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Guccini: questa la verità sulla mia “Locomotiva” da la stampa

Post n°12079 pubblicato il 11 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Il cantautore alle celebrazioni dei 150 anni della nascita dell’anarchico Gori: “Ne ho dato una visione romantica”

Francesco Guccini

11/01/2015
MARINELLA VENEGONI
ROSIGNANO (LIVORNO)

Il Maestrone c’è, e parla ma non canta. Lo fa per lui un glorioso filmato che mette insieme La Locomotiva da concerti di varie epoche: c’è un Guccini bruno, riccioluto e vigoroso, e poi eccolo con i capelli d’argento, sorridere al popolo scatenato nel coro con il pugno chiuso. Al suo fianco sul sofà, Sergio Staino recensisce: «Erano tutti invidiosi che ad ogni tour ti si ringiovanisse il pubblico».  

 

«Perciò fummo ribelli»  

Si pensa a Charlie, qui a Rosignano. Si alzano cartelli, si parla di anarchia. Oggi La locomotiva è per molti il canto anarchico più conosciuto, ben più di Addio Lugano Bella dell’avvocato e poeta Pietro Gori, qui celebrato a 150 anni dalla nascita; l’ultimo ad averla avuta in repertorio è stato Giorgio Gaber, pensa te. «Giorgio ed io eravamo anarcoidi - si confessa Luporini, il suo coautore - Niente di incanalato, ma ne parlavamo molto. Ci invitavano nei circoli a Carrara, ora so che di gente ne va meno». Addio Lugano bella è senza cover, ed è un addio, anche, alla nostra memoria. Ma qui in teatro, ad ogni canto accennato da Les Anarchistes o Gian Piero Alloisio, i miei vicini di fila scattano: «Nostra patria è il mondo intero/nostra legge la libertà».  

 

Sul palco a raccontare ci sono anche Maurizio Antognoli, direttore di «A», storica rivista anarchica, e Claudia Pinelli: suo padre è sepolto a pochi chilometri da qui. Una tre giorni voluta dal Comune per onorare Pietro Gori: nella serata a cura della Fondazione Gaber, il presidente Paolo Dal Bon ha invitato un mondo di cui non si vedono eredi: chi raccoglierà mai, per esempio, quella Gorizia che Paolo Rossi lancia con baldanza verso la sala piena: «O Gorizia tu sei maledetta/da ogni cuore che sente coscienza/dolorosa ci fu la partenza/e il ritorno per molti non fu». Sempre a partire, a scappare, gli anarchici. Come Pietro Gori, del resto.  

 

Il ferroviere Rigosi  

Invece Guccini racconta un’altra storia, nella Locomotiva e la spiega a Rosignano come forse non ha fatto mai: «La mia è una visione romantica, la canzone nasce da incontri strani. In un diario di ex operai del Bolognese dell’800 avevo trovato la storia di questo Pietro Rigosi che arrivato in officina si impadronisce di una locomotiva e si dirige a velocità folle verso Bologna. Deviata su un binario morto, si schiantò contro carri merci fermi. Sbalzato dall’abitato, Rigosi sopravvisse ma non disse mai i perché. Il mio vicino di casa Mignani mi spiegò che era stato un gesto anarchico. Conoscevo uno del circolo anarchico di Carpi e parlandoci mi è venuta voglia di scrivere una canzone in stile Pietro Gori. Non ho mai scritto così veloce, ci ho messo mezz’ora. Scrivevo e prendevo appunti, e l’inizio mi è venuto per ultimo. Il musicologo Roberto Leydi definì La Locomotiva la più bella canzone popolare del Dopoguerra». Uscì nel ‘72, in Radici

 

Guccini che canta quella locomotiva «lanciata a bomba contro l’ingiustizia» ora ricorda: «Ai concerti la cantavo per ultima, ma sei volte più veloce». Poi racconta anche, divertito, di certi fans catturati anche a colpi di Locomotiva: «Renzi ha detto che sono il suo cantautore preferito, ma non ne ho colpa». 

 
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