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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 19/05/2014
Post n°11502 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Isabelle è un'attraente studentessa diciassettenne che vive con il fratello minore, la madre e il patrigno. Dopo un'estate al mare durante la quale ha avuto il suo primo (e insoddisfacente) rapporto sessuale torna in città e inizia a prostituirsi fissando appuntamenti via internet. Guadagna molto ma non spende. Un giorno però, durante un rapporto con uno dei clienti più assidui, succede un fatto che muta profondamente il corso della sua vita. François Ozon torna a suddividere una propria opera in capitoli così come aveva fatto per 5x2. Questa volta non segue cronologicamente al contrario il progressivo deteriorarsi di una coppia. Sono le stagioni, con il loro procedere dall'estate alla primavera, che segnano qui il passaggio all'età adulta di Isabelle (Lea per i clienti). Per questa indagine, in cui mostra di possedere un'acuta capacità di indagine socio-psicologica, utilizza un elemento della cultura che molti ritengono (spesso a torto) 'bassa': la canzone della cosiddetta musica leggera. Così Françoise Hardy torna per la terza volta in un suo film e ne sottolinea l'evolversi con 4 brani del suo repertorio. Ozon mostra e dimostra in questo modo quanto la cosiddetta cultura popolare possa cogliere il difficile tempo dell'adolescenza con la stessa dignità del poema di Arthur Rimbaud "Nessuno è serio a 17 anni" che viene analizzato nel corso delle lezioni che Isabelle frequenta. Il regista la segue attraverso lo sguardo di quattro personaggi: il fratello, un cliente, la madre, il patrigno. Il loro, però è solo uno sguardo temporaneo e dettato da motivazioni diverse. Subito dopo si torna a lei con la sua profonda solitudine, a cui cerca una soluzione, che è umiliante ma che Ozon non giudica. Non lo fa non perché si rifiuti di esplicitare una propria morale dinanzi alle azioni della sua protagonista. Il motivo è un altro: anche lui, come molti (tranne i falsi moralisti dei settimanali a sfondo gossip) non può fare altro che assistere impotente al mistero perenne dell'adolescenza che ai nostri giorni è però sottoposta a pressioni che si manifestano in misura esponenziale rispetto al passato. È come se Isabelle avesse bisogno ogni volta di dare un valore (anche materiale) alla propria avvenenza andando a cercare in figure adulte quella figura paterna che l'ha rifiutata. Ma questa è solo una delle possibili motivazioni. Solo un quinto sguardo, malinconicamente ferito, come il suo, potrà forse aiutarla a cancellare definitivamente Lea.
Post n°11501 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
A Cannes per promuovere I Due Volti di Gennaio, Viggo Mortensen ha parlato con il Telegraph delSignore degli Anelli. Riflettendo sul fantasy uscito 14 anni fa, l'attore non ha potuto fare a meno di sottolineare quanto sia stato difficile portare la trilogia sul grande schermo, svelando dei retroscena piuttosto critici: Tutti quelli che dicono che era un successo annunciato mentono. Ne abbiamo avuto prova solamente a maggio 2001, quando sono stati mostrati 20 minuti in anteprima a Cannes. La produzione era nei pasticci, e Peter aveva speso un mucchio di soldi. Formalmente si poteva dire che aveva finito la trilogia a dicembre 2000, ma il secondo e il terzo film erano un disastro. Erano molto sciatti, troppo incompleti. Servivano un mucchio di reshoot, cosa che alla fine abbiamo fatto anno dopo anno. Ma non ci avrebbero mai concesso ulteriori finanziamenti se il primo non si fosse rivelato un successo. Il secondo e il terzo sarebbero usciti direttamente in home video.
Secondo Mortensen, è La Compagnia dell'Anello il film venuto meglio, forse perchè girato in un'unica soluzione e senza troppe riprese aggiuntive: Era tutto molto confuso, giravamo con un ritmo impressionante, c'erano un mucchio di unità di ripresa simultanea. Il primo script era decisamente il migliore. Per di più, Peter era un appasionato di tecnologia, ma una volta ottenuti i mezzi e con la rivoluzione tecnologica, non si è mai più guardato alle spalle. Nel primo film, sì, c'è Granburrone, e Mordor, ma è tutto amalgamato in una qualità organica: ci sono attori che interagiscono, paesaggi reali; è più viscerale. Il secondo film ha cominciato a traballare fin troppo per i miei gusti, mentre il terzo film si è rivelato un tripudio di effetti speciali. Grandioso, non lo metto in dubbio, ma tutta la finezza del primo film è andata persa con i film successivi. E ora con Lo Hobbit, moltiplicate tutto per 10.
Le accuse proseguono: Immagino che Peter sia diventato un po' come Ridley Scott - un uomo al servizio dell'industria con un mucchio di persone che contano su di lui. Ma c'è sempre una scelta. Credevo che [dopo Il Signore degli Anelli] Peter avrebbe girato un altro film molto intimo come Creature del Cielo: mi parlò di un progetto sulla Nuova Zelanda in guerra. Ma poi ha girato King Kong. Subito dopo, Amabili Resti, che credevo sarebbe stato un film di proporzioni umili. Eppure il budget alla fine si aggirava attorno ai 90 milioni di dollari; ne bastavano 15. Era troppo tardi: il mito degli effetti speciali lo aveva offuscato. Ma lui è contento, credo...
Post n°11500 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Dopo l’ottimo debutto del 6 maggio, Gomorra – La serie torna su Sky Atlantic e su Sky Cinema 1 con il terzo e il quarto episodio, e finalmente entreremo nel vivo dell’azione: l’appuntamento è per martedì 13 maggio alle 21:10 Finora sono andati in onda solo due episodi, ma Gomorra – La serie è già un cult, e i numeri lo confermano: 660,000 spettatori medi, una permanenza del 67%, la pre-vendita in 40 paesi (tra cui gli Stati Uniti d’America, la patria della serialità televisiva di un certo spessore), e qualcosa comequattromila (!) e più tweet, per non parlare delle decine e decine di articoli tra il web e la carta stampata. Non c’è che dire: la serie realizzata da Sky con due tra le maggiori società italiane di produzione televisiva e cinematografica, Cattleya e Fandango, e in collaborazione con La7 e in associazione con Beta Film, ha convinto pubblico e critica, e dopo l’ottimo debutto si appresta a tornare sugli schermi degli abbonati con due nuovi episodi in onda martedì 13 maggio alle 21:10 in contemporanea su Sky Atlantic e su Sky Cinema 1. Nel terzo capitolo vedremo le conseguenze dell’arresto di Pietro Savastano, che verrà rinchiuso nel carcere di Poggioreale: chi si occuperà di gestire gli affari come si deve? Chi prenderà le decisioni per il clan intero? Ciro è il luogotenente di Pietro, ma Genny è il vero erede, e questo di Marzio lo sa bene. Il quarto capitolo, invece, vedrà sempre il boss in carcere, mentre i suoi uomini avranno a che fare con i nigeriani, che sperano di approfittare del vuoto di potere per guadagnare di più dalla vendita del crack. L’appuntamento con Gomorra – La serie è ogni martedì alle 21:10 su Sky Atlantic e su Sky Cinema 1.
Post n°11499 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Ospite allo show di Conan O’Brien, George R.R. Martin, l’autore delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, ha parlato ancora una volta del suo tanto atteso nuovo romanzo The Winds of Winter e non solo. Come vi abbiamo riportato, le pressioni sul buon Martin perché finisco presto il romanzo sono quasi insostenibili. Va detto che lui se ne cura poco, anche perché è alieno alla tecnologia più di vostro nonno. Nell’intervista, che trovate qui sotto, ha infatti confessato che quando lavora ai libri della saga lo fa su un computer dodato nientemeno che di DOS, senza accesso a internet, né tantomeno correzione automatica, anche perché altrimenti con tutti i nomi astrusi presenti nei romanzi impazzirebbe o finirebbe per scagliare il suo word processor antidiluviano fuori dalla finestra.
Post n°11498 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
A distanza di quasi tre anni dalla pubblicazione negli Stati Uniti del romanzo A Dance with Dragons(suddiviso nell’edizione italiana in I guerrieri del ghiaccio, I fuochi di Valyria e La danza dei draghi), continuano lentamente ad apparire le prime indiscrezioni e anticipazioni su The Winds of Winter, il penultimo romanzo della saga Cronache del ghiaccio e del fuoco che dovrebbe essere stampato nel 2015. Lo scrittore George R.R. Martin aveva annunciato che il nuovo tassello della storia sarebbe iniziato riprendendo le due grandi battaglie introdotte ne La danza dei draghi: quella del Nord e quella che si svolge a Meereen – la battaglia della Baia degli Schiavi. Alcuni capitoli pubblicati online avevano infatti colmato alcuni vuoti narrativi lasciati in sospeso nel quinto romanzo della saga. Entertainment Weekly ha ora pubblicato in anteprima un estratto dedicato a Tyrion Lannister, che verrà diffuso nella sua versione integrale quando il mese prossimo la casa editrice Random House renderà disponibile l’app George R.R. Martin’s A World of Ice and Fire, sulle piattaforme iTunes e Google Play, che offrirà descrizioni dettagliate di personaggi e luoghi, oltre al capitolo in esclusiva dedicato all’amato personaggio. Ecco l’estratto in anteprima: TYRION Somewhere off in the far distance, a dying man was screaming for his mother. “To horse!” a man was yelling in Ghiscari, in the next camp to the north of the Second Sons. “To horse! To horse!” High and shrill, his voice carried a long way in the morning air, far beyond his own encampment. Tyrion knew just enough Ghiscari to understand the words, but the fear in his voice would have been plain in any tongue. I know how he feels. (Da qualche parte in lontananza un uomo sul punto di morte stava urlando chiamando sua madre. “A cavallo!” un uomo stava gridando in Ghiscari, nel prossimo campo a nord dei Secondi Figli. “A cavallo! A cavallo!”Acuta e squillante, la sua voce si diffondeva molto lontana grazie all’aria del mattino, ben oltre l’accampamento. Tyrion sapeva solo quel poco di Ghiscari necessario a capire le parole, ma la paura nella sua voce sarebbe stata comprensibile in ogni lingua. So come si sente.)
Post n°11497 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Cari amanti della saga e della serie di maggior successo di questi tempi abbiate pazienza, e fiducia. L’autore delle "Cronache del ghiaccio e del fuoco", George R.R. Martin, sta lavorando alacremente al tanto atteso nuovo romanzo. Lo ha detto lui stesso nel corso di un’apparizione a sorpresa al Barclays Center di Brooklyn per rispondere alle domande dei fan sul sesto libro della serie, The Winds of Winter. Nel corso del fuoco di fila di domande, condotto dal gigante Kristian “Hodor” Nairn, Martin ha voluto anticipare il pubblico con un sonoro “Ci sto lavorando!”. Ha poi detto che l’adattamento della HBO è stato fedele, “sì, ci sono dei cambiamenti, ma sono necessari, abbiamo solo dieci ore per raccontare la storia di ogni stagione.” Sull’uscita del libro ha dichiarato di aver smesso di fare previsioni su quando finirà effettivamente a scrivere ogni nuovo capitolo della serie “circa tre libri fa, ma sono davvero ottimista sulla conclusione in tempi brevi. Sarà finito quando è finito”. Il processo di scrittura è spesso interrotto dagli altri obblighi che impegnano lo scrittore, che ha detto che lavora sette giorni a settimana, talvolta su altri progetti. “Ho delle buone giornate, qualche volta ho una giornataccia. E via così di nuovo. Non lascio che le enormi aspettative dei fan mi condizionino... troppo. Ma sarebbe una bugia, nessuno vuole questo libro finito più di me”. Lo ha detto davanti a 7000 fan appassionati presenti a Brooklyn, che hanno rappresentato milioni di appassionati della saga in tutto il mondo che sono in trepidazione per vedere come finiranno le avventure del ghiaccio e del fuoco.
Post n°11496 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Guidò lo Stabile di Torino dal 1976 all’84, tra i suoi spettacoli più noti "I Giganti della Montagna" e la "Mandragola". Per il cinema diresse nel 1963 "La bella di Lodi" con una giovanissima Stefania Sandrelli “Uno dei padri fondatori della regia teatrale in Italia”, motivazione per la quale nel 2012 ha ricevuto il Premio Pirandello. È morto a Torino Mario Missiroli, regista cinematografico e di teatro. Nato a Bergamo nel 1934, nel 1963 aveva diretto il film La bella di Lodi, su soggetto di Alberto Arbasino, con una giovanissima Stefania Sandrelli. Dagli anni Sessanta si era imposto sulla scena con spettacoli innovativi e provocatori, che portarono a una svolta nel modo di fare teatro. Fu per quasi dieci anni alla guida del Teatro Stabile di Torino, dal 1977 al 1985. Durante questi anni diresse opere come Eva Peron di Copi, L’ispettore generale di Gogol, La locandiera e Trilogia della villeggiatura di Goldoni, Il Tartufo di Molière, Zio Vanja di Cechov, Verso Damasco di August Strindberg, I giganti della montagna e Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, La Mandragola di Niccolò Machiavelli. Tra i tanti attori con i quali lavorò nel corso della sua lunga carriera si ricordano, Adriana Asti, Anna Maria Guarnieri, Ugo Tognazzi, Arnoldo Foà, Gastone Moschin, Monica Guerritore, Glauco Mauri, Anna Proclemer, Giuseppe Cederna, Valeria Moriconi, Umberto Orsini, Laura Betti. “È stato un regista fondamentale nella storia del teatro italiano del Novecento”, afferma il direttore artistico dello Stabile, Mario Martone, “artista e insieme intellettuale lucidissimo. E uno dei più grandi direttori che abbia avuto lo Stabile di Torino”. La camera ardente sarà allestita da mercoledì al Teatro Gobetti di Torino.
Post n°11495 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Foxcatcher di Bennett Miller (già regista di Capote e Moneyball), The Homesman di Tommy Lee Jones, e il caustico e attesissimo Maps to the Stars di David Cronenberg, canadese ma di produzione statunitense. Tre film paralleli e diversissimi ma tutti legati alla parabola americana, che parte dal Sogno e si chiude con l’inevitabile consapevolezza che la realtà è ben altro “Buongiorno, mi chiamo Mark Schulzt e sono qui per parlarvi dell’America”. Il campione olimpico di wrestler prono al microfono, la sua platea è una classe elementare. Perché almeno loro, all’American Dream sono tenuti a credere, finché innocenza persiste. La bandiera a Stelle&strisce completa oggi il suo approdo al concorso di Cannes, portando sul grande schermo le estreme contraddizioni del Paese più influente del pianeta oltre che uno squadrone di star hollywoodiane. Da Channing Tatum a Hilary Swank, da Mark Ruffalo a Julianne Moore, da John Cusack aRobert Pattinson (nella foto). La battuta sopracitata apre l’ottimo Foxcatcher di Bennett Miller (già regista di Capote eMoneyball), che segue di un giorno la proiezione dell’altrettanto convincente The Homesman diTommy Lee Jones, a cui si aggiunge sempre oggi il caustico e attesissimo Maps to the Stars diDavid Cronenberg, canadese ma di produzione statunitense. Tre film paralleli e diversissimi ma tutti legati alla parabola americana, che parte dal Sogno e si chiude con l’inevitabile consapevolezza che la realtà è ben altro. Dall’ottocentesco Far West degli spregiudicati pionieri di Lee Jones alla Hollywood spietata di Cronenberg passando per l’oligarchia ricattatoria e criminale di Miller, il risultato sembra confermare il crescente interesse dei cineasti americani a mostrare che “il re è nudo”, il Mito esaurito o meglio delegato a Wall Street: vuoi che si parli di sport, cinema o terre di conquista. I protagonisti dei tre film sono tutti dei disperati, consapevolmente o meno, e chi ancora si affida ai Valori di un’Etica radicata viene fatto fuori (l’allenatore di wrestling Dave Schultz, fratello del campione olimpico Mark in Foxcatcher) o si auto elimina dalla scena (la coraggiosa e integerrima Cully di The Homesman). Certo, il racconto (letterario, artistico…) della Tragedia Americana è precoce rispetto alla nascita della Nazione stessa, tuttavia è sempre più chiaro che oggi sia diventato connaturato a qualunque narrazione si voglia sviluppare attorno agli States: non ci sono mezze misure, esistono solo i mostruosi assassini sulla collina di Hollywood pronti a scannarsi talvolta senza un motivo.Babystar 13enni quotidianamente dallo psicanalista fino a diventare assassini (l’enfant terrible Benji di Maps to the Stars), miserabili donne che impazziscono per stupro, infanticidio subito o causato e diventano il pretesto per illustrare un West “dorato” sullo nella Leggenda (le tre donne diThe Homesman), un giovane campione spezzato dalla megalomania psicopatica di un ricco patriota (Foxcatcher): la sintesi apocalittica di un Paese alla deriva ma che persegue ostinatamente l’idea (diventata ideologia) di essere il Modello di pace e giustizia per il mondo intero. Qualitativamente i tre film non presentano omogeneità: decisamente sotto il suo abituale livello, il maestro dell’umana mostruosità David Cronenberg con Maps to the Stars (nelle sale italiane già dal 21 maggio) sembra aver abbozzato un frettoloso disegno più che aver dipinto un affresco, benché il soggetto del suo lavoro sia d’innegabile impatto. Migliori le prove dei suoi colleghi, da cui è probabile attendersi alcuni riconoscimenti al Palmares di questa Cannes finora non eccellente.
Post n°11494 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Andrea Guglielmino19/05/2014 ![](http://news.cinecitta.com/photo.aspx?s=1&w=260&path=%2fpublic%2fnews%2f0006%2f6991%2ffoxcatcher.jpg) CANNES – E’ un fatto di cronaca nera a ispirare il plot diFoxcatcher, il film di Bennet Miller con Channing Tatume Mark Ruffalo nei panni di due fratelli campioni di lotta libera che si ritrovano ingaggiati da un magnate con turbe psichiche (un eccezionale e irriconoscibile Steve Carell, che siamo abituati a vedere in ruoli brillanti) che finisce per assassinarne uno dei due. Il fratello superstite, Mark Schultz, dopo aver vinto i campionati ha raccontato il tutto in una biografia che è stata la base per la sceneggiatura del film. “Abbiamo cercato di avere contatti con gli Schultz il più possibile – racconta il cast – ci è capitato di mangiare con loro e di parlare del triste destino di Dave. Mark è veramente una persona sensibile e speciale”.
“Mi ha allenato – dice in particolar modo il suo interprete Tatum, calatissimo nella parte complice un trucco molto ben fatto che gli inasprisce i tratti del viso – la sua presenza sul set era una cosa polarizzante e in qualche modo mi terrorizzava”. Il fratello ucciso è invece interpretato da Mark Ruffalo: “Per il mio omonimo Mark era terribile e io lo sentivo. Sostanzialmente, stava rivivendo il momento più brutto della sua vita. E’ diventato una sorta di consigliere anche per me e ho stretto molta amicizia anche con la vedova di Dave e con i bambini. Lei è una donna straordinaria”.
Più difficile il ruolo di Carell con inediti toni drammatici. John du Pont non è solo il magnate dietro all’omonima azienda chimica, ma soprattutto un uomo insoddisfatto e con un rapporto conflittuale con la madre (Vanessa Redgrave). Il suo sogno è entrare nel mondo della lotta libera e i suoi soldi glie lo permettono, anche se non ha il minimo talento. Prima finanzia la migliore squadra americana, infine addirittura la allena. “Il processo non è diverso da quello di una commedia – spiega – l’attore non si pone il problema di essere in un dramma o in una commedia. Approccia un personaggio e ne racconta la storia, semplicemente. Non ho potuto incontrare il vero du Pont, che è morto in carcere nel 2010. Ho letto il più possibile su di lui e mi sono documentato, grazie soprattutto a dei video documentari che aveva commissionato per sé e per la sua famiglia. Non capiremo mai quali demoni si portasse davvero dentro ma abbiamo cercato di renderli al meglio”. “E’ chiaramente una storia assurda e con un finale tragico – dice il regista Miller – ma iò che mi ha colpito è che ha temi universali, che riguardano il mondo dove viviamo e il nostro paese. Non è un film politico ma parla di declino. E’ come se avessimo filtrato il mondo attraverso un microscopio”.
“Si tratta fondamentalmente di capire – conclude Ruffalo – cosa accade a persone semplici e talentuose che si trovano però catapultate in un sistema dove ogni cosa, compreso il talento, ha un prezzo. Non possono dedicarsi alla loro passione senza essere comprati. Questo è il prezzo della modernità”.
Post n°11493 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Andrea Guglielmino18/05/2014 ![](http://news.cinecitta.com/photo.aspx?s=1&w=260&path=%2fpublic%2fnews%2f0006%2f6981%2fthe+homesman.jpg) CANNES – Emoziona, sorprende e porta a casa applausi – almeno dalla stampa – The Homesman, l’opera seconda diTommy Lee Jones, che già aveva vinto al Palma d’oro per miglior attore e miglior sceneggiatura per Le tre sepolture. Siamo in ambito western, ma con un canovaccio atipico, rinforzato da personaggi molto ben scritti e da un colpo di scena particolarmente shockante a metà film.
L’attore e regista interpreta un furfante che viene salvato dall’impiccagione da una pioniera zitella, rude e autoritaria (Hilary Swank, tanto forte e mascolina su schermo quanto sorprendentemente morbida e affascinante in conferenza stampa). In cambio, la signora gli chiede di aiutarla a compiere la propria missione: scortare presso una struttura specializzata tre donne gravemente malate di mente. Il viaggio è lungo e pericoloso, tra rigide settimane d’inverno e aggressive tribù di indiani, ma diventerà per l’uomo motivo di crescita e redenzione. Nel cast anche Miranda Otto e, in un cameo, Meryl Streep.
“Se scrivi e dirigi tutto diviene più facile – dice Jones che ha tratto la pellicola dal romanzo di Glendon Swarthout del 1988 – Ho fatto tutto quel che volevo e in questo caso, come attore, mi veniva particolarmente facile attenermi al volere del regista. Hilary l'ho scelta immediatamente. Era perfetta fisicamente e psicologicamente e anche per una questione etnica. Viene dal Nebraska e non ha paura di muli e cavalli. E’ una storia di pionieri che in qualche modo ci spiega com’erano gli Stati Uniti prima di diventare gli Stati Uniti. Ho letto molti libri e uno in particolare spiegava come venivano trattate le patologie mentali nel 19mo secolo. Diceva che per curare una donna dalla schizofrenia bisognava immergerla in acqua ghiacciata. Ho studiato i dettagli, come venivano costruite le case, che erano ben poco accoglienti”.
Tra i produttori c’è nientemeno che Luc Besson, che conferma: “E’ in qualche modo uno scenario esotico. Racconta una parte del West che in realtà non conosciamo. Conosciamo il sogno americano, ma non quello che succedeva prima che questo nascesse. Gli inverni così duri, ad esempio, al cinema si vedono raramente”. “Fronteggiare il clima è stato particolarmente complicato – afferma Hilary Swank – più che montare a cavallo. Ma in qualche modo serviva a calarsi nel personaggio. Pensiamo che a quei tempi si arrivava a fine giornata infreddoliti e con la sabbia in bocca e tra i capelli. Succedeva anche a noi, però dopo almeno ci aspettava un bagno caldo”.
Swank è conosciuta per il suo look androgino e spigoloso, ma oggi in conferenza appare più bella, raggiante e femminile che mai: “Beh, la bellezza è sempre un concetto relativo – commenta l’attrice – trovo che il mio personaggio rappresenti un’ideale di bellezza. E’ una donna vera, forte, ma anche sola e molto sensibile. Assorbe tutti i disagi delle donne malate che porta con sé. Quanto può durare una persona? Quanto può resistere? Erano tempi veramente difficili da attraversare e lei riflette tutto questo”.
“Non era facile per una donna sola – conclude Jones – ma il senso del film è proprio questo, focalizzare anche sulla condizione femminile. Le donne non dovrebbero mai sentirsi come oggetti. Ho cercato un modo originale di raccontarlo e ho preso il mio cammino”.
Post n°11492 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Stefano Stefanutto Rosa18/05/2014 ![](http://news.cinecitta.com/photo.aspx?s=1&w=260&path=%2fpublic%2fnews%2f0006%2f6980%2fPazVega.jpg) CANNES. E dopo Sylvester Stallone un’altra star ha fatto la sua apparizione all’Italian Pavilion, l’attrice spagnola Paz Vega in chiusura della presentazione delTaorminaFilmFest che, dal 14 al 21 giugno, festeggerà il 60^ anniversario insieme a lei, che terrà una masterclass e riceverà il Taormina Art Award. Insieme a Vega altre due celebri attrici internazionali:Claudia Cardinale, che riceverà il Taormina Arte Award, ed Eva Longoria che riceverà l’Humanitarian Taormina Award per The Eva Longoria Foundation, la fondazione che aiuta le ragazze latino-americane a costruire un futuro migliore per se stesse e i loro familiari attraverso l'istruzione e lo sviluppo di attività imprenditoriali.
Grande cinema al Teatro Antico, Masterclass e Campus per i giovani, incontri con autori e interpreti, oltre alle commedie e agli horror, sono tra gli ingredienti di questa edizione del TFF diretto da Mario Sesti e Tiziana Rocca. L’apertura del Festival è affidata all’anteprima di Dragon Trainer 2 in 3D alla presenza del regista Dean DeBlois. Il secondo capitolo della divertente trilogia, dedicata alle avventure del giovane vichingo Hiccup e del suo drago Sdentato, è prodotto da Dream Works e uscirà in Italia il 16 agosto con 20th Century Fox.
Philip Seymour Hoffmann, lo straordinario attore scomparso prematuramente - per Sesti e Rocca “un interprete che non vogliamo smettere di amare” - verrà ricordato dal Festival che propone in anteprima italiana Synecdoche, New York di Charlie Kaufman, in uscita con Bim il 19 giugno. Al centro della storia ci sono le vicende di Caden Cotard (interpretato da Philip Seymour Hoffman), regista teatrale frustrato, afflitto da una misteriosa malattia e ossessionato dal timore della morte. Lasciato dalla moglie che intende proseguire la sua carriera come pittrice, Caden tenterà una breve relazione con una donna, prima che la sua vita inizi misteriosamente a trasformarsi.
Altra anteprima è quella di Jersey Boys di Clint Eastwood, la versione per il grande schermo dell’omonimo musical vincitore del Tony Award, in uscita il 18 giugno con Warner Bros Il film narra la storia di quattro giovanotti che provengono dalla parte sbagliata del New Jersey, i quali si uniranno per formare il gruppo rock icona degli anni ’60, The Four Seasons. I loro trionfi e le difficoltà sono accompagnati da canzoni che hanno influenzato una generazione, tra le quali “Sherry”, “Big Girls Don’t Cry”, “Walk”.
Il TFF premia con Il Cariddi alla Carriera due grandi protagonisti internazionali: i Premi Oscar Francesca Lo Schiavo e Dante Ferretti. In occasione della 60^ edizione una Mostra realizzata da Istituto Luce Cinecittà ripercorrerà attraverso immagini d’epoca i grandi momenti e i grandi personaggi che nel corso degli anni ’60 hanno popolato il Teatro Antico: Monica Vitti, Audrey Hepburn, Claudia Cardinale, Gina Lollobrigida,Tyrone Power, Anita Ekberg, Leslie Caron, Vittorio, Gassman, Cary Grant, Sophia Loren, Carlo Ponti,Vittorio De Sica, Jean Claude Brialy. Inoltre sarà pubblicato un volume filologico e commemorativo realizzato dallo scrittore Roberto Gervaso - con la prefazione di Giuseppe Tornatore e un schizzo di Dante Ferretti - che ripercorre per immagini e parole la straordinaria moltitudine di personalità che negli anni ha calcato le scene della manifestazione. Il libro presenta anche un testo di Gianluigi Rondi, al quale quest’anno il festival consegna uno speciale Premio.
Anche quest’anno tra le sezioni della manifestazione siciliana ci sarà il Focus Russia, che in questa edizione sarà affiancato da un Focus sull’Argentina, iniziativa che ha preso il via con il gemellaggio tra il TFF e il Festival Internazionale di Pantalla–Pinamar. L'Anno della Cultura Italiana in America Latina e l'Anno del Turismo Italo Russo sono per la presenza ANICA al Festival di Taormina le occasioni per rafforzare il rapporto con il mondo della industria cinematografica di Russia e Argentina. A Taormina saranno presenti le massime autorità cinematografiche dei due Paesi, con l’obiettivo di giungere a un accordo di scambio culturale che veda l'Italia e in particolar modo la Sicilia, al centro della politiche culturali russe e argentine.
Tra le novità di quest’anno uno speciale concorso sulle nuove forme del linguaggio cinematografico on line che promuove episodi pilota di web serie legati alle idee del festival, alla sua storia e location. Infine una Giuria Speciale di Giovani (la Giuria Giovani dei David di Donatello) premierà con il Cariddino d’Oro il miglior film presente al Festival.
Post n°11491 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Cristiana Paternò19/05/2014 ![](http://news.cinecitta.com/photo.aspx?s=1&w=260&path=%2fpublic%2fnews%2f0006%2f6999%2fmaps_new.jpg) CANNES - Hollywood è un microcosmo di avidità, cinismo, crudeltà e disperazione nel nuovo David Cronenberg,Maps to the star, molto atteso a Cannes, con proiezioni affollatissime. Il suo 21° film, il 5° in competizione al festival, il primo “hollywoodiano” (ma girato quasi tutto nella solita Toronto, a parte cinque giorni a Los Angeles), è piuttosto lynchiano, almeno nelle intenzioni. Scritto conBruce Wagner, romanziere noto per la satira graffiante nei confronti delle celebrities, che negli anni '90 faceva l'autista di limousine e quindi ne ha viste tante, prosegue il percorso intrapreso con Cosmopolis e teorizzato in A Dangerous Method: psicoanalisi e critica sociale con il tocco inconfondibile dell'autore di Crash. "Non ce l’ho con i divi o lo show business, non provo repulsione per questo ambiente - dice il regista canadese - le stesse cose si potrebbero dire di Wall Street, l’ambizione smodata è la stessa, il vuoto è lo stesso”. Ma poi parla anche di una “cultura della celebrità” di cui gente come Lindsay Lohan o Paris Hilton sono i perfetti esempi, sempre e comunque sulla cresta dell’onda, a tutti i costi, con abuso di alcol e droghe incluso. E aggiunge: “Certo, ha a che fare con l’ambizione e l’identità, ma non si applica solo alla gente famosa, è qualcosa di più universale, riguarda chiunque stia cercando di avere successo e di fare soldi nel suo campo e di restare sulla cresta dell'onda, quindi quasi chiunque nel mondo del business o della finanza o dello spettacolo”.
"Warhol diceva che in futuro tutti avranno 15 minuti di fama, ma adesso tutti vogliono essere famosi sempre", stigmatizza Wagner. Ma per ora ci vuole una mappa delle star – esistono davvero ad uso dei turisti che a Hollywood si mettono a caccia di qualche divo – per muoversi nella labirintica e fintamente solare Los Angeles. E poi più che una mappa delle star il film è una mappa dello sfacelo (mentale ancor prima che mortale) in cui si vive. Guidati da Agatha Weiss (Mia Wasikowska), una giovane piromane che torna a L.A. dopo la riabilitazione in clinica psichiatrica facciamo la conoscenza con i personaggi di Cronenberg. Allontanata dalla famiglia, che non vuol più saperne di lei, Agatha porta indelebili sul viso e sul corpo – indossa sempre lunghi guanti neri - i segni del tragico rogo in cui anni prima ha quasi ucciso il fratello minore. Anche il suo corpo, cronenberghianamente, è la carta geografica di un disagio che viene dal passato, come per tutti gli altri. Il padre di Agatha, Sanford (John Cusack) è uno psicoterapeuta mediatico e autore di best seller di aiuto aiuto con clientela d’alto bordo e risolve traumi mescolando tecniche di autocontrollo e manipolazioni vertebrali. Sanford ha sposato sua sorella Cristina (Olivia Williams) e dall’unione incestuosa è nato, oltre ad Agatha, il viziato Benjie, diventato l’arrogante teen star di un film di successo, Bad babysitter, di cui si sta girando il sequel. Benjie vive sotto il controllo ossessivo della mamma, che è anche la sua agente. Agatha, grazie all’amicizia stretta su twitter con Carrie Fischer, trova lavoro presso Havana Segrand (Julianne Moore), attrice dalla carriera in declino e figlia d’arte – la madre sfiorò l’Oscar per un film di cui è in cantiere il remake e Havana, inutile dirlo, vorrebbe il ruolo che fu della genitrice, che odia nonostante sia morta e accusa di attenzioni pedofile nei suoi confronti. E, nel circo delle vanità, c’è anche Robert Pattinson che ritroviamo in limousine come in Cosmopolis ma stavolta in veste di autista. Amico di Agatha, con cui ha un certo feeling anche perché sta scrivendo una sceneggiatura sugli incendi, si lascia però volentieri sedurre da Havana e la possiede sui sedili posteriori dell’auto – come nell'altro film faceva con Juliette Binoche - mentre Agatha vede tutto dalla finestra.
Tra l’altro il sesso in macchina sembra essere un’altra delle molte ossessioni di Cronenberg. “Fa parte della rivoluzione sessuale anni ’60, quando i giovani poterono finalmente sfuggire al controllo dei genitori sui sedili posteriori”, spiega lui. Tutti sono assediati da fantasmi, che parlano e camminano come se fossero vivi, e c’è anche una battuta che rimanda al Sesto senso e strappa una risata. “Ho finalmente fatto una commedia? Ma non faccio altro, del resto anche l’inferno di Dante era una Divina Commedia, questo è una commedia, un dramma familiare con echi di incesto e un horror”, chiosa il 71enne regista. E Julianne Moore, bravissima a rendere il mix di ipocrisia, depressione e isteria di Havana, che per esempio quando ottiene la parte perché il figlioletto della rivale è morto in un incidente, si mette a cantare e ballare dalla gioia, aggiunge: “La tragedia è ridicola, la vita è ridicola, in tutto puoi trovare da ridere”. Maps To The Stars è in sala dal 21 maggio distribuito dalla Adler Entertainment in 250 copie.
Post n°11490 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Michela Greco19/05/2014 ![](http://news.cinecitta.com/photo.aspx?s=1&w=260&path=%2fpublic%2fnews%2f0007%2f7003%2fcaricaturistes.jpg) CANNES - "Tutto è partito dall'idea di testare il livello di democrazia dei paesi attraverso quello di libertà di espressione dei vignettisti satirici, ovvero le figure più censurate". Da questo presupposto, e dall'amicizia tra il vignettista francese Plantu e il regista Radu Mihaileanu, è nato Caricaturistes - Fantassins de la démocratie, una co-produzione europea firmata Stéphanie Valloatto che arriva oggi fuori concorso al Festival di Cannes con dodici artisti dell'illustrazione e dell'arguzia che, come si scopre nel documentario, conducono una battaglia quotidiana per tutelare la democrazia.
Chi tratteggiando un gattino irriverente su Facebook o sui muri di Tunisi (come Nadia Khiari, il cui personaggio è diventato il simbolo della rivoluzione tunisina), chi prendendo di mira (sistematicamente, come Boligàn) i temi tabù del suo Messico: il presidente, i narcotrafficanti e la vergine di Guadalupe. Il risultato è un'affascinante e interessantissima geografia della risata intelligente e dello sberleffo che offre indizi illuminanti sul grado di libertà dei paesi grazie a 12 artisti folli e audaci che sfidano i divieti a colpi di matita, rischiando spesso la pelle. Sono il francese Plantu(vignettista di Le Monde), l'algerino Slim, la venezuelana Rayma Suprani, il messicano Boligàn, il russoZlatkovski, il belga-israeliano Kichka, il palestinese Boukhari, il cinese Pi San, la tunisina Nadia Khiari, l'americano Danziger, l'ivoriano Zohoré e il franco-burkinabè Glez. Ma c'è anche uno zampino italiano in questo progetto internazionale, ovvero il co-produttore Riccardo Marchegiani, che racconta a Cinecittà News: "L'idea del film è nata da una chiacchierata tra Plantu e Radu Mihaileanu, che sono molto amici. Quest'ultimo non aveva mai fatto il produttore, ma ha creduto talmente tanto in questo documentario da volerlo sostenere in ogni modo. Insieme hanno coinvolto Stéphanie Valloatto e, dopo un periodo di preparazione, nel luglio 2013 sono iniziate le riprese in giro per il mondo con una troupe molto agile".
Il film uscirà il 28 maggio in Francia, poi in Belgio e nei prossimi mesi in Italia con Istituto Luce Cinecittà: "Sono i tre paesi co-produttori - continua Marchegiani - Istituto Luce Cinecittà ha aderito immediatamente al progetto, che in una fase iniziale prevedeva un racconto diacronico con un excursus storico fino all'epoca del fascismo. Poi si è optato per raccontare solo il presente, anche se con qualche piccolo riferimento al recente passato, con la vignetta su Maometto che fece scandalo e con la vicenda di Ai Weiwei". Nessun vignettista italiano, però, "perché l'Europa era già molto rappresentata", dice Riccardo Marchegiani, imbarcato nell'avventura grazie all'amicizia storica con Radu Mihaileanu e al lungo lavoro fatto negli anni con lo zio Fabio Conversi.
Un budget di un milione di euro con l'ambizione di mettersi "in prima linea per la democrazia", restituendo le imprese quotidiane di un gruppo di eroi dalla matita creativa, che magari editano un giornale per una popolazione per lo più analfabeta, come quella del Burkina Faso, "contando sul fatto che recepiscano il racconto dei disegni", o che aggirano il divieto di rappresentare il presidente venezuelano Chavez trasformandolo in una banana. Uomini e donne che combattono sulla stessa barricata del siriano Ali Ferzat, che è stato rapito e a cui sono state spezzate le dita per impedirgli di disegnare le sue vignette anti-regime. Artisti che sfidano la censura, l'autocensura e le pressioni di caporedattori più realisti del re che, nel 2006, hanno anche creato Cartooning for peace, con il patrocinio dell'ONU, per riflettere sulla responsabilità editoriale delle immagini pubblicate. Con la consapevolezza che... "una risata li seppellirà".
Post n°11489 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Cristiana Paternò18/05/2014 ![](http://news.cinecitta.com/photo.aspx?s=1&w=260&path=%2fpublic%2fnews%2f0006%2f6984%2falexandra_new.jpg) La regista in concorso a Cannes con l'opera seconda Le meraviglie, storia di una ragazza, Gelsomina, e della sua ribellione nei confronti del padre che fa l'apicultore CANNES – Forse si potrebbe partire da un’immagine, quella di Gelsomina e delle api che escono dalla sua bocca. Un’immagine magica e misteriosa come è l’opera seconda di Alice Rohrwacher, Le meraviglie, unico film italiano in concorso a Cannes, dal 22 maggio nelle nostre sale con la Bim. Il film di una regista giovane, 33enne, già autrice del premiato Corpo celeste, scoperto proprio qui a Cannes. Un'autrice nutrita di cinema – non mancano echi felliniani e lei cita un nome su tutti, quello di Rossellini – ma anche di letteratura e di arte. E soprattutto capace di reinventare una storia “molto personale”, come la definisce preferendo non parlare di autobiografia, in chiave di favola dove si mescolano gli echi degli anni ’70 e dell'antagonismo politico con la costruzione di un’identità femminile contemporanea.
Gelsomina (Maria Alexandra Lungu) è una ragazza che si affaccia all’adolescenza ma ha ancora un piede nell’infanzia. È la maggiore di quattro sorelle e vive in campagna, nell’Italia centrale, con il padre Wolfgang, tedesco (il danzatore fiammingo Sam Louwyck), e la madre italiana (Alba Rohrwacher). Il papà fa l’apicultore, si capisce che ha scelto questa vita per sfuggire a qualcosa (la storia si colloca in un tempo non precisato dopo il ’68) e continua a proteggere la sua famiglia dalle minacce del mondo esterno (che crede prossimo a un'apocalissi): la tecnologia, i soldi, la televisione. Coltiva un’utopia che non è più tale e costringe le bambine – siamo durante le vacanze estive – al duro lavoro del miele. È un marziano persino rispetto ai vicini di casa, agricoltori che preferiscono usare i diserbanti che gli ammazzano le api. Fa un miele all’antica che non va più bene con le norme igieniche imposte dalla Comunità europea. Gelsomina è anche il maschio che Wolfgang non ha avuto, è quella che tiene in piedi la baracca, che fa rispettare le regole, la sua erede. La figlia prediletta. Ma lei sta cercando la sua strada e la sua strada la porta a ribellarsi alle strane regole della sua famiglia, a scoprire i suoi talenti unici (ognuno di noi ha i suoi). A immaginarsi altrove. Magari grazie alla presenza di Martin, un silenzioso ragazzo tedesco che la famiglia ha preso in affido – è un piromane e ladro – in cambio di qualche soldo in più. Perché i soldi comunque fanno comodo. Gelsomina poi è affascinata dall’apparizione della fata televisiva Milly Catena (Monica Bellucci), la conduttrice di un programma che cerca storie vere tra gli abitanti del posto. Le meraviglie è prodotto da Carlo Cresto Dina con Rai Cinema, coproduttori tedeschi e svizzeri e il sostegno del MiBACT.
Alice, le somiglianze tra questa storia e la sua biografia sono evidenti. È vero, è questo l’aspetto che si vede di più. Racconto la mia regione, quella zona tra il Lazio, l’Umbria e la Toscana, il mondo delle api, una famiglia doppio sangue, tutte cose che mi appartengono, ma non è un’autobiografia anche se certamente è un film molto personale.
La presenza di Alba, sua sorella maggiore, nel ruolo della mamma di Gelsomina è stata d’aiuto? È stato tutto sorprendentemente naturale tra noi. Lavorare con mia sorella è stato come per voi poter scrivere l’articolo da casa, magari in pigiama. A casa propria si possono fare anche delle scoperte, per questo dico sorprendente.
Le meraviglie è una fiaba. È una fiaba fatta di materia in cui si mostra che il lavoro e la vita sono collegati, che non c'è separazione nel vivere con gli animali. In altri ambienti, cittadini, urbani, questa separazione c’è.
Lavorare con le api è stata una sfida? Ci ha molto aiutato il produttore, Carlo Cresto Dina, ha capito che era importante dare ai ragazzi il tempo di imparare davvero ad avere a che fare con le api, abbiamo avuto tutto il tempo di provare. Meno facile è stato col cammello che è arrivato alla fine delle riprese. Un conto è immaginare un cammello, un conto è vederlo.
Il personaggio del padre appare contraddittorio, duro, quasi autoritario, ma allo stesso tempo pieno di amore per le figlie che vuole a suo modo proteggere. E anche timido. È qualcuno che sa bene quello che vuole dire, ma è chiuso in una prigione linguistica, perché non parla bene la lingua, né l'italiano né il francese che usa a volte con la moglie, e questo lo rende aggressivo. C’è una grande solitudine in lui.
L’irruzione della televisione nella storia, uno snodo narrativo che banalmente può ricordare Reality di Matteo Garrone, prende un’altra direzione, sognante e astratta, piuttosto felliniana. È una televisione direi molto dolce. Provoca dolore ma quel dolore non è dovuto a quello che la televisione in Italia è diventata storicamente, ma al mezzo in se stesso. La tv infatti è una scatola e questa è una famiglia che non si può inscatolare. Quelli del programma Il paese delle meraviglie sono come alieni che arrivano in un territorio. Non hanno intenzioni cattive, però è il mezzo ad essere cattivo, cattivo in senso etimologico, cioè chiuso.
Perché ha voluto Monica Bellucci nel ruolo di Milly Catena? È difficile immaginare un’altra persona al posto di Monica in quel ruolo. Serviva un'icona indiscussa che arrivasse nel paese dove abbiamo girato con molti non professioni. Monica tutti la conoscevano e per tutti aveva un significato. E poi lei è dotata di grandissima autoironia.
La scelta della canzone di Ambra "T’appartengo" e la citazione di Ulrike Meinhof collocano la vicenda, che pure è astratta, in un contesto anni ‘90. Non sappiamo esattamente di quando stiamo parlando, io dico solo che questa storia avviene dopo il '68. Ed è perché nel ’68 si è rotto qualcosa e si è dovuti tornare a rimettere insieme i pezzi. Questa storia però riguarda il presente, è venuto il tempo di perdonare qualcosa che è stato. Il mio desiderio era seguire la figlia primogenita fino al momento in cui può provare tenerezza per se stessa e per la sua storia, tenerezza e non esaltazione o rabbia. Perché la tenerezza le permette di fare un passo in avanti.
Le registe continuano ad essere una minoranza anche se una minoranza sempre più visibile e autorevole. Quest’anno la presidente della giuria è una donna, Jane Campion, e l’Italia porta in concorso il film di una donna. Segnali di un cambiamento? Sono felice che ci siano sempre più registe e non vedo l'ora che questa domanda non abbia più senso. Spesso si insiste troppo nel voler esaltare gli aspetti femminili o maschili di un lavoro, bisognerebbe guardare un’opera indipendentemente dal sesso dell’autore, ma è vero che ci sono delle lacune e non dobbiamo dare per acquisita questa lotta. Però bisogna dire che quest'anno è una buona annata.
Il nome Gelsomina è un omaggio a Fellini? È il nome che i genitori hanno dato al personaggio e quindi dice qualcosa di loro oltre che di lei. Il nome è un modo per raccontare qualcosa che resta sottinteso, infatti le altre figlie si chiamano Marinella, Caterina e Luna.
Il conflitto tra Gelsomina e suo padre si esprime quasi sempre in modo indiretto, ambivalente. Ci sono tanti modi di esprimere un rapporto conflittuale. Del resto Gelsomina è l’unica figlia che prende sul serio suo padre, mentre le altre si mettono a ridere di fronte al suo autoritarismo.
Anche i film di Asia Argento e Sebastiano Riso, qui sulla Croisette, parlano di adolescenza. Può non sembrare un caso. Qui c'è spazio per immaginare tutte le metafore che volete. Possiamo dire che l'Italia vive una nuova adolescenza, che ha voglia di uscire dall'infanzia, ma non sa ancora dove andare.
Crede che questo film parli della sconfitta di un’utopia? Parla di sconfitta ma soprattutto di perdono. Ho fatto ben attenzione a evitare che ci fossero buoni o cattivi. Nel passato forse ci sono delle colpe, ma nel presente siamo tutti sulla stessa barca. E ci sono due possibilità, proteggersi o esporsi. Wolfgang, per amore della figlia, accetta di esporsi e fallisce, ma molto spesso accade che chi si espone fallisca. E io volevo guardare con tenerezza le contraddizioni di quest’uomo e di questo paese. Del resto il potere delle immagini è proprio questo, mostrare la contraddizione senza annullarla.
Post n°11488 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Ladridicinema
Box Office ItaliaClassifiche dominate da Godzilla. In Italia Il film di Gareth Edwards conquista agevolmente il primo posto con 2591000 euro, facendo il vuoto dietro di se. Al secondo posto troviamo a sorpresa Ghost Movie 2 che incassa 853000 euro, lasciando il gradino più basso del podio a Grace di Monaco che arriva nelle nostre sale direttemente da Cannes incassando 810000 euro. Alla quarta settimana di programmazione esce dal podio The Amazing Spider-man 2. Per quanto riguarda la top-ten, interessante il risultato ottenuto da Grand Budapest Hotel: il film di Wes Anderson ha raggiunto l'importante cifra dei 4 milioni di euro. La prossima settimana, oltre all'atteso X-Men - Giorni di un futuro passato, arrivano altri due film direttamente dal Festival di Cannes: Maps to the Stars di David Cronenberg e Le meraviglie di Alice Rohrwacher.Box Office UsaGodzilla conquista anche l'America. Il primo week-end di programmazione si è chiuso con 93 milioni di dollari, una cifra che gli ha mermesso di superare l'esordio di The Amazing spider-man 2 che adesso è sceso al terzo posto e con un incasso 172 milioni di euro sembra lontanissimo dalla cifra raggiunta dal primo episodio della serie. Al secondo posto resiste Cattivi vicini che, con altri 26 milioni di euro arriva a 91 milioni complessivi. La prossima settimana tutta l'attenzione sarà diretta al nuovo film della saga X-Men: X-men - Giorni di un futuro passato. In uscita anche Insieme per forza, con Adam Sandler e Drew Barrymore e Words and Pictures di Fred Schepisi.
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il 28/03/2022 alle 11:57
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