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García Márquez morto. Premio Nobel, scrisse ‘Cent’anni di solitudine’ da Il fatto quotidiano

Post n°11389 pubblicato il 18 Aprile 2014 da Ladridicinema
 

Il grande autore colombiano è spirato in un ospedale di Città del Messico, dove era stato ricoverato per l'aggravarsi di una polmonite. La sua opera più famosa, manifesto del "realismo magico", ha venduto 50 milioni di copie ed è stata tradotta in 25 lingue. Tra gli altri capolavori, "Cronaca di una morte annunciata" e "L'amore ai tempi del colera"
García Márquez morto. Premio Nobel, scrisse ‘Cent’anni di solitudine’

Il villaggio di Macondo, “venti case d’argilla e di canna selvatica”, e le storie della famiglia Buendia. L’impiegato Florentino Ariza e l’amore che arriva dopo “cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese”. Il mondo dice addio allo scrittore colombiano Gabriel García Márquez, alle sue pagine e ai suoi personaggi. Libri, da “Cent’anni di solitudine” a “L’amore ai tempi del colera”, che hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo e sono stati tradotti in quasi tutte le lingue. Premio Nobel per la Letteratura nel 1982, è morto a 87 anni in un ospedale di Città del Messico. Il celebre intellettuale era malato da tempo ed era stato ricoverato in un ospedale della capitale in seguito all’aggravarsi di una polmonite. 

Lo scrittore era stato ricoverato in ospedale all’inizio del mese con infezioni ai polmoni e alle vie urinarie. Negli ultimi anni “Gabo” aveva limitato le apparizioni pubbliche. Lo scorso mese per il suo compleanno era stato festeggiato davanti alla stampa da amici e sostenitori, che gli avevano portato torta e fiori fuori dalla sua abitazione in un quartiere esclusivo nel sud di Città del Messico. Lo scrittore non aveva parlato in quell’occasione. L’amica di García Márquez Elena Poniatowska,giornalista e scrittrice messicana, ha detto di averlo visto l’ultima volta quando lui è andata a trovarla a casa sua lo scorso novembre con un bouquet di rose gialle. Il bouquet compare spesso nel romanzo di García Márquez ”Cent’anni di solitudine”. “Sembrava stare bene”, aveva detto Poniatowska.

Márquezè uno dei massimi esponenti della letteratura contemporanea e soprattutto della corrente del “realismo magico”. Nel 1967 pubblicò una delle sue opere più famose: “Cent’anni di solitudine”. E’ il romanzo che ha fatto la sua storia, ma anche quella della narrativa sudamericana. Le vicende della famiglia Buendia nel villaggio di Macondo si intrecciano attraverso i tempi e le generazioni, in un labirinto di emozioni e di realtà che hanno fatto scuola. Oltre ad emozionare centinaia di lettori attraverso le epoche. “Macondo” è diventato il nome per descrivere l’irrazionale del quotidiano, una dimensione reale ma assurda, così difficile da cogliere, ma che tutti vivono in un modo o nell’altro. E ha battezzato, anche in Italia, innumerevoli circoli, associazioni, collettivi e utopie varie.

Nato il 6 marzo del 1927 ad Aracataca in Colombia, primogenito di undici figli. Suo padre era telegrafista. Nelle sue opere, Márquez raccontò del suo villaggio e della sua casa abitata da tante persone, ma anche da molti fantasmi. Gabriel García Márquez è da più parti considerato come lo scrittore in lingua spagnola più popolare dopo Miguel de Cervantes, nel diciassettesimo secolo. La sua straordinaria fama letteraria ha evocato paragoni con Mark Twain e Charles Dickens. Il romanzo del 1967 “Cent’anni di solitudine” ha venduto 50 milioni di copie in più di 25 lingue. Tra le sue pubblicazioni anche “Cronaca di una morte annunciata”, “L’amore ai tempi del colera“, “Il generale nel suo labirinto”, e “L’autunno del patriarca”. I suoi libri sono stati venduti più di qualsiasi cosa pubblicata in spagnolo eccetto la Bibbia.

Márquez cominciò la sua storia come giornalista. All’inizio fu redattore e poi reporter de “El Universal”, poi dal 1949 del quotidiano “El Heraldo” e infine nel 1954 si trasferì a Bogotà per lavorare a “El Espectador”. L’esordio letterario è nel 1955. Per due anni, dal 1973 al 1975, abbandona però la letteratura in segno di protesta per la dittatura di Pinochet e si dedica al giornalismo. I suoi articoli sono raccolti in numerose antologie, da “Scritti costieri” a “Taccuino di cinque anni”. Tornerà a scrivere con “L’autunno del patriarca”. In Italia le sue opere sono pubblicate da Mondadori.

GLI INCIPIT PIU’ FAMOSI

Cent’anni di solitudine (1967). Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica cos truito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.

Cronaca di una morte annunciata (1981). Il giorno che l’avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5,30 del mattino per andare ad aspettare il battello con cui arrivava il vescovo. Aveva sognato di attraversare un bosco di higuerones sotto una pioggerella tenera, e per un istante fu felice dentro il sogno, ma nel ridestarsi si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d’uccelli. «Sognava sempre alberi, – mi disse Plácida Linero, sua madre, 27 anni dopo, nel rievocare i particolari di quel lunedì ingrato. – La settimana prima aveva sognato di trovarsi da solo su un aereo di carta stagnola che volava in mezzo ai mandorli senza mai trovare ostacoli», mi disse. Plácida Linero godeva di una ben meritata fama di sicura interprete dei sogni altrui, a patto che glieli raccontassero a digiuno, ma non aveva riscontrato il minimo segno di malaugurio in quei due sogni di suo figlio, né negli altri sogni con alberi che lui le aveva riferito nei giorni che precedettero la sua morte.

Dell’amore a altri demoni (1994). Un cane cenerognolo con una stella sulla fronte irruppe nei budelli del mercato la prima domenica di dicembre, travolse rivendite di fritture, scompigliò bancarelle di indios e chioschi della lotteria, e passando morse quattro persone che si trovavano sul suo percorso. Tre erano schiavi negri. L’altra fu Sierva Marìa de Todos los Angeles, figlia unica del marchese di Casalduero, che si era recata con una domestica mulatta a comprare una filza di sonagli per la festa dei suoi dodici anni.

Memoria delle mie puttane tristi (2004). L’anno dei miei novant’anni decisi di regalarmi una notte d’amore folle con un’adolescente vergine. Mi ricordai di Rosa Cabarcas, la proprietaria di una casa clandestina che era solita avvertire i suoi buoni clienti quando aveva una novità disponibile. Non avevo mai ceduto a questa né ad altre delle sue molte tentazioni oscene, ma lei non credeva nella purezza dei miei principi. Anche la morale è una questione di tempo, diceva, con un sorriso maligno, te ne accorgerai.

 
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