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Truman Capote

Post n°11141 pubblicato il 17 Febbraio 2014 da Ladridicinema
 

Locandina Truman Capote: a sangue freddo

Kansas, 1959. In una livida mattina di novembre una famiglia di agricoltori, i Clutter, vengono trovati assassinati nella loro fattoria. A New York, intanto, l'omicidio collettivo di Holcomb colpisce e ispira lo scrittore Truman Capote che parte per la cittadina del Kansas accompagnato dall'amica Harper Lee. A interessare lo scrittore sono le reazioni della provincia all'efferato delitto. Ma l'arresto improvviso di Dick Hickock e di Perry Smith, rei del crimine, trasforma la natura del progetto di Truman. Quello che doveva essere un servizio di cronaca da pubblicare su "The New Yorker" diventa il romanzo più ambizioso dello scrittore di New Orleans: "A Sangue freddo". Nei sei anni che separano i colpevoli dalla morte per impiccagione, Capote, intratterrà con almeno uno di loro, Smith, una fitta corrispondenza. Quanto fosse reale l'interesse umano di Capote per Smith, criminale "affamato di istruzione" con gli occhi neri da Cherockee e la pelle bianca da irlandese, non ci è dato saperlo, né come lettori né come spettatori. Capote è ambiguo sia nelle pagine che sullo schermo nell'interpretazione davvero sbalorditiva, per somiglianza e talento, di Philip Seymour Hoffman. Impressionato sulla pellicola come in un ritratto di Cartier-Bresson, il Truman Capote di Benett Miller ripropone la magnifica ossessione dell'artista: la creazione, ad ogni costo. A discapito delle vittime e dei loro carnefici. Con gli introiti ottenuti dalla vendita dei diritti cinematografici del suo romanzo, Colazione da Tiffany, Capote poté finanziare un'indagine lunga sei anni e l'avvocato che con una richiesta di appello prolungò la vita di Hickock e Smith. Almeno fino a quando lo scrittore non ottenne da loro la piena redazione del fatto criminoso e con quella un epilogo per la sua non-fiction novel. La fotografia suggestiva di Adam Kimmel, cupa nelle conversazioni al penitenziario e luminosa fino ad accecare in Costa Brava (dove Capote si ritira per redigere il romanzo), esemplifica il passaggio dal gesto irrazionale del criminale a quello intellettuale ed espressivo dello scrittore.
La domanda adesso è quanto la grandezza di Capote giustifichi gli atteggiamenti crudeli e i narcisismi non celati. Ragioni dell'arte contro ragioni dell'etica. Ma probabilmente l'unica risposta possibile si rintraccia nelle opere incompiute di Capote, nelle preghiere (non) esaudite che seguirono "A sangue freddo", un romanzo, la cui bellezza ci rende per forza conniventi perché si fa consumare come un peccato. Appunto.

 
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