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Messaggi del 21/12/2013

 

Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug in testa anche di venerdì, cresce Frozen da http://blog.screenweek.it/

Post n°10842 pubblicato il 21 Dicembre 2013 da Ladridicinema
 

21 dicembre 2013, 09:59 | di Leotruman

Secondo aggiornamento con gli incassi del weekend ed è interessante sfida a tre per la conquista della prima posizione. Per ora è Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug a continuare a dominare, mentre cresce Frozen – Il Regno di Ghiaccio al secondo posto con la miglior media della top-ten.

Frozen Final Poster Italia 01

Primi cambiamenti nella classifica di questo primo weekend della sfida natalizia al completo, con il listino delle pellicole ora in sala. Il punto fermo per ora rimane  Lo Hobbit: La desolazione di Smaug al primo posto. Nonostante un calo rispetto al primo capitolo di circa 60mila euro, il secondo capitolo della nuova trilogia di Peter Jackson ha raccolto ieri altri327mila euro con una media di 500 euro per copia. Il totale aggiornato è di 5.33 milioni, là dove Un Viaggio Inaspettato ne aveva 1 milione i più in cassa.

Sale al secondo posto Frozen – Il Regno di Ghiaccioil nuovo cartoon targato Walt Disney, che ha fatto registrare la miglior media per sala della classifica: quasi 700 euro per copia, corrispondente a 264mila euro. Sono 484mila gli euro raccolti in 48 ore, più dei 432mila di  Colpi di Fortunail nuovo film con Christian DeSica che ieri ha incassato 250mila euro (media 500 euro). Per fare un confronto, Ralph Spaccatutto lo scorso anno non era andato oltre i 101mila euro, mentre Colpi di Fulmine era a quota 121mila euro: un bell’incremento quindi con questi”nuovi capitoli”, più del doppio.

Chi per ora non decolla, anche se la strada è ancora molto lunga, è Indovina chi viene a Natale?nuova commedia dell’(ex) re Mida Fausto Brizzi: ieri altri 147mila euro nelle sale monitorate (media 330 euro, in ogni caso il 60% in più rispetto al giovedì), per un totale di 240mila euro. Il film è tallonato da altre due commedie, Un Fantastico Via Vai di Pieraccioni e da I Sogni Segreti di Walter Mitty di Ben Stiller, rispettivamente a quota 130mila e 120mila euro. È però il film targato Fox a far registrare la terza media per sala (e senza l’aiuto del 3D): 525 euro.Vita di Pi lo scorso anno incassava “solo” 90mila euro con una media di 400 euro, per poi chiudere oltre quota 8 milioni totali grazie ad un’incredibile tenuta in sala. Riuscirà a replicare anche Mitty?

Il passaparola inizia già a fare effetto su Philomenapellicola acclamata a Venezia con protagonista Judi Dench, che fa registrare il maggior balzo dall’esordio della top-ten (+87%) e incassa 65mila euro con una media di 440 euro per schermo.

 
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Lo Hobbit - La desolazione di Smaug

Post n°10841 pubblicato il 21 Dicembre 2013 da Ladridicinema
 

Dopo tanta attesa arriva al cinema il secondo capitolo della trilogia de "Lo Hobbit", tratto dall'ominimo capolavoro di John Ronald Reuel Tolkien.

Il film riparte da dove era finito il primo capitolo con Bilbo, Gandalf e i 12 nani capitanati da Thorin Scudodiquercia che procedono il loro viaggio verso la montagna solitaria. Durante il loro viaggio entreranno in contatto con ragni giganti, uomini orso e il fondamentale incontro con gli elfi silvani di Legolas. Ad un passo dalla meta però Gandalf è costretto a separarsi dalla compagnia per affrontare qualcosa di importante, qualcosa che pensavano avessero eliminato definitivamente, ma nell'ombra e nella loro cecità è tornato sotto i panni di un negromante; mentre i nani e Bilbo giungono a Pontelagolungo, alle pendici del monte in cui riposa il drago Smaug. Determinato a riprendere quel che è suo Thorin Scudodiquercia non attende Gandalf e decide di procedere da solo inviando come pattuito Bilbo a rubare l'Arkengemma dal drago dormiente. 

In questo secondo capitolo, Peter Jackson riscopre delle tinte tipicamente tolkeniane a livello di storia e un ritmo più simile alla trilogia de "Il signore degli anelli".  L'aver voluto fare tre film su un libro di 244 pagine, porta il regista ad implementare la storia con alcuni personaggi nuovi oppure ad inserire elementi in maniera più imponente rispetto al libro. E in questo secondo film, le creazioni del regista sono decisamente più evidenti che nel primo. Jackson inserisce diversi spunti narrativi inediti che giovano alla struttura drammaturgica del film che parte piano ma cresce sempre più col passare dei minuti.

L'obiettivo è quasi quello di creare una sorta di prequel al Signore degli anelli, ma anche se il libro fu scritto prima non è effettivamente collegato in ogni sua parte alla trilogia che sarebbe stata pubblicata quasi 20 anni dopo. La grande capacità cinematografica del regista è di rileggere la storia e trovare dei collegamenti in maniera perfetta.

Jackson non solo collega con eventi futuri, che avverranno nella trilogia precedente, ma tratteggia i personaggi in maniera diversa rispetto al libro. Il libro del resto è un libro per bambini, cosa che abbiamo visto nel primo episodio del film. Nel secondo capitolo invece esplodono tutte le configurazioni jacksoniane, e quindi vediamo il perchè dell'astio tra nani ed elfi collegato ai rapporti futuri tra Legolas e Gimli ad esempio; oppure la rappresentazione degli elfi in maniera meno positiva e in forma più cupa rispetto al libro, collegamento alla guerra dell'anello.

Come idea non è male, ma resta qualche dubbio sull'aver voluto fare tre film. Qualsiasi dubbio però sulla riuscita del film, viene comunque spazzato via al momento dell'entrata in campo del personaggio del drago Smaug, che da inevitabilmente qualcosa di nuovo al film. 

Jackson riesce ad unire i dialoghi tolkeniani tra Bilbo e il drago con la sua grande capacità di trasformare in maniera epica ogni elemento ed incontro. Il drago poi a livello grafico è realizzato in maniera straordinaria.

Un altro elemento ben riuscito del film è la rappresentazione delle location in cui si svolgono i fatti. Non siamo ai livelli de "Il signore degli anelli", ma comunque Il regista le trasforma in vere e proprie illustrazioni, rendendo un grande omaggio a Tolkien.

Scorrevole e quasi del tutto privo di tempi morti, «La desolazione di Smaug» è un prodotto spettacolare e divertente che riesce a creare una magnifica esperienza visiva, favorita anche dalla visione in 3d hfr, ovvero a 48 fotogrammi al secondo invece dei tradizionali 24, soluzione scelta dal regista per la maggiore qualità dell'immagine. Vale la pena vederlo così, non solo perchè è un modo di vedere in maniera diversa il film, ma anche perchè così ci si ritrova veramente catapultati all'interno della Terra di Mezzo per questa nuova incredbile avventura.

VOTO FINALE: 5/5

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug

(The Hobbit: The Desolation of Smaug)
TRAMA DEL FILM LO HOBBIT: LA DESOLAZIONE DI SMAUG: 
Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug è il proseguimento delle avventure del personaggio di Bilbo Baggins, in viaggio con il Mago Gandalf ed i tredici Nani, guidati da Thorin Scudodiquercia, in un'epica battaglia per la riconquista della Montagna Solitaria ed il perduto Regno dei Nani di Erebor. Dopo essere sopravvissuti all'inizio del loro viaggio inaspettato, la Compagnia continua ad andare verso Est, incontrando lungo la strada Beorn il cambia pelle ed uno sciame di ragni giganti, nella minacciosa foresta di Mirkwood.  Dopo essere sfuggiti alla cattura da parte dei pericolosi Elfi della Foresta, i Nani arrivano a Lake-town e finalmente alla Montagna Solitaria, dove si troveranno ad affrontare il pericolo più grande - la creatura più terrificante di ogni altra - che non solo metterà a dura prova il loro coraggio, ma anche i limiti della loro amicizia ed il senso del viaggio stesso: il Drago Smaug.


USCITA CINEMA: 12/12/2013
GENERE: Fantasy, Avventura
REGIA: Peter Jackson
SCENEGGIATURA: Fran WalshPeter JacksonPhilippa BoyensGuillermo del Toro
ATTORI: 
Martin FreemanBenedict CumberbatchIan McKellenEvangeline LillyLuke EvansRichard Armitage,Elijah WoodOrlando BloomCate BlanchettHugo WeavingChristopher LeeAndy SerkisKen Stott,Graham McTavishLee PaceStephen FryBilly ConnollyDean O'GormanMark HadlowJed Brophy


FOTOGRAFIA: Andrew Lesnie
MONTAGGIO: Jabez Olssen
MUSICHE: Howard Shore
PRODUZIONE: Metro-Goldwyn-Mayer, New Line Cinema, WingNut Films
DISTRIBUZIONE: Warner Bros.
PAESE: Nuova Zelanda, USA 2013
DURATA: 161 Min
FORMATO: Colore 2D e 3D

 
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Lo Hobbit - La desolazione di Smaug

Post n°10840 pubblicato il 21 Dicembre 2013 da Ladridicinema
 

Peter Jackson porta al cinema il secondo capitolo della trilogia de Lo Hobbit, tratto dal capolavoro di Tolkien. In questo secondo capitolo, troviamo un film che riscopre delle tinte tipicamente tolkeniane a livello di storia e un ritmo più simile alla trilogia de "Il signore degli anelli". Un prodotto sicuramente migliore, che coinvolge, non ha tempi morti; si ricollega naturalmente più volte con luoghi o eventi al signore degli anelli. Sicuramente il personaggio del drago Smaug da qualcosa in più, a questo capitolo. Vale la pena vederlo in 3d hfr, per essere veramente catapultati all'interno della Terra di Mezzo

 
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Giornalisti minacciati, denunciati e proscritti da Articolo21

Post n°10839 pubblicato il 21 Dicembre 2013 da Ladridicinema
 

Giornali-in-manette

Quella del giornalista è una professione bellissima che fa della scrittura, dell’inchiesta, della verità, il suo pane quotidiano. Purtroppo, però, il rovescio della medaglia è sempre più spesso amaro e pieno di incognite, non solo da un punto di vista economico, soprattutto nel nostro Paese.
In Italia, infatti, un giornalista non ha praticamente protezione e il suo grado di vulnerabilità è inversamente proporzionale al suo grado di precarietà: leggi magmatiche, norme indefinite, assenza di copertura legale, compensi vergognosi, fanno si che professionisti regolarmente contrattualizzati, ma soprattutto freelance e con contratti atipici in genere, siano sotto continuo ricatto perché a rischio di querele temerarie.

Per un giornalista precario che lavora per una piccola testata, per una pubblicazione locale, per un giornale on line, o che, come accade sempre più spesso, scrive per quotidiani anche grandi, con partita IVA a tre, quattro, cinque euro a pezzo, è economicamente ed emotivamente faticoso affrontare l’iter di azioni legali promosse contro di lui da personaggi (malavitosi, politici, imprenditori) tirati in ballo in un articolo, in una inchiesta o in un libro, e che chiedono decine di migliaia di euro di risarcimento. Anche se sa di non aver commesso nessun reato, dovrà comunque difendersi nei tribunali: pagare un avvocato, investigatori, periti e sostenere spese altissime per arrivare infine alla sentenza (si spera) di assoluzione. E questo, in moltissimi casi, per tre lunghissimi e costosissimi gradi di giudizio. Chi glielo fa fare? Mi piace pensare, la passione per la verità e una testarda voglia di legalità e giustizia.
Caratteristiche che non mancano a Rino Giacalone, giornalista siciliano che, intervenuto al Forum Di Assisi del 13, 14 e 15 dicembre, ha raccontato di essere stato condannato in primo grado a pagare 25mila euro di risarcimento per aver scritto che un sindaco della sua zona, nel definire l’antimafia, aveva usato le stesse parole del boss Messina Denaro. “A Trapani – ha dichiarato -, dove la mafia controlla l’economia e la politica, immaginatevi cosa significhi fare il giornalista. Io vorrei avere semplicemente la possibilità di raccontare i fatti, ma nella mia zona, la telefonata che ti arriva dopo aver scritto un articolo su un boss della mafia, è quella, magari, del prefetto che ti chiede spiegazioni. Quindi – ha detto Giacalone – siamo in un contesto dove l’intimidazione non ti arriva soltanto dalla malavita ma anche dalle istituzioni”.
La situazione è gravissima, eppure il Parlamento non si decide a fare quella legge contro le querele temerarie, tanto sbandierata dopo il caso Sallusti, di cui la nostra democrazia ha bisogno. Non si decide a risolvere l’annoso problema del conflitto di interessi, a produrre norme a difesa della libertà di stampa e di pensiero come prevede l’articolo 21 della Costituzione, ad adottare anche in Italia il “Freedom of information act”, ovvero la possibilità per i giornalisti di avere accesso a documenti riservati e coperti da segreto di Stato.
Restiamo un paese a libertà limitata: i disegni di legge presentati finora, lungi dal risolverla, addirittura peggiorerebbero la situazione, mentre “nuovi leader” di Web e di Forconi promuovono vere e proprie liste di proscrizione contro i giornalisti sgraditi degne del periodo più buio della nostra storia. Alla faccia dei reiterati richiami dell’Europa e delle classifiche internazionali sulla libertà di informazione che ci vedono in una posizione imbarazzante: l’Italia è messa peggio di paesi come Ecuador, Uruguay, Paraguay, Cile ed El Salvador, oltre che di Stati africani come Benin, Sudafrica e Namibia.

20 dicembre 2013

 
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Occhio alla Google tax

Post n°10838 pubblicato il 21 Dicembre 2013 da Ladridicinema
 

google-tax

Un passo avanti e due indie­tro. Così si potrebbe dire dell’attività del governo e delle isti­tu­zioni in mate­ria di inno­va­zione. Una nota posi­tiva è stata l’introduzione del prin­ci­pio sot­teso alla vexata quae­stio della cosid­detta «Goo­gle tax». Vale a dire che i ric­chi devono pur pagare ade­gua­ta­mente le tasse, per con­tri­buire fat­ti­va­mente all’età digi­tale. Pur­troppo, però, una giu­sta intui­zione è stata avvolta in un abito for­male assai opi­na­bile, che rischia di but­tare via acqua sporca, bam­bino e tutto il resto.

Il tema è in corso d’opera a livello euro­peo e un rac­cordo comu­ni­ta­rio sarebbe stato utile, anche in vista dell’agognata pre­si­denza ita­liana dell’Unione. Atten­zione, però. Bando ai fari­sei­smi di com­menti curiosi e tar­divi. Ora si infol­ti­sce, infatti, il coro dei no agli emen­da­menti pro­po­sti (e appro­vati dalla com­mis­sione bilan­cio della Camera) alla legge sulla sta­bi­lità. Legit­timo, ci man­che­rebbe. Pec­cato che quei testi sono noti da diverse set­ti­mane e un dorato silen­zio li aveva finora accom­pa­gnati. Non della rete, già per­plessa da tempo; non delle cro­na­che da Mon­te­ci­to­rio, dove nel rac­conto qual­che scam­polo fil­trava. Ma certo nella gran­cassa media­tica solo adesso il capi­tolo della tas­sa­zione ita­liana degli «over the top» è rim­bal­zato vor­ti­co­sa­mente. Ne ha par­lato anche il neo segre­ta­rio del par­tito demo­cra­tico nella rela­zione intro­dut­tiva dell’assemblea nazio­nale di Milano, ma ha col­le­gato la cri­tica allo scon­forto per l’arretratezza in mate­ria, come è il caso incre­scioso del rego­la­mento varato dall’Autorità per le comu­ni­ca­zioni sul copy­right on line. Sul punto va segna­lata la strana deter­mi­na­zione dell’Agcom, che tut­tora non ha affron­tato ade­gua­ta­mente il deli­cato tasto del mer­cato pub­bli­ci­ta­rio, men­tre ha usato le maniere forti sul tes­suto con­net­tivo della rete.

Il lavoro intel­let­tuale si tutela sul serio aggior­nando le cul­ture giu­ri­di­che, ferme all’era ana­lo­gica: non con inu­tili e rischiose grida man­zo­niane. Spe­riamo dav­vero che il tempo porti con­si­glio e che l’esecuzione del rego­la­mento attenda dove­ro­sa­mente il varo di una legge del par­la­mento. Altro buco nero è l’entrata in scena nel prov­ve­di­mento chia­mato «destino Ita­lia» del paga­mento delle news tratte dai quo­ti­diani e vei­co­late in rete. Qui siamo al grot­te­sco e all’eterogenesi dei fini. Se è vero che il set­tore ha perso circa un milione di copie nell’anno pas­sato, si pensa di recu­pe­rare dichia­rando guerra ai let­tori del futuro, che oggi pre­fe­ri­scono Inter­net? Non sarebbe di gran lunga pre­fe­ri­bile aiu­tare la cre­scita di un con­sumo cross-mediale? Et et, non aut aut. Con simile norma gli edi­tori otter­reb­bero una vit­to­ria di Pirro e la certa disaf­fe­zione di un enorme pub­blico poten­ziale. Tra l’altro, è per­sino imba­raz­zante sen­tire gli inu­tili ser­moni sull’Agenda digi­tale, sull’urgenza di cam­biare il modello e il para­digma pro­dut­tivi, per poi vedere le cadute pra­ti­che. Da MediaEvo. È in corso un vasto e non indo­lore ricam­bio gene­ra­zio­nale. Che senso ha fare del male pro­prio ai nativi digi­tali? E beato il mondo che non ha biso­gno di eroi, per evi­tare sci­vo­late gravi e insieme ridi­cole. Si can­celli il divieto di usare gli arti­coli on line. E si ri-formuli la «Goo­gle tax» affin­ché non vi siano dubbi sul fatto che non è e non deve diven­tare una tassa sul web. Ha senso se è un pre­lievo sui gruppi sovra­na­zio­nali, a favore dei com­parti più deboli e meno legati al mer­cato del vil­lag­gio globale.

Ps. In que­sto arti­colo ci sono delle cita­zioni. In base alle ultime tro­vate del governo si deve pagare qual­che royalty? Forse ai discen­denti di Lenin? (Un passo avanti e due indietro…)

http://ilmanifesto.it/occhio-alla-google-tax/

19 dicembre 2013

 
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