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L'armata Brancaleone

Post n°12469 pubblicato il 30 Luglio 2015 da Ladridicinema
 

 

L’Armata Brancaleone
Titolo originale: L’Armata Brancaleone
Italia: 1966. Regia di: Mario Monicelli Genere: Commedia Durata: 120'
Interpreti: Vittorio Gassman: Gian Maria Volontè, Catherine Spaak, Folco Lulli, Maria Grazia Buccella, Barbara Steele, Enrico Maria Salerno, Carlo Pisacane, Ugo Fangareggi, Gianluigi Crescenzi Taccone, Pippo Starnazza, Luigi Sangiorgi, Fulvia Franco, Tito García, Joaquín Díaz, Luis Induni, Luigi di Sangi, Carlos Ronda, Juan C. Carlos, Alfio Caltabiano, Philippa de la Barre de Nanteuil
Nelle sale dal: 1966
Voto: 4/5

L'armata brancaleoneQuesta pellicola è caratterizzata dalla straordinaria comicità del Monicelli che, proiettata nel medioevo, rievoca l’atmosfera che si respirava in quei tempi miseri e bui dominati dalla morte a causa di peste e dal terrore che scaturiva dai saccheggi che rozzi barbari compievano.
Atmosfera che il regista toscano ci fa rivivere in modo allegro, scorrevole ma anche a tratti con una punta di tragicità. Fornendo non poche nozioni storiche, dà modo di riflettere anche sulle condizioni di vita che la gente di bassa estrazione sociale era costretta a patire.

La storia, ambientata nell’ XI secolo, quando la religione cristiana predominava in tutti gli aspetti della società, e la minaccia delle incursioni saracene (‘… lo nero periglio che vien da lo mare…..’) avanzava con impeto, narra le avventure di uno sciagurato cavaliere e del suo seguito formato da elementi anche loro disgraziati. Il condottiero di questa ‘armata’ (così intesa in senso metaforico) si ritrova ad affrontare una serie di situazioni imbarazzanti (vedi il torneo tra cavalieri) e talvolta pericolose (così come quando le guardie di Guccione cercano di catturarlo). In queste ultime però, sia lui che i suoi seguaci, dimostrano di cavarsela piuttosto bene. Difatti Brancaleone da Norcia è in realtà un eccezionale combattente, le cui qualità sono affievolite e talvolta completamente annullate, a causa del suo cavallo ’Aquilante’ fifone e maldestro. Per giunta il protagonista si mostra onesto ed orgoglioso fino al punto che, per mantenere un giuramento fatto, rifiuta una bellissima donzella che li si era concessa (Matilda).  I suoi ‘seguaci’, altrettanto efficaci quando si tratta di salvare la pelle, si palesano come ignoranti, poveri fino alla fame, e pronti ad affrontare il lungo viaggio verso la Rocca di Aurocastro, che in loro speranza, dovrebbe regalarli la tanto desiderata ricchezza da padroni del feudo.

I costumi sono stati fedelmente riprodotti, vedi per esempio non solo quelli dei protagonisti ma anche quelli dei personaggi secondari che vengono rappresentati sia in ambito civile (gli abitanti del villaggio che vengono trucidati a inizio film, i partecipanti al banchetto di nozze tra Guccione e Matilda, i parenti di Teofilatto ed i cittadini di Aurocastro) sia in ambito bellico (i cavalieri partecipanti al torneo, le guardie al servizio di Guccione, i pirati saraceni ed i cavalieri di Sassonia). 
Il linguaggio si presenta variopinto poiché parlato da una moltitudine di personaggi  che provengono da diverse parti della penisola italica ed inoltre spicca l’inserimento di qualche arcaismo e qualche latinismo.
Dunque costumi e linguaggio, assieme alla scenografia che risulta minuziosamente elaborata, riproducono un realismo addirittura oltranzista.

Ad amplificare tale caratteristica sono i comportamenti che i personaggi tengono nel relazionarsi con gli altri.
Il modo in cui  ragionano che, per motivi ovvi di miseria e ignoranza allo stato di degrado, risulta chiaramente opportunista e venale; ricordiamo Abacuc come si dimostra desideroso di denaro in più occasioni, oppure Teofilatto che per rimediare un po’ di ‘Petecchioni d’oro’ è disposto ad attuare una messa in scena da lui concepita, ovvero inventare ai suoi genitori che è stato rapito per poi spartirsi il riscatto con i fantomatici rapitori, che sarebbero Brancaleone ed i suoi. 
Oltre agli aspetti comportamentali dei personaggi e quelli esteriori che riguardano anche l’ambiente (costumi, trucchi  e scenografia) di grande impatto è la direzione della fotografia condotta dal mirabile Carlo di Palma con la quale costui ha vinto il Nastro d’Argento.

È senza ombra di dubbio di fortissima risonanza la geniale interpretazione di Vittorio Gassman, che si è calato perfettamente nei panni del protagonista. Così come lo è anche quella di Gian Maria Volonté nella parte di Teofilatto, e quella di Carlo Pisacane in Abacuc.
L’immagine miserabile con cui viene riprodotta la gente dell’epoca, ben si confà con quella che la contemporanea collettività solitamente li attribuisce, e come difatti era. E così anche quella di personaggi crudeli che viene conferita ai saraceni che impalavano i prigionieri di guerra e agli eserciti cristiani che mettevano al rogo i peccatori di frode.
Al di sopra di tutto questo marasma fatto di sangue e morte si erge la simpatica figura di Brancaleone, il quale riesce ad ottenere una forte attrattiva e tanta reminescenza… anche dopo più di 40 anni.

 
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