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Il teatro di Antonio Rezza e Flavia Mastrella è a Roma fino al 19 gennaio al Vascello. Da un po' il panorama teatrale sta cambiando. Tra esperienze autogestite e una sperimentalità come la vostra, tua e di Flavia Mastrella, il quadro sembra in movimento. Qual è il tuo pensiero su questo? Siamo indipendenti però ci avvaliamo dell’aiuto del teatro Vascello e della Fondazione Tpe, soprattutto per le pratiche burocratiche e ministeriali. Noi non prendiamo direttamente i contributi dallo Stato. Siamo contro il finanziamento all’opera. Crediamo che lo Stato debba mantenere gli spazi e pagare il personale, disinteressandosi dei contenuti. Cioè, i registi non andrebbero pagati dallo Stato. E' un punto di vista ferreo, ortodosso e ottuso, questo, che c'è da tanto tempo però ed è duro a morire. Un confronto diretto con il pubblico, quindi… Il panorama al di fuori da qui? Come vedi questa esperienza degli spazi occupati e autogestiti? In un periodo di forte crisi come questo il pubblico segue il vostro percorso di rottura invece che inseguire la rassicurazione. Il vostro teatro può essere definito classico perché tocca delle corde fondamentali dell’essere umano? Non ci sono personaggi, c’è un performer. Non avverti il rischio però che il performer stesso diventi un personaggio? Hai spesso criticato la speranza. Però è indubbio che quando si esce dal tuo spettacolo si rimane sempre con la sensazione di dire “meno male che c’è qualcuno che ha coraggio nel dire certe cose”… Però quando prendi tanti calci infaccia e poi vedi che magari c’è la possibilità di non prenderli più. Beh, diciamo non la furbizia in senso negativo… Carmelo Bene, cosa suscita questo accostamento? Però posso assicurare che vedono una continuità tra quel linguaggio e il vostro. Sei riuscito a costruire un equilibrio mirabile in scena tra spazio e corpo. Come risolvi e gestisci questa tensione? Questo stare del corpo anche davanti alla parola. Il linguaggio va spegnendosi oppure prima o poi tornerà paritario? Nuovi percorsi della significazione che passano attraverso il corpo e che quindi diventano più comuni? Ma il senso della domanda è se questo può rimanere solo un fatto teatrale o diventare qualcosa di importante in altri ambiti… Per esempio… Vabbé ma che grado di contaminazione può avere, anche solo negli ambiti culturali? Insisto, c’è il probelma della rottura sistemi di simboli e linguaggi che sono sempre più formalizzati… Questi vostri spettacoli che tipo di presa hanno all'estero? Anche di critica? Ho visto signore ultrasettantenni uscire dai vostri spettacoli entusiaste. Sarà troppo popolare… L’Italia sta reagendo alla crisi? E’ solo un fuoco di paglia?
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45