capolavoro, dalla direzione perfettamente calibrata e funzionale al racconto, alle interpretazioni ("moderne", ma che si amalgamano benissimo con il classicismo della regia), fino alla partitura musicale del grande Thomas Newman, capace di far crescere nello spettatore un' angoscia inconsapevole in previsione degli eventi che verranno a giustificarla. Il soggetto è quello di un romanzo di Richard Yates del 1961 (ed. italiana Minimum Fax) basato sull' eterno conflitto tra desiderio e ragione, sogno e realtà. Quando April e Frank Wheeler, freschi sposini, prendono possesso della loro "casettina in periferia" nel Connecticut, tutto sembra perfetto per offrire loro quella felicità prefabbricata che è il "sogno" americano degli anni ‘50. Ma giorno dopo giorno, i sogni veri tornano a galla e si confrontano con una realtà asfittica, senza prospettive, che va stretta soprattutto ad April. Sam Mendes ("American Beauty") sa come scoperchiare i sepolcri imbiancati della periferia americana, liberando i demoni assopiti in tante casalinghe disperate e in tanti impiegati-modello. La donna convince il marito a lasciare quella routine soffocante per andare a Parigi (mito degli americani negli anni ‘50) a fare la vita bohémienne. Gli amici non capiscono: dovrebbero, altrimenti, guardare in faccia la loro stessa frustrazione (agghiacciante la scena del vicino che tenta inutilmente di comunicare coi suoi bambini, inchiodati al televisore). E quando la determinazione di Frank, tentato da un avanzamento di carriera, comincia a vacillare, s' innesca la spirale delle incomprensioni, con relativo corredo di liti e tradimenti, fino all' odio reciproco. Una quieta angoscia che sale poco a poco e, alla fine, ti colpisce allo stomaco facendoti male per giorni. A conti fatti, i tanti fan di "Titanic" possono rallegrarsi che dodici anni fa la love-story tra Leo DiCaprio e Kate Winslet sia stata inghiottita dal mare: ecco come sarebbe finita, se si fossero sposati. Ed ecco quel che c' è - dice Mendes - dopo il "vissero felici e contenti" che conclude le fiabe, in un film molto americano nei caratteri e nell' iconografia, pochissimo nello sguardo, che demolisce sistematicamente tutta la mitologia dell' amore romantico e dell' happy-end elaborata in migliaia di produzioni hollywoodiane. Le performance di Leo e Kate sono di altissimo livello; su di lui avremmo scommesso, sulla signora Winslet in Mendes un po' meno, e siamo contenti di esserci sbagliati. Alla perfezione dell' insieme contribuiscono i "secondi ruoli": da Kathy Bates a Michael Shannon (lui, almeno, "nominato" alle statuette) nella parte del suo nevrotico figlio. Che ha due scene soltanto, ma impossibili da dimenticare.
Roberto Nepoti, La Repubblica

Autopsia del sogno americano, questo cadavere così sexy che il cinema non finisce più di sezionarlo. A celebrare i funerali ci sono invitati di classe: i due divi di “Titanic”, Kate Winslet e Leonardo Di Caprio; uno stuolo di caratteristi geniali; e Sam Mendes, regista di “American Beauty”, del quale “Revolutionary Road” è quasi un impossibile "premake" anni ‘50.
Come molti giovani di bell'aspetto e grandi ambizioni, i coniugi Wheeler si sentono destinati a qualcosa di grande. Quando si conoscono lei studia da attrice, lui ancora non sa a cosa dedicarsi, ma sarà qualcosa di speciale. Pochi anni dopo eccoli arenati in una di quelle villette suburbane tutte uguali che dilagavano negli USA anni ‘50. Sono ormai uguali a molti loro coetanei, ma sono ancora certi di valere ben altro. Lei non recita più, lui è impiegato in una grande azienda e sogna qualcosa di meglio, ma non sa cosa. Hanno pure due figli, e dei vicini che sono una caricatura della loro mediocrità. Ma tanta infelicità dipende anzitutto da loro stessi, da un non sapersi accettare che avrà esiti tragici. Anche se come scrive ironicamente Richard Yates nel romanzo da cui è tratto, un classico Usa anni 60 (appena riedito da Minimum Fax) «il complesso residenziale di Revolutionary Hill non era stato progettato in funzione di una tragedia...».
Visivamente il film è gelido e seducente, una sinfonia di beige e di grigi che tuffa le mani nell'iconografia del decennio, pendolari tutti uguali con cappotto e 24 ore, uffici open space che sono un invito a nozze per un regista teatrale come Mendes, magnifico nelle scene d'insieme (i vicini, i colleghi, la segretaria ingenua), ma meno incisivo nei frequenti e strazianti litigi di coppia, per cui ci vorrebbe la secchezza crudele di Bergman. Il meglio è nel montaggio che affronta a colpi d'ascia psicologie e cronologia, e in certi personaggi di contorno. Su cui svettano l'invadente Kathy Bates, agente immobiliare nonché agente del Destino;e soprattutto Michael Shannon nei panni del figlio pazzo che grida verità sgradevoli e ogni volta che appare si ruba il film. Per una volta i giurati dell'Oscar hanno visto giusto candidando lui, e non i protagonisti. Se non glielo danno, c'è da fare davvero la rivoluzione.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

SAM MENDES
Filmografia:

American Beauty (1999), Era mio padre (2002), Jarhead (2005), Revolutionary Road (2008), Away We Go (2009)

 

 

 

 
 
 
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Data di creazione: 29/09/2007
 

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