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La terra dell'abbastanza

Post n°15188 pubblicato il 21 Giugno 2019 da Ladridicinema
 

Mirko e Manolo sono due giovani amici della periferia romana. Guidando a tarda notte, investono un uomo e decidono di scappare. La tragedia si trasforma in un apparente colpo di fortuna: l'uomo che hanno ucciso è il pentito di un clan criminale di zona e facendolo fuori i due ragazzi si sono guadagnati la possibilità di entrare a farne parte. La loro vita è davvero sul punto di cambiare.

I fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo al loro film d'esordio firmano un'opera che dimostra la loro profonda tensione morale.

Quello dei D'Innocenzo non è l'ennesimo film sulle periferie o sui cosiddetti 'coatti' quanto piuttosto un'indagine sulla possibilità di un'amicizia che possa far sì che ci si aiuti reciprocamente a crescere. Manolo e Mirko sono come tanti altri. Come loro vanno a scuola con il desiderio di finirla al più presto per trovarsi un'attività che gli piaccia ma non sanno che stanno già lasciandosi scivolare il mondo addosso. Perché è il contesto contemporaneo che, giorno dopo giorno, sta rivestendoli di una pellicola di impermeabilità a qualsiasi possibile etica.

Intorno a loro non stanno solo i lupi della malavita organizzata pronti a sfruttare la l'apparente indifferenza nei confronti di quanto viene loro richiesto (prostituire minorenni spacciare droga, uccidere) ma anche un padre da una parte e una madre dal'altra che hanno rinunciato di fatto al loro ruolo. Uno per frustrazione e l'altra per debolezza. I figli hanno 'sentito' questa insoddisfazione esistenziale e vi hanno reagito come potevano: smettendo di reagire. Solo apparentemente però come si diceva. Perché se Manolo (un sempre più efficace, di film in film, Andrea Carpenzano) sembra indifferente a tutto mentre in alcuni suoi sguardi si avverte la smentita a quanto fa apparire in superficie, MIrko (l'altrettanto efficace Matteo Olivetti) è più tormentato. I suoi scatti d'ira, la sua generosità esibita fuori misura, lo configurano come impreparato al compito. In fondo Manolo ha un padre che gioca alle macchinette per dimenticare che avrebbe voluto far parte di quel mondo del crimine a cui indirizza il figlio. Mirko invece sente la sofferenza che impone alla madre anche se non riesce a rinunciare alla nuova vita. 

I D'Innocenzo sanno ritrarre l'appiattimento delle coscienze in cui il dire 'scusami' sembra poter mettere a posto qualsiasi cosa risarcendo anche chi sia vittima del crimine più grave. In un ambito sociale in cui la persona è ridotta a merce resta poco spazio per i sentimenti. Il loro è un grido d'allarme che, provenendo da due registi trentenni, assume un valore ancora maggiore.

 
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