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Di Renato Zero penso due cose. La prima: è un artista immenso. Un quarto dei brani che ha scritto ed interpretato permetterebbero ad un qualsiasi cantautore di entrare a testa alta nella Storia della musica e della poesia italiana. La seconda: il Renato Zero di questo secolo non è all'altezza di quello del secolo scorso.
Non faccio fatica a definirmi sorcino, anzi. Vado piuttosto fiero di questo titolo. Vista la qualità e la quantità di emozioni che mi ha regalato Renato (noi fan lo chiamiamo così) sarei disposto a darmi anche della pantegana. Ma da sorcino non posso tacere quel che penso e sento. E quel che penso e sento è che mi manca il Renato Zero che ascoltavo da piccolo. Mi manca il realismo e la fantasia di chi sapeva leggere e raccontare la realtà con parole e musiche tanto fresche, oneste e chiare.
Inventi (1974), Mi Vendo (1977), Morire Qui (1977), Il Cielo (1977), Triangolo (1978), Il Carrozzone (1978), Baratto (1979), Amico (1980), Potrebbe essere Dio(1980), Spiagge (1983), Spalle al Muro (1991), Nei giardini che nessuno sa (1994), I migliori anni della nostra vita (1995), Cercami (1998), La pace sia con te (1998), Figaro (1998), sono solo alcuni dei brani più noti e più belli scritti da Renato Zero prima del 2000. E poi, silenzi. Forse silenzi no, ma negli album dopo il 2000 di quella poesia in musica così accessibile e così popolare se ne è vista poca.
E' vero: la stampa, per lunghissimo tempo, non è stata particolarmente generosa con l'artista romano. Gli onori riservati a cantautori come De Gregori e Guccini - come d'altronde ricordava lo stesso Zero in un'intervista del '91 - a Renato Zero non son stati mai riservati. Forse, ma questa è una mia riflessione, non gli si è mai perdonata la capacità di essere tanto accessibile a tutti, tanto popolare.
Oggi, però, al di là di tutto questo, vorrei il Renato del secolo scorso. Vorrei quell'artista capace di incidere e interpretare brani che ti si attaccano dentro. Vorrei che il poeta in grado di parlare a tutti e con tutti ritorni.
L'8 aprile uscirà il nuovo disco di Renato Zero, Alt. Perché Alt? Perché - parole di Renato Zero in risposta a Carlo Conti - è il momento di fermarsi un attimo a riflettersi, a guardarsi intorno. Significa anche dare un'occhiata al pianerottolo, al nostro condominio, perché se la guerra sta lì sta dappertutto. Quindi dovremmo cercare di far pace con questi sorpassi, perché se riusciamo a guadagnare la macchina che è davanti a noi non abbiamo sicuramente risolto nulla della nostra vita. Perché i sorpassi bisogna farli con sacrifici, con rinunce, con una grande prova di tenuta. Quindi io mi aspetto che questo disco ci consenta a tutti, anche a me che l'ho scritto, di fermare un po' le macchine, di guardare anche a questa nostra piccola vita privata, a questa famiglia. Che ottenga finalmente quel significato e quel valore che i nostri genitori, perlomeno i miei, mi avevano così felicemente inculcato. La famiglia è importante, se ne parla adesso come se fosse una novità. Da quella famosa capanna dove faceva molto freddo - e il signore era lontano quella notte - abbiamo imparato molto, abbiamo imparato che la convivenza deve essere esercitata tra le quattro pareti di casa. E poi avere casomai l'ambizione che questo nostro pensiero si affermi anche altrove. Grazie di esistere a tutti.
Questo Renato, quello che ho sentito sul palco dell'Ariston, mi è sembrato un po' demoralizzato. Già nel 1991, sempre a Sanremo, annunciò il desiderio di prendersi una pausa. Fu una pausa breve ma feconda quella. Una pausa dopo la quale scrisse canzoni come Nei giardini che nessuno sa e I migliori anni della nostra vita. Spero che questo Alt,che per fortuna non è uno stop!, possa essere ancora più fecondo. Spero che tutto il caos testimoniato dalle parole pronunciate sabato scorso generi qualcosa di bello e nuovo.
Sono fiducioso. Il singolo presentato sul palco dell'Ariston non mi ha particolarmente stupito, ma voglio augurarmi che con l'album in uscita il prossimo 8 aprile vengano alla luce nuove piccole perle di bellezza in grado di lasciare un segno nella musica e dentro di noi.
Caro Renato, mentre aspetto il tuo ritorno, conto: 5, 4, 3, 2, 1...
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