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Il futuro sul grande schermo sembrava roseo, visti anche l'ottimo riscontro di critica e i discreti risultati al botteghino, ma qualcosa è andato storto e l'opera qui oggetto di recensione è rimasta l'unica incarnazione cinematografica tratta dagli omonimi romanzi. Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi ha poi vissuto nuova vita in forma seriale grazie a Netflix, che ha prodotto tre apprezzate stagioni in esclusiva sulla propria piattaforma, ma sono in tanti a rimpiangere come il franchise non abbia avuto una degna continuazione nel buio delle sale, data la qualità di questa, prima e ultima, incarnazione filmica delle opere di Daniel Handler, scrittore inglese che ha pubblicato, tra spin-off e principali, ben ventuno volumi dedicati alle peripezie dei fratelli Baudelaire. La pellicola, ispirata ai primi tre libri, fu distribuita nel 2004 e poteva vantare su un cast delle grandissime occasioni che, oltre ai giovani interpreti (tra cui una allora quindicenne Emily Browning), vedeva quale perfetta nemesi un istrionico Jim Carrey e partecipazioni di lusso in ruoli più o meno corposi di attori del calibro di Meryl Streep, Jude Law e Timothy Spall. Una serie di sfortunati eventi La storia ha inizio quando i tre fratelli (la maggiore Violet, il secondogenito Klaus e la piccola Sunny, poco più che un infante) ricevono la tragica notizia della morte dei genitori, scomparsi nel devastante incendio che ha bruciato la loro casa. Gli orfani, cui spetta l'ingente patrimonio di famiglia, vengono affidati a un lontano parente mai conosciuto, il perfido conte Olaf: l'uomo, aspirante attore con scarso successo, ha il solo obiettivo di mettere le mani sulla cospicua eredità e comincia a sfruttare gli sventurati nipoti come sguatteri nella sua diroccata dimora. Il peggio però deve ancora arrivare perché il tutore, per velocizzare le pratiche ed essere l'unico ad avere legalmente diritto della somma, ha intenzione di ucciderli facendo passare la loro dipartita come uno sfortunato incidente. Sopravvissuti miracolosamente grazie all'ingegno e alla prontezza di spirito, i consanguinei vengono dislocati dall'esecutore testamentario da un altro strambo parente, ma Olaf non demorde e farà di tutto per riottenerne la custodia. La famiglia BaudelaireNon è strano venire a sapere che nelle prime fasi del progetto colui che avrebbe dovuto sedersi dietro la macchina da presa era un certo Banny Sonnenfeld, regista che a inizio carriera ha diretto il dittico de La famiglia Addams: le atmosfere della fonte di partenza, poi comunque rispettate dal subentrante collega Brad Silberling (autore di un'altra pellicola a tema come Casper), riportavano infatti alla lugubre comicità affine alle vicende della stramba famiglia "mostruosa". Come detto Silberling non ha fatto rimpiangere il cambio, dando vita a una pellicola frizzante e grintosa che ibrida magnificamente entrambe le proprie anime, giocando su più sottotesti all'insegna di uno sfrontato, e smaliziato, divertimento per tutta la famiglia. I toni dark, accentuati dalla fotografia curata dalle stesse mani dietro Il mistero di Sleepy Hollow (1999) e dai rimandi steampunk, sono infatti reimmaginati in un'ispirata formula, leggera e visionaria al contempo, capace di offrire uno spettacolo estetico affascinante, realizzato per lo più tramite riprese in teatri di posa. Niente fuori postoLemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi schiva con arguzia e intelligenze stilistiche i pericoli di una messa in scena caricaturale, anzi tutto è ragionato al millimetro per non uscire fuori dal seminato: dagli innesti meta nel voice-over costante di un Jude Law, che rimane sempre nell'ombra, nei panni del narratore nonché alter-ego dello stesso Handler-Snicket, ai titoli di testa in stile animato, che promettono uno spensierato film per bambini cambiando poi immediatamente rotta fino agli splendidi credits finali, il film vibra per personalità e inventiva e trova in questo ideale supporto da parte dell'intero cast. Se i fratelli Baudelaire possono contare sull'alchimia tra i tre freschi interpreti (le "freddure" della piccola Sunny sono a tratti irresistibili), la comprimaria Meryl Streep strappa applausi a scena aperta nelle vesti della timorosa zia Josephine e Jim Carrey si scatena in una gara di travestitismo ed eccentrica follia nei vari camuffamenti intrapresi dal suo stravagante villain. I cento minuti di visione scorrono in un lampo, tra gag e situazioni sempre diverse e originali, proprio grazie all'incredibile coesione tra narrativa e messa in scena, aumentando i rimpianti per quei potenziali sequel che non hanno mai visto la luce.
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