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Messaggi del 18/01/2014

 

The Counselor - il procuratore

Post n°10967 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Nebraska

Post n°10966 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Anita B.

Post n°10965 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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The Counselor - il procuratore

Post n°10964 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

(The Counselor)

The Counselor - il procuratore - visualizza locandina ingrandita
TRAMA DEL FILM THE COUNSELOR - IL PROCURATORE: 
La storia è quella di un lanciatissimo avvocato che vede il suo successo e la sua vita andare progressivamente in pezzi quando, per curiosità e presunzione di poterne uscire quando vuole, entra nel mondo della droga. Protagonista è, infatti, un avvocato (Michael Fassbender) in cerca di liquidi dopo aver chiesto alla sua fidanzata di sposarlo e che accetta la proposta di un conoscente legato alla malavita (Javier Bardem) di portare 20 milioni di dollari di cocaina dal Messico negli Stati Uniti. Ad aiutarlo ci sarà un poco di buono interpretato da Brad Pitt.

USCITA CINEMA: 16/01/2014
GENERE: Thriller
REGIA: Ridley Scott
SCENEGGIATURA: Cormac McCarthy
ATTORI: 
Michael FassbenderBrad PittCameron DiazPenélope CruzJavier BardemDean NorrisNatalie DormerRosie PerezGoran VisnjicSam SpruellRuben BladesBruno Ganz
FOTOGRAFIA: Dariusz Wolski
MONTAGGIO: Pietro Scalia
MUSICHE: Daniel Pemberton
PRODUZIONE: Chockstone Pictures, Nick Wechsler Productions
DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox
PAESE: USA 2013
DURATA: 117 Min
FORMATO: Colore

 
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Anita B.

Post n°10963 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Anita B. - visualizza locandina ingrandita
TRAMA DEL FILM ANITA B.: 
È la storia di Anita, un'adolescente di origini ungheresi sopravvissuta ad Auschwitz, accolta dall'unica parente rimasta viva: Monika. Nella nuova casa Anita si trova ad affrontare una realtà inaspettata: nessuno, neppure l'attraente Eli, con cui scoprirà l'amore, vuole ricordare il passato. Tra gli incontri con indimenticabili personaggi e la toccante amicizia con il giovane David, Anita si trova presto a dover prendere una decisione che richiederà un grande coraggio...

USCITA CINEMA: 16/01/2014
GENERE: Drammatico
REGIA: Roberto Faenza
SCENEGGIATURA: Roberto FaenzaEdith Bruck
ATTORI: 
Eline PowellRobert SheehanAntonio CupoNico MirallegroAndrea Osvárt
FOTOGRAFIA: Arnaldo Catinari
PRODUZIONE: Jean Vigo Italia
DISTRIBUZIONE: Good Films
PAESE: Italia 2014
FORMATO: Colore

SOGGETTO: 
Tratto dal libro di Edith Bruck "Quanta stella c'è nel cielo".

 
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C'era una volta a New York

Post n°10962 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

(The Immigrant)

C'era una volta a New York - visualizza locandina ingrandita
TRAMA DEL FILM C'ERA UNA VOLTA A NEW YORK: 
Durante la traversata atlantica che le porterà negli Stati Uniti, una giovane immigrata polacca è costretta ad elargire favori sessuali in cambio delle medicine e del cibo per la sorella caduta malata. Una volta sbarcata, alla donna viene intimato di mantenere il silenzio su quanto avvenuto: nonostante questo verrà bollata come donna di scarsa moralità dai documenti dell'immigrazione. Senza un posto dove andare, finirà per l'accompagnarsi ad un prestigiatore e seduttore da strapazzo, che la convincerà ad esibirsi con lui a New York.

USCITA CINEMA: 16/01/2014
GENERE: Drammatico
REGIA: James Gray
SCENEGGIATURA: James GrayRic Menello
ATTORI: 
Marion CotillardJoaquin PhoenixJeremy RennerAngela SarafyanAntoni CoroneDylan Hartigan,Dagmara DominczykIlia VolokhGlenn FleshlerSusan Gardner
FOTOGRAFIA: Darius Khondji
MONTAGGIO: John AxelradKayla Emter
MUSICHE: Christopher Spelman
PRODUZIONE: Worldview Entertainment, Kingsgate Films, Keep Your Head Productions
DISTRIBUZIONE: BIM
PAESE: USA 2013
DURATA: 119 Min
FORMATO: Colore

NOTE: 
In concorso al Festival di Cannes 2013.

 
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La mia classe

Post n°10961 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

La mia classe - visualizza locandina ingrandita
TRAMA DEL FILM LA MIA CLASSE: 
Un attore impersona un maestro che dà lezioni a una classe di stranieri che mettono in scena se stessi. Sono extracomunitari che vogliono imparare l´italiano, per avere il permesso di soggiorno, per integrarsi, per vivere in Italia. Arrivano da diversi luoghi del mondo e ciascuno porta in classe il proprio mondo. Ma durante le riprese accade un fatto per cui la realtà prende il sopravvento. Il regista dà lo "stop", ma l´intera troupe entra in campo: ora tutti diventano attori di un´unica vera storia, in un unico film di "vera finzione": La mia classe.

USCITA CINEMA: 16/01/2014
GENERE: Drammatico
REGIA: Daniele Gaglianone
SCENEGGIATURA: Gino ClementeDaniele GaglianoneClaudia Russo
ATTORI: 
Valerio Mastandrea
FOTOGRAFIA: Gherardo Gossi
MONTAGGIO: Enrico Giovannone
PRODUZIONE: Axelotil Film, Kimerafilm, Relief, con Rai Cinema, con il contributo di MiBAC - Direzione Generale per il Cinema con il patrocinio del Ministro per l'Integrazione
DISTRIBUZIONE: Pablo
PAESE: Italia 2013
DURATA: 92 Min
FORMATO: Colore

NOTE: 
Presentato alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia 2013

 
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La Vecchia Signora come una star di Hollywood da huffingtonpost.it

Post n°10960 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Pubblicato: 20/07/2013 15:50

Avviso al popolo bianconero!

Cari amici vicini e lontani, dopo tanto parlare degli altri, ma le vicende tragicomiche di Roma e Inter non potevano passare inosservate, eccoci di nuovo qui, prima della pausa estiva, a scrivere di noi. Per un annuncio importante che, ne sono certa, vi farà piacere anche se non si tratta di mercato.

Certo, quello che è stato fatto finora da Agnelli, Marotta e Conte ci riempie di soddisfazione preventiva, e l'arrivo di Llorente, Tevez e Ogbonna già in ritiro a Chatillon ci fa presagire ottime cose, anche a fronte degli scarsissimi colpi, almeno finora, dei nostri avversari più accreditati.

Quello che voglio raccontarvi, però, è un bellissimo progetto cinematografico che vedrà la luce all'inizio dell'autunno, e che per 90 minuti illustrerà la storia della nostra amata squadra, come quella di una vera star di Hollywood. E l'idea, ormai prossima alla realizzazione definitiva, arriva proprio dagli Stati Uniti, per opera di due giovani e brillanti film makers italo americani, i gemelli Mauro e Marco La Villa, formati nelle più importanti accademie e dalla scuola classica di cinema, impegnati tra Los Angeles e New York (adesso anche Torino!), integrati come pesci nell'acqua tra Scorsese, Turturro, e i Sopranos, tanto per citarne solo alcuni .

Bella storia essere arrivati a un lungometraggio tutto in bianconero, narrato nella versione italiana dalla voce di Giancarlo Giannini e intitolato, guarda caso, "Black and White Stripes, The Juventus Story"; ovviamente, ai campioni e alle vittorie di una carriera calcistica senza eguali, si affianca la dinastia più longeva al vertice della stessa società da 90 anni, gli Agnelli.

Quanto a me, Marco e Mauro mi sono finiti letteralmente sui piedi cercando di raggiungere il loro posto allo stadio nell'autunno scorso, in occasione di una partita di campionato; non riuscivano a trovare il numero giusto, hanno fatto avanti e indietro un paio di volte, e alla fine si sono seduti di fianco a me.

Identici e sconosciuti, mi sono subito incuriosita per questa coppia di non-habitués della fila 23; così ho attaccato discorso e da lì sono nate un'amicizia e una collaborazione che mi hanno portata a seguire il loro progetto nei dettagli, e a farne parte come memoria storica (gli anni purtroppo sono questi!), e come archivista di uno straordinario racconto di persone, emozioni, ricordi.

Ci saranno le partite, in questo docufilm della vita, ci saranno campioni, le gioie e i dolori, le sconfitte (poche) e le vittorie (moltissime), le tragedie personali (Edoardo e Giovannino), quelle pubbliche (Heysel), i grandi Agnelli del passato (Giovanni e Umberto) e le giovani generazioni della riscossa attuale (Andrea, John e Lapo Elkann), la Torino della Fiat e delle Olimpiadi, ma anche quella di Valletta e Boniperti, oltre a una corona infinita di facce, goal, e vicende che costruiscono questa epopea sportiva davvero unica al mondo.

Marco e Mauro ci hanno navigato dentro come due nocchieri esperti, forti di una conoscenza tecnica e scientifica che batterebbe quella di qualunque competitor europeo, di un amore infinito per la squadra bianconera, dell'autoironia che solo i grandi possiedono, e dell'eredità di Rosindo, padre immigrato giovanissimo da Napoli con la Juve nel cuore, sepolto dopo una vita di fatica a Montreal avvolto in un drappo bianconero.

Con una storia così, dai gemelli La Villa ci aspettiamo almeno un Oscar; da Conte and friends, ovviamente, Campionato e Champions League.

 
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Margarethe Von Trotta: "Il pensiero di Hannah Arendt dà ancora scandalo" da cinecittà ews

Post n°10959 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Cristiana Paternò15/01/2014
In sala con Ripley's il 27 e 28 gennaio, in occasione della Giornata della memoria, il film dedicato agli anni in cui la filosofa ebrea tedesca scrisse "La banalità del male"
Per i critici giapponesi è il miglior film straniero del 2013, mentre il 'New York Times' lo inserisce nella top ten dell’anno appena trascorso per la capacità di unire cinema e pensiero. Eppure in Italia Hannah Arendt di Margarethe Von Trotta ha faticato a trovare spazio nelle sale. Per questo la Ripley’s ha scelto di portarlo al cinema il 27 e 28 gennaio, in versione originale con sottotitoli, in occasione della Giornata della memoria, in 70/100 sale del circuito Nexo Digital. Poi la pellicola continuerà il suo percorso attraverso le associazioni che lo hanno richiesto e il sistema scolastico, per approdare infine in dvd, abbinato col più celebre (presso il grande pubblico) libro della filosofa ebreo-tedesca,La banalità del male

Ed è proprio su quel testo che è incentrato il film della regista di Anni di piombo. Nato dalla riflessione sul processo al nazista Adolf Eichmann che ebbe luogo a Gerusalemme nel 1961 e si concluse con la condanna a morte avvenuta per impiccagione. Hannah, che si era rifugiata in America dopo essere sfuggita allo sterminio, volle seguire la vicenda per il 'New Yorker', ma il reportage che ne seguì, affondo teoretico nel più grande crimine collettivo della storia più che semplice resoconto giornalistico, suscitò polemiche infuocate e ingiuste. La Arendt venne accusata di giustificare Eichmann, di cui aveva sottolineato la normalità di burocrate, e soprattutto di postulare un coinvolgimento di alcuni ebrei, i capi delle comunità che avevano cooperato con i nazisti. Accusa questa che lei respinse sempre, rispondendo di essersi limitata a raccontare i fatti. Il film, che ha come protagonista Barbara Sukowa, un’attrice da sempre molto amata da Margarethe Von Trotta, si concentra proprio sui quattro anni che vanno dal 1960 al ’64, gli anni del processo e della pubblicazione del libro, ma accenna anche alla sua relazione con Martin Heidegger, il maestro amato e poi rifiutato per la sua adesione al nazionalsocialismo e definito senza mezzi termini "assassino". 

Perché ha scelto di concentrarsi proprio su questo periodo dell’appassionante e ricca biografia di Hannah Arendt? 
Insieme a Pam Katz, coautrice della sceneggiatura, eravamo molto indecise su questo punto, non volevamo fare un biopic classico ma non sapevamo che periodo scegliere della sua vita che è tutta molto interessante. Avremmo potuto concentrarci sulla sua fuga in Francia nel ’33, sull’incontro col suo secondo marito Heinrich Blücher a casa di Walter Benjamin a Parigi nel ‘37, sull’internamento nel campo di Gurs nel ’41, da cui riuscì ad emigrare in America insieme al marito con un visto, ma senza passaporto, sulla fuga verso Marsiglia e l’arrivo negli Stati Uniti di questi due tedeschi che non sapevano parlare l’inglese. Come molti intellettuali che venivano dall'Europa e avevano studiato greco, latino e francese, ma non l’inglese, Hannah dovette adattarsi a lavorare presso una famiglia americana. Forse avremmo potuto scegliere di raccontare la sua relazione con Heidegger, come molti si sarebbero aspettati. Avremmo avuto anche meno difficoltà a trovare finanziamenti… Poi abbiamo capito che quei quattro anni erano il modo migliore per mostrare la donna e la filosofa e contemporaneamente avere una comprensione più ampia dei tempi oscuri dell’Europa del XX secolo. 

Quali fonti avete utilizzato? Tra l’altro nel film si vedono molte autentiche immagini del processo ad Eichmann. 
Ho letto i libri e le lettere di Hannah e ho cercato di incontrare persone che l’avevano conosciuta. Per esempio abbiamo incontrato la sua ex collaboratrice Lotte Köhler (interpretata nel film da Julia Jentsch, ndr) che all’epoca dei nostri colloqui aveva 90 anni ed era ancora in vita, lei ci ha raccontato anche molte storie private sul rapporto tra Hannah e suo marito. Poi effettivamente ci sono le immagini del processo: si può mostrare l’autentica banalità del male solo osservando il vero Eichmann, un attore distorcerebbe la sua immagine. Era un uomo incapace di formulare una singola frase corretta dal punto di vista grammaticale, nella sua cieca lealtà aveva abbandonato una delle caratteristiche che differenziano gli esseri umani dalle altre specie, la capacità di pensare in maniera autonoma. Non era un mostro, ma un burocrate sottomesso, pronto all'obbedienza assoluta.

Hannah Arendt non rinunciò a citare il tema delicato della cooperazione di alcuni ebrei alla deportazione, nonostante in molti l’avessero avvertita che avrebbe sollevato un vespaio. 
Se ne era parlato al processo e lei volle riportare quello che aveva visto e sentito. Quando ho giratoRosenstrasse ho letto molto sull'Olocausto e ho trovato tante testimonianze di capi degli ebrei che cooperarono, a volte per il proprio tornaconto a volte nella speranza di aiutare altri ebrei. Erano persone come tutti. Arendt ha infranto un tabù, un po’ come è capitato dopo il ’68, quando nessuno che fosse di sinistra voleva criticare il comunismo. Lei ha scritto il suo libro più importante, quello sul totalitarismo, dove paragona nazismo e stalinismo e noi di sinistra non volevamo accettarlo. Per noi, in quella fase, il comunismo era intoccabile. Dopo la caduta del Muro abbiamo cominciato a ripensare alla sua riflessione, la capacità di essere più indipendenti ci ha fatto capire che Arendt aveva visto delle cose prima di noi. 

In questo sta anche la sua attualità?
Per questo è diventata tanto importante oggi che ci sono tanti modi di pensare che si basano su ideologie o sulle mode o sono influenzati dai mass media. Dov'è la nostra capacità di pensare con la nostra testa? Anche per l'Italia dopo il berlusconismo, forse c'è qualche spunto interessante. 

Crede che l’ostracismo di cui fu vittima dopo la pubblicazione della "Banalità del male", anche in ambiente universitario, sia dipeso in parte dal suo essere donna? 
Come mi ha fatto notare il rettore dell’Università americana del Lussemburgo, dove abbiamo girato alcune scene, non ho mai sentito rimproverare un uomo con l’accusa di essere senza cuore e arrogante, come dissero a lei. 

La relazione con Martin Heidegger appare nel film attraverso alcuni brevi ma significativi flash back. 
Non volevo mostrare il periodo in cui furono amanti, mi sembrava un cliché parlare della relazione tra l'ebrea e il nazista. Ma il rapporto con Heidegger tocca un punto importante. Se è vero che Eichmann è definito da Hannah come colui che non sa pensare e che quindi perde la sua umanità, se è vero che lei è convinta che il pensiero ci protegga dalle catastrofi, è anche vero che Heidegger, maestro del pensiero, è caduto nella trappola del nazismo. Forse anche Hannah, come Rosa Luxemburg, era un’utopista, cercava di spiegare i tempi oscuri con l'utopismo della filosofa che non riesce a concepire che il pensiero possa fare il male. 

Come è stato accolto il film? 
È andato molto bene ovunque, al di là delle aspettative. E ha fatto molto discutere. In Germania sono saltati fuori gli storici che hanno dimostrato che Eichmann mentì al processo. In Francia è stato Claude Lanzmann ad attaccarlo. In America sono riesplose le polemiche degli anni ’60. Paradossalmente in Israele no, perché il suo libro, a lungo bandito dopo l’interdetto di Ben Gurion, è uscito solo nel 2002 e non ci sono stati gli attacchi alla sua figura. Anzi, Israele è coproduttore del film. 

 
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Il sogno di Anita: da Auschwitz a Gerusalemme

Post n°10958 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Stefano Stefanutto Rosa14/01/2014
Dopo il mio Jona che visse nella balena non volevo più occuparmi dello sterminio degli ebrei. E’ stato l'amico Furio Colombo a insistere perché leggessi il libro di Edith Bruck‘Quanta stella c’è in cielo’ a cui è liberamente ispirato il mio nuovo film. Cuore della narrazione è, in entrambi i casi, un tema poco affrontato: il dopo Shoah, cioè la vita dopo la morte”.
Roberto Faenza con Anita B. - l’iniziale rinvia al cognome della scrittrice ungherese - prova ad andare controcorrente con il racconto dei giorni vissuti, immediatamente dopo la fine della guerra, da un’adolescente di origini ungheresi, sopravvissuta ad Auschwitz. Anita torna alla vita in un paese di montagna vicino a Praga, con tenacia e volontà insegue il sogno di un futuro dopo il trauma della perdita dei genitori nel lager. Un desiderio di rinascita, ma anche di ritorno alle proprie origini, “con unico bagaglio il futuro” nonostante il desiderio di quanti la circondano, dalla zia Monika al  giovane Eli di cui s’innamora, di dimenticare l’esperienza del campi di annientamento, come fosse qualcosa di cui vergognarsi.

Non per tutti è rimozione: non per lo zio Jacob, voce consapevole della tradizione ebraica, e non per Sarah, la ‘traghettatrice’ che prepara l’esodo verso la Palestina. E Anita si troverà, dopo la tenera amicizia con il giovane David, a scegliere se rimanere o meno nella comunità che l’ospita. Anita B., una produzione Jean Vigo, Cinema Undici con Rai Cinema, uscirà in 20/25 copie con la Good Films, il 16 gennaio, a ridosso del Giorno della Memoria, e proprio il 27 gennaio l'opera verrà presentata a Gerusalemme.

“Purtroppo se un film è una produzione indipendente e non viene distribuito da 01, Medusa o Warner, incontra difficoltà enormi ad arrivare in sala - sottolinea la produttrice Elda Ferri - Non ci sono né la voglia né la consapevolezza di offrire al pubblico un’ampia gamma di titoli”. Faenza aggiunge che gli esercenti credono si tratti di un film sull’orrore nazista, “ignorando del tutto che il centro della vicenda è la vita dei sopravvissuti nell’immediato dopoguerra”.

Per Eline Powell, già diretta da Dustin Hoffman in Quartet, non è stato facile immedesimarsi nel personaggio di Anita che porta con sé un bagaglio pesante. “Ho visitato un lager nazista prima di girare il film per sentire quella terribile esperienza. Ho voluto comunicare ad Anita la speranza, lei vuole l’amore di tutte le persone che la circondano, vuole ricominciare daccapo”. Robert Sheehan, popolare interprete di una serie tv inglese per adolescenti, è Eli, giovane e bello che fa cascare tra le sue braccia l’innamorata Anita. “Non si preoccupa di provocarle sofferenza, ma non è un personaggio tutto negativo, ma fatto di luci e ombre. Anche Eli è un uomo fragile che non ha più fiducia nel mondo dopo la tragica perdita del suo amore”.

Andrea Osvart si è trovata a suo agio nei panni della zia Monika, una donna, ungherese come l’attrice, prigioniera della rabbia e del dolore, “sentimenti che ho ricercato pensando a quando mi sono allontanata dai miei venendo in Italia”. Moni Ovadia, il simpatico e solido zio Jacob, dice di aver nuotato nel suo stagno: “Da anni mi occupo dell’ebraismo del Centro Europa. Pochi erano gli ebrei ungheresi che parlavano la lingua yiddish. Jacob è stato forse un partigiano, non è un sionista, il suo compito è ridare fiducia alle persone segnate dal dolore, riportare al centro la possibilità di vita una volta lasciatosi alle spalle l’abisso”.

E dopo la Shoah, tra i prossimi progetti di Faenza potrebbe esserci un film tv sulla vita di Papa Francesco, prodotto dalla Taodue Pietro Valsecchi che intende proporre al regista il progetto. Il produttore pensa a un'opera in due puntate, girata in inglese per poterla esportare all'estero, e con possibile protagonista lo spagnolo Antonio Banderas. 

 
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Z - L'orgia del potere: recensione e curiosità sul film di Costa-Gravas da cineblog

Post n°10957 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Scritto da:  - domenica 6 gennaio 2013

Cast e personaggi: Yves Montand (il Deputato), Irene Papas (Helene, moglie del Deputato), Jean-Louis Trintignant (magistrato) Jacques Perrin (fotoreporter Charles Denner), Manuel François Périer (Pubblico Ministero), Pierre Dux (generale), Georges Géret (Nick).

Il regista greco Constantin Costa-Gravas adatta Z, uno dei più  famosi romanzi dello scrittore Vassilis Vassilikos. La trama di questo solido thriller politico, ispirato ad eventi reali seppur non esplicitati, abbraccia un arco temporale che va dall’assassinio del deputato socialista greco Gregoris Lambrakis avvenuto nel 1963 sino al colpo di stato messo in atto dall’esercito nel 1967.

Costa-Gravas ha l’indubbia capacità di raccontare la politica greca sviscerandone l’insana deriva totalitarista con lo sguardo pungente di una satira di confine, che punta al messaggio politico e ad eventi che hanno segnato la storia del suo paese, ricordiamo che il film fu girato nel 1968 ad un’anno dall’instaurazione della Dittatura dei colonnelli, ma il regista si preoccupa anche di non dimenticare lo spettatore e le sue necessità costruendo un film serrato, dinamico che sfrutta elementi tipici del cinema di genere, applicandoli con vigore a quello che diventerà uno dei film a sfondo politico più celebri e premiati di sempre.

Z - L’orgia del potere pone di fronte allo spettatore tutti quei meccanismi occulti celati dietro al potere costituito che diventa imposto, all’istituzione militare come ultima ratio e all’omicidio come escamotage politico. Nessuno meglio di Costa-Gravas poteva narrare con piglio così arguto l’inarrestabile involuzione di una democrazia, un regista che è al contempo testimone, cittadino e narratore che ha potuto percepirne forte il decadimento.

Il film di Costa-Gravas ancora oggi possiede una freschezza visiva di rara efficacia, l’aver scelto di veicolare un messaggio politico di cotanto spessore attraverso un cinema capace di parlare ad un pubblico il più vasto e variegato possibile, ha permesso alla pellicola di assolvere in pieno alla sua funzione primaria, denunciare le agghiaccianti manipolazioni di una dittatura sfruttando la capacità peculiare del cinema di lavorare a più livelli, un connubio secondo noi ideale che regala alla pellicola una fruibilità davvero rara.

Il film è stato scritto da Gravas con Jorge Semprún, la colonna sonora vincitrice di un premio BAFTA è di Mikis Theodorakis compositore celebre per le musiche di Zorba il greco. La pellicola ricevette 4 nomination agli Oscar 1970 vincendo due statuette come Miglior film straniero e Miglior montaggio. Tra gli altri riconoscimenti assegnati alla pellicola segnaliamo il Premio della giuria al Festival di Cannes assegnato a Costa-Gavras e un Golden Globecome Miglior film straniero.

Nel cast figura anche l’attore italiano Renato Salvatori, la figura del magistrato interpretato da Trintignant è ispirata al magistrato e politico greco Christos Sartzetakis, futuro Presidente della Grecia che nel ‘63 indagò proprio sull’omicidio del deputato pacifista Lambrakis, professore di medicina all’Università di Atene.

Il comunicato radio che la mattina del 22 aprile 1967 informava la popolazione greca dell’instaurazione del regime militare:

Qui stazione radio delle forze armate greche. A causa della drammatica situazione che si è creata, da mezzanotte l’esercito ha assunto il governo del paese. Seguirà un comunicato del comandante dell’esercito…secondo l’articolo 91 della Costituzione e dopo suggerimento del governo sospendiamo gli articoli 6, 8, 10, 12, 14, 18, 20, 95 e 98 della Costituzione a causa della minaccia alla sicurezza dei cittadini e della nazione che proviene dall’estero. Firmato Costantino re dei greci. Il presidente e i membri del Consiglio dei ministri.

(Fonti Wikipedia, Storicamente.org)

 
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A CIASCUNO IL SUO (1967)

Post n°10956 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: STORIA

A CIASCUNO IL SUO (1967)

locandina del film A CIASCUNO IL SUO
Titolo OriginaleA CIASCUNO IL SUORegiaElio PetriInterpretiGian Maria VolontèIrene PapasGabriele FerzettiSalvo RandoneDurata: h 01:33
Nazionalità:  Italia 1967 
Generedrammatico
Tratto dal libro "A ciascuno il suo" di Leonardo Sciascia
Al cinema nel Novembre 1967
Trama del film A ciascuno il suo

e indagini su due omicidi compiuti in un paesino della Sicilia portano alla conclusione che si sia trattato di un delitto d'onore. Paolo Laurana, un professore di liceo, non ne è convinto e confida questi suoi dubbi all'avvocato Rosello. Continuando le sue indagini però Laurana capisce che il mandante del duplice omicidio è proprio l'avvocato, con la complicità di Luisa, vedova di una delle vittime. Laurana muore sotto i colpi di un killer; l'avvocato Rosello e Luisa si sposano.

 
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Cha cha cha da mymovies

Post n°10955 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

o Corso, bello e tenebroso, tormentato e di poche parole, deve seguire gli spostamenti di un giovane rampollo della Roma bene, figlio di un'attrice una volta bella, sua amica e forse qualcosa di più. Una sera il sedicenne, uscendo in fretta e furia da una festa in maschera, viene investito da un suv nero che sembrava aspettarlo al varco. Corso lo soccorre ma dalle lamiere della mini car per adolescenti ricchi tira fuori il corpo morente del suo protetto. Nello stesso arco di tempo la polizia scopre il cadavere di un uomo abbandonato su di un terreno alle porte di Fiumicino. Cosa collega queste due morti, l'una apparentemente accidentale l'altra no? È proprio quello che andrà a scoprire Corso in un'indagine scomoda che toccherà le sfere del malaffare e della corruzione in una Roma testimone muta della sua stessa decadenza. 
Il primo campanello d'allarme di un film che si autodefinisce di genere senza averne assorbito la necessità, come se avesse mandato a memoria una formula, è il miscasting che riguarda proprio il protagonista, e di conseguenza il modo in cui è stato immaginato l'investigatore privato. Corso è un investigatore come non ce ne sono più, o come non ce ne sono mai stati. Vive e lavora a Roma, ma non ha assorbito il disincanto e il cinismo tipici della città, ben sintetizzati nella figura dell'ex collega poliziotto, un Amendola concentrato di livore "para-statale", duro ma non puro, taurino quando si toccano discorsi etici. Corso (il cui nome è un omaggio pieno e sentito al grande Corso Salani, scomparso tempo fa, attore per Risi in Muro di gomma e regista di suo in film folgoranti e ondivaghi tra viaggio, sperimentazione e riflessione) è riflessivo, vagamente silenzioso, sempre un po' stupefatto, tenebroso sì, ma mai realmente dolente. Un po' si piace, e gli piace sapersi perso, ma mai fino in fondo. È volitivo quando vuole, ma con passo lento, e anche quando si azzuffa o le prende, lo fa come incantandosi. È questo l'investigatore noir interpretato da Luca Argentero, ancora troppo bello per essere credibile nei panni di ex poliziotto alla ricerca della verità nelle pieghe sporche di Roma. Nel noir, la credibilità dei personaggi, primari e comprimari, è tutto. 
Il dispositivo proiettivo in un film noir è cosa fondamentale. Se non si crede neanche un po' alla sofferenza, alla pietas, del detective di turno, non scatterà mai il processo empatico. Luca Argentero, attore pur bravo e tanto più nelle parti da commedia sofisticata, qui fatica a trovare una sua dimensione propria e allo stesso tempo il regista fatica a collocarlo in un immaginario preciso. 
L'ultimo di Marco Risi è stato Fortapàsc, storia della vita e della morte di Giancarlo Siani, giovane giornalista napoletano del "Mattino" ucciso dalla camorra; un film pienamente nelle corde del regista de Il muro di gomma, dove storia, cronaca e denuncia si intrecciavano in una narrazione cinematografica credibile e soprattutto sentita. Dopo aver abbandonato un progetto sul fatidico accordo Stato-mafia (sarebbe stato, e forse sarà, un "altro muro di gomma"?), Risi ha scelto un film di genere, appunto, che senza appigliarsi alla cronaca, alla storia vera e alla denuncia circostanziate vuole raccontare l'umore di un'epoca, la nostra, trasformando la sua consueta narrazione in apologo generico, un atto d'accusa senza nomi e cognomi teso a rappresentare il malcostume e il malaffare seguendo i dettami di un presunto cinema di genere.
È questa strana indeterminazione che rende il film flebile, come se la scusa del genere, qui il noir, fosse sufficiente a tener in piedi l'indignazione, la sfida "militante", tipica del suo cinema impegnato e civile. Crediamo che Risi abbia sempre bisogno di ancorarsi alla verità di cui il suo cinema è sempre alla ricerca. Ma la verità generica non gli si addice più di tanto, anche quando calata in un noir fosco che mai rasenta, né forse vuole farlo, le esperienze più clamorose del nostro cinema di serie B, poliziotteschi durissimi ispirati a narratori di talento. Quello di cui Risi ha bisogno è della verità storica! La necessità della sua ricerca.

 
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The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca

Post n°10954 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

rato il mestiere di domestico nella Georgia degli anni Venti e nella tenuta dell'uomo che ha ucciso barbaramente suo padre in un campo di cotone. Riservato e (ben) educato nelle case dei bianchi, approda a Washington, dove sposa Gloria, diventa padre di Louis e Charlie e viene assunto come maggiordomo alla Casa Bianca. Orgoglioso della sua famiglia e appagato dal proprio destino, Cecil sta. Resta immobile (e invisibile) nella vita come lungo le pareti della stanza Ovale, dove serve il tè e soddisfa le richieste dei suoi presidenti. Fuori intanto il mondo si muove, il mondo si arrabbia, il mondo sta cambiando. In quel territorio infiammato milita il suo primogenito, deciso a lottare per i diritti della sua gente, resistendo al fianco di Martin Luther King o 'armandosi' al braccio di Malcolm X. Ripudiato il figlio, colpevole di non essere rimasto al suo posto, Cecil seguita a servire i presidenti che si susseguono mandato dopo mandato, sprofondando il paese nella guerra, riformandolo con le leggi sui diritti civili, integrandolo o mandandolo sulla Luna. Sette presidenti e diverse tazze riempite dopo, Cecil prenderà coscienza di sé e dei propri diritti, dimettendosi e scendendo in campo a fianco del figlio e di un sogno che ha il volto di Barack Obama. 
Contestando la candidatura di Norman Jewison alla regia di Malcolm XSpike Lee asseriva che soltanto un regista nero avrebbe potuto far giustizia alla sua opera e alla sua vita. D'accordo o meno con la dichiarazione del regista, quello che interessa adesso è la prossimità di pensiero e di posizione che assimila Spike Lee a Lee Daniels, convinto allo stesso modo che siano pochi i registi bianchi che abbiano saputo cogliere nel segno producendo film con tematiche afro-americane. A ragione di questo The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca adotta il punto di vista degli afro-americani ed esclude personaggi bianchi che infilano la presa di coscienza. In una lunga parabola che dai campi di cotone della Georgia arriva all'elezione di Barack Obama, The Butler ripercorre le tappe fondamentali della storia americana nelle pieghe di una vicenda privata, facendo dialogare passato e presente, padre e figlio. Ispirato alla vita di Eugene Allen, maggiordomo per trentaquattro anni alla Casa Bianca, intervistato e portato a conoscenza da un giornalista del "Washington Post", The Butler fa il paio con Precious e prosegue il percorso di rilettura critica della Storia americana. In una dialettica costante, il film di Daniels intreccia e alterna la dimensione pubblica con quella privata, proponendo ciascuna come genesi e insieme contraccolpo di una storia più grande, che include sia gli eventi collettivi (il sit-in di Greensboro, i Freedom bus, l'attentato a Kennedy, la morte di Martin Luther King, la guerra in Vietnam) sia le tragedie intime (la morte del padre in Georgia, il decesso del figlio minore in Vietnam, le detenzioni del primogenito attivista per i diritti umani).
Approdato in sala dopo il Django Unchained di Tarantino e il Lincoln di Spielberg e prima di 12 anni schiavo di Steve McQueenThe Butler si accomoda tra opere che sembrano richiamarsi vicendevolmente, proseguendo l'una i discorsi dell'altra e componendo il colossale affresco di una nazione perennemente indecisa fra opzione morale e violenza brutale, tra parole e pistole. Insieme allo schiavo 'slegato' di Tarantino e al presidente (per)suadente di Spielberg, il maggiordomo di Daniels rimette mano (con guanto bianco) sulla questione razziale in un quadro politico-economico complesso e allargato, che contempla Eisenhower, Kennedy, Johnson, Nixon e Reagan e confina nelle immagini di repertorio Ford e Carter, che dialoga coi padri buoni della nazione (Kennedy, Johnson) e disdegna fino al congedo quelli cattivi (Nixon, Reagan). 
Con il narratore umile e schivo di Forest Whitaker, il regista identifica lo strumento perfetto per condurre la narrazione filmica, ottemperando alle istanze pedagogiche con ridondanza retorica e generose concessioni didascaliche, che seguono la ricostruzione puntuale. Diversamente da Tarantino, la cui visione eversiva e indocile sulla questione 'nera' viene giudicata 'bianca' e inadeguata, Daniels si incammina su una strada diversa, quella del romanzo popolare e della robusta iconografia, rivendicando una competenza antropologica e culturale che suona come una dichiarazione di apartheid. Una separazione dura a morire che mentre denuncia l'intolleranza razziale, discrimina un artista, riducendo al colore della pelle la sua capacità di affrontare certi temi.

 
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Il quinto potere

Post n°10953 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Una delle storie più importanti di questi anni non diventa cinema nella maniera che meriterebbe
Gabriele Niola     * * - - -
Locandina Il quinto potere

Nel 2007 Julian Assange, già gestore e fondatore di WikiLeaks, incontra Daniel Domscheit-Berg, con lui nel corso di 3 anni porterà la piattaforma per la divulgazione di documenti riservati alla notorietà mondiale attraverso la pubblicazione di una serie segreti clamorosi, culminati con i cablogrammi e i resoconti riguardanti la guerra in Afghanistan del governo americano nel 2010, evento talmente clamoroso da distruggere la stessa organizzazione interna del sito e renderlo il nemico dei principali governi del pianeta.
Quella di WikiLeaks è una storia a doppio livello. Da una parte è un racconto dell'era digitale, la nascita di un sito (e di una tecnologia dietro di esso) che ha cambiato il concetto di segretezza, consentendo la più grande fuga di notizie nella storia dell'informazione; dall'altra è uno dei molti esempi delle nuove forme di attivismo, cioè di come la tecnologia e la comunicazione digitale stiano cambiando la maniera in cui gli individui agiscono e si muovono per protestare attivamente contro le istituzioni.
In questo senso il film di Bill Condon (scritto da Josh Singer, ex collaboratore di Aaron Sorkin) guarda sia alla nuova scia di film che cercano di portare al cinema la più grande rivoluzione dei tempi che viviamo attraverso gli uomini dietro gli indirizzi internet più noti (da The social network fino ai prossimi biografici su Steve Jobs), sia ai movimenti politici e alle tendenze sociali maggiori, come già cercavano di fare i documentari TPB: AFK e We are legion. Forse però non è Bill Condon la personalità più adatta per un simile impiego.
Della complessa figura di Julian Assange il regista azzecca ma non calca il contrasto tra tensione verso la verità e continuo ricorso alla menzogna, la costruzione di un personaggio per molti tratti fasullo e l'irrefrenabile tendenza alla mistificazione finalizzata ai propri nobili scopi, che poi concidono sempre con quelli della sua creatura.
Tuttavia, dotato di un immaginario saldamente radicato nei decenni passati e poco incline a ripensare il cinema per adattarsi alla messa in scena di qualcosa che non c'è (un sito internet), Il quinto potere non ambisce al rigore di The social network (che di un network sociale come Facebook mostrava il contesto di nascita, nuove imprese da nuove categorie umane) ma anzi, pur puntando anch'esso sul rapporto fedeltà/tradimento di due amici, ha la sua trovata visiva più audace in un'idea vecchio stampo per la quale WikiLeaks viene rappresentato da un ufficio anni '50, in cui i file arrivano sotto forma di fogli di carta che bruciano quando viene attaccato. È solo un esempio dell'incapacità del film di immaginare un cinema diverso per raccontare dinamiche, personaggi e fatti unici, che si rispecchia anche nella necessaria semplificazione che viene fatta del protagonista. Il quinto potere infatti in molti punti dipinge Julian Assange con i toni del villain classico (quasi da Ian Fleming, dall'apparenza anticonvenzionale che si rispecchia in gusti, valori e tendenze non ortodosse), non solo lo mette esplicitamente dalla parte del male facendolo scivolare lentamente nel delirio (del resto il film è tratto dal resoconto molto parziale contenuto nel libro scritto dall'ex socio di Assange, ora in causa con lui) ma racconta il legame con Daniel Domscheit-Berg attingendo dichiaratamente al repertorio del melodramma e andando ben oltre l'innocuo bromance. L'Assange di Condon si comporta come una fidanzata ferita che per affermare la propria indipendenza compie il più clamoroso degli atti (di nuovo come Zuckerberg all'inizio di The social network, solo che in quel caso si trattava di un fatto ammesso dallo stesso protagonista) e questo senza negarsi nessuno dei peggiori stereotipi legati al mondo dell'hacking, dalla solitudine all'inettitudine sociale fino al rancore.
Diviso tra l'ammirazione per le conquiste di WikiLeaks e la condanna dei rischi che ha corso, Il quinto potere appare più preoccupato di tirare una morale alla fine della storia (rigorosamente in bocca a giornalisti della carta stampata) che di mostrare la maniera in cui le nuove tecnologie stiano lasciando emergere nuovi protagonisti, nuovi contrasti e nuovi problemi ai vertici socio-economici della società. Il film tralascia totalmente la ricerca di un registro differente dal solito, riducendo una storia complessa da spiegare proprio per la peculiarietà dei suoi contrasti, ad un melò vecchio stampo in cui le dialettiche sono sempre gelosie, invidie e vanità già note e prevedibili dallo spettatore.

 
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"BLACK and WHITE STRIPES" da tutto juve

Post n°10952 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

"BLACK and WHITE STRIPES: The Juventus Story". Mostra fotografica anticipa l'uscita di un documentario indipendente dedicato alla Vecchia Signora

15.01.2014 22:15 di Redazione TuttoJuve Twitter: @Tuttojuve_com  articolo letto 2988 volte

Il prossimo Sundance film festival, una delle più importanti rassegne di cinema indipendente al mondo, si veste delle eleganti strisce bianconere della Vecchia Signora. E' quanto riporta il sito ufficiale bianconero, entrando poi nei dettagli: 
in occasione della manifestazione, due cineasti indipendenti anticiperanno al mondo l’uscita di un’opera-tributo alla Juventus attraverso una esibizione fotografica dal titolo “The Art of Black and White Stripes: Photography Edition” (Park City, Utah, 18 gennaio 2014). La mostra fa da teaser al film indipendente “Black and White Stripes: The Juventus Story” diretto da Marco & Mauro La Villa, registi che vivono e lavorano nella Grande Mela. 

 
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Winspeare a Panorama, "American Hustle" fuori concorso a Berlino da cinecittà news

Post n°10951 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Cr. P.17/01/2014
In grazia di Dio di Edoardo Winspeare sarà a Berlino nella sezione Panorama. Il film si svolge a Leuca, un paesino salentino, dove vivono quattro donne al tempo della crisi. Una famiglia che confeziona capi d'abbigliamento per le grandi aziende del Nord, a causa del calo della domanda è costretta a chiudere l’azienda e dopo il pignoramento della casa a trasferirsi in campagna, vivendo con pochi soldi e appoggiandosi alla comunità. I personaggi sono interpretati da attori non professionisti, Adele (Celeste Casciaro, moglie del regista) la donna che con coraggio convince la figlia Ina (Laura Licchetta) e la sorella Maria Concetta (Barbara De Matteis) a cambiare vita con il resto della famiglia ricorrendo al baratto. Il film frutto di un’originale formula produttiva ed ecologica che si ispira alla storia del film, è prodotto da Edoardo Winspeare, Gustavo Caputo, Alessandro Contessa per Saietta Film con Rai Cinema, in associazione con Banca Popolare Pugliese e Luigi De Vecchi, con il sostegno di Apulia Film Commission, con il contributo dell’Assessorato alle Politiche Agricole della Regione Puglia. Main sponsor Pasta Granoro.


''Sono felicissimo - ha dichiarato il regista - Fin dall'inizio volevo andare a Berlino, festival che sento molto nelle mie corde, forse anche perché ho studiato in Germania, ho fatto la scuola di cinema a Monaco. Come negli altri miei film l'elemento locale è molto forte - l'ambientazione nel Salento, lavorare con attori del posto - ma il tema è universale: la metamorfosi della crisi economica, la crisi vista come possibilità, come un nuovo inizio. È un film sulla possibilità di essere felici nonostante''. 

La Berlinale ha annunciato anche fuori concorso American Hustle di David O. Russell. Fresca di 10 candidature all'Oscar, la commedia thriller porterà al festival una parata di star: Christian Bale, Amy Adams, Jennifer Lawrence, Jeremy Renner e Bradley Cooper. Altri titoli di spicco del programma sono Cesar Chavez, biopic dell'attivista per i diritti civili diretto da Diego Luna con Michael Pena, America Ferrera, Rosario Dawson e John Malkovich; Cathedrals of Culture il documentario in 3D di Wim Wenders che fa parte di un progetto a cui partecipano anche Robert Redford, Michael Glawogger, Michael Madsen, Margreth Olin e Karim Ainouz. Il francese In the Courtyard con Catherine Deneuve e Diplomacy di Volker Schloendorff. Il documentarista premio Oscar Errol Morris porterà The Unknown Known, che ha debuttato a Venezia in concorso, sulla controversa figura politica di Donald Rumsfeld. Molto atteso il doc di Andre Singer Night Will Fall, che usa i materiali girati da Alfred Hitchcock e Sidney Bernstein nel 1945 nei campi di concentramento. 

 
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American Hustle e Gravity campioni di nomination

Post n°10950 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

Ang16/01/2014
Sono American Hustle Gravity a contendersi il record per il numero di nomination agli Oscar. Il primo, però, vanta   un maggior numero di nomination in campo artistico, con Christian Bale e Bradley Cooper in lizza rispettivamente per il premio al miglior attore protagonista e non protagonista e, specularmente, Amy Adams eJennifer Lawrence per le migliori interpretazioni femminili. Nomination inoltre per i costumi, per la miglior regia, per il montaggio, la sceneggiatura e la scenografia, oltre ovviamente a quella per il miglior film. 10 nomination in tutto, alla pari con il film di Alfonso Cuaron, che però se la cava meglio sui campi prettamente tecnici, con fotografia, montaggio, musica, scenografia, montaggio e missaggio sonoro ed effetti speciali, oltre alle due categorie principali (miglior film e miglior regia) e alla candidatura diSandra Bullock come miglior attrice protagonista. 

Immediatamente segue 12 Years a Slave, con 9 nomination di cui tre dedicate agli attori: Chiwetel Ejioforprotagonista, Michael Fassbender non protagonista, Lupita Nyong’o miglior attrice protagonista, a cui si aggiungono miglior film, miglior regia, costumi, montaggio, scenografia e miglior sceneggiatura non originale. Parimerito per Captain Phillips, Dallas Buyers Club e Nebraska (6 nomination). Per il primo è in lizzaBarkhad Abdi come miglior attore non protagonista. La pellicola gareggia inoltre per il miglior film, il montaggio, la sceneggiatura non originale, missaggio e montaggio del sonoro. Per il secondo era abbastanza attesa la nomination dei due attori (Matthew McConaughey protagonista e Jared Leto non protagonista), e poi miglior film,  montaggio, sceneggiatura originale e trucco. Il road movie di Alexander Payne vede invece gareggiare Bruce Dern per la categoria del miglior attore protagonista e June Squibb(un po’ a sorpresa) per quella della miglior attrice non protagonista, nomination a cui si aggiungono quella per il miglior film, per la miglior fotografia, regia e sceneggiatura originale. 

Her di Spike Jonze deve molto al sonoro: le candidature per miglior colonna sonora originale e miglior canzone lo portano a 5 nomination insieme a quelle per il miglior film, per la scenografia e la sceneggiatura originale. 5 sono anche le nomination per The Wolf of Wall Street tra cui quella, attesissima, di Leonardo Di Caprio come miglior attore protagonista insieme a Jonah Hill (non protagonista), il miglior film, la miglior regia e la sceneggiatura non originale. Chiude Philomena con l’immancabile nomination di Judi Denchcome miglior attrice protagonista, insieme a quelle per il miglior film, per la miglior sceneggiatura non originale e per la musica.

 
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Sorrentino nella cinquina per l’Oscar

Post n°10949 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news


ssr16/01/2014
Dopo la vittoria ai Golden Globes di domenica scorsa,Paolo Sorrentino con La grande bellezza è nella cinquina che concorrerà, il 2 marzo, all’Oscar per il Miglior film straniero.
Ora Sorrentino nella corsa all'ambita statuetta dell'Academy Awards dovrà vedersela con  gli altri 4 concorrenti: Alabama Monroe-Una storia d'amore (Belgio) di Felix Van Groeningen; Il sospetto, film danese di Thomas Vinterberg; il documentario The Missing Picture (Cambogia) del regista Rithy Panh; il palestinese Omar di Hany Abu Assad.

L’ultima volta che l’Italia è entrata nella cinquina è stato nel 2005 con La bestia nel cuore di Cristina Comencini. L’ultima vittoria risale al 1999 con La vita è bella di Roberto Benigni.
"Gli Usa e l'Academy hanno capito il film e il suo sguardo di comprensione e di tenerezza verso le miserie umane, che non sono solo italiane ma appartengono a tutti". Così il regista Paolo Sorrentino commenta con l'Adnkronos la nomination. E a chi da Montecitorio aveva detto che La grande bellezza "sputtana l'Italia all'estero", Sorrentino, da Los Angeles dove si trova, risponde: "Non bisogna confondere il cinema con i depliant turistici, io non lavoro in un'agenzia di viaggi. E comunque - ribadisce - il film forse andrebbe rivisto perché, come hanno capito qui negli Usa, io non ho il dito puntato contro le debolezze umane, ma ho uno sguardo di assoluta comprensione".  Quanto alla corsa all'Oscar il regista sottolinea che"sarà una lotta molto dura ed e' giusto che sia così, perché tutti i film in cinquina sono avversari temibili, sono tutte pellicole di grande qualità". L'artista napoletano tiene a ringraziare "tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione del film, da Medusa a Patè, che hanno finanziato, a tutti gli attori e i tecnici. La grande bellezza è un film faticoso e impegnativo e senza lo sforzo e il lavoro di tutti loro non ci sarebbe stato".

 
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Oscar 2014, le nomination. La Grande Bellezza candidato miglior film straniero da il fatto quotidiano

Post n°10948 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

Dopo il trionfo ai Golden Globe la pellicola di Paolo Sorrentino - che ha già conquistato gli Oscar europei - sarà in gara per la statuetta più ambita dal mondo del cinema. Gli altri quattro titoli in corsa sono The Broken Circle Breakdown, The Missing Picture; The Hunt; Omar
Oscar 2014, le nomination. La Grande Bellezza candidato miglior film straniero

Dopo il Golden Globe per miglior film straniero La Grande Bellezza di Paolo Sorrentinoentra nella cinquina dei finalisti agli Oscar e riaccende la speranza di una vittoria dell’Italia a Hollywood che manca da 15 anni. L’ultima volta che una pellicola made in Italy ha conquistato la statuetta più importante è stata nel 1999 quando il premio fu vinto da Roberto Benigni per La vita è bella.

L’ultima opera del regista napoletano rimasta senza premi a Cannes, aveva trionfato agli European Film Awards, vincendo ben quattro premi a fronte di cinque candidature, ha ricevuto qualche giorno fa una nuova, prestigiosa, nomination, quella ai Bafta, i British Academy Film Awards, come miglior film non in lingua inglese mentre in Spagna è in lizza per il Goya come miglior film europeo. A questi importantissimi riconoscimenti si è poi aggiunto quello della critica straniera accreditata aHollywood. Negli Usa il film è stato molto apprezzato: ha raggiunto il milione di dollari di incasso e lo scorso 10 gennaio è stato presentato anche al Festival di Palm Springs. 


 

L’Academy ha, infatti, annunciato la cinquina dei film candidati al maggior riconoscimento cinematografico. Gli altri quattro titoli in corsa per la prestigiosa statuetta insieme al film con Toni Servillo The Broken Circle Breakdown di Felix van Groeningen (Belgio), The Missing Picture di Rithy Panh (Cambogia); The Hunt di Thomas Vinterberg (Danimarca); Omar di Hany Abu-Assad (Palestina). Le pellicole che erano nella short list e sono state escluse dalla corsa agli Oscar sono invece: An Episode in the Life of an Iron Picker di Danis Tanovic (Bosnia Erzegovina); Two Livesdi Georg Maas (Germania); The Grandmaster di Wong Kar-wai (Hong Kong); The Notebook di Janos Szasz (Ungheria). 

Con questa nomination un film italiano entra nuovamente nella cinquina per il miglior film straniero dopo 8 anni di assenza. L’ultima nomination l’Italia la conquistò nel 2006 con La bestia nel cuore di Cristina Comencini. Sulla carta, i competitor più temibili The Hunt e The Broken Circle Breakdown. La cerimonia di premiazione degli 86esimi Academy Awards, condotta da Ellen Degeneres, si terrà il 2 marzo.

Ecco tutte le nomination annunciate dall’Academy

Miglior film. Sono candidati al premio Oscar 2014 per miglior film 12 anni schiavo, Gravity,American HustleCaptain PhillipsThe Wolf of Wall StreetNebraskaDallas Buyers ClubHer,Philomena

Miglior sceneggiatura originaleAmerican Hustle, Blue Jasmine, Her, Nebraska, Dallas Buyers Club.

Miglior attore: Matthew McConaughey, Chiwetel Ejiofor, Leonardo DiCaprio, Bruce Dern, Christian Bale.

Miglior attore non protagonista: Jared Leto, Michael Fassbender, Bradley Cooper, Barkhad Abdi, Jonah Hill.

Miglior attrice protagonista: Cate Blanchett, Judi Dench, Sandra Bullock, Amy Adams, Meryl Streep.

Miglior attrice non protagonista: Sally Hawkins, Jennifer Lawrence, Lupita Nyongo, Julia Roberts, June Squibb.

Miglior film d’animazione: Frozen, The Croods, The Wind Rises, Despicable Me 2, Ernest & Celestine.

Miglior documentario: The Act of Killing, The Square, Cutie and the Boxer, Dirty Wars, 20 Feet From Stardom

Miglior regia: Alfonso Cuaron, Steve McQueen, David O. Russell, Martin Scorsese, Alexander Payne

Miglior canzone: Happy di Despicable Me 2, Let It Go di Frozen, The Moon Song di Her, Ordinary Love di Mandela; Alone Yet Not Alone

Miglior colonna sonora originale: John Williams per The Book Thief, Steven Price per Gravity, William Butler e Owen Pallett per Her, Alexandre Desplat per Philomena, Thomas Newman per Saving Mr. Banks

Miglior fotografia: Philippe Le Sourd per The Grandmaster, Emmanuel Lubezki per Gravity, Bruno Delbonnel per A proposito di Davis, Phedon Papamichael per Nebraska, Roger A. Deakins per Prisoners

Migliori costumi: Michael Wilkinson per American Hustle, William Chang Suk Ping per The Grandmaster, Catherine Martin per Il grande Gatsby, Michael O’Connor per The Invisible Woman, Patricia Norris per 12 anni schiavo

Miglior trucco: Dallas Buyers Club (Adruitha Lee e Robin Mathews), Jackass: Nonno cattivo (Stephen Prouty); The Lone Ranger (Joel Harlow e Gloria Pasqua-Casny)

Migliori effetti speciali: Gravity (Tim Webber, Chris Lawrence, Dave Shirk e Neil Corbould); The Hobbit: The Desolation of Smaug (Joe Letteri, Eric Saindon, David Clayton e Eric Reynolds); Iron Man 3 (Christopher Townsend, Guy Williams, Erik Nash e Dan Sudick); The Lone Ranger (Tim Alexander, Gary Brozenich, Edson Williams e John Frazie); Star Trek Into Darkness (Roger Guyett, Patrick Tubach, Ben Grossmann and Burt Dalton)

Miglior scenografia: American Hustle – L’apparenza inganna, Gravity, Il grande Gatsby, Her, 12 anni schiavo

Miglior montaggio: American Hustle – L’apparenza inganna, Captain Phillips, Dallas Buyers Club, Gravity, 12 anni schiavo

Miglior mixaggio: Captain Phillips, Gravity, Lo Hobbit: la desolazione di Smaug, A proposito di Davis, Lone Survivor

Miglior montaggio sonoro: All is lost, Captain Phillips, Gravity, Lo Hobbit – la desolazione di Smaug, Lone Survivor

Miglior documentario cortometraggio: CaveDigger di Jeffrey Karoff, Facing Fear di Jason Cohen, Karama Has No Walls di Sara Ishaq, The Lady in Number 6: Music Saved My Life di Malcolm Clarke e Nicholas Reed, Prison Terminal: The Last Days of Private Jack Hall di Edgar Barens

Miglior cortometraggio animato: Feral di Daniel Sousa e Dan Golden, Get a Horse! di Lauren MacMullan e Dorothy McKim, Mr. Hublot di Laurent Witz e Alexandre Espigares, Possessions di Shuhei Morita, Room on the Broom di Max Lang e Jan Lachauer

 
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