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The Winds of Winter - Traduzione del primo capitolo

Post n°10969 pubblicato il 20 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

 da http://tronodispade.blogspot.it/2013/01/thewindsofwinter.html


i primi due capitoli su questa paginaTheon

La voce del re era sconvolta dall’ira. “Sei un pirata peggiore di Salladhor Saan”.
Theon Greyjoy aprì gli occhi. Le spalle gli dolevano e non poteva muovere le mani.
Per la metà di un battito di cuore temette di essere ritornato nella sua vecchia cella sotto Forte Terrore, e che il miscuglio di ricordi nella sua testa non fosse altro che il residuo di un sogno febbrile. Stava dormendo, realizzò.
Quello, oppure era era morto dal dolore. Quando tentò di muoversi, si limitò a oscillare da un lato all’altro, la schiena che grattava contro la pietra.
Era appeso a un muro in una torre, coi polsi incatenati a un paio di anelli di ferro arrugginito.

L’aria puzzava di torba bruciata. Il pavimento era completamente ricoperto di sporcizia. Scale di legno a chiocciola dentro i muri sin al soffitto. Non vide nessuna finestra.
La torre era umida, buia e priva di ogni conforto, la sua unica mobilia erano uno scranno dall’alto schienale e un tavolo coperto di segni, poggiato su tre gambe.
Non c’era un bagno, ma Theon vide un pitale in un’alcova buia. La luce arrivava unicamente dalle candele sul tavolo. I suoi piedi dondolavano a quasi due metri d’altezza.

“I debiti di mio fratello”, mormorò il re. “Anche di Joffrey, nonostante quell’abominio della natura non sia mio consanguineo." Theon si rigirò nelle catene. Conosceva quella voce. Stannis.

Theon Greyjoy ridacchiò. Una punta di dolore lo colpì alle braccia, dalle spalle ai polsi. Tutto quello che aveva fatto, tutto quello che aveva sofferto, Moat Cailin, Barrowton e Grande Inverno, Abel e le sue lavandaie, Cibo di Corvo e i suoi Umber, il percorso attraverso la neve, tutto ciò era servito solo per cambiare il suo aguzzino con un altro.

“Vostra Grazia” una seconda voce disse dolcemente. “Mi scusi, ma il suo inchiostro si è congelato”. Il Braavosiano, Theon lo conosceva. Ma qual era il suo nome? Tycho… qualcosa del genere… “Forse con un po’ di calore…?”

“Conosco una maniera più rapida”. Stannis estrasse il suo coltello. Per un istante pensò che stesse per colpire il banchiere. "Non otterrai una sola goccia di sangue da quello, mio Signore" gli avrebbe voluto dire. Il re appoggiò la punta del coltello contro il polpastrello del suo pollice sinistro, e si tagliò. “Qui. Firmerò col mio stesso sangue. Questo dovrebbe fare felici i tuoi padroni”.

“Se questo fa felice Vostra Grazia, farà felice anche la Banca di Ferro di Braavos”.

Stannis intinse la penna nel sangue che sgorgava dal suo pollice e impresse il suo nome sul documento. “Partirai domani. Lord Bolton ci sarà presto addosso. Non voglio che tu venga coinvolto nella battaglia”.

“Cosa che eviterei volentieri anch’io” Il Braavosiano infilò il documento in un tubo di legno. “Spero di poter avere di nuovo l’onore di contattarvi, quando sarete seduto sul vostro trono di spade”.

“Speri di prendere il tuo oro, vorrai dire. Risparmiami i convenevoli. Sono soldi che mi servono da Braavos, non vuote cortesie. Dì alla guardia qui fuori che mi serve Justin Massey”.

“Sarà mio piacere. La Banca di Ferro è sempre felice di poter essere d’aiuto”. Il banchiere s’inchinò.

Come lui uscì, un altro entrò; un cavaliere. I cavalieri del re erano andati e venuti per tutta la notte, Theon ricordava vagamente. Questo sembrava un parente del re. Snello, capelli neri, occhi duri, la faccia butterata e segnata da vecchie cicatrici, vestiva una sopravveste sbiadita ornata con tre falene. “Sire”, annunciò, “Il maestro è qui fuori. E Lord Arnolf ha fatto sapere che sarebbe lieto di fare colazione con Voi”.

“Anche il figlio?”

“E i nipoti, anche. Lord Wull vorrebbe avere anch’esso un’udienza, Vorrebbe…”

“Lo so cosa vuole”. Il re indicò Theon. “Lui. Wull lo vuole morto. Flint, Norrey, tutti loro lo vorrebbero morto. Per i ragazzi che ha assassinato. Vendetta per il loro prezioso Ned”.

“E glielo acconsentirete?”

“Per ora, il voltagabbana mi è più utile da vivo. Conosce delle cose che mi possono servire. Fate entrare il maestro”. Il re spazzò via dal tavolo una pergamena e la fissò di malo modo. Una lettera. Il suo sigillo rotto era di cera nera, dura e splendente. So cosa c’è scritto, pensò, sorridendo tra sé e sé.

Stannis guardò in alto. “Il voltagabbana si sta agitando”.

“Theon. Il mio nome è Theon”. Si deve ricordare il mio nome.

“Conosco il tuo nome. So quello che hai fatto”.

“L’ho salvata”. Il muro esterno di Grande Inverno era alto quasi due metri e mezzo, ma nel punto in cui aveva saltato, le nevi avevano riempito una cavità che altrimenti sarebbe stata molto più profonda. Un freddo, bianco cuscino. La ragazza aveva preso la botta peggiore. Jeyne, il suo nome è Jeyne, ma non lo dovrà mai dire.Theon era atterrato sopra di lei, rompendole alcune costole. “Ho salvato la ragazza”, disse. ”Abbiamo volato”.

Stannis sbuffò. “Tu sei caduto. Umber l’ha savata. Se Mors Cibo di Corvo e i suoi uomini non fossero stati fuori dal castello, Bolton vi avrebbe ripresi in pochi momenti”.

Cibo di Corvo. Theon ricordò. Un vecchio, grosso e potente, con un viso rubicondo e un’ispida barba bianca. Era a cavallo, avvolto nella pelliccia di un gigantesco orso delle nevi, la cui testa era il copricapo. Sotto di esso indossava una benda di cuoio tinto di bianco, che a Theon ricordava suo zio Euron. Avrebbe voluto strapparla di faccia da Umber, per accertarsi che sotto ci fosse solo una cavità vuota, e non un occhio nero scintillante di malizia. Invece mormorò attraverso i suoi denti rotti, e disse:”Io sono…”

“Un voltagabbana e un parenticida”, finì Cibo di Corvo. “Tieni a freno quella lingua, o la perderai”

Ma Umber aveva guardato la ragazza da vicino, strizzando il suo unico occhio buono. “Sei la figlia più giovane?”

E Jeyne annuì. “Arya. Il mio nome è Arya”.

“Arya di Grande Inverno, aye. L’ultima volta che sono stato tra quelle mura, il vostro cuoco ci ha servito una bistecca e pasticcio di rene. Fatti con la birra, credo, i migliori che io abbia mai mangiato. Qual era il nome di quel cuoco?”

“Gage”, Jeyne disse a sua volta. “Era un bravo cuoco. Preparava torte al limone per Sansa ogni volta che aveva limoni a sua disposizione”.

Cibo di Corvo si accarezzò la barba. “Morto ora, suppongo. Come quel vostro fabbro. Un uomo che sapeva come si lavora l’acciaio. Qual era il suo nome?”

Jeyne stava esitando. Mikken, pensò Theon. Il suo nome era Mikken. Il fabbro del castello non fece mai torte al limone per Sansa, il che lo rese molto meno importante del cuoco del castello nel piccolo dolce mondo che aveva condiviso con la sua amica Jeyne Poole. Ricordati, cazzo. Tuo padre era il maggiordomo, era a capo di tutta la servitù del palazzo. Il nome del fabbro era Mikken, Mikken, Mikken. L’ho fatto giustiziare davanti a me!

“Mikken”, disse Jeyne.

Mors Umber grugnì. “Aye”. Che cosa avesse detto o fatto dopo, Theon non lo seppe mai, in quanto quello fu il momento in cui il ragazzo corse su, brandendo una lancia e urlando che le porte dell’ingresso principale di Grande Inverno si stavano spalancando. E come sorrise Cibo di Corvo alla notizia.

Theon si rigirò nelle catene, e si rivolse al re sotto di lui, “Cibo di Corvo ci ha trovati, va bene, ci ha mandati qui da voi, ma sono stato io a salvare lei. Chiedeteglielo voi stesso”. Lei lo avrebbe detto. “Mi hai salvata”, Jeyne aveva sussurrato, mentre lui la trasportava di peso attraverso la neve. Era pallida dalla paura, ma gli aveva strofinato una mano sulla sua guancia e aveva sorriso. “Ho salvato Lady Arya”, Theon le sussurrò in risposta. E a quel punto in un unico momento le lance di Mors Umber erano tutt’attorno a loro. “È questo il mio ringraziamento?” Chiese a Stannis, scalciando debolmente contro il muro. La sua spalla era dolorante.. Per quanto tempo era stato appeso lì? Era ancora notte fuori? La stanza era senza finestre, non aveva modo di saperlo.

“Slegatemi, e vi servirò”

“Così come hai servito Roose Bolton e Robb Stark?”. Stannis sbuffò. “Non penso. Abbiamo un bel progetto in mente per te, voltagabbana. Ma non finchè non avremo finito con te”.

Vuole uccidermi. Il pensiero fu stranamente confortante. La morte non spaventava Theon Greyjoy. La morte avrebbe significato la fine del dolore. “Fatela finita con me, quindi”, sollecitò il re. “Staccatemi la testa e infilzatela su una lancia. Ho assassinato i figli di Lord Eddard, mi merito di morire. Ma fatelo in fretta. Sta arrivando”.

“Chi sta arrivando? Bolton?”

 
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