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Arance e martello da cineblog

Post n°12789 pubblicato il 30 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Dopo il boom di Pif con La mafia uccide solo d'estate, 2 David e 2 Nastri portati a casa, un altro personaggio televisivo dotato di telecamerina dal taglio pungente è sbarcato al Cinema per il tanto atteso debutto da regista. Ovvero Diego Bianchi, in arte Zoro, da oltre un anno autore e conduttore di Gazebo su Rai 3 e quest'oggi travolto da una pioggia di applausi grazie ad Arance e Martello, titolo presentato alla Mostra del Cinema di Venezia come evento speciale della sezione Settimana della Critica.

Una pellicola curiosa e quasi dal taglio sperimentale, tra docu-fiction e realtà, rappresentazione cinematografica e riprese 'amatoriali', con l'inevitabile, travolgente e a tratti geniale satira politica che ha reso Zoro in questi ultimi anni un'autentica celebrità. E non solo del web, essendo lui nato come blogger, ma anche come conduttore e autore televisivo.

 

 

 

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Film 'in costume' ambientato nel 2011, ovvero nel pieno della crisi governativa che poi condusse Silvio Berlusconi alle dimissioni, Arance e Martello estremizza ciò che negli ultimi 20 anni ha contraddistinto il Bel Paese e soprattutto chi lo abita. Leggi 'divisione' sociale, culturale, comportamentale e immancabilmente politica. Perché l'Italia è dai primi anni '90 troncata in due, tra centrodestra e centrosinistra, berlusconiani e antiberlusconiani. Nel novembre del 2011, tra Bunga Bunga, crisi economica, minorenni, presunte escort ed umiliazioni europee, il conflitto divenne tanto pressante da portare l'allora Premier alle dimissioni.

Bianchi, partendo da una realtà romana a lui conosciuta, vedi il quartiere San Giovanni in cui è cresciuto, ha provato a pennellare i tratti di un'Italia sull'orlo di una crisi di nervi, facendo letteralmente esplodere la vita di un tranquillo mercato rionale capitolino. In piena estate. Ad agosto, nella giornata più calda degli ultimi 150 anni, con una città deserta e due mondi, quelli dell'informazione e della politica, sintonizzati su tutt'altri canali. Il Comune di Roma guidato da un Sindaco fascio (l'Alemanno di un tempo qui interpretato da Giorgio Tirabassi) decide di sgomberare lo storico mercato, portando i commercianti ad un'autentica ribellione. Ma cosa fare per provare a ribaltare la già decisa situazione? L'unica realtà politica presente su piazza è una sezione del Partito Democratico, da anni quasi 'nascosta' da un ingombrante muro di cemento per permettere gli infiniti e ormai comici lavori della mitologica linea C della metropolitana. Proprio tra queste 4 mura la caldissima giornata agostiana prenderà una piega paradossale, comica e drammatica, tra nostalgici comunisti, violenti fascisti, extracomunitari, improponibili politici, polemici e cinici anziani, coatti radiocronisti, venduti giornalisti, sensuali ambientaliste, armati partigiani, assessori chiacchieroni e calciatori in odore di beatificazione. Leggi Francesco Totti, bandiera della Roma nonché Capitano onnipresente nei pensieri di un Bianchi imperfetto ma come al suo solito spesso ispirato.

Perché Arance e Martello non è altro che Zoro a 360°. Zoro a falde larghe, senza freni autoriali di alcun tipo e una libertà creativa che solo a tratti riesce a raggiungere vette inarrestabili. Fortemente e probabilmente 'troppo' romano, tra dialetto spinto e continui rimandi al numero 10 giallorosso qui sopra menzionato, il debutto cinematografico di Bianchi non è altro che un paradigma satirico dell'Italia di ieri, ma in parte anche di oggi. Vero è che dal 2011 al 2014 inoltrato molte cose sono cambiate anche in ambito politico, vedi la stella berlusconiana definitivamente (?) eclissatasi, ma la nostalgica e ficcante ironia che Diego cavalca per picconare centrodestra e soprattutto centrosinista, con il PD principale partito da denigrare, lascia il segno e tracima in risate. Amare, va detto, ma sentite e il più delle volte condivise.

Ma non è solo oro quel che luccica. Anzi. Perché la tempistica dell'uscita in sala limita le potenzialità del film, di fatto anacronistico anche in ambito politico (non c'è più Bersani ma Renzi, mentre Silvio passa le proprie settimane assistendo gli anziani), così come il frullato di stili montati dal regista, tra documentario, dietro le quinte del documentario e lungometraggio di finzione a tutti gli effetti, finisce per straniare chi osserva. Il suo punto di vista è alterato, tanto da trascinare il suo 'io' verso verità a noi sconosciute. Perché il Bianchi che interagisce all'interno del proprio stesso film in quanto regista di un doc sul mercato di San Giovanni appare presuntuoso nei confronti dei suoi stessi co-protagonisti, per poi sciogliersi in una liberatoria e auto-ironica stroncatura professionale. Chi ama, ha amato e segue Zoro, vuoi o non vuoi, non potrà che apprezzare questa variegata, temuta e attesa opera prima, perché di pungenti e trancianti genialate ce ne sono, ma visto come film da presentare addirittura alla Mostra del Cinema di Venezia, anche se solo come evento speciale, il 'rabbioso' Arance e Martello che grida 'svegliaaaaa' all'italiano medio convince con riserva.

Perché la Settima Arte è probabilmente altro, come visto con l'altrettanto imperfetto ma più stabile La mafia uccide solo d'Estate del collega Pif, tanto da costringere Zoro ad un netto e chiaro assestamento prima di provare a fare il bis. Che sarà a dir poco immediato, nel caso in cui Arance e Martello dovesse andare bene in sala. Ma questa è un'altra storia...

 
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