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Haifaa Al Mansour e i diritti delle donne in Arabia Saudita

Post n°15278 pubblicato il 30 Agosto 2019 da Ladridicinema
 

VENEZIA. Ancora un personaggio femminile al centro della cinematografia della regista saudita Haifaa Al Mansour, impegnata da sempre a raccontare la mancanza di diritti civili e l’oppressione delle donne nel proprio paese. A Venezia Orizzonti, nel 2012, la cineasta portò la sua opera prima La bicicletta verde, con protagonista una ragazzina che partecipa ad un concorso di conoscenza del Corano, nella speranza di vincere il denaro sufficiente a comprarsi la tanto desiderata bicicletta. Ed è ancora la Academy Two a distribuire la coproduzione arabo-tedesca The Perfect Candidate, presentato in concorso a Venezia 76, con al centro la vicenda di una giovane e decisa dottoressa alle prese con i pregiudizi e i tabù di una società patriarcale e maschilista, che ha estromesso le donne, per intere generazioni dalla vita sociale e politica.

Tutto ha inizio dalle difficoltà e dai rifiuti di una burocrazia, impersonata ovviamente da maschi di ogni fascia d’età, che respinge due richieste di Maryam, medico in un ospedale periferico: l’una di asfaltare la strada che conduce alla struttura dove lavora e l’altra di frequentare un corso di specializzazione a Dubai. Il caso vuole che nel cercare di risolvere la seconda richiesta, per paradosso la dottoressa si ritrovi ad essere candidata alle elezioni comunali, coinvolgendo nella divertente e ironica campagna elettorale le due sorelle minori.

La sua vicenda si interseca con quella del padre musicista, vedovo da poco, che dopo averla attesa da anni finalmente partecipa a una tournée in Arabia Saudita del gruppo musicale etnico, tra minacce di morte e boicottaggio delle autorità locali.

“Attraverso il percorso di  Maryam, voglio mostrare una visione ottimista del ruolo che le donne saudite possono ricoprire nella società unitamente al contributo che possono dare nell’atto di forgiare il proprio destino - dice Haifaa Al Mansour - Voglio incoraggiare le donne saudite a cogliere un’opportunità e a liberarsi dal sistema che ci ha deliberatamente ostacolato così a lungo”. Le cose stanno cambiando in Arabia Saudita, la società sta lentamente aprendosi alle donne e anche all’arte. “Quest’ultimo è un cambiamento per me importante, vengo da una famiglia che ha celebrato l’arte, mia madre amava cantare, per lei era una gioia. Questa apertura rende la società più giusta e più tollerante”.

Del resto il cinema e l’arte in generale uniscono, frantumano gli stereotipi, e la circolazione delle opere è perciò fondamentale. Il film sottolinea come una profonda tradizione culturale, in particolare la musica popolare, vada recuperata e divulgata, coniugandosi con il processo di sviluppo e modernizzazione del paese. “Con la riapertura di sale da concerto, cinema e gallerie d’arte in tutto il Regno - sottolinea la regista - è importante volgere nuovamente lo sguardo alla ricca storia che abbiamo quasi perduto”. La prima sala cinematografica del Regno è stata inaugurata un anno e mezzo fa a Riad, dopo 35 anni dalla loro chiusura.

Ma ci sono donne arabe che sono riluttanti al cambiamento, a partecipare alla vita politica, ad avere incarichi pubblici perché forte è ancora il potere conservatore in Arabia Saudita. “Occorre lottare tutte insieme per superare questa grande resistenza al cambiamento, dobbiamo andare oltre le nostre capacità e coltivare questa idea di essere sorelle in tutto il mondo”. Per Haifaa Al Mansour è stato inoltre difficile mettere insieme una troupe, perché manca in Arabia saudita un’industria cinematografica.

“Certo ci vorrebbero più registe con le loro opere nei festival, ma il mutamento riguarda le produzioni che devono aprirsi molto di più alla creatività delle cineaste. Gli uomini lavorano spesso, e hanno budget più ricchi perché viene riconosciuta loro più esperienza, mentre una regista dopo il suo esordio deve attendere anni per l’opera seconda”.

 
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