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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 09/02/2014
Post n°11082 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
Cristiana Paternò08/02/2014 BERLINO - George Clooney, what else? E il Festival di Berlino va in tilt. Una folla di giornalisti in coda con almeno un’ora di anticipo per partecipare alla conferenza stampa diThe Monuments Men, la quinta regia del divo americano presentata qui in concorso (in Italia uscirà il 13 febbraio distribuito dalla Fox). Moltissimi, naturalmente, sono rimasti fuori. E non sono mancati i malumori. Ma qui le regole sono ferree e non ci sono cronisti privilegiati (come accade invece a Cannes dove alcuni accreditati hanno la priorità di entrata). In più anche l’anteprima stampa, con il Berlinale Palast tutto esaurito, è stata funestata dal malore di uno spettatore: si è dovuta interrompere la proiezione per una ventina di minuti per soccorrerlo. Pare abbia avuto un infarto, ma per fortuna ora sta bene.
Tutto questo, però, non toglie l’inossidabile sorriso a George, che sullo schermo appare con un baffetto alla Clarke Gable nei panni di Frank Stokes, uno studioso di arte esperto di restauro che da Harvard lancia l’idea di salvare le opere di inestimabile valore che i nazisti stanno portando via dall’Europa occupata, dall'Italia come dalla Francia e dal Belgio. Il Führer in persona ha concepito il progetto di un enorme museo a lui intitolato dove raccogliere una decina di secoli di storia dell’arte, da Leonardo a Vermeer, da Rembrandt a Cezanne e molti oggetti sottratti agli ebrei durante la deportazione. Ma il professor Stokes, convincendo il governo americano, crea una brigata di specialisti pronti a tutto per recuperare e portare in salvo questi capolavori. Matt Damon è il curatore del Met di New York convinto di parlare perfettamente il francese (ma nessuno lo capisce), Bill Murray l’architetto, John Goodman lo scultore, Jean Dujardin il mercante d’arte francese, Bob Balaban lo storico dell’arte, Hugh Bonneville l'esperto d'arte alcolista, Dimitri Leonidas l'ebreo tedesco che farà da traduttore. In più Cate Blanchett, che lavorando al Jeu de Paume di Parigi ha seguito da vicino i traffici dei nazisti, guidati da Goering in persona, tanto che molti la credono una collaborazionista: è lei la chiave per arrivare al tesoro nascosto, ma diffida degli americani e bisognerà convincerla ad aiutare la brigata.
“Ci siamo ispirati a una storia vera che pochi conoscono – spiega Clooney – questi uomini avevano oltrepassato l’età per combattere, ma accettarono di rischiare la vita convinti che la cultura fosse un bene prezioso da salvaguardare. Se avessero fallito, sarebbero andate perdute sei milioni di opere d’arte perché Hitler aveva dato ordine di distruggere tutto in caso di sconfitta”. E contemporaneamente anche i russi cercavano di individuare il malloppo considerandolo come una sorta di risarcimento per i danni di guerra. Ispirato al libro omonimo di Robert M. Edel e Bret Witter, The Monuments Men, scritto da Clooney con il fedele Grant Heslov (Le idi di marzo, Good night and good luck), ha uno stile molto classico, all’antica hollywoodiana, che ricorda titoli come I cannoni di Navarone o La grande fuga. Con un surplus di retorica sfodera però una tendenza più alla commedia che al dramma. Mentre l’attore-regista rivendica il lato morale dell’impresa: “Il fatto che ancora oggi mancano all’appello tante opere d’arte ci ha fatto sentire l’urgenza e la responsabilità di fare il film”. È recente il ritrovamento in un appartamento di Monaco di Baviera di una collezione di 1.500 opere per un valore di un milione e mezzo di dollari: quadri di Matisse, Picasso, Otto Dix confiscati durante la seconda guerra mondiale e che si credevano perduti.
Tutto troppo patriottico? “Non vuole essere un film patriottico - replica George, in completo grigio - ma il racconto di un gruppo di uomini che ha restituito all’umanità la sua storia”. Concetto che il suo personaggio ripete spesso in scena. “Mi volevo staccare dal mio film precedente, Le idi di marzo, che è molto cinico. Non sono un cinico e stavolta volevo fare un film alla vecchia maniera, una storia diretta e positiva”. Show in conferenza stampa, con canzoncine e molti complimenti dalle giornaliste, ma anche qualche accenno serio ai temi politici a lui cari, dall'Iraq all'Ucraina.
Post n°11081 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
Dopo essere stato «espulso» dalla rassegna francese per le sue invettive antisemite, il regista danese si vendica mostrando una maglietta con la palma-simbolo di Cannes e la scritta: «Persona non grata» Al photo-call per "Nymphomaniac Vol. 1", passato oggi fuori concorso al festival di Berlino, il regista danese Lars Von Trier si è presentato con una maglietta che farà una volta di più discutere (e parlare di lui: Lars è più astuto di Helenio Herrera e José Mourinho messi assieme, dite quel che volete ma l'importante è che si parli di me...). La maglietta nera reca il simbolo di Cannes, la Palma d'oro (che Von Trier anni fa vinse per "Dancer in the Dark"). Ma sotto la Palma c'è la scritta "PERSONA NON GRATA", la dura definizione che il regista si "guadagnò" un paio d'anni fa per le sciocchezze antisemite pronunciate durante la conferenza stampa di "Melancholia" (quando definì Israele "a pain in the ass", una rottura di coglioni).
Così, dimostrando una memoria d'elefante e una diabolica capacità nel manipolare i media, Lars ha lanciato il suo segnale di fumo a Cannes: la guerra continua, e dopo l'idillio durato per anni (TUTTI i precedenti film di Von Trier erano andati in concorso sulla Croisette) ora tocca a Berlino l'onore e l'onere di ospitare il controverso regista danese. "Nymphomaniac" è uscito a Natale in Danimarca, in Francia e in altri paesi, ma per passare comunque a un festival Von Trier e i suoi produttori si sono inventati la formula della divisione in 2 "volumi", aggiungendo svariate scene e soprattutto i numerosi particolari hard (organi genitali in azione nelle scene di sesso) che nella versione uscita nei cinema non c'erano. Poi, alla conferenza stampa, il regista non si è presentato, consapevole che il messaggio sulla maglietta bastava e avanzava.
Post n°11080 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
Prima medaglia dell'Italia alle Olimpiadi in Russia. Arriva nella discesa libera che vede il nostro atleta arrivare secondo dietro all'austriaco Matthias Mayer per soli 6 centesimi © Ansa ROSA KHUTOR (RUSSIA) - Prima medaglia dell'Italia ai Giochi invernali di Sochi. L'azzurro Christof Innerhofer ha conquistato l'argento nella discesa libera, gara inaugurale dello sci alpino. L'oro è andato all'austriaco Matthias Mayer. L'azzurro 29enne (tre medaglie ai Mondiali 2011 di Garmisch e 6 vittorie in coppa del mondo) ha chiuso con un ritardo di soli sei centesimi dall'austriaco Mayer (mai un successo in coppa del mondo) che conquista il titolo olimpico con il tempo di 2'06"23. Terzo e bronzo il norvegese Kjetil Jansrud, staccato di 10/100, che ha preceduto il connazionale Svindal, uno dei favoriti della vigilia. Tra i grandi delusi c'è lo statunitense Bode Miller, solo ottavo. Settimo l'altro azzurro Peter Fill, undicesimo e dodicesimo posto al momento per Dominik Paris e Werner Heel. L'argento di Innerhofer è la terza medaglia olimpica di sempre per l'Italia nella discesa libera: la prima nel '52 Zeno Colò con l'oro ai Giochi di Oslo, nel '76 il bronzo a Innsbruck di Herbert Plank. «REALIZZATO UN SOGNO» - "Non ci posso credere. Il mio grande sogno era vincere una medaglia olimpica, ci sono riuscito ed è come dieci vittorie": così ai microfoni di Sky l'azzurro Christof Innerhofer commenta l'argento olimpico conquistato nella discesa ai Giochi invernali di Sochi. "Questa volta le ho azzeccate tutte - dice - prima della partenza mi sono detto 'ce la devi fare' e ho cercato di divertirmi. Avversari sorpresi? Le prove non contano - conclude - bisognava essere pronti in gara".
Post n°11079 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
© Ansa TORINO - La storia si chiama Felix Loch, 24enne tedesco che ha vinto l’oro nel singolo di slittino maschile, polverizzando il record della pista anche nel corso delle due conclusive manche di ieri; ma la leggenda porta il nome di Armin Zoeggeler, ieri medaglia di bronzo dietro anche il russo Albert Demtschenko. Perché per una volta il terzo posto vale più del primo e del secondo messi assieme. UNICO - Nessuno al mondo, sottolineiamo nessuno, era mai riuscito a salire sul podio olimpico per ben sei volte in altrettante edizioni dei Giochi negli sport individuali, in quelle discipline dove non si può contare sull’apporto di un compagno di fatica. E stiamo parlando di Olimpiadi totali, dunque comprendendo in questa statistica anche le edizioni estive. Non ci è riuscito il nuotatore statunitense Michael Phelps, che pure ha la bacheca più pinque in fatto di medaglie (18+2+2 per un totale di 22 podi!); e non ci riuscì neppure la mitica canoista tedesca Birgit Fischer, sul podio in sei edizioni a Cinque Cerchi dal 1980 a mosca sino al 2004 ad Atene, ma avvalendosi nel finale di carriera del conforto di compagne di pagaie; e non ci riuscirono neanche gli schermidori Aladar Gerevich (Ungheria), Edoardo Mangiarottti e Valentina Vezzali (nostri eroi anche questi ultimi due ), che si fermarono a cinque. Ci è riuscito il nostro portabandiera altoatesino, quarant’anni portati con l’entusiasmo di un ragazzino e con la professionalità di un veterano. La favola sbalorditiva aveva pronunciato l’iniziale “c’era una volta” a Lillehammer 1994, dove Armin aveva conquistato il bronzo. Poi, da allora, ecco il crescendo rossiniano attraverso l’argento di Nagano ‘98 e quindi gli ori di Salt Lake City 2002 e Torino 2006, seguiti dal miracoloso bronzo di Vancouver 2010, nonostante il “ghiaccio bollente” e sgradito ad “Arminator” e la partenza abbassata dopo la tragedia che si portò via la giovane vita del georgiano Kumaritashvili. Quel quinto podio arrivò nonostante l’azzurro avesse patito più di altri la brevità del tracciato per atavici problemi di spinta al cospetto dei marcantoni avversari. E parve poter mettere la parola fine a una carriera immaginifica, che invece continuò a dispetto del tempo sino ai Giochi di Russia, dove lo slittinista di Foiana si è definitivamente consegnato alla leggenda con una prova maiuscola. E chissà che dopo questa sesta gemma, il carabiniere altoatesino non stupisca una volta di più con l’annuncio di voler proseguire ancora per un anno, viosto che i Mondiali 2015 saranno sull’amata pista di Sigulda, dove Zoeggeler ha vinto 11 delle sue 57 gare di Coppa del Mondo, più l’oro iridato del 2003!
Post n°11078 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
Cristiana Paternò09/02/2014 BERLINO – Al cospetto dei fotografi Lars Von Trier si presenta ammiccante, con una t-shirt nera su cui campeggia la scritta “persona non grata” sotto al simbolo della Palma d’oro. Chiaro riferimento alla gaffe fatta al festival francese quando nel 2011, in occasione della premiere di Melancholia venne tacciato di filonazismo per una dichiarazione malaccorta. Forse per evitare di parlare a sproposito a Berlino evita la conferenza stampa. Dove neanche Charlotte Gainsbourg si è fatta vedere (impegni di famiglia la trattengono a Parigi), mentre Shia LaBeouf, cappellino da baseball calato sugli occhi, alla prima domanda indiscreta (ma nemmeno poi tanto) si alza e se ne va.
Insomma Nymphomaniac, presentato qui fuori concorso nella versione integrale, deve parlare da solo. Alla Berlinale, di questa edizione uncut, si è visto il Volume 1 per una durata di appena 145’, mentre il volume 2 (180’) resta da svelare (e la produttrice Louise Vesth ironizza sulla possibilità che sia presentato a Cannes). Ma chi ha potuto fare il confronto tra le due edizioni, almeno di questa prima parte, assicura che le differenze non sono poi così abissali, al massimo qualche primo piano di genitali in più. “Un contenuto sessuale più esplicito che consente una comprensione più profonda”, come dice la produttrice. Però è bastato a creare problemi a RaiNews24 per un trailer dove appariva una fellatio trasmesso in fascia protetta.
Nymphomaniac è ormai il segreto di Pulcinella eppure continua a far parlare di sé, a scandalizzare. Il film è uscito in Danimarca a Natale e subito dopo in Francia (mentre da noi la Good Films lo distribuirà ad aprile). Anche chi non l’ha visto sa che è la storia della confessione di una donna di circa cinquant’anni, Joe, che il buon samaritano Seligman (Stellan Skarsgard) trova pestata a sangue in un vicolo isolato durante un’abbondante nevicata. La porta a casa, la rifocilla e comincia ad ascoltare il racconto della sua vita o meglio delle sue imprese sessuali. La donna si considera un essere spregevole ed è pervasa da sensi di colpa, Seligman (il cui nome, di origine ebraica, vuol dire “colui che è felice”) propende invece per una visione naturalistica della sua inclinazione al sesso seriale che nasce nell’infanzia e si radica nell’adolescenza, dai giochi erotici chiusa in bagno con l’amichetta alla repentina perdita della verginità in cinque mosse, collegata alla sequenza di Fibonacci (!). Le metafore abbondano e ci accompagnano nel viaggio: dalla pesca con la lenza alla ninfa come stadio di sviluppo dell’insetto fino al paragone con la polifonia bachiana con tanto di schermo tripartito dove compaiono i tre amanti diversi che compongono l’armonia attraverso la dissonanza. Largo spazio viene dato al tema dell’amore, che Joe rifiuta e che considera solo una somma di lussuria e gelosia, ma in cui cade come una pera cotta quando rincontra Jerôme, il brusco ragazzo della sua prima volta diventato un uomo d’affari (Shia LaBeouf).
In tutta questa prima parte una malconcia Charlotte Gainsbourg si limita a parlare, mentre vediamo in azione la giovane Joe interpretata dall’esordiente assoluta Stacy Martin che con la sua bellezza acerba dà al personaggio un’aria di vittima sacrificale molto intonata alla concezione del femminile a cui il regista danese ci ha abituato da Le onde del destino in avanti. Ma al di là della carrellata di orgasmi e penetrazioni, sesso orale e erezioni in primo piano, il tutto ad uso del marketing, Nymphomaniac ci regala anche un paio di momenti di grande cinema. Il capitolo dedicato all’agonia dell’amato padre di Joe (Christian Slater), che muore nel delirio tra allucinazioni e crisi violente, mentre la figlia lo assiste (e del resto il rapporto padre-figlia sembra rispecchiarsi anche nel dialogo con il buon Seligman). E il pezzo di bravura di Uma Thurman, moglie abbandonata che si presenta a casa di Joe con i tre figli e inscena una buffa pantomima tra disperazione e ridicolo di fronte al marito adultero: “Sette pagine di sceneggiatura recitate tutte d’un fiato con Lars che non mi faceva più smettere”, come racconta l’attrice. E almeno lei sembra soddisfatta.
Post n°11077 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
09/02/2014 BERLINO - Notizie sul nuovo film di Nanni Moretti arrivano dallo EFM berlinese. Scritto con i collaboratori di vecchia data Francesco Piccolo e Valia Santella, si intitolerà Mia madre e sarà la storia di una regista di successo, interpretata da Margherita Buy, la cui vita privata è una catastrofe. A casa è completamente in balia della mamma e del figlio adolescente, proprio mentre sta girando un film con un importante attore americano come protagonista (John Turturro). Moretti stesso ha il ruolo del fratello della Buy. Prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci insieme alla Sacher Film, ai francesi Le Pacte e alla tedesca Boutique, il film ha un budget di 8 mln €. I diritti internazionali della pellicola sono stati acquisiti da Films Distribution.
Post n°11076 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
notizia a cura di Fabio Fuscoscritta il 09 febbraio 2014 E' il giorno di The Nymphomaniac di von Trier, ma anche di Calvary, con Brendan Gleeson. Spazio al monaco buddista di Tsai ming liang e al 'pierrot lunaire' di Bruce LaBruce.Dopo esserci lasciati alle spalle il delirio scatenato dall'arrivo di Clooney a Berlino, la quarta giornata del Festival è nel segno delle provocazioni. C'è von Trier, innanzitutto, e già da solo il regista danese basterebbe a garantire polemiche per due, tre edizioni a venire, come ha fatto a Cannes con una dichiarazione. Ma Nymphomaniac si affianca ad altre pellicole di sicuro impatto presentate in cartellone, come Vulva 3.0, che spicca tra i documentari della sezione Panorama oppure She's Lost Control, che racconta la storia di una donna che lavora come surrogato sessuale per disabili. Ma tra i film presentati oggi, figurano documentari su attrici e ballerine (come Tanaquil Le Clercq) oppure sull'Olocausto - tra i temi più sentiti, da sempre, alla Berlinale - come The Decent One o German Concentration Camps Factual Survey. Si esplorano altre realtà e culture - quelle orientali, in primis - e scenari politici, ma si raccontano anche storie interessanti, come quelle al centro di Brides o di Blind, un thriller su una donna cieca che inizia a nutrire dei sospetti su suo marito, ed è convinta che l'uomo spesso resti a casa (a sua insaputa) per osservarla in segreto. Tornando a von Trier, The Nymphomaniac non ha quasi bisogno di presentazioni, visto che se n'è parlato tantissimo nei mesi scorsi: oggi viene presentato fuori concorso a Berlino in versione extended (ma solo la prima parte) è ricco di riferimenti letterari - dalla Bibbia alle Mille e una notte, dal Decamerone al Marchese De Sade - e si sviluppa attorno alla storia di una donna, Joe, che racconta ad un uomo che l'ha appena salvata e ospitata in casa, tutta la sua vita, le sue esperienze e il suo insaziabile appetito sessuale. Un cast ricchissimo, per von Trier, nel quale spiccano Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgard, Christian Slater, Stacy Martin e Uma Thurman, che oggi sono a Berlino. A fare da contrasto alla ninfomane di von Trier, in concorso arriva anche Stations of the Crossdi Dietrich Brüggemann, che è incentrato sulla storia di una ragazzina, Maria, che vive un contesto familiare troppo pesante per la sua giovane età: i suoi genitori sono cattolici integralisti, e la ragazza vive nel terrore di commettere peccati e di deludere i familiari, anche se suo padre in realtà tende ad essere più ragionevole, in materia, rispetto a sua madre. Il mondo in cui vive Maria si scontrerà inevitabilmente con quello esterno, e il conflitto sarà inevitabile. Ad affiancare il dramma di Bruggermann, nella competizione per l'Orso d'Oro, c'è History of Fear( Historia del miedo) debutto alla regia dell'argentino Benjamin Naishtat nel quale si parla di crisi di sicurezza sociale - un tema mai come in questo periodo diffusissimo al cinema, basti pensare a La notte del giudizio, per fare un esempio estremo - una pellicola che si sviluppa tutta sulle paranoie che derivano dalle incertezze sociali che ovunque stiamo vivendo. La sezione Panorama Special invece punta, tra le altre cose, su un un sacerdote irlandese, un monaco buddista e un ex-assicuratore con velleità da Robin Hood. Una confessione religiosa dà il via alle vicende di Calvary: un uomo rivela ad un sacerdote, James Lavelle, di essere stato violentato da un prete per tanti anni, e ora ha intenzione di vendicarsi facendone fuori uno. L'uomo dice a Lavelle di prendersi una settimana di tempo per sistemare le sue cose, poi lo ucciderà. Lavelle a sua volta, sentendosi obbligato dal segreto confessorio a non dire nulla - neanche alla polizia - proverà a sventare l'omicidio a modo suo. Brendan Gleeson è affiancato da Kelly Reilly e Chris O'Dowdin questa tragicommedia diretta da John Michael McDonagh. Con Things People Do di Saar Klein invece seguiamo la storia di Scanlin, ha appena perso il suo lavoro di assicuratore, perchè non riusciva a fare abbastanza clienti. Come se non bastasse, la banca non è disposta a fare concessioni sui pagamenti per la casa, e Scanlin si ritrova sull'orlo del collasso finanziario. Si trasformerà in una sorta di Robin Hood che sceglie accuratamente le sue vittime, ed è amico di un poliziotto che non segue la legge alla lettera. Curiosamente questo film segna l'esordio a Berlino di un altro neo-regista che ha lavorato come montatore per Terrence Malick (l'altro è A.J. Edwards, che ieri ha presentato The Better Angels) e vede nel cast Wes Bentley e Jason Isaacs. Meno convenzionale è Journey to the West di Tsai Ming-liang con il quale il regista taiwanese racconta il lento cammino di un monaco buddista attraverso Marsiglia. A piedi scalzi e vestito di un saio rosso, Lee Kang-sheng è il protagonista di questo film che riprende la sua performance al Teatro Nazionale di Taipei. Ben diciotto personalità australiane - registi, ma anche attori, performer, ecc. - sono gli autori dei racconti che formano The Turning, anche questo presentato in Panorama. Ognuno di loro è impegnato nell'adattamento delle opere di Tim Winton, popolare scrittore australiano. Racconti che descrivono la vita quotidiana di persone alle prese con il passare del tempo, scelte importanti, dipendenze e ossessioni. Ognuna raccontata con toni differenti, a volte melodrammatici, a volte leggeri. Tra i registi spicca l'attrice Mia Wasikowska, mentre nel cast figurano Rose Byrne, Hugo Weaving e Cate Blanchett. Tra le tantissime proposte della sezione Forum, ce n'è una diretta da un regista ormai conosciuto, almeno in ambito festivaliero. Lo scorso settembre Bruce La Bruce ha presentato a Venezia il controverso Gerontophilia, mentre a Berlino porta il suo Pierrot Lunaire, un progetto in bianco e nero che si rifà alle poesie del poeta belga Albert Giraud, che nel 1912 erano state interpretate dal compositore Arnodl Schonberg. " Quando ho ascoltato la musica di Schonberg" - ha detto LaBruce - " ho cercato di sviluppare qualcosa che si adattasse al mood della sua composizione, e che al tempo stesso fosse coerente con le poesie di Giraud, ma inserite in un contesto più attuale." Una ragazza che si veste come un maschio si innamora, ricambiata, di un'altra ragazza che non è a conoscenza della sua vera identità sessuale. Quando la giovane presenta il suo "fidanzato" a suo padre, egli smaschera la frode e vieta ad entrambe di continuare a frequentarsi. A quel punto il "ragazzo" cercherà di dimostrare al padre della fanciulla la sua mascolinità.
Post n°11075 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
La quiete prima della tempesta: in attesa dei fuochi d'artificio del weekend (da «The Monuments Men» di George Clooney a «Nymphomaniac» di Lars von Trier) il Festival di Berlino ha vissuto una giornata priva di grandi colpi di scena. Una piccola sorpresa è però arrivata da «Jack» di Edward Berger, primo dei quattro titoli tedeschi inseriti nel concorso di questa edizione. Protagonista è un bambino di 10 anni, membro di una famiglia disfunzionale composta da una madre poco presente e da un fratellino di cui sarà lui stesso a doversi prendere cura. Ambientato proprio a Berlino, «Jack» è un duro dramma dal sapore neorealista che ricorda diverse pellicole italiane degli anni '40: in particolare «Sciuscià» e «Ladri di biciclette», entrambi diretti da Vittorio De Sica e scritti da Cesare Zavattini. La cinepresa di Berger si pone a misura di bambino, seguendo il piccolo protagonista in tutte le sue disavventure con buona tecnica e grande rigore formale. Non tutte le sequenze appaiono strettamente necessarie, ma il film cresce alla distanza e riesce a regalare un finale emozionante e inatteso. Straordinaria performance del giovanissimo Ivo Pietzcker, nei panni di Jack, da tenere in grande considerazione per il premio al miglior attore. Buona performance è anche quella del ben più esperto Forest Whitaker in «La voie de l'ennemi» di Rachid Bouchareb. L'attore interpreta un ex detenuto che, appena uscito da una prigione del Nex Mexico, cercherà di costruirsi una nuova esistenza. Il parigino Rachid Bouchareb (autore di «London River» e «Uomini senza legge») si è ispirato al film «Due contro la città» (1973) di José Giovanni: rispetto alla pellicola precedente, «La voie de l'ennemi» manca di mordente e fatica a trasportare adeguatamente la vicenda ai giorni nostri. Una buona fotografia e alcune interessanti soluzioni sonore non bastano a nascondere gli evidenti difetti di un prodotto piatto e derivativo che, nonostante l'intensa prova di Whitaker, conferma la preoccupante involuzione che ha subito il cinema di Rachid Bouchareb negli ultimi anni. Infine, da segnalare l'ultimo titolo in concorso della giornata: «'71» di Yann Demange, pellicola che racconta il crescente conflitto nordirlandese, tra cattolici e protestanti, attraverso gli occhi di un soldato britannico chiamato a Belfast nei primi anni '70 per adempiere al suo dovere. Se l'inizio risulta adrenalinico e coinvolgente al punto giusto, col passare dei minuti «'71» sembra perdere l'orientamento e Demange non riesce ad approfondire il contesto sociopolitico di riferimento. Più che gli scontri a fuoco e i bombardamenti, colpisce la totale assenza di originalità in un film che sa troppo di già visto e di cui si poteva tranquillamente fare a meno.
Post n°11074 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
“Immaginate di organizzare le Olimpiadi invernali in riva al mare. Un mare caldo, mica un oceano che accarezza il circolo polare. Sulle cui coste d’inverno fan ben più di dieci gradi, tra una palma e uno stabilimento balneare [...]. Poi immaginate di organizzare i Giochi olimpici in [...] una regione in cui collidono popoli e religioni, con fortissime e irrisolte tensioni che alimentano mafie, terrorismi e conflitti latenti. Bene, questa congiunzione - tutt’altro che astrale - si è verificata per i XXII Giochi olimpici invernali. La città è Sochi, Russia. La regione è il Caucaso.”Il sito di Progetto Sochi 2014
Inizia così La Russia di Sochi 2014, un eBook dedicato agli intrecci tra sport e geopolitica in vista degli imminenti Giochi olimpici invernali che esce oggi sulle maggiori piattaforme di pubblicazioni digitali. Il volume è stato scritto e prodotto daProgetto Sochi 2014, un gruppo di una ventina di studenti, ricercatori e giovani editori provenienti da tre gruppi: Limes Club Bologna; Cronache Internazionali, un periodico online di politica estera; iMerica, un progetto editoriale alla seconda uscita dopo La Guerra dei Droni del settembre 2013. Il tutto con il sostegno dei portali sportivi Olympialab e Storie (stra)ordinarie di sport e il patrocinio della Società Italiana di Storia dello Sport, della Biblioteca Sportiva - Centro studi CONI Emilia Romagna e del Master in Politica e Diplomazia Internazionale dell’Università di Bologna. L’eBook s’indirizza a un pubblico eterogeneo: ai professionisti e ai cultori della geopolitica in cerca di un approccio originale alla materia, così come agli appassionati di sport incuriositi dalla grande potenza che ospita i Giochi olimpici, la Russia. Il volume è organizzato in brevi ma approfonditi articoli, pensati per dare al lettore l’essenziale del problema trattato e organizzati in quattro sezioni. [Fonte: Kremlin.ru]
La Parte Prima, “Sochi e il Caucaso”, racconta le sfide legate alla regione e alla città olimpica, dalla sicurezza al rischio di attentati, dalle dinamiche legate all’energia alle enormi risorse investite nei Giochi che hanno reso quest’edizione la più costosa della storia. La Parte Seconda, “L’immagine della Russia”, s’interroga sul modo in cui la Russia si presenta al mondo in occasione dell’appuntamento olimpico. Affrontando temi come le fondamenta politiche ed economiche del regime di Putin, la questione del consenso e del suo mantenimento, la controversia legata alle leggi contro la “propaganda delle relazioni sessuali non tradizionali”. Nella Parte Terza, “Le Olimpiadi e lo sport”, si affronta la strategia sportiva di Putin e i motivi per cui ha voluto portare la fiaccola olimpica a Sochi. Non manca un approfondito quadro storico per dare il senso dello sport per la società e lo Stato russo dai tempi dell’impero a oggi, passando per il fondamentale periodo sovietico. Tutte epoche nelle quali lo sport è servito come prosecuzione della politica con altri mezzi, sia pure con declinazioni di volta in volta diverse. La Parte IV, “La Russia vista dagli altri”, fa una panoramica sul ruolo di Mosca in alcuni scacchieri geopolitici cruciali. Si va dai rapporti sempre più freddi con gli Stati Uniti alla volontà russa di recuperare un ruolo nell’Asia-Pacifico; dal complesso mosaico europeo ed ex sovietico alla Siria, il palcoscenico su cui nel 2013 la diplomazia russa è stata più attiva. L’opera esce in formato digitale per dare ai lettori un valore aggiunto, affiancando agli articoli una serie di strumenti come infografiche, video, mappe interattive e gallerie fotografiche per rendere immediatamente comprensibili dati e concetti altrimenti meno immediati in un testo scritto, specie se digitale. Il gruppo degli autori non considera La Russia di Sochi 2014 un’opera fine a se stessa ma la prima di una serie di pubblicazioni che uniscano l’approfondimento all’intrattenimento. L’obiettivo, nelle parole di uno degli autori, è “creare nuove forme di occupazione per giovani studiosi ed esperti. Siamo convinti che la qualità possa ancora pagare e ci siamo messi in gioco per rispondere, piuttosto che soccombere, all’attuale situazione socio-economica italiana ed europea”. Per questo gli autori hanno deciso di lanciare l’eBook a un prezzo popolare: 0,99 euro. E di organizzare una campagna di raccolta fondi sulla piattaforma di crowdfunding Eppela, dove si possono effettuare anche piccole donazioni in cambio, tra l’altro, di una versione speciale e personalizzata del libro. L'eBook in versione Kindle | L'eBook in versione pdf per lettura su computer (17/01/2014)
Post n°11073 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
“Immaginate di organizzare le Olimpiadi invernali in riva al mare. Un mare caldo, mica un oceano che accarezza il circolo polare. Sulle cui coste d’inverno fan ben più di dieci gradi, tra una palma e uno stabilimento balneare [...]. Poi immaginate di organizzare i Giochi olimpici in [...] una regione in cui collidono popoli e religioni, con fortissime e irrisolte tensioni che alimentano mafie, terrorismi e conflitti latenti. Bene, questa congiunzione - tutt’altro che astrale - si è verificata per i XXII Giochi olimpici invernali. La città è Sochi, Russia. La regione è il Caucaso.”Il sito di Progetto Sochi 2014
Inizia così La Russia di Sochi 2014, un eBook dedicato agli intrecci tra sport e geopolitica in vista degli imminenti Giochi olimpici invernali che esce oggi sulle maggiori piattaforme di pubblicazioni digitali. Il volume è stato scritto e prodotto daProgetto Sochi 2014, un gruppo di una ventina di studenti, ricercatori e giovani editori provenienti da tre gruppi: Limes Club Bologna; Cronache Internazionali, un periodico online di politica estera; iMerica, un progetto editoriale alla seconda uscita dopo La Guerra dei Droni del settembre 2013. Il tutto con il sostegno dei portali sportivi Olympialab e Storie (stra)ordinarie di sport e il patrocinio della Società Italiana di Storia dello Sport, della Biblioteca Sportiva - Centro studi CONI Emilia Romagna e del Master in Politica e Diplomazia Internazionale dell’Università di Bologna. L’eBook s’indirizza a un pubblico eterogeneo: ai professionisti e ai cultori della geopolitica in cerca di un approccio originale alla materia, così come agli appassionati di sport incuriositi dalla grande potenza che ospita i Giochi olimpici, la Russia. Il volume è organizzato in brevi ma approfonditi articoli, pensati per dare al lettore l’essenziale del problema trattato e organizzati in quattro sezioni. [Fonte: Kremlin.ru]
La Parte Prima, “Sochi e il Caucaso”, racconta le sfide legate alla regione e alla città olimpica, dalla sicurezza al rischio di attentati, dalle dinamiche legate all’energia alle enormi risorse investite nei Giochi che hanno reso quest’edizione la più costosa della storia. La Parte Seconda, “L’immagine della Russia”, s’interroga sul modo in cui la Russia si presenta al mondo in occasione dell’appuntamento olimpico. Affrontando temi come le fondamenta politiche ed economiche del regime di Putin, la questione del consenso e del suo mantenimento, la controversia legata alle leggi contro la “propaganda delle relazioni sessuali non tradizionali”. Nella Parte Terza, “Le Olimpiadi e lo sport”, si affronta la strategia sportiva di Putin e i motivi per cui ha voluto portare la fiaccola olimpica a Sochi. Non manca un approfondito quadro storico per dare il senso dello sport per la società e lo Stato russo dai tempi dell’impero a oggi, passando per il fondamentale periodo sovietico. Tutte epoche nelle quali lo sport è servito come prosecuzione della politica con altri mezzi, sia pure con declinazioni di volta in volta diverse. La Parte IV, “La Russia vista dagli altri”, fa una panoramica sul ruolo di Mosca in alcuni scacchieri geopolitici cruciali. Si va dai rapporti sempre più freddi con gli Stati Uniti alla volontà russa di recuperare un ruolo nell’Asia-Pacifico; dal complesso mosaico europeo ed ex sovietico alla Siria, il palcoscenico su cui nel 2013 la diplomazia russa è stata più attiva. L’opera esce in formato digitale per dare ai lettori un valore aggiunto, affiancando agli articoli una serie di strumenti come infografiche, video, mappe interattive e gallerie fotografiche per rendere immediatamente comprensibili dati e concetti altrimenti meno immediati in un testo scritto, specie se digitale. Il gruppo degli autori non considera La Russia di Sochi 2014 un’opera fine a se stessa ma la prima di una serie di pubblicazioni che uniscano l’approfondimento all’intrattenimento. L’obiettivo, nelle parole di uno degli autori, è “creare nuove forme di occupazione per giovani studiosi ed esperti. Siamo convinti che la qualità possa ancora pagare e ci siamo messi in gioco per rispondere, piuttosto che soccombere, all’attuale situazione socio-economica italiana ed europea”. Per questo gli autori hanno deciso di lanciare l’eBook a un prezzo popolare: 0,99 euro. E di organizzare una campagna di raccolta fondi sulla piattaforma di crowdfunding Eppela, dove si possono effettuare anche piccole donazioni in cambio, tra l’altro, di una versione speciale e personalizzata del libro. L'eBook in versione Kindle | L'eBook in versione pdf per lettura su computer (17/01/2014)
Post n°11072 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Ladridicinema
| | Costantino Di Sante (a cura di) |
| Italiani senza onore | I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951) | | pp. 270 | € 18,00 | isbn 88-87009-65-1 | Prefazione di Filippo Focardi
Il libro All'aggressione militare dell'Jugoslavia da parte italiana dell'aprile 1941 seguì, nei trenta mesi dell'occupazione, una politica di "pacificazione" attuata attraverso l'esercizio sistematico e pianificato della violenza ai danni della popolazione civile. All'indomani della cessazione della guerra, il governo jugoslavo presieduto da Tito reclamò, perché potessero essere giudicati, i militari e civili italiani ritenuti responsabili dei crimini. Nonostante gli accordi internazionali prevedessero la loro estradizione, il governo italiano si mosse per evitarne la consegna e impedire che i processi venissero celebrati, negando di fatto la possibilità che di quei crimini si potesse serbare una memoria giudiziaria. Ciò fu possibile anche grazie alle controrelazioni realizzate nel 1945 dallo Stato Maggiore dell'esercito, nelle quali si sminuivano le accuse jugoslave, addossando la responsabilità delle violenze commesse alla guerra fratricida esplosa tra le popolazioni slave e alle aggressioni portate dal movimento partigiano alle truppe italiane. Per la prima volta presentati nella loro interezza, l'atto d'accusa jugoslavo e i documenti della difesa italiana, qui raccolti e commentati, risultano uno strumento prezioso per comprendere le logiche e i metodi che si accompagnarono alla spietata occupazione italiana e per far luce sulle responsabilità e sulle complicità nella perpetuazione dei crimini, che contribuirono ad alimentare la spirale di terrore nel confine orientale.
L'autore Costantino Di Sante, ricercatore presso l'Istituto regionale per la storia del Movimento di Liberazione delle Marche, è responsabile della Biblioteca provinciale di storia contemporanea di Ascoli Piceno. Tra le sue pubblicazioni, L'internamento civile nell'ascolano. Il campo di concentramento di Servigliano 1940-1944 (Ascoli Piceno, 1998) e il catalogo della mostra Fascismo e Resistenza nel Piceno (Ascoli Piceno, 2003). Ha curato I campi di concentramento in Italia. Dall'internamento alla deportazione 1940-1945 (Milano, 2002).
Indice del volume
Prefazione di Filippo Focardi
Introduzione: L'impunità per i crimini italiani in jugoslavia di Costantino Di Sante
La documentazione
1. Le accuse del Governo di Tito La Commissione di Stato jugoslava per l'accertamento dei misfatti compiuti dagli occupatori e dai loro coadiutori [marzo 1945]
2. I memoriali di difesa dello Stato Maggiore dell'esercito Direttive eseguite dalle autorità e dalle truppe italiane di occupazione nell'azione pacificatrice svolta in Jugoslavia [agosto 1945] Note alle prime quattro relazioni compilate dalla Commissione di Stato jugoslava per l'accertamento dei misfatti compiuti dagli occupatori e dai loro coadiutori [agosto 1945]
3. Il memoriale fotografico dell' "Ufficio Informazioni" dello Stato Maggiore dell'Esercito Note relative all'occupazione italiana in Jugoslavia [settembre 1945] Appunti per il Ministero degli Affari Esteri [novembre 1945]
4. La "Commissione d'inchiesta" italiana [ottobre 1946-maggio 1947]
Apparati
"Crimini di guerra". Breve excursus giuridico Cronologia: Italia-Jugoslavia (1919-1951). Il fascismo, i crimini di guerra e il confine Orientale Bibliografia scelta
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45