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Messaggi di Marzo 2015

 

Film nelle sale da oggi

 

Box Office, in testa Focus - Niente è come sembra

Post n°12236 pubblicato il 10 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Box Office Italia
Tre film capaci di stare sopra al milione di euro, questa settimana, nel box office italiano. In testa, a conferma del grande successo che Will Smith riscuote ancora nel nostro paese, c'è Focus - Niente è come sembra, che incassa 1.8 milioni, più che sufficienti per tenere a bada le ambizioni di Nessuno si salva da solo, secondo con 1.3 milioni. Continua a sorprendere Spongebob - Fuori dall'acqua, che incassa un altro milioni abbondante e arriva a sfiorare i 4 milioni complessivi. Poco mosso il resto della classifica, che vede però Cinquanta sfumature di grigio diventare ufficialmente il miglior film della stagione con 19.2 milioni di euro, davanti ad American Sniper: il film dovrebbe superare i 20 milioni già questa settimana e chiudere con un totale di 21-22 milioni complessivi. Unica altra new entry della settimana è il demenziale Superfast, Superfurious, ottavo con 400mila euro. Birdman è a 4 milioni. La prossima settimana tappeto rosso per Cenerentola e Ma che bella sorpresa, che dovrebbero surclassare tutte le altre new entry: Blackhat (fallimentare in America), FoxcatcherSuite francese e Io sono Mateusz (il film sarà in streaming su MYmovieslive mercoledì 11 marzo).

Box Office USA
In America marzo, come prevedibile, inizia con ritmi molto compassati: in testa arriva Chappie (o Humandroid, com'è stato chiamato da noi) cui bastano appena 13 milioni di dollari per ottenere la leadership. Focus - Niente è come sembra è secondo con 10 milioni (e 34 totali, comunque vada sarà uno dei peggiori film di sempre per Will Smith), mentre sul podio sale Ritorno al Marigold Hotel. Perdono quota i protagonisti del ricco febbraio: Kingsman - Secret Service è prossimo a passare quota 100 milioni, mentre Spongebob - Fuori dall'acqua è a 148 e dovrebbe superare Cinquanta sfumature di grigio, fermo a 156, già entro la fine della prossima settimana. Catastrofico inveceAffare fatto, nuovo film con Vince Vaughn, che è solo decimo con meno di 5 milioni di dollari e va ad aggiungersi ai numerosi superflop che hanno caratterizzato questo inizio di stagione. Nel mondo Cinquanta sfumature di grigioha superato il mezzo miliardo di dollari ed è largamente in testa alla classifica annuale. American Sniper ha superato anch'esso i 500 milioni di dollari e Big Hero 6 i 600 (ennesimo centro per la Disney). La prossima settimana arriva il disneyiano Cenerentola, che dovrebbe facilmente sbaragliare la concorrenza e l'action Run All Night - Una notte per sopravvivere con Liam Neeson e Ed Harris

 
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Nessuno si salva da solo

Post n°12235 pubblicato il 08 Marzo 2015 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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“Max, giornalista partigiano” da Ansa

Post n°12234 pubblicato il 08 Marzo 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

OdGRendina

A un mese dalla scomparsa, la Federazione Nazionale della Stampa, l’Ordine dei giornalisti del Lazio, l’Associazione Stampa Romana, e Articolo 21, vogliono ricordare Massimo Rendina, giornalista partigiano. Per questo organizzano un’iniziativa che si terrà lunedì 9 marzo dalle 17:30 presso la sede Fnsi, con la partecipazione dell’Anpi. Saranno presenti i familiari.

La carriera giornalistica di Rendina, ricordano i promotori dell’iniziativa, fu di grande rilievo: iniziò a Bologna con il Resto del Carlino occupandosi di cronaca bianca. Dopo aver preso parte come partigiano alla liberazione di Torino, riprese la professione di giornalista a l’Unità. Terminata la guerra entrò in Rai dove dirigerà il telegiornale.
Quello a Max, giornalista partigiano, è un omaggio doveroso a un uomo che, nel suo impegno giornalistico ha portato avanti in maniera instancabile la testimonianza e il ricordo della resistenza partigiana, la difesa del giornalismo libero ed autonomo e la valorizzazione dei principi della Costituzione.

5 marzo 2015

 
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Alba Rohrwacher, la liberazione di una vergine da cinecittà news

Post n°12233 pubblicato il 08 Marzo 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

Cristiana Paternò06/03/2015
Dopo il concorso della Berlinale è arrivata anche la selezione al Tribeca (15-26 aprile) per Vergine giurata. L'opera prima di Laura Bispuri sarà uno dei dodici titoli della sezione competitiva World Narrative Competition e concorrerà anche al Nora Ephron Award, assegnato in memoria della leggendaria scrittrice e cineasta americana. Un premio riservato alle registe donne e Laura, già autrice di apprezzati cortometraggi come Passing Time (David di Donatello) e Biondina (Nastro d'argento come talento emergente), ha senza dubbio uno sguardo femminile. Anche se lei preferisce non rivendicarlo in modo netto e lasciare un margine di ambiguità che è anche la ricchezza del suo cinema: "Per me esistono bei film e brutti film, al di là del genere a cui appartiene il regista". 

E tuttavia la riflessione innescata da Vergine giurata, ispirato al romanzo di Elvira Dones appena ripubblicato da Feltrinelli con la bella immagine di Alba Rohrwacher in veste maschile in copertina, ha a che fare proprio con l'identità di genere su cui le autrici non possono in qualche modo non riflettere. "Il discorso sul femminile - dice ancora Laura - non riguarda solo il cinema, ma tutti i ruoli in cui le donne sono minoritarie. E qui sono le statistiche a parlare con dati impressionanti. Ma ora, almeno al cinema, qualcosa si muove, Alice Rohrwacher, la sorella di Alba, è un esempio di cinema che è riuscito a uscire dai nostri confini e che ha un suo carattere inconfondibile". 

Per la giovane autrice, che a Berlino ha convinto critici italiani e stranieri "capaci di cogliere i diversi piani di lettura del film", è fondamentale la vicinanza tra regista e progetto, il mettersi in gioco. "E poi amo i film in cui riconosco un regista o una regista, una testa che propone idee, uno sguardo, una visione del mondo. Tra i miei preferiti ci sono i Dardenne o Pasolini di fronte al quale mi inchino tutti i giorni".

Per Alba Rohrwacher, che, con i capelli scuri tagliati corti e una durezza di modi inedita, ha dato al personaggio di Mark/Hana un'adesione impressionante, il lavoro per arrivare a un personaggio credibile nella sua misteriosa ambiguità è stato un lavoro millimetrico sul corpo e sulla lingua. "Volevamo raccontare un corpo che fosse una prigione, una creatura non maschile ma a metà, intrappolata in un corpo che è l'ombra di una donna negata e poi ritrovata. Anche lo studio dell'albanese, lingua aspra, con suoni molto lontani dai nostri, è stata una difficoltà che poi via via si è sciolta fino ad approdare a qualcosa di vero. In questo Laura mi ha guidato e aiutato a superare i miei timori". 

Per l'attrice, che ora sta lavorando con Ascanio Celestini nel suo secondo film da regista Viva la sposa, e che vedremo nelle nuove opere di Marco Bellocchio Matteo Garrone, il percorso di Mark, la ragazza che ha giurato di restare vergine in cambio della libertà di muoversi e vivere come un uomo, è un percorso di recupero verso un'identità negata, "un percorso che può essere molto complicato per arrivare a qualcosa di semplice". Per Laura Bispuri, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Francesca Manieri, sua collaboratrice da anni, il film è un inno alla libertà. Non quella imposta da convenzioni sociali e patriarcato, ma quella che ognuno di noi riesce a trovare in se stesso, attingendo finalmente alla propria natura più profonda. Mark riscopre Hana dentro di sé e il personaggio della giovane Jonida, la ragazza che pratica il nuoto sincronizzato, ha un destino speculare. "Entrambe sono in apnea: Mark ha sospeso il respiro negli anni passati sulle montagne e ora è venuto in Italia dall'Albania, alla ricerca di una liberazione. Jonida vive anche lei una costrizione, un'immagine di femminilità imposta". E' significativa, nel film, la scena in cui la macchina da presa in piscina indugia su corpi tutti diversi, tutti irripetibili di persone di età e corporature diverse. "Volevo partire da un argomento specifico, come questa pratica delle vergini giurate che ancora avviene secondo la legge tradizionale del Kanun, quindi una prassi adottata in un luogo piccolo come le montagne albanesi, per fare una riflessione universale e contemporanea. Queste creature a metà ci aiutano a raccontare le tante gabbie di una società come la nostra, argomento che ho affrontato anche nei lavori precedenti: personaggi incastrati, per motivi corporei o di altro genere, che accompagno in un viaggio di liberazione. Anche il nuoto sincronizzato è una metafora della visione per cui il femminile deve per forza rappresentare qualcosa di bello e di perfetto". 
Vergine giurata, prodotto da Vivo Film con Colorado e Rai Cinema, in coproduzione con Svizzera, Germania, Albania e Kosovo, sarà distribuito da Istituto LUCE Cinecittà in 40 copie dal 19 marzo.

 
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Senza Lucio

Post n°12232 pubblicato il 05 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Il film racconta Lucio Dalla attraverso gli occhi di chi gli è stato più vicino negli ultimi dieci anni, Marco Alemanno: tutti conosciamo Dalla, non solo irripetibile autore e musicista ma anche personaggio pubblico che ognuno, almeno a partire dagli anni ’70, sente come mito o compagno di strada, come icona di creatività, ironia e libertà, ma anche un po' come parte della propria vita e della propria famiglia.

  • FOTOGRAFIAPablo Irrera
  • MONTAGGIOClaudio D'Elia
  • MUSICHETeho Teardo
  • PRODUZIONE: Unipol Biografilm Collection, I Wonder Pictures, Erma Production
  • DISTRIBUZIONE: I Wonder Pictures
  • PAESE: Italia
  • DURATA86 Min

 
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The search

Post n°12231 pubblicato il 05 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Il film è ambientato durante la seconda guerra cecena, nel 1999, e racconta di quattro destini che la guerra porterà a incrociarsi. Dopo l'assassinio dei genitori, un ragazzino scappa dal suo villaggio e si unisce al fiume di profughi dove incontra Carole, responsabile di una missione dell'Unione Europea. Grazie al lei tornerà piano piano alla vita. Nello stesso tempo, Raissa, sua sorella maggiore, lo sta cercando senza sosta tra i profughi. Da un'altra parte, Kolia, giovane russo di 20 anni viene arruolato nell'esercito. Piano piano la guerra diventerà il suo pane quotidiano.

NOTE:

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2014.

 
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Nessuno si salva da solo

Post n°12230 pubblicato il 05 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Delia e Gaetano (Gae) sono stati sposati e hanno due figli, Cosmo e Nico. Da poco tempo vivono separati, lei ha tenuto la casa con i bambini, lui vive in un residence. Delia, che in passato ha sofferto di anoressia, è una biologa nutrizionista, Gaetano è uno sceneggiatore di programmi televisivi. Delia e Gae si incontrano per una cena in un ristorante, devono apparentemente discutere dell'organizzazione delle vacanze dei loro figli... ma presto capiamo che quell’incontro servirà ai due protagonisti per compiere un viaggio dentro la loro storia d'amore e scoprirne le ragioni della fine. La cena occupa l'intero svolgimento del film, ma attraverso una serie di flash back, viene ripercorsa la vita di Delia e Gaetano, dall'entusiasmo dei primi anni di vita in comune, l'amore, la passione, ai primi problemi e frustrazioni reciproche che hanno cominciato ad allontanarli, fino alla separazione.

SOGGETTO:

Basato sull'omonimo libro di Margaret Mazzantini

 
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Focus - Niente è come sembra

Post n°12229 pubblicato il 05 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Focus

Poster

In Focus, Will Smith interpreta Nicky, un truffatore esperto maestro nel depistaggio, che si ritrova coinvolto sentimentalmente con un'aspirante criminale, Jess (Margot Robbie). Mentre Nicky cerca di insegnarle i trucchi del mestiere, il rapporto tra i due diventa molto intimo, col risultato che Jess viene allontanata brutalmente. Tre anni dopo, l'ex fiamma, ormai compiuta femme fatale, si presenta a Buenos Aires in occasione di una corsa automobilistica molto rischiosa. Nel bel mezzo dell'ultima pericolosissima missione di Nicky, lei rischierà di mandare all'aria i suoi piani ed il consumato truffatore potrebbe trovarsi in seria difficoltà.

 
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George R. R. Martin rinvia l’uscita del nuovo libro, delusione fra i fan da ilsecoloxix

Post n°12228 pubblicato il 05 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

George R. R. Martin
George R. R. Martin

Genova - Si muove con naturalezza tra fantasy, horror e fantascienza, ma lo scrittore americano George R. R. Martin è famoso soprattutto per il ciclo delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, saga bestseller da cui è tratta la seguitissima serie tv “Il Trono di Spade”.

Brutte notizie e delusione per i fan dopo la conferma che l’attesissimo nuovo volume della serie (il sesto nell’edizione americana) non vedrà la luce prima del 2016.

 
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Senza verità si cancella Nicola Calipari da il manifesto

Post n°12227 pubblicato il 04 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Nicola Calipari

Dieci anni, sem­bra un sof­fio o un’eternità.

Dieci anni di vita vis­suta alla gior­nata, in attesa del temuto mese di feb­braio che ine­so­ra­bil­mente arriva e tra­scorre len­ta­mente, pri­gio­niera come sono ancora dei ricordi di allora.
L’angoscia aumenta con l’avvicinarsi del 4 marzo, l’anniversario della morte di Nicola Cali­pari. L’agguato, la mitra­glia­trice, Lozano ali­men­tano que­gli incubi, che non sono mai sce­mati dopo la rinun­cia alla ricerca della verità. Con il man­cato rico­no­sci­mento della nostra (dell’Italia) giu­ri­sdi­zione a cele­brare un pro­cesso che avrebbe potuto chia­rire, anche se forse solo par­zial­mente, quello che è suc­cesso quella sera a Bagh­dad. Non si è voluto farlo per sal­va­guar­dare i rap­porti con gli Usa e per paura della verità, che avrebbe coin­volto anche i ser­vizi segreti italiani.

Dieci anni, l’immagine di Nicola è sem­pre più sfo­cata e non poteva essere diver­sa­mente: l’insabbiamento del caso Cali­pari doveva ser­vire anche a can­cel­lare la figura dell’eroe di allora. Qual­cuno cele­brerà il decen­nale, in modo for­male. Altri recu­pe­re­ranno dagli archivi le imma­gini di allora, senza porsi il pro­blema di cosa è suc­cesso in que­sti dieci anni.

La copertina del 4 marzo 2005La coper­tina del 4 marzo 2005

È una sto­ria, la mia, che sento rac­con­tare quasi come se non mi riguar­dasse più. È come se mi fosse sfug­gita di mano, come se non riu­scissi più a trat­te­nerla. È come se anch’io fossi finita in un casel­la­rio di archi­vio. È una sen­sa­zione ter­ri­bile. Come se mi aves­sero rubato quella vita che Cali­pari mi ha ridato sal­van­domi dal seque­stro e pro­teg­gen­domi dal fuoco ame­ri­cano. Una vita diversa, senza entu­sia­smo, ma pur sem­pre la mia vita.

Una vita da «soprav­vis­suta», com’è ine­vi­ta­bile dopo quello che è suc­cesso, alla quale mi sono abi­tuata tanto che a volte mi dispero per­ché non rie­sco più a ricor­dare quella di prima.

Dieci anni in cui anche l’Iraq è ulte­rior­mente pre­ci­pi­tato nel bara­tro della guerra e del ter­ro­ri­smo. E riper­cor­rendo la sto­ria dell’Isil (lo Stato isla­mico in Iraq e nel Levante) che ha occu­pato quasi tutta la zona sun­nita dell’Iraq, oltre che parte della Siria, si riparte da Fal­luja. Ancora Fal­luja, il labo­ra­to­rio dell’Iraq, dove era ini­ziata la resi­stenza con­tro l’occupazione ame­ri­cana, dove era ini­ziata la pene­tra­zione di al Qaeda, dove i Gruppi del risve­glio ave­vano ini­ziato a com­bat­tere i qae­di­sti per­ché inqui­na­vano l’immagine della resistenza.

Anche il mio seque­stro era legato a Fal­luja, anche se non sono stata rapita nella cit­ta­dina a 50 chi­lo­me­tri da Bagh­dad e non ci sono finita nem­meno durante la pri­gio­nia. Ma sono stata rapita dopo aver inter­vi­stato pro­fu­ghi di Fal­luja accam­pati intorno alla moschea Mustafa nel cam­pus dell’università Nah­rein. E da Fal­luja potrebbe par­tire il riscatto per libe­rare la pro­vin­cia di Anbar dal ter­ro­ri­smo di al Bagh­dadi. Per ora è solo un auspi­cio, ma ira­cheni rife­ri­scono di gruppi che si stanno orga­niz­zano e com­bat­tono i jiha­di­sti del califfo.

Ma non abbiamo più testi­mo­nianze dirette da quelle zone, le uni­che imma­gini che arri­vano sono quelle della pro­pa­ganda del Calif­fato che uni­sce l’imposizione di un regime arcaico e oscu­ran­ti­sta – che distrugge anche il patri­mo­nio arti­stico – con l’uso sofi­sti­cato delle nuove tec­no­lo­gie che tra l’altro docu­men­tano l’orribile scem­pio del museo di Mosul. I video di ottima qua­lità pro­dotti nel Calif­fato ser­vono a ter­ro­riz­zare l’occidente e nello stesso tempo a reclu­tare nuovi adepti. È impres­sio­nante come l’orrore possa riem­pire il vuoto lasciato dalla per­dita di valori e con­vin­cere gio­vani occi­den­tali – uomini e donne – ad abbrac­ciare il jihad.
La man­canza di noti­zie veri­fi­cate da intere aree in con­flitto – Iraq, Siria, Libia, Soma­lia, etc. – non sem­bra pre­oc­cu­pare chi deve fare infor­ma­zione, anzi il dibat­tito è sul tra­smet­tere o meno i video dell’Isil, che peral­tro sono facil­mente rin­trac­cia­bili sul web.

Del resto, da quando l’informazione è stata mili­ta­riz­zata (soprat­tutto a par­tire dalla seconda guerra del Golfo), le crisi si seguono embed­ded con gli eser­citi impe­gnati sul campo. E magari si tor­nerà anche in Libia con i nostri. Ma que­sta non è infor­ma­zione è pro­pa­ganda, oppo­sta a quella dell’Isis ma è sem­pre pro­pa­ganda di guerra.

La pro­pa­ganda non è infor­ma­zione e serve ad ali­men­tare la guerra. Chi crede ancora nel nostro dovere di fare infor­ma­zione non può ras­se­gnarsi a tra­smet­tere veline, ma pur­troppo que­sto non avviene solo su ter­reni dif­fi­cili da fre­quen­tare, avviene anche in casa nostra, dove baste­rebbe avere un po’ più di corag­gio e voglia di cono­scere la realtà. Ma que­sto forse non inte­ressa agli edi­tori che pos­sono sfrut­tare la pre­ca­rietà del lavoro per ricat­tare gli aspi­ranti gior­na­li­sti.
Ormai Inter­net ha sosti­tuito l’informazione non solo per chi si serve del web ma anche per chi scrive arti­coli con il “copia e incolla” da Inter­net, per l’appunto. Senza curarsi del fatto che nes­suno con­trolla quello che viene pub­bli­cato: i falsi sono all’ordine del giorno, non solo per i testi ma per­sino per le imma­gini. Per­ché a volte si sfrut­tano gio­vani locali che rischiano la vita per pochi dol­lari al giorno. È quello che è suc­cesso a Mohlem Bara­kat, 17 anni, ucciso il 20 dicem­bre 2013 ad Aleppo, men­tre scat­tava foto per la Reu­ters per gua­da­gnare 10 dol­lari per ogni imma­gine pubblicata.

E se non si vuole gio­care con la vita di un gio­vane aspi­rante foto­grafo locale – è sem­pre meglio che fare la guerra – basta cam­biare la dida­sca­lia di una foto: sosti­tuire Iraq con Siria e l’attualità è coperta, salvo il fatto che anche in Iraq le vit­time sono tor­nate ad aumen­tare ter­ri­bil­mente e non c’è più dif­fe­renza tra Iraq e Siria, l’Isil è al di qua e al di là della fron­tiera che non esi­ste più e da nes­suna parte ci sono più gior­na­li­sti da seque­strare. È venuto meno il busi­ness dei riscatti, ma all’Isis non serve nem­meno il riscatto, ha tro­vato un modo più red­di­ti­zio per sfrut­tare i rapi­menti: mostrare in video lo sgoz­za­mento degli ostaggi.

 
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Il cinema si scopre ecologista

Post n°12226 pubblicato il 04 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Valentina Neri02/03/2015
CAGLIARI - Ecosostenibilità e pratiche green vanno molto di moda anche al cinema. Sono tanti i soggetti che stanno lavorando a pratiche virtuose e meno impattanti per l’ambiente negli ultimi 3 anni che ora vedono il loro operato inquadrarsi in una rete sempre più ramificata di realtà internazionali mosse da uno scopo comune: abbattere le emissioni di anidride carbonica grazie all’adozione di comportamenti responsabili. Se n’è parlato alla XII edizione delle Giornate Europee del Cinema e dell’Audiovisivo, ospitata quest’anno a Cagliari, dal 26 febbraio al 1° marzo, dalla Sardegna Film Commission e realizzate in collaborazione con MiBACT e Associazione F.E.R.T. - Filming with a European Regard in Turin. L’evento è green fin dall’ideazione, poiché parte integrante del progetto HEROES 20.20.20 che, sviluppato dalla Fondazione Sardegna Film Commission insieme al Servizio Energia dell'Assessorato all'Industria della Regione Sardegna e Sardegna Ricerche, mira a informare i cittadini sulle azioni di risparmio ed efficientamento energetico attive e disponibili in Sardegna attraverso l’investimento su nuove forme di comunicazione con originali prodotti audiovisivi destinati al grande pubblico. Inoltre, alla fine delle Giornate, le eco idee esposte ed analizzate diventeranno per la prima volta materiale didattico per i produttori internazionali che arriveranno sull’isola in aprile per il prossimo workshop Maia. 

Se un’industria come quella hollywoodiana ha deciso di adottare pratiche green per produrre blockbuster, vuol dire che non ci guadagna solo l’ambiente, ma anche il comparto: far bene al pianeta spesso significa anche risparmiare. Un concetto difficile da credere per diversi produttori. Ma in Europa si cominciano a raggiungere importanti risultati. Il primo passo è informare, come prova a fare Green Film Shooting, il magazine per la sostenibilità nel mondo dell’audiovisivo fondato e diretto ad Amburgo da Brigit Heidsiekche scopre, intervista e racconta talent e membri del cast tecnico impegnati a dare il proprio contributo a favore dell’ambiente. 

Come Emellie O’Brien che ha lavorato alla realizzazione di The Amazing Spider-Man 2 nel ruolo di Eco Supervisor, un esperto che letta la sceneggiatura di un film, affianca il produttore per chiarirgli quali comportamenti della troupe cambiare e in che modo. Riusando o ricilando materiali di scenografia, adottando sul set l’uso della raccolta differenziata e utilizzando piatti e bicchieri compostabili, la Eco Supervisor ha dimezzato la produzione di tonnellate di spazzatura dal set di The Amazing Spider-Man 2: 72 tonnellate di scarti di cibo e stoviglie compostabili sono stati differenziati e non gettati nei rifiuti indifferenziati, evitando di mandare in discarica 755 tonnellate di materiale, pari a 3 volte e mezzo la Statua della Libertà. Mentre altre 49 tonnellate di decorazioni da set e materiali da costruzione sono stati venduti o donati alla fine delle riprese. 

Crede molto nel lavoro di coaching anche Siebe Dunom del fondo audiovisivo delle Fiandre che recentemente ha presentato alla Berlinale i dati della sua attività come consulente di sostenibilità del programma E-Mission, un fondo regionale che premia l’ecosostenibilità. Con un budget di circa 70mila euro per 2 anni ha progettato e portato avanti tenacemente un lavoro grazie al quale sono stati girati con pratiche ecologiche 22 film e 6 serie tv. Nel decalogo di Dunom per abbattere le emissioni di CO2: ridurre i trasporti scegliendo hotel vicini al set, utilizzare auto elettriche, biciclette e carpooling. In Francia credono talmente nelle opportunità economiche dietro l’ecosostenibilità che film fund, broadcaster, e agenzie ambientaliste hanno costituito un network, Ecoprod, che vede le pratiche green come volano per il settore audiovisivo. Un obiettivo ambizioso cui si potrebbe davvero arrivare da quando il CNC ha deciso di appoggiare la rete stanziando 6 milioni di euro per progetti con sostenibilità ecologica. Anche le televisioni si stanno attrezzando e hanno cominciato a sostituire le tradizionali lampadine con cui illuminano gli studi di registrazione con i LED: studi e provider di servizi tecnici che si avvalgano di criteri ecosostenibili possono ricevere un supporto finanziario tra il 40% e il 60% dei costi sostenuti per realizzare lavori ecofriendly. 

L’Italia non sta ferma a guardare ma prova a cimentarsi sul tema grazie alla sensibilità di alcune film commission. E’ il caso della Toscana Film Commission che ha recentemente lavorato con la Fondazione Edison per sviluppare check list e case history da fruire gratuitamente per tutti. Dal 2010 Edison lavora sul cinema adottando la stessa ottica sposata per altri comparti: fare efficientamento all’interno di un’industria, perché la sostenibilità non è un vezzo ma un’opportunità. La Fondazione ha seguito i set de Il capitale umano, Torneranno i prati e Il povero, il ricco e il maggiordomo facendo risparmiare a queste produzioni tra i 70 e gli 80mila euro, spesso attraverso piccoli interventi pratici quali l’eliminazione dei gruppi elettrogeni, l’adozione dei boccioni da 18 litri di acqua preferiti alle bottiglie di plastica, che poi vanno smaltite, e l’allestimento di cucine da campo al posto del catering che permette al regista di gestire i tempi di pausa sul set in maniera più libera, perché non dettati dall’arrivo dei camion con il cibo, e riduce i costi di piatti sigillati.

Sul fronte festival il cammino invece è ben tracciato da anni: il Cinemambiente di Torino è il primo in Italia a essersi fregiato della definizione festival a emissioni 0 e fa parte del Green Film Network, 29 manifestazioni in tutto il mondo che sostengono promozione e nascita di festival cinematografici a tematiche ecologiche. Nato nel 1998, dura 6 giorni ed è organizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino. Con un programma di un centinaio di film tra lungometraggi e corti internazionali, mostre, talk e mercatino equo e solidale, supporta la distribuzione delle opere che mette in cartellone, per una maggiore circuitazione delle stesse e lancia progetti partecipativi come quello contro lo spreco alimentare che ha visto il festival impegnato nella organizzazione di un grande pranzo fatto con gli avanzi per 5.000 persone, oltre ad aver dato vita ad una campagna didattica sul tema, grazie al film Just eat it! documentario canadese che dimostra come sia possibile sopravvivere per sei mesi spendendo solo 200 dollari e mangiando avanzi e prodotti scartati: un messaggio anti spreco che Cinemambiente ha portato in 3000 istituti italiani.

 
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"Maschere crude", il teatro della politica italiana al Cinema Trevi

Post n°12225 pubblicato il 04 Marzo 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

redazione27/02/2015
Mercoledì 4 marzo alle 21.00 al Cinema Trevi di Roma proiezione evento, a ingresso gratuito, del film doc Luce Cinecittà Maschere Crude, proiettato a seguire l'incontro con il regista Flavio De Bernardinis, l'AD di Luce Cinecittà Roberto Cicutto, e Giuliano Ferrara
Il documentario, presentato come 'punto luce' allo scorso Festival di Venezia, è un doppio ritratto della realtà italiana dagli Anni '30 del fascismo agli Anni '80 della P2. Le maschere del Potere e le maschere di chi al Potere tenta di resistere. Il teatro italiano: i generi, le forme drammaturgiche, i registi, gli attori e le attrici, che mettono in scena il Potere e tutte le sue maschere. 

Spiega il regista: "Da Eduardo De Filippo a Vittorio Gassman, da Romolo Valli a Luigi Vannucchi, da Alberto Lionello a Giancarlo Sbragia, da Gianni Santuccio a Renato De Carmine, da Glauco Mauri a Pino Micol, da Lilla Brignone e Giuliana Lojodice, da Valeria Moriconi a Carla Gravina, da Luigi Proietti a Gabriele Lavia, da Carmelo Bene a Mariangela Melato, ai grandi attori italiani si sovrapponevano e intrecciavano gli uomini politici italiani, anch’essi grandissimi attori, dal ministro degli esteri conte Carlo Sforza ad Ugo La Malfa, da Aldo Moro a Giovanni Spadolini, da Giovanni Malagodi a Amintore Fanfani, da Giulio Andreotti a Mariano Rumor. Palesemente, l’uomo politico italiano era innanzitutto un grande attore, che traeva dal sentimento teatrale le risorse verbali e gestuali per intercettare e persuadere i cittadini".

 
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Castellitto: "Amore tra le macerie"

Post n°12224 pubblicato il 04 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Cristiana Paternò26/02/2015
Sergio Castellitto si rivolge alla sedia vuota accanto a lui: “Margaret, stai zitta, parlo io”. Al terzo film ispirato a un libro della moglie, più un innumerevole elenco di altre collaborazioni tra teatro e cinema, la simbiosi artistica della celebre coppia è un fatto risaputo. A volte preso di mira. “Il cinema si fa in due. Con Age e Scarpelli nessuno ha da ridire, invece noi a volte siamo stati rimproverati. Ma la nostra collaborazione è preziosa, siamo due individui separati però abbiamo una visione comune. Come artisti e non perché siamo sposati e abbiamo quattro figli”. 

Così dopo Non ti muovere e Venuto al mondo è arrivatoNessuno si salva da solo, con Riccardo Scamarcio eJasmine Trinca, in sala dal 5 marzo con Universal in circa 300 copie. Il libro lo ha pubblicato Mondadori nel 2011. “Non abbiamo pensato subito di farci un film – racconta Castellitto – poi per caso l'ho ripreso in mano e ho letto un paio di pagine e mi ha colpito una frase: ‘l’errore è stato pensare di trovare tutto dentro una sola persona’. Margaret ha scritto una sceneggiatura evoluta rispetto al romanzo che ha un finale acido. Qui c’è piuttosto amarezza e qualche elemento di commedia, un dolore più controllato”. Anche una speranza finale. 

Delia e Gaetano sono da poco separati, hanno due bambini ancora piccoli e devono organizzare le vacanze estive come tante famiglie divise. Si trovano al ristorante per una cena diplomatica, ma da subito è chiaro che tra loro ci sono ancora sentimenti e attrazione. “Quel ristorante – dice ancora l’attore e regista romano - diventa un ring. Del resto il pugilato è la metafora del loro rapporto. Si incontrano in una palestra di boxe, fanno amore lì per la prima volta, questo all'inizio del rapporto. E alla fine lei lo caccia di casa perché ha detto ai bambini che Mike Tyson è il più grande peso massimo del mondo anziché un criminale”. 

Ci sono tante scene di sesso, è un amore molto fisico quello tra Delia, nutrizionista con trascorsi di anoressia, e Gaetano, tamarro di Ostia che sogna di fare lo scrittore ma finisce sceneggiatore tv al soldo di un regista nevrotico e dispotico. “Castellitto ci ha chiesto di evitare effusioni generiche, edulcorate”, racconta Riccardo Scamarcio. “Ci ha detto di fare l’amore come animali e io, ingenua, ho pensato che dovessimo baciarci”, scherza Jasmine Trinca. “Ci sono quattro forme di sessualità rappresentate nel film – chiosa il regista – quella sfrenata degli inizi, poi la cura che è il leccarsi le ferite ma anche leccare la propria donna, quindi il sesso nevrotico, fatto mentre si pensa alla partita Iva e si parla al telefono e infine la negazione del sesso”. O il tradimento. Ma all’adulterio di lui, fa da contraltare la decisione di lei di rifarsi i denti che si è rovinata quando si costringeva a vomitare ai tempi dell’anoressia. Lui si era innamorato proprio della sua imperfezione. 

“Il film – è ancora Castellitto a parlare - ha il coraggio di andare verso il cattivo odore della vita”. Non autobiografico ma politico, lo definisce l’autore. Perché non c’è niente di più politico dell'intimità. “La gente non ha più voglia di fare amore perché ha perso il lavoro. La famiglia è qualcosa di micidiale eppure straordinario di cui non possiamo fare a meno” E ancora, con una delle tante frasi a effetto di cui è pieno il film, prodotto da Indiana Production con Wildside e Rai Cinema: “Le donne sono morali, gli uomini umorali… meravigliosi fraciconi”. 

La generazione messa in scena è quella dei trenta/quarantenni, tra la caduta del Muro di Berlino e l’11 settembre, figli delle macerie, incappati un’epoca in cui nulla è stato inventato ma solo copiato dagli altri, dal sushi alle polacchine. “Sono ragazzi adultizzati che condividono la stessa frustrazione. Ma anche i più vecchi si possono riconoscere nella storia di Delia e Gae. E i giovanissimi possono usarla come una bibbia”. Del resto è proprio dall’incontro con una coppia anziana (Angela Molina e Roberto Vecchioni) ma ancora unita, che viene fuori la forza, o forse la fede, per ricominciare. “Lì si va al di là del realismo, è una specie di sogno l’incontro con questi strani mentori, sono due che ce l'hanno fatta, che sono restati insieme”. “Potrebbero essere Margaret e Sergio che ci hanno guidato in questo viaggio”, azzarda Jasmine. Per Castellitto, che ha scelto di non recitare nel film (ma è lui l’uomo che sviene alla festa e di cui non vede il volto ed è di nuovo lui la voce che parla al telefono) la vecchia coppia che dà consigli è anche il simbolo del desiderio di intromettersi nei fatti degli altri. “La tv para-psicologica ha messo in mostra i panni sporchi facendo finta di difendere la privacy, invece bisogna parlarsi davvero”. Alla fine Nessuno si salva da soloracconta l'imperferzione del matrimonio contemporaneo. “L’amore è uno stress, una strana murena a cui tagli la testa ma che rinasce”, dice Castellitto. “L’amore non finisce. Non c’è lieto fine perché non c’è fine”, aggiunge Trinca. Mentre Scamarcio, che sta per sposarsi con Valeria Golino dopo tanti anni di convivenza, si arrabbia molto perché la notizia è diventata di pubblico dominio: “Il matrimonio è un fatto privato”. 

 
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Salvatores pensa a Italy in a Day 2

Post n°12223 pubblicato il 04 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Stefano Stefanutto Rosa04/03/2015
Gabriele Salvatores pensa a un seguito di Italy in a Day, il film collettivo frutto di centinaia di filmati inviati da italiani da 0 a 104 anni che sono stati i protagonisti e gli autori dell’opera. “Il taglio sarebbe diverso: come gli italiani s’immaginano il futuro - dice il regista ritirando il Nastro dell’anno alla Casa del Cinema - Lo rifarei volentieri anche perché non ho girato un fotogramma. Mi aspettavo materiale molto più trash perché la rete è spesso uno stadio dove si sfoga la rabbia. Mi ha stupito la sincerità dei contributi, ben 44mila quelli visti”.

Walter Veltroni dedica il Nastro dell’anno per Quando c’era Berlinguer al leader storico del Partito comunista e alla famiglia presente alla premiazione e si dichiara soddisfatto per l’accoglienza avuta dal suo documentario con quell’inizio così folgorante sull’assenza di memoria delle giovani generazioni. “Sono un ex politico che nel suo esordio da regista si confronta con un grande politico scomparso 30 anni fa, che mai avrei voluto su quel palco a Padova per l'ultimo discorso”.

Gianni Amelio ringrazia Roberto Cicutto che ha portato aria nuova dentro Luce Cinecittà e ironizza sul Nastro ricevuto per Felice chi è diverso: “Non vorrei che fosse un premio alla carriera. Ricordo che anni fa ne ricevetti uno insieme a Gillo Pontecorvo. Graffiante il commento di Mario Monicelli presente a quella cerimonia: danno il premio alla carriera a uno che non l’ha mai fatta e a uno che non la farà mai”. 
Costanza Quatriglio, che fa il bis con Triangle dopo terramatta;, dice che continuerà “a fare titoli che incominciano con la T perché portano bene. Certo è più complicato realizzare un film documentario che un film di finzione perché richiede molto tempo nella progettazione”. 

Festeggiato l’ultra novantenne Gian Luigi Rondi che non è voluto mancare alla consegna del Nastro d’argento a Giorgio Treves che lo ha raccontato in Gian Luigi Rondi, Vita cinema passione: “Non mai fatto l’attore, mi sono tranquillamente adagiato nel mio personaggio, dovendo recitare me stesso”.
A ritirare la menzione a 9x10 Novanta ci sono l’ideatore del film collettivo Marlon Pellegrini e Enrico Bufalini, direttore Archivio Storico, Cinema e Documentaristica, che spiega: “Abbiamo giocato con l’aritmetica e messo in mano l’Archivio Luce a questi giovani registi che ci hanno dato un film corale, un affresco dell’Italia del Novecento”.
Per Wilma Labate, regista di Qualcosa di noi, il riconoscimento a Jana, ‘protagonista dell’anno’, è più che meritato, “una compagna di lavoro preziosissima che ha condotto gli allievi aspiranti scrittori in un viaggio, iniziato come una gita scolastica, e diventato un percorso interiore”.

Altro festeggiato il mitico press agent Enrico Lucherini, che dopo il ritratto dedicatogli da Antonello Sarno - “lì c’era troppa amicizia” – è il protagonista del doc Enrico Lucherini: Ne ho fatte di tutti i colori di Marco Spagnoli, Nastro d’argento speciale: “Mi sono riconosciuto nel film, soprattutto nella prima parte che è meno nostalgica”.
In chiusura della serata condotta con sobrietà e nei tempi dalla presidente del Sncgi Laura Delli Colli, un’anticipazione di Il segreto di Otello: “Quella trattoria era una Casa del cinema ante litteram, Otello è stato un po’ l’inventore del tax credit dando da mangiare a credito e investendo così nel cinema”, ricorda l'autoreFrancesco Ranieri Martinotti.

 
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Amelio, Salvatores e Veltroni ritirano i Nastri alla Casa del Cinema

Post n°12222 pubblicato il 04 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

ssr03/03/2015
Nastri d’Argento per Costanza Quatriglio, che fa il bis conTriangle dopo Terramatta e per Giorgio Treves, autore del film dedicato a Gian Luigi Rondi, Vita cinema passione. Sono questi i premi ai migliori documentari nelle sezioni Cinema del reale e Cinema e spettacolo per la giuria del Sngci. I premi ai migliori film del 2014 si aggiungono ai tre Nastri dell’anno, già annunciati, che stasera alla Casa del Cinema di Roma ritirano Gianni Amelio, Gabriele Salvatores e Walter Veltronirispettivamente per Felice chi è diversoItaly in a Day eQuando c’era Berlinguer: tre ‘scatti’ di una fotografia del Paese che il cinema del reale ha così raccontato.

Premi speciali, dai giornalisti cinematografici, al film di Jacopo Quadri La scuola d’estate, prezioso documento sulla formazione teatrale con Luca Ronconi, a La zuppa del demonio di Davide Ferrario, aGiulio Andreotti Il cinema visto da vicino di Tatti Sanguineti e al documentario di Giancarlo SoldiNessuno siamo perfetti, sul creatore di Dylan Dog,Tiziano Sclavi.
Nastro d’Argento speciale, infine, a Marco Spagnoli autore di una decina di titoli in cinque anni, fino agli ultimi, del 2014, su Sophia Loren, Walt Disney in Italia e soprattutto su Enrico Lucherini: Ne ho fatte di tutti i colori.
Una menzione collettiva segnala il progetto d’autore sul ‘compleanno’ dell’Istituto Luce 9x10 Novanta, firmato, appunto, da nove registi giovani che hanno pescato immagini e suggestioni da lontano. Infine il premio che segnala Qualcosa di noi di Wilma Labate con un riconoscimento alla migliore protagonista nei documentari dell’anno, Jana, 46 anni, prostituta da 11, che sulle colline di Sasso Marconi, filmata dalla Labate, ha tenuto le sue lezioni sulla sessualità, a partire dai temi del denaro e del corpo, ai dodici studenti di una scuola di scrittura.

In arrivo, come già accaduto lo scorso anno, una cinquina dedicata ai docu-film. Nel palmarès delle candidature ai Nastri per il lungometraggio, saranno annunciati venerdì 29 maggio, subito dopo il Festival di Cannes per la terza volta negli spazi del MAXXI di Roma.

Insieme al Busto Arsizio Film Festival, diretto da Steve Della Casa, infine, l’iniziativa del SNGCI di inaugurare ad aprile un riconoscimento dedicato al giornalismo con le immagini, nel nome di una grande firma di ieri come Lello Bersani. Il Premio (che ha avuto una sola edizione, premiando Vincenzo Mollica subito dopo la scomparsa di Bersani) inaugura il nuovo corso con Antonello Sarno, giornalista e documentarista, già Nastro d’Argento.

Fine serata alla Casa del Cinema, dopo la premiazione, con l'anteprima di alcuni minuti de Il segreto di Otello, la storia romana, molto legata al cinema, di Otello alla Concordia, trattoria fondata nel 1948 da Otello e Nora Caporicci che racconta, con la regia di Francesco Ranieri Martinotti, quel luogo speciale in un cortile di via della Croce, dove alla gente del cinema, spesso squattrinata, si faceva generosamente credito. Una storia recuperata da Andrea Sisti, nipote di Otello e Nora, che ha prodotto il film, con il supporto di Roma Lazio Film Commission e raccontata, con molte testimonianze inedite e tanta musica, da Martinotti su una ricostruzione storica firmata, nella sceneggiatura, anche da Silvia Scola.

 
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Successo di Luce Cinecittà ai Nastri d'argento Doc

Post n°12221 pubblicato il 04 Marzo 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

redazione03/03/2015
È un successo pieno quello riportato ai Nastri d’Argento per il Documentario 2015 per i film con il marchio di distribuzione di Luce Cinecittà, che ottiene i massimi riconoscimenti nelle due principali categorie: Triangle diCostanza Quatriglio Miglior documentario di cinema del reale e Gian Luigi Rondi - Vita cinema passione di Giorgio Treves Miglior doc su cinema e spettacolo.
Inoltre Nastro dell’anno a Gianni Amelio per Felice chi è diverso e Premio speciale a La scuola d’estate di Jacopo Quadri, su Luca Ronconi, e a Tatti Sanguineti per il suoGiulio Andreotti - Il cinema visto da vicino, Menzione per il progetto di 9x10 Novanta e riconoscimento a Jana, ‘protagonista dell’anno’ nel film di Wilma Labate Qualcosa di noi.

“Anche quest'anno la meritevole attenzione del Sindacato Giornalisti Cinematografici per il documentario, premia Istituto Luce-Cinecittà conferendo il Nastro a documentari prodotti o distribuiti da noi. Non possiamo che esserne riconoscenti e orgogliosi del nostro lavoro in un settore in forte espansione in tutto il mondo - dichiara Roberto Cicutto, presidente e AD di Luce Cinecittà - E' indubbio che il genere del documentario ha conosciuto negli ultimi anni risultati inaspettati. Vincitori di massimi premi nei principali festival internazionali, celebrati da critici e stampa, fucina straordinaria di nuovi talenti registici, i documentari rappresentano il core business della nostra attività di produzione.
Allora tutto bene? Assolutamente no, perché tanti sforzi dei nostri autori e di chi come noi cerca di dare visibilità a questo genere, si scontrano con le barriere e le difficoltà della programmazione in sala e in televisione. Una politica più attenta di diversificazione dell'offerta nei cinema e un maggior sforzo anche coproduttivo da parte delle reti televisive (che pure nel tempo del digitale terrestre e dei canali tematici qualcosa di più stanno facendo) rappresenterebbero la ciliegina sulla torta chiudendo un cerchio virtuoso. 
Ancora una parola – conclude Cicutto -  sulla valorizzazione dell'Archivio Storico Luce, alla base di molti lavori di autori sia alle prime prove che affermati, che hanno realizzato opere di grande originalità dando nuova vita alla materia prima e pulsante che costituisce l'anima del patrimonio del nostro archivio”.

E’ in questi giorni nelle sale Triangle di Costanza Quatriglio, vincitore all’ultimo Torino Film Festival del Premio Cipputi per il Miglior film sul tema del lavoro. Racconta, unendole, le drammatiche storie dell’omonima fabbrica di New York, distrutta da un rogo nel 1911, e il crollo di un maglificio-fantasma a Barletta nel 2011. In mezzo un secolo di lotte, sconfitte e nuove speranze.

Il film Gian Luigi Rondi - Vita cinema passione di Giorgio Treves, presentato all’ultima Mostra di Venezia nella sezione Classici, è il ritratto di un protagonista assoluto, memoria e cronaca lucida, affascinante e segreta del nostro cinema. Felice chi è diverso di Gianni Amelio è l’inedita storia dell’omosessualità in Italia dal fascismo agli anni ’80, con uno sguardo urgente e irresistibile sui nostri giorni.
La scuola d’estate di Jacopo Quadri più che un omaggio è il ritratto al lavoro del magistero e del genio di un maestro delle scene come Luca Ronconi.
Giulio Andreotti - Il cinema visto da vicino di Tatti Sanguineti racconta fatti e documenti del più celebre ‘regista non accreditato’ del cinema italiano.
Jana, è la ‘protagonista dell’anno’ di Qualcosa di noi di Wilma Labate, che narra il singolare incontro tra una prostituta e i giovani allievi di un corso di scrittura.
Infine una menzione al progetto del film 9x10 Novanta, che nel 2014 ha riunito dieci tra i più interessanti nuovi autori del nostro cinema per festeggiare i primi 90 anni di Istituto Luce.
Va infine ricordata la candidatura nelle cinquine finaliste per Sul vulcano, il nuovo film di Gianfranco Pannone in questi giorni in sala, un viaggio sulle pendici del Vesuvio tra letteratura, musica e uno straordinario coro di voci recitanti.

 

Per i riconoscimenti, e soprattutto per l’attenzione costante verso il documentario, Istituto Luce-Cinecittà ringrazia il Sindacato Giornalisti Cinematografici, e condivide i successi di questa edizione dei Nastri per il Documentario con le produzioni, gli autori e tutti i tecnici dei film. Augurando per loro e per noi un anno di nuove attenzioni e successi importanti come questo.

 
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Film nelle sale da giovedi

 

10 serie tv che spiegano il potere meglio della facoltà di Scienze Politiche: House of Cards, Gomorra, Downton Abbey

Post n°12219 pubblicato il 03 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

da huffington post

Da Breaking Bad a House of Cards, passando per la ‘nostra’ Gomorra. Un fenomeno globale con milioni di spettatori, le serie televisive criticano il potere, trattano la politica in maniera dissacrante e piacciono sempre più a un pubblico ormai stanco delle tradizionali forme di narrazione cinetelevisive. E' questo il tema affrontato su Micromemega da Mario Sesti dal titolo potere canaglia e serial Tv.

Ecco le 10 serie Tv da non perdere

  • Black Mirror, ideato da Charlie Brooker (2011, 2 stagioni)
    Ansa
    Ispirato a The Twilight Zone di Rod Serling, è la punta avanzata della sperimentazione che si possa osare con il pubblico della televisione: nel primo episodio il premier inglese, ricattato, deve fare del sesso con un maiale in diretta tv per salvare la vita di una giovane principessa della famiglia reale vittima di un rapimento. Il suo autore (esperto di fumetti e videogiochi, popolare opinionista e critico televisivo) fa degli “specchi neri” (ovvero le schermate della televisione, del pc, delle postazioni dei videogiochi) il pozzo/specchio in cui prendono vita fantasie inquietanti che rivelano la crudeltà dei media, le manipolazioni tecnologiche, le aberrazioni sociali (come la trasformazione di un comico in politico: un episodio che ha avuto larga eco sui nostri giornali per ragioni che non c’è bisogno di spiegare). Tre episodi a stagione, con cast e trama diversi per ogni episodio. Set di nitore futuristico kubrickiano – in fondo potrebbero essere tutti figli di Arancia meccanica - plot sorprendenti e una sensazione finale, costante, di smacco e scetticismo. La critica ha scomodato Dick e Gibson ma la crudeltà in cui affonda le radici non sarebbe dispiaciuta neanche a Beckett e a Pinter.
  • Boss, ideato da Farhad Safinia (2011 – 2012, 2 stagioni)
    Ansa
    Il sindaco di Chicago Tom Kane (“ogni riferimento al Citizen di Orson Welles è voluto”, Grasso) ha un segreto. Ha poco da vivere, a causa di una grave malattia neurologica degenerativa: l’unica cosa che la sua diabolica scaltrezza (capace di usare qualsiasi cosa per mantenere il potere: fraterni collaboratori, ambiziosi novizi, assessori idealisti, industriali corrotti, infallibili killer - nonché la moglie e la figlia) non riesca a controllare e manipolare. Interpretato da un attore di razza, Kelsey Grammer (“convincente come un vecchio bullo della scuola” “The New York Times”), è un personaggio di furiosa grandezza, una versione postmoderna del principe machiavellico. Nella politica non esiste la morale, tutto può diventare strumento per l’unico fine che è il Potere stesso il cui unico limite è la finitezza della vita e del corpo. Insieme a Breaking Bad, è forse la serie che offre il tasso più alto di libertà e personalità dello sguardo, quella in cui è più sensibile la mimesi dell’autorialità cinematografica (la serie è prodotta da Gus Van Sant; il suo ideatore, Farhad Safinia, ha scritto il bel copione di Apocalypto). Le allucinazioni del protagonista, il mix di sensualità e cinismo che si respira sin dall’esordio, i toni da noir e crime movie, la tendenza all’espressionismo architettonico della città lo rendono un piccolo gioiello del genere. Senza contare la spietatezza della critica politica: a confronto di questo sindaco il George Clooney delle Idi di Marzo è Mary Poppins.
  • Homeland, ideato da Howard Gordon e Alex Gansa (2011, 4 stagioni)
    Ansa
    L’agente della Cia Carrie Mathison (Claire Danes, vicina alla Maya di Jessica Chastain in Zero Dark Thirty di Katryn Bigelow) ha un disturbo bipolare ed un’ossessione nei confronti di Nicholas Brody ex marine “brainwashed” e reclutato tra le fila di un associazione terroristica jihaadista. La lotta al terrorismo, le teorie cospirazioniste, i timori di un Paese che deve lottare con gli stessi metodi del proprio nemico, avvicinano molto Homeland a 24, ma più che la reazione violenta e antigarantista si respira a pieni polmoni la difficoltà della frustrazione e dell’impotenza. E anche della fobia successiva all’ 11 settembre (benché si tratti di una serie originariamente ambientata e realizzata in Israele): vedere un ufficiale degli Stati Uniti che prega di nascosto nel proprio garage in direzione della Mecca è una immagine altamente disturbante che deve aver esercitato lo stesso oscuro fascino dei cittadini di provincia trasformati in collettivisti senza personalità, come comunisti, tipici dei film di fantascienza degli anni ’50, nei quali gli alieni si impadronivano della Terra. Il passo incessante e nervoso, l’interpretazione di Claire Danes e del suo capo Mandy Patimkin, il finale ansiogeno della prima stagione sono i suoi punti di forza.
  • Downton Abbey, ideato da Julian Fellowes (2010, 4 stagioni)
    Ansa
    E’ la fine dell’età edoardiana nello Yorkshire: è il 15 aprile 1912, il Titanic è affondato e l’aristocratica famiglia Crawley scopre che tra le vittime ci sono il cugino del conte con il figlio (erede di Downton Abbey, la dimora dei Crawley). E’ il punto di fuga di una saga che intreccia l’alta società di “sopra” con quella di “sotto” formata dai numerosi domestici (che Fellows aveva già raccontato nel copione che Robert Altman aveva trasformato in Gosford Park). Quasi un’applicazione scolastica del metodo storiografico degli Annales di Braudel. Se l’ apparenza è quella di una colta soap, la sorprendente dovizia dell’influenza della Storia e delle condizioni materiali di vita sui personaggi, il fittissimo reticolo di relazioni tra le due società, il peso micidiale delle ingiustizie di classe e il modo in cui si diventa individui (e personaggi) contrastandole, la cristallina sottigliezza dei dialoghi e la crudeltà infaticabile del melodramma, la set decoration e la campagna inglese, contribuiscono anch’essi, come zelanti ed infaticabili servitori, ad un flusso romanzesco palpitante e gremito di caratteri. Difficile capire se il merito maggiore è dei protagonisti o dei comprimari, del copione o della disciplina della ricostruzione: del passo militare della narrazione o della perfetta musicalità narrativa del canone che alterna le voci di “sopra” a quelle di “sotto”.
  • Gomorra, ideato da Roberto Saviano, Stefao Bises, Leonardo Fasoli, Ludovica Rampoldi, Giovanni Bianconi (2014, 1 stagione).
    Ansa
    La lotta senza quartiere tra due clan napoletani (i Savastano e i Conte) forse non ci racconta nulla di nuovo, nulla che Saviano non avesse già fittamente battuto e documentato. La novità è nell’adozione di un punto di vista di inaudita innovazione rispetto alla tradizione rassicurante della fiction di produzione italiana: “Volevamo provare a raccontare il mondo della polizia visto con gli occhi loro, con gli occhi della camorra. Dove polizia, società civile, città, sono solo intralci, campi di conquista. Non volevo che si raccontasse il commissario, il giudice coraggioso, volevo raccontare come il potere ragiona e sta al mondo”. In realtà, l’altra sensibile innovazione sta nella variazione polifonica dello schema di rise and fall, ascesa e caduta, tipico del gangster film, che viene perseguito, a staffetta, dall’intera famiglia Savastano: prima il padre, poi la moglie e quindi il figlio. Un destino di potere, solitudine, angoscia, rancore e smacco che non contempla vie d’uscita. Dentro questo sguardo, la criminalità organizzata, rivela il suo pensiero unico, che è lo stesso dei batteri e dei virus: l’ autodistruzione attraverso l’ annientamento del proprio ambiente vitale (come del resto hanno fatto in Campania). L’inesorabilità meccanica di cause ed effetti, la claustrofobia sociale e psichica, la compagnia costante di paura e violenza, servite da un notevole collettivo di interpreti e da una regia disposta abbastanza spesso a rinunciare alla fascinazione dell’action movie, danno vita ad un popolo del Male senza riscatto né felicità che rimane nella memoria più di qualsiasi commissario martire o boss dall’infanzia infelice.
  • House of cards, ideato da Beau Willimon (2013, 2 stagioni)
    Ansa
    Adattata da una omonima miniserie inglese, racconta vita e imprese di Frank Underwood, deputato del Partito Democratico americano, un personaggio che ha visto anche Obama come suo appassionato spettatore. I vertici politici che, grazie al suo impegno nella campagna, hanno vinto lo fanno sbrigativamente fuori: le due stagioni raccontano l’infaticabile, sinistro, elegante, inesausto e invisibile lavoro della sua vendetta senza scrupoli – per realizzare la quale si serve della ambigua complicità della moglie. Ricorre a tutto, dalla menzogna priva di scrupoli fino all’omicidio. “Gli americani sono gli unici che tollerano e perpetuano quella forma di teatro quotidiano di aggressione e venalità da cui la serie fa derivare la sua plausibilità”: ma la sua libertà nasce anche dal fatto di essere stata prodotta per la prima volta da un sito di streaming, Netflix, senza neanche approvare un episodio pilota di prova (affidato alle autorevoli mani del regista di Eleven e Social Network, David Fincher). Kevin Spacey che guarda e parla in macchina verso gli spettatori come in una performance teatrale è una sfacciata incarnazione di Riccardo III. Robin Wright, algida e potente, la cui sensualità è alimentata solo dalla lealtà alla guerra di conquista del potere del marito è una proiezione di Lady Macbeth. Capitol Hill e la politica, sembra dire questo serial, possono essere raccontate solo con il realismo imbevuto di sangue del teatro elisabettiano.
  • Masters of Sex, ideato da Michelle Ashford (2013, 2 stagioni)
    Ansa
    Sull’onda del grande successo del 1956 di “Peyton Place” (romanzo peccaminoso di una sconosciuta casalinga poco più che trentenne destinato a diventare una epocale serie tv), il 1966 propose La risposta sessuale umana, di William-Johnson: gli autori erano il sessuologo Masters William e la psicologa Virginia Johnson, per la precisione. L’intenzionale gioco di parole - “Master”, oltre ad essere il nome di William qui sta anche per “maestro” (Aldo Grasso) – connota da subito la sessualità come centro di gravitazione. Nel corso degli anni ’60 il dottor Masters decide di studiare, insieme alla sua segretaria Johnson, la fisiologia del piacere umano, con metodi scientifici che vedono entrambi come cavie. Se all’inizio “ci sembra di assistere ad un Mad Men con alcuni vantaggi in più – il divertimento feticista che fa ricorso ad un pedigree storico - in seguito le implicazioni si fanno più piccanti e sorprendenti” (“The New Yorker”). Non si tratta solo di questo: la demistificazione di una società sessuofoba fa da scenario ad un rapporto sentimentale in cui il sesso sconvolge le tradizionali relazioni di potere. Non c’è area della società e della vita individuale (la società, la famiglia, la coscienza personale) che nella vita dei due eccellenti interpreti (Michael Sheen – più volte Tony Blair sullo schermo – e la straordinaria Lizzy Caplan) non venga condizionata, sconvolta o illuminata dall’attrazione e dall’abbandono, dal desiderio e dall’appagamento.
  • Orphan Black, ideato da Graeme Manson e John Fawcett (2013, 2 stagioni)
    Ansa
    L’ inizio sembra quello di un classico racconto fantastico dell’ 800. Cosa succederebbe se (‘What if’) qualcuno scoprisse che esistono numerose copie, identiche, di sè? È quello che succede a Sarah che vede letteralmente un’ altra se stessa gettarsi sotto ad un treno. Da lì viene irreversibilmente risucchiata in una vita - quella della suicida Beth – al centro di una diabolica cospirazione internazionale il cui potere affonda in un uso incontrollato della genetica. Il tema del doppio (un classico della letteratura moderna e del cinema) non è una novità nelle serie tv (How I met your mother, The Vampire Diaries, United States of Tara, Millennium) ma Tatiana Maslany, l’attrice canadese protagonista che arriva ad interpretare ben otto diverse se stessa (e spesso facendo se stessa che simula di essere un’altra sé), esegue con tale versatilità, plasticità e brillantezza uno spartito così arduo, da trasformare un inventivo thriller fantapolitico in una magnetica polifonia attoriale: la pulizia della CGI (gli effetti digitali generati dal computer che consentono al corpo dell’attore di recitare in più personaggi della stessa messa in scena) è al servizio di un trionfo umanista. L’allucinazione cospirazionista (capace di mandare in estasi qualsiasi grillino), che pure semina nella nostra attenzione interrogativi che potrebbero diventare inquietanti, è lo strumento per una esplorazione corale, non superficiale e a tratti rivelatrice, della soggettività femminile.
  • Revolution, ideato da Eric Kripke (2012 - 2014, 2 stagioni)
    Ansa
    Un blackout globale ha eliminato l’elettricità dalle nostre vite, la Terra torna ad essere un luogo vasto e selvaggio, le tradizionali forme di governo sono andate distrutte e la società civile è un semplice ricordo. J. J. Abrams (tra i creatori di Lost) produce l’idea, primordiale, esotica e molto sci-fi anni ’60 (pensiamo ai romanzi di Clifford Simak), di un mondo pre-industriale dove l’attività quotidiana consiste essenzialmente nel sopravvivere ma dove sullo sfondo (un po’ come accade in Battlestar Galactica) l’ apocalisse è anche la chance di un riavvio della riprogettazione della vita collettiva: ovvero, della Politica (“Non ci interessava raccontare la fine di tutto ma l’inizio di qualcosa”, ha detto Kripke). Da una parte ci troviamo in un immaginario di genere gradevolmente old fashion, quasi un cappa e spada che “romanticizza la resistenza e demonizza i potenti” (Alessandra Stanley), uno “Zorro con un tocco dei Predatori dell’ arca perduta”, (“New York Times”), dall’altra l’oscillazione tra violenta tirannide e collettivismo d’emergenza, le prove di democrazia e la minaccia continua della violenza, processano in modo elementare la domanda più antica. Qual è la forma più appropriata e umana di costruire la società e la cosa pubblica? Una spruzzata di misticismo, una fitta partitura corale (nella quale riconosciamo il volto di Giancarlo Esposito, l’attore di Spike Lee protagonista di memorabili episodi di Breaking Bad) e il predominio dell’azione sugli effetti speciali (un po’ alla Carpenter), gli assicurano consistenza e dinamismo
  • Utopia, ideato da Dennis Kelly (Grand Bretagna, 2013, 2 stagioni)
    Ansa
    “Non ci ho mai creduto ma sono molto affascinato dalle cospirazioni: c’è stata una tale proliferazione negli ultimi anni anche grazie ad Internet, è come se il mondo fosse diventato un misto indiscernibile di fatti e finzione”, ha detto Kelly. In questa serie di Channel Four “il cui look somiglia più a quello del cinema indipendente che a quello delle serie tv” (“The Guardian”), il mondo è globalmente e clandestinamente manipolato da The Network. Che cosa questa onnipotente organizzazione voglia fare al mondo è un segreto cifrato in una graphic novel di cui entra casualmente in possesso un ragazzino la cui caccia dissemina cadaveri in tutta l’Inghilterra. Violento e brutale proprio come una graphic novel (un cortocircuito metalinguistico che non passa inosservato), ha un inizio alla Tarantino e un pilota di ritmo e tensione unici. Colori da pop art, recitazione spesso al limite del grottesco, camerawork di sofisticata stilizzazione visiva: “ tutte le inquadrature sono curate come se si esplorasse un incubo con gli occhi spalancati” (“Le Monde”). La fobia del controllo della nostra vita, la falsificazione costante della realtà da parte dei media, la corruzione fisiologica della politica, la distruzione irreversibile della famiglia sono sviluppati nei caratteri e nell’intreccio fino ad un livello di estremismo e radicalità (puramente “distopico”) da stingere più volta nella black comedy.
 
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Spongebob in testa

Post n°12218 pubblicato il 03 Marzo 2015 da Ladridicinema
 

Box Office Italia
Serviva una spugna per cancellare le sfumature di grigio: Spongebob - Fuori dall'acqua, un po' a sorpresa, domina il box office italiano con 2.3 milioni di euro. Cinquanta sfumature di grigio resiste meglio che in altri paesi e con 1.3 milioni arriva a quota 18.2: il sorpasso nei confronti di American Sniper e conseguente leadership assoluta della classifica stagionale dovrebbe avvenire già questa settimana. Bene Noi e la Giulia che incassa un altro milione e arriva a 2.3 totali, mentre tra le new entry la migliore è Kingsman - Secret Service, che sfiora il milione. Balzo in avanti di Birdman, fresco vincitore dell'Oscar come miglior film dell'anno, che vola a 3.5 milioni complessivi, mentre stupisce la performance di Zanetti Story che incassa mezzo milione con meno di 200 schermi a sua disposizione. Il flop della settimana è targato Muccino Jr. che con il suo Le leggi del desiderio incassa appena 400mila euro con una media per sala imbarazzante. In coda scendono velocemente Mortdecai e Il settimo figlio e al decimo posto si piazza Automata con Banderas. La prossima settimana a contendersi la vetta saranno presumibilmente Focus - Niente è come sembra e Nessuno si salva da solo di Castellitto con Riccardo Scamarcio

Box Office Usa
Settimana loffia in America, dove a Focus bastano 19 milioni per ottenere il primo della classifica davanti a Kingsman: The Secret Service che perde appena il 36% rispetto alla settimana scorsa e arriva a quota 85 milioni. Ancora meglio fa Spongebob, che arriva a ben 140 milioni e rischia alla fine di superare Cinquanta Sfumature che, partito fortissimo, si è sciolto come neve al sole (nel mondo però è quasi a mezzo miliardo di dollari) e perde un altro 50% arrivando a 10 milioni settimanali ed un totale di 140 milioni (con questi ritmi dovrebbe chiudere a 160-170). Scarso interesse per l'horror The Lazarus Effect, quinto con poco più di 10 milioni. Poco mosso il resto della classifica che subisce pochissimo gli effetti degli Oscar: l'unico film che torna in top ten è Still Alice, mentre Birdman passa dal quindicesimo al dodicesimo posto. American Sniper questa settimana diventerà il film di maggior successo del 2014, superando The Hunger Games e dovrebbe chiudere la sua fenomenale corsa con 350 milioni di dollari. La prossima settimana arriva il robotico Humandroid e poco altro. 

 
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