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Beppe Fiorello e i Maestri musicisti donano al pubblico del Morlacchi un sogno indimenticabile da lagoccia.eu

Post n°11017 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: news

Un viaggio intenso, profondo, a tratti ameno, a tratti toccante, quello in cui chiunque fosse presente al Teatro Morlacchi di Perugia ad assistere a "Penso che un sogno così...", nei giorni scorsi, non ha potuto non immergersi tanto da sentirsi personalmente coinvolto. Un'altra ottima scelta in cartellone per il Teatro Stabile dell'Umbria, che ha ospitato un Giuseppe Fiorelloche, in veste di narratore, ha ripercorso, in scena, la sua infanzia, scandita a ritmo di una timidezza che lo faceva apparire, allora, quasi come un introverso, il suo amore per la famiglia (che traspariva in ogni frase) ed il rapporto con il padre scomparso quando era ancora bambino. In parallelo, parte costante della sua vita, la crescita musicale di Domenico Modugno che, con le sue canzoni, ha accompagnato di pari passo quella della famiglia: ogni scena che Fiorello racconta ha il sottofondo musicale dei suoi motivi. Sul palco due musicisti d'eccezione: il MaestroDaniele Bonaviri, uno dei più grandi chitarristi di flamenco italiani, Direttore musicale e solista della Compagnia "Flamenco Lunares", di Carmen Meloni e fondatore del "Rapsodia Flamenca" project, e Fabrizio Palma, musicista, arrangiatore e doppiatore, solista e vocal coach. Sempre in movimento sopra un mini palco che si spostava incrociandosi con dei pannelli mobili (scenografia minimalista ma d'effetto) sono stati "musicalmente" protagonisti quanto l'affabulatore che raccontava di sé. Vari i sorrisi e le risate che la narrazione ha strappato al pubblico, un pubblico che si è rivisto bambino accanto a Giuseppe, che ha riassaporato piacevolmente odori e gusti di altri tempi, i propri, ripercorrendo l'età in cui da piccoli crescevamo nella nostra di famiglia, composta da membri speciali per ognuno di noi. Un ritrovare e rivivere emozioni sopite che sono esplose all'improvviso, portando con loro però anche l'amarezza dei tempi che non torneranno più. Assoluto silenzio quando il bimbo-uomo Giuseppe racconta della morte del papà e interpreta l'esatto istante in cui esala il suo ultimo respiro, "in quel momento il mio palcoscenico perdeva l'attore più importante della mia vita: mio padre". Forte la commozione che si respirava in sala, soprattutto vedendo sul palco non solo un artista (nel vero senso della parola), ma un figlio che vive il peggior momento della sua infanzia, interpretando proprio gli ultimi attimi di vita del genitore. Un performer meritevole che è arrivato dritto al cuore delle persone che lo hanno applaudito tanto a lungo da dimostrare quanto rispetto hanno avuto per la sua interpretazione. Per molti giorni ancora avremo in testa probabilmente tutti, anche i più giovani che non hanno vissuto "l'epoca", le arie di Modugno che non è stato possibile, seppur a bassa voce, non intonare insieme ai tre protagonisti sul palco, tra cui, "Lu minaturi", "Malarazza", "Meraviglioso", "U pisci spada", "La lontananza" e "Vecchio Frack" con il quale si è chiuso lo spettacolo. Brani che hanno seguito il percorso di Giuseppe e che hanno regalato a noi spettatori, almeno per qualche ora, un sogno dal quale non avremmo voluto svegliarci così presto. 
 

 
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