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7 Sconosciuti a El Royale

Post n°14953 pubblicato il 14 Marzo 2019 da Ladridicinema
 

Anni Sessanta. Un uomo affitta una stanza all'hotel El Royale nascondendo una borsa voluminosa sotto le assi del pavimento. Pochi attimi dopo viene ucciso da un altro uomo, la cui identità rimane misteriosa. Dieci anni dopo alcuni clienti decidono di soggiornare nello stesso albergo, che si trova all'esatto confine fra la California e il Nevada, al punto che una striscia rossa divide fisicamente a metà gli spazi: da un lato le camere in Nevada - lo stato del vizio, dell'illegalità e del gioco d'azzardo - dall'altro quelle in California - lo stato dell'amore libero, della contestazione e di Hollywood. Uno dopo l'altro i personaggi riveleranno la loro vera natura: perché in 7 sconosciuti a El Royale non bisogna tanto seguire il flusso del denaro quanto le motivazioni che hanno portato ognuno dei presenti (compreso il concierge) in quel luogo isolato al confine fra il Bene e il Male. Vale la pena tenere presente in quale epoca storica ci troviamo: la guerra nel Vietnam, i proclami di Nixon, le spie di J. Egard Hoover, le battaglie per i diritti civili.

Drew Goddard, lo sceneggiatore di CloverfieldWorld War Z e The Martian, nonché l'autore e regista di Quella casa nel bosco, crea un puzzle da ricomporre tessera dopo tessera, ma lascia anche alcune caselle vuote, invitando il pubblico a fare le proprie supposizioni.

I pezzi principali però combaciano, forse un po' troppo perfettamente, e la trama si lascia seguire, anche grazie a colpi di scena e sequenze shock accuratamente disseminati. Siamo in territorio post tarantiniano, con qualche omaggio a David Lynch, e la galleria di personaggi può fare leva sulla consumata abilità recitativa di alcuni interpreti - in particolare John Hamm e Jeff Bridges - nonché sull'appeal estetico (e poco altro) di Dakota Johnson e Chris Hemsworth. 

Il perno intorno al quale ruota tutta la vicenda è però la musica Motown, soprattutto quella interpretata dalla voce potente della sua splendida interprete, la star dei musical di Londra e di Manhattan Cynthia Erivo, da poco passata al grande schermo. È lei a regalare una spina dorsale a un film molto preoccupato della forma e meno attento alla sostanza: è qualità umana della Erivo a farci intravvedere un vissuto e uno spessore nel suo personaggio di cantante da 12 euro l'ora, quando il suo manager (Xavier Dolan, candido solo per il colore della pelle) ne intasca troppi di più.

 
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