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Messaggi del 25/06/2015

 

Film nelle sale da oggi

Post n°12440 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 

 
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THE DOWNSLOPE: IL PROGETTO DI STANLEY KUBRICK DIVENTERÀ UNA TRILOGIA da movieplayer

Post n°12439 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 


Marc Forster si occuperà dello sviluppo e della regia del primo capitolo della storia ambientata negli ultimi anni della Guerra Civile Americana.

Marc Forster si occuperà di portare sul grande schermo una sceneggiatura scritta da Stanley KubrickThe Downslope verrà sviluppata come una trilogia e nel team dei produttori ci saranno anche Lauren SeligBarry Levine e Renee Wolfe.
Il progetto può contare sull'approvazione della famiglia Kubrick e il leggendario regista aveva scritto il materiale dopo la realizzazione di Paura e desiderio e prima di Orizzonti di gloria.

The Downslope si concentrerà su alcune battaglie avvenute durante la Guerra Civile nella valle Shenandoah, tra gli schieramenti guidati dal generale George Armstrong Custer e dal colonnello John Singleton Mosby, soprannominato "fantasma grigio" per la sua capacità di essere furtivo e inafferabile. I Ranger di Mosby riuscivano a sconfiggere le forze nemiche, ben più numerose, grazie a una sequenza di incursioni che fecero infuriare Custer e crearono una serie di tentativi di vendicarsi.

 

 

Stanley Kubrick

La storia ideata da Kubrick si basa su eventi storici ed era stata sviluppata insieme a Shelby Foote, una storica esperta del periodo, nel corso di diversi anni, creando mappe e scrivendo molti appunti su come girare il film. I due successivi capitoli della trilogia espanderanno ulteriormente la storia originale ideata dal regista, spostando l'ambientazione anche verso ovest e mostrando la situazione dei cittadini americani dopo il conflitto.

La produttrice Lauren Selif ha dichiarato: "Ci hanno dato il privilegio unico di produrre una sceneggiatura di Stanley Kubrick che nessuno aveva avuto l'opportunità di realizzare. Il primo capitolo della trilogia, scritto da Kubrick, è una storia coinvolgente che mostra un momento cruciale della storia negli ultimi anni della Guerra Civile Americana". Hobbs e Lanning hanno aggiunto che il progetto meritava un regista unico e dotato.

Marc Forster ha dichiarato: "Sono in debito con Stanley Kubrick e i suoi film visionari. E' un onore e un'immensa responsabilità ocuparsi di questo progetto e ringraziamo la sua famiglia per il supporto". Il regista ha spiegato che The Downslope mostrerà con attenzione la situazione di fratelli e amici in contrasto uno contro l'altro, aggiungendo: "Crediamo sarà una trilogia incredibilmente interessante e un'esperienza grandiosa".
Renée Wolfe ha infine spiegato che ha potuto accedere a centinaia di appunti scritti a mano, mappe disegnate, bozze e pagine di diario dedicate all'idea che avrebbe voluto sviluppare in un film.

 
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Anticipazioni Game Of Thrones 6: scopriremo l’identità dei genitori di Jon Snow da gossiptv

Post n°12438 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 

game-of-thrones-6-jon-snow-kit-harrington

Appena appresa la notizia dal sitoHuffingtonpost, siamo qui per mettervi al corrente sulle ultime speculazioni riguardo la morte o la non morte di Jon Snow. Dopo il tragico momento finale della 5 stagione di Game of Thrones, i fan hanno teorizzato sul personaggio di Jon Snow, se sia realmente morto o di un ritorno dell’attore Kit HaringtonDopo aver dichiarato di non essere presente per la sesta stagione di Game Of Thrones, questo fa presumere che non ci saranno molti problemi  per gli sceneggiatori nel rivelare la vera identità dei suoi genitori. Grazie soprattutto alle informazioni sul nuovo cast della sesta serie, potremmo finalmente scoprire la verità entro un anno. In base alle ultime notizie trapelate in questi mesi, abbiamo ottenuto nuovi dettagli riguardo ad alcuni personaggi della serie, soprattutto grazie alla comunità web di Watchers on the Wall.  Seguendo le teorie del sito, la descrizione di uno deinuovi volti della prossima stagione, potrebbe essere associata ad uno dei personaggi  riguardanti le origini di Jon Snow. Il nome di questo personaggio è “Legendary Fighter” ed è descritto nel libro nel seguente modo: “Un uomo sulla trentina o poco più, grande combattente e modello di cavalleria. Porta un’enorme e famosa spada sulla schiena.” Lo show a questo punto sta cercando un impressionante attore per questo ruolo, il migliore in Europa, per una settimana di riprese riguardanti alcune scene di battaglia. A differenza di molti ruoli, la sua etnia o razza non è stata specificata. Come speculato da Vanity Fair, costui potrebbe essere Arthur Dayne, uno dei personaggi dei libri di Martin quasi del tutto assente da quando è iniziata la serie tv. Nei libri,Dayne era un valoroso combattente e membro della Guardia Reale di Re Aerys II Targaryen. Il guerriero è stato soprannominato “Sword of the Morning” proprio per portare la sua grande spada, ribattezzata Dawn, sulla sua schiena. Vi chiederete ora: in che modo questo è relazionato con Jon Snow?

Anticipazioni Game Of Thrones 6: Arthur Dayne e Ned Stark personaggi chiave

Se Dayne fosse incluso nella sesta stagione di Game of Thrones, questo potrebbe significare solo una cosa: avere la possibilità di vedere alcuni flashback sulla battaglia contro Ned Stark alla Tower of Joy. Nei libri, Dayne era amico di  Rhaegar Targaryen, infatti lo aiutò nel rapimento di Lyanna Stark, sorella di Ned – potreste ricordare a tal proposito una discussione fra Sansa e Ditocorto nella 5 stagione- . In seguito, Dayne si trovò insieme a due uomini della Guardia Reale, proprio vicino alla Torre dove Lyanna si trovava agonizzante. Quando Ned giunse in soccorso, insieme ad alcuni uomini, ci fu uno scontro nel quale Dayne rimase vittima. Una volta raggiunta sua sorellaLyanna, Ned le fece una misteriosa promessa prima che lei morisse. Nessuno è a conoscenza di questa promessa, ma ci sono molti sostenitori della teoria che vedono Lyanna e Rhaegar genitori di Jon Snow. Che dunque Ned promise di prendersi cura di suo nipote? Se esistesse quindi l’idea di prendere Dayne nel cast, questo potrebbe far pensare di poter rivedere alcuni momenti di questa storia e, cosa ancora più azzardata, il ritorno di Sean Bean. Dopo aver avanzato queste interessanti teorie, ci si chiede se questo possa avere influenza sul destino di  Jon Snow.

 

 

Anticipazioni Game Of Thrones 6: Kit Harington sta girando segretamente le nuove scene?

La teoria più azzardata riguardo al fatto che Jon Snow sia ancora vivo, è quella del cambiamento di colore dei suoi occhi nei suoi ultimi istanti di vita, sempre se così possiamo azzardarci a dire. Altro indizio è quello riguardante i membri del cast che dovranno apparire al Comic-Con panel di quest’anno. Stranamente, Weiss e Beninoff potranno non essere presenti e, ancor meno sorprendente, nemmeno Harington. Che gli sceneggiatori abbiano deciso di tenersi fuori per evitare domande scomode sulla questione Jon Snow? Un altro indizio è quello riguardante i poster “Beautiful Death”: lavori commissionati dalla HBO per rappresentare le morti dei personaggi più importanti in ogni episodio. L’ultimo rilasciato è stato quella sulla morte diStannis, ma non è stato fatto quello di Jon Snow. Questo potrebbe essere un modo subdolo per la HBO nel voler suggerire che Jon non sia realmente morto. Infine, se ancora non siete convinti del non ritorno di Kit Harington nella prossima stagione, alcuni fan provenienti dall’Irlanda potrebbero farvi cambiare idea. L’attore infatti è stato visto a Belfast da alcuni fan. Quando uno di loro ha chiesto una foto, Kit Harington ha risposto che non poteva, in quanto i media non dovevano sapere che lui si trovasse proprio lì. Che Harington si stesse facendo solo un giro turistico o stia segretamente girando le nuove scene riguardanti Jon Snow?

 
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Game of Thrones, finale di stagione: chi è veramente morto? (Spoiler) da il fattoquotidiano

Post n°12437 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 

stannis905

Grande lo sconcerto degli spettatori della serie per via di alcune morti "illustri". Se i lettori dei libri nutrivano qualche speranza, a spegnerla ci si sono messi gli attori...

E alla decima puntata della quinta stagione, o ‘season finale’ che dir si voglia, Game of Thrones riuscì di nuovo a “spaccare l’internet”. Alla faccia del titolo – Mother’s Mercy, ossia La misericordia della Madre – la puntata non ha avuto misericordia alcuna per i fan, uccidendo uno dei personaggi più in vista de Il Trono di Spade (più svariati altri). Tra i molti che la amano e i molti che la criticano, Game of Thrones continua a mietere ascolti, con 8 milioni di telespettatori sintonizzati per il season finale, e con una serie di deviazioni dai libri – cui oramai anche i detrattori hanno fatto il callo: e va detto che alcune libertà creative, come l’incontro tra Tyrion e Daenerys a Meereen, non sono state sgradite – lo show chiude alcune storyline e ne apre altre.

Ma cosa è successo – spoiler – nella puntata andata in onda domenica sera negli Stati Uniti e lunedì su Sky Atlantic nella versione sottotitolata? Molte le morti, a partire da quelle diStannis (prevedibile) e Jon Snow: se nei libri il destino di quest’ultimo è lasciato in sospeso (George R.R. Martin ha spiegato che essere morto nei libri non significa molto e rimandato a The Winds of Winter per tutti i dettagli del caso), nel Trono di Spade versione serie tv il figlio di Ned Stark (…forse) è stato pugnalato a morte da Olly e dai Guardiani della Notte, e la sua morte è da considerarsi definitiva.

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Se i lettori dei libri nutrivano qualche speranza, a spegnerla ci si sono messi Kit Harington e Dan Weiss e David Benioff:“Mi è stato detto che sono morto e non tornerò nella prossima stagione”, ha detto l’attore (che girerà un paio di film e forse scriverà qualcosa). “I morti sono morti, la scena è abbastanza chiara, non lascia altre interpretazioni possibili su cosa potrebbe essere successo”, hanno aggiunto i due showrunner. In realtà di scappatoie su un Jon Snow ‘redivivo’ ce ne potrebbero essere, ad esempio nelle scene finali si vede Melisandre, che ha il potere di far risorgere i morti, oppure Jon Snow potrebbe incarnarsi nel metalupo Spettro, ma al momento queste sono pure teorie e chissà cosa si inventeranno – e se si inventeranno davvero qualcosa – i due autori.

Un altro morto-veramente-morto è Stannis, ucciso da Brienne: in questo caso la scena lasciava qualche dubbio, ma David Nutter, regista della puntata, spiega che la morte del personaggio veniva spiegata dagli eventi: “Non ha più niente per vivere, è una situazione in cui Stannis è pronto alla morte”. Se nella sesta stagione di Game of Thrones ritroveremo anche Sansa e Theon(sopravviveranno al salto, garantiscono gli sceneggiatori), dobbiamo dire addio anche a Meryn Trant e a Myrcella. In quest’ultimo caso non è chiaro come Cersei (protagonista di una delle sequenze non mortali più dure del season finale: nuda e rasata, è costretta ad una walk of shame per le strade di Approdo del Re) reagirà, visto che – hanno già fatto sapere gli autori – vero che potrebbe avere il dorniano Trystane sotto mano, ma per il personaggio di Lena Headey il colpevole dell’addio a sua figlia è Tyrion, responsabile (per Cersei) e della morte di Joffrey e dello sbarco di Myrcella a Dorne.

Ultima nota di colore, le dichiarazioni (preventive?) di Martin: l’autore de Le Cronache del ghiaccio e del fuoco ha più volte difeso i cambi creativi degli autori, ma le continue lamentele dei fan lo hanno così scocciato da costringerlo a scrivere un post sul blog in cui invita i fan a non coinvolgerlo nelle “guerre” scatenate dagli ultimi episodi de Il trono di spade. “Non posso controllare quello che gli altri – siano essi fan o professionisti – dicono o fanno, l’unica cosa che posso controllare è quello che succede nei libri, ed è quello che farò tornando a scrivere adesso il nuovo capitolo di The Winds of Winter”.

 
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Ora È UFFICIALE: Ilaria Alpi Fu Uccisa Dalla CIA. Il Vergognoso Silenzio Generale... da nocensura.it

Post n°12436 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 


a cura di nocensura.com

Adesso è praticamente certo. A distanza di oltre 20 anni - ventuno, per la precisione - dall'omicidio, a Mogadiscio, della coraggiosa giornalista del TG3, Ilaria Alpi, che aveva 33 anni, e del cameraman che l'accompagnava, Miran Hrovatin, emerge la verità. Furono i servizi segreti statunitensi, con l'ausilio di quelli italiani.

Che l'omicidio della giornalista fosse legato a qualche trama oscura, in molti lo sostenevano sin dall'inizio, anche per le modalità dell'omicidio. In molti sospettavano che Ilaria avesse scoperto qualcosa che non doveva, e infatti è andata proprio così.

Come nel caso di Ustica, i tentativi di insabbiare tutto sono riusciti a posticipare l'emergere della verità, ma alla fine questa è venuta a galla.

La cosa vergognosa, o meglio la vergogna nella vergogna, è il silenzio mediatico sulla vicenda: non ne ha parlato praticamente NESSUNO! 

L'unica testata giornalistica ad aver riportato la notizia nel modo dovuto, è Il Manifesto, con un ottimo articolo di Manlio Dinucci, di cui vi consigliamo la lettura:
La docu­fic­tion «Ila­ria Alpi – L’ultimo viag­gio» getta luce, soprat­tutto gra­zie a prove sco­perte dal gior­na­li­sta Luigi Gri­maldi, sull’omicidio della gior­na­li­sta e del suo ope­ra­tore Miran Hro­va­tin il 20 marzo 1994 a Moga­di­scio. Furono assas­si­nati, in un agguato orga­niz­zato dalla Cia con l’aiuto di Gla­dio e ser­vizi segreti ita­liani, per­ché ave­vano sco­perto un traf­fico di armi gestito dalla Cia attra­verso la flotta della società Schi­fco, donata dalla Coo­pe­ra­zione ita­liana alla Soma­lia uffi­cial­mente per la pesca.
In realtà, agli inizi degli anni Novanta, le navi della Shi­fco erano usate, insieme a navi della Let­to­nia, per tra­spor­tare armi Usa e rifiuti tos­sici anche radioat­tivi in Soma­lia e per rifor­nire di armi la Croa­zia in guerra con­tro la Jugoslavia. (...) LEGGI TUTTO

Ilaria Alpi è stata uccisa perché era una giornalista VERA, una reporter che si era recata sul posto, in Somalia, per raccontare la guerra, e non per commentare le veline propagandistiche trasmesse dagli uffici stampa militari, e prese come "oro colato" dai giornalisti servi, ormai praticamente la totalità.

In passato in RAI ci hanno lavorato dei giornalisti molto validi: oltre ad Ilaria Alpi, merita menzioneSilvestro Montanaro, il più grande documentarista italiano, che curava "C'era una volta", e che è stato incredibilmente escluso nel 2013. Montanaro è stato autore di numerose inchieste scomode, comePredatori Globaliun documentario che mette sotto accusa potenti multinazionali come Coca Cola e Nestlé.

Purtroppo in questa società i giornalisti in gamba non fanno strada, vengono ostacolati in tutti i modi, e laddove i metodi "soft" falliscono, talvolta vengono uccisi. 


Staff nocensura.com

 
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5 DOMANDE A CUI THE BLACKLIST DOVRÀ DARE RISPOSTA da foxcrime

Post n°12435 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 

L’incredibile finale di stagione di The Blacklist ci ha lasciato con alcune domande a cui la terza stagione dovrà rispondere.

Il finale di stagione di The Blacklist, andato in onda venerdì scorso su Fox Crime, è stato qualcosa di epico, pieno di colpi di scena e verità finalmente svelate che ci hanno letteralmente tenuti inchiodati sul divano davanti alla televisione.

La vera domanda però è: e adesso?

Inutile girarci attorno, The Blacklist si è rivelata in queste due stagioni una delle serie più promettenti ed elettrizzanti degli ultimi anni, e ora gli scrittori avranno il loro bel da fare per riuscire a mantenere lo stesso altissimo livello qualitativo a cui ci hanno abituato.

A legare la prossima stagione con le precedenti saranno, oltre che i protagonisti, le domande con cui ci ha lasciato questo finale di stagione. Domande a cui noi fan non vediamo l’ora di ricevere risposta.

Iniziamo con la più ovvia: Dove si sono nascosti Red e Liz? Sappiamo che dovranno nascondersi dalla Congrega, per evitare di essere uccisi, ma in quale parte del mondo è possibile rimanere al sicuro da un nemico di tale portata?

La seconda questione da risolvere riguarda un personaggio “scomodo”, uno di quelli che abbiamo amato-odiato per tutto il tempo: Tom. Quale sarà il suo destino? Riuscirà a rimanere fedele ai suoi sentimenti per Liz oppure cederà nuovamente al lato oscuro della forza? Sinceramente speriamo nella prima, anche se l’idea di averlo nuovamente dalla parte dei villain un po’ ci stuzzica.

L’FBI, invece, ci porta alla terza domanda: Cooper e Ressler come agiranno nei confronti di Liz e Red? Entrambi, infatti, sono sia agenti collaborativi del Bureau, sia presenti nella lista dei maggiori ricercati di sempre. Seguiranno il diktat della cattura oppure faranno il doppio-gioco cercando di nasconderli dalla Congrega?

Proprio quest’ultima ci porta dritti dritti alla quarta questione: quello che sembrerebbe essere il nemico principale della prossima stagione, continuerà a lavorare dietro le quinte cercando di dare la colpa della cospirazione a Liz oppure uscirà definitivamente allo scoperto dando il via ad una caccia alle streghe?

E infine lei, LA DOMANDA: quale connessione c’è tra Red e Liz?

Speriamo che la prossima stagione possa darci tutte queste risposte e, soprattutto, che gli autori sappiano creare una storyline che abbia lo stesso livello di tensione di quest'ultima. Anche perché, si sa, la terza serie è un po' come la cartina di tornasole per gli show televisivi. E noi siamo certi che The Blacklist riuscirà a prendere il massimo dei voti. Nel frattempo, voi, che idea vi siete fatti?

 
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Umberto Eco: “Con i social parola a legioni di imbecilli” da lastampa

Post n°12434 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 

Allo scrittore la laurea honoris causa in «Comunicazione e Cultura dei media» a Torino
LAPRESSE

Il conferimento laurea honoris causa in “Comunicazione e Culture dei Media” a Umberto Eco

«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».  

 

Attacca internet Umberto Eco nel breve incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, dopo aver ricevuto dal rettore Gianmaria Ajani la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” perché «ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica». È lo stesso ateneo in cui nel 1954 si era laureato in Filosofia: «la seconda volta nella stessa università, pare sia legittimo, anche se avrei preferito una laurea in fisica nucleare o in matematica», scherza Eco. 

 

IL COMMENTO - “Ecco perché Eco sbaglia” (Gianluca Nicoletti)  

 

La sua lectio magistralis, dopo la laudatio di Ugo Volli, è dedicata alla sindrome del complotto, uno dei temi a lui più cari, presente anche nel suo ultimo libro `Numero zero´. In platea il sindaco di Torino, Piero Fassino e il rettore dell’Università di Bologna, Ivano Dionigi. Quando finisce di parlare scrosciano gli applausi. Eco sorride: «non c’è più religione, neanche una standing ovation». La risposta è immediata: tutti in piedi studenti, professori, autorità. 

 

«La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità», osserva Eco che invita i giornali «a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno». «I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno». 

 

Eco vede un futuro per la carta stampata. «C’è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c’è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell’era di internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale».  

 
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COME IL BATMAN DI CHRISTOPHER NOLAN HA CAMBIATO PER SEMPRE I CINECOMIC da movieplayer

Post n°12433 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

A dieci anni dall'uscita di Batman Begins, ci rituffiamo tra le oscure strade di Gotham City per analizzare l'approccio inedito e moderno di un regista in grado di aggiornare ed espandere l'icona cinematografica dell'Uomo Pipistrello.

Christopher Nolan è uno di quelli che il buon vecchio Alfred lo ha sempre ascoltato con la dovuta attenzione. Così, quando il paterno maggiordomo di Casa Wayne gli disse "perché cadiamo? Per imparare a rimetterci in piedi", il regista trovò la forza per far rialzare proprio Batman, personaggio nobile e complesso, caduto nell'oblio cinematografico sotto i colpi dei capitoli goffi e circensi diretti da Joel Schumacher (Batman Forever,Batman & Robin).

Il regista Christopher Nolan sul set del film Il cavaliere oscuro

Come fece papà Wayne nel pozzo con suo figlio, Nolan prende per mano un piccolo Bruce impaurito per condurlo fuori dall'oscurità in cui era caduto e ridargli nuova luce. Di Batman era rimasto solo il costume, svuotato di peso e senso, ma il regista londinese, che qualche anno dopo avrebbe esplorato sogni in ascensore e sfidato lo spazio, si cimentava nel suo primo grande esempio dicinema verticale, fatto di rilanci e di rivincite. Nel 2005 Batman Begins, nonostante le ombre e i fumi di una città inospitale come Gotham City, ha iniziato a segnare la strada per una nuova concezione del cinecomic, matura e priva dello smaccato piacere ludico dei film Marvel. Perché, al contrario dell'universo cinematografico della Casa delle Idee, aperto e ipertestuale, la trilogia di Nolan è un racconto a sé stante che non ammette intrusioni e interferenze, solido e compatto nel suo voler delineare una traiettoria personale dell'uomo dentro l'eroe e dell'icona che, invece, ne è la sua estensione pubblica.

 

 

Sul filo tra l'intimo e il sociale, il dentro e il fuori, il volto spigoloso di Christian Bale è stato il palcoscenico ideale per mettere in scena la paura e il tormento alla base della motivazione di Batman, un personaggio che Nolan ha reso scalfibile e per questo ancora più vicino allo spettatore. Il suo Uomo Pipistrello ci ha tenuto a far pensare prima che a intrattenere, a scavare nelle debolezze piuttosto che lanciare divertimento tridimensionale sul pubblico. A dieci anni di distanza, quel bat-segnale luminoso si distingue ancora dal resto dei film ispirati ai fumetti e brilla sempre negli occhi di tutti noi. Adesso, ci chiede di tornare ancora sui tetti di Gotham, a guardare dalla giusta distanza i dieci motivi che hanno reso il Batman di Nolan un fenomeno cinematografico unico.

 
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Addio a Laura Antonelli

Post n°12432 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

ssr22/06/2015
E' morta a Ladispoli, vicino Roma, l'attrice Laura Antonelli. Nella sua carriera cinematografica, costellata da commedie sexy, è stata protagonista di pellicole di grande successo come Malizia (1973) di Salvatore Samperi che l’ha fatta conoscere tra il grande pubblico. Ma al periodo d'oro è poi seguito il declino per il suo coinvolgimento in una storia di droga: l'attrice fu arrestata nel '91 nella sua villa alle porte di Roma, dove furono trovati 24 grammi di cocaina. L'odissea giudiziaria di Laura Antonelli fu lunga e clamorosa perché si concluse con l'assoluzione e la condanna del Ministero di Grazia e Giustizia a risarcire l'attrice.

Nata a Pola nel 1941, diploma di insegnante di educazione fisica, Laura Antonelli ha girato il suo primo film nel 1969: Le malizie di Venere, diretto da Massimo Dallamano e bloccato dalla censura. L'anno dopo ha ottenuto il primo successo, a fianco di Lando Buzzanca, nel Merlo maschio di Pasquale Festa Campanile. Dopo il trionfo di Malizia (sette miliardi d'incasso nel '73, quando il biglietto del cinema costava mille lire), la bellezza prorompente e 'antica' della Antonelli ha attratto prima Giuseppe Patroni Griffi, che la volle per La divina creatura (1975), e poi Luchino Visconti che le affidò il ruolo della moglie di Giancarlo Giannini ne L'innocente (1976) da Gabriele D'Annunzio.
Ma l'attrice ha avuto miglior fortuna nelle commedie: da Sessomatto di Dino Risi a Mio Dio come sono caduta in basso di Luigi Comencini in cui faceva la parodia delle eroine dannunziane. Negli ultimi anni aveva scelto di vivere sempre più appartata. Tra le sue ultime apparizioni, due ruoli da protagonista in tv: ne Gli indifferenti di Mauro Bolognini, tratto da Alberto Moravia, e in Disperatamente Giulia di Enrico Maria Salerno, trasmessi su Canale 5 nel 1988 e nel 1990. 

"Esprimo sincero cordoglio per la scomparsa di Laura Antonelli, attrice di rara bellezza e di grande bravura del cinema italiano. Tante le sue interpretazioni di successo che nel corso della sua ricca carriera le hanno reso importanti riconoscimenti", ha dichiarato il ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini

"E' con profonda tristezza che ho appreso della morte di Laura che fu per me prima di tutto una compagna adorabile, dallo charme eccezionale", ha detto Jean-Paul Belmondo. "Fu anche una partner di grande qualità, che tutti apprezzavano sui set. Di lei voglio conservare solo questi meravigliosi ricordi".  

"Una grande fragilità e un'altrettanto grande bontà. La sua morte mi rattrista enormemente e mi fa restare con l'angoscia di non averla aiutata abbastanza. Un'attrice così bella e brava non doveva finire così", è il commento commosso di Lino Banfi.    
                                                                               
Proprio Lino Banfi, insieme al fratello Claudio, al parroco di Ladispoli e all'ex attrice Claudia Koll sono gli ultimi amici che l'attrice ha chiesto di chiamare quando sarebbe morta. "Lo ha scritto su un biglietto - racconta l'assessore ai servizi sociali del Comune di Ladispoli Roberto Ussia - ed ora stiamo cercando di rintracciare il fratello che vive in Canada". 

 
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Nastro speciale per Cristina Comencini

Post n°12431 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 

ssr24/06/2015
Un Nastro speciale per Cristina Comencini, è il premio che il Direttivo Nazionale dei Giornalisti Cinematografici (Sngci) consegnerà sabato 27 giugno al Teatro Antico di Taormina alla regista di Latin lover. Un Nastro speciale a un'autrice che, tra regia e scrittura, ha avuto il coraggio di scelte forti. La Comencini sarà festeggiata a Taormina insieme ai premiati di questa 69/ma edizione dei Nastri d'Argento.

 
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Addio a Magali Noel, la 'Gradisca' di Fellini

Post n°12430 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

Ang23/06/2015
A quasi 84 anni, l'artista, nata in Turchia nel nel 1931 con il nome di Magali Noélle Guiffray, è deceduta nella casa di riposo per anziani, nella località di Chateauneuf-Grasse, nel dipartimento delle Alpi Marittime. Formosa e vistosa, Noel aveva debuttato come cantante di cabaret e poi si era lanciata nel cinema negli anni '50, in anni in cui il volto femminile del cinema francese erano Brigitte Bardot, Jeanne Moreau, Annie Girardot. 

Ottanta film all'attivo, il suo primo successo arrivò nel 1956 grazie a Jean Renoir, con la pellicola Elena e gli uomini, che le aprì una carriera artistica molto legata al cinema italiano. Ma il suo volto sarà ricordato per sempre per aver dato concretezza alle fantasie di Fellini, con il personaggio della Gradisca. 

Pochi anni fa al festival di Locarno che le dedicava un omaggio raccontò: "Federico mi telefonò a Parigi alle 2.30 di notte: 'Magalotta, così mi chiamava, domattina alle 10 ti aspetto a Cinecittà'. Non sapevo nulla del personaggio di Gradisca ma il mattino dopo ero lì, non so come. Subito le prove con il costumista Danilo Donati che mi mise addosso una coperta di lana spessa che sembravo una botte. Andai da Federico così, a piedi nudi e chiesi che dovevo dire o fare. Niente, fai sci sci, fai grimaces, cioè smorfie, sberleffi, boccacce, morsica coi denti una collana di perle lunga fino ai piedi. E nacque la femme fatale. Alla fine del provino mi accorsi che dietro di me su una lavagna Federico aveva scritto: è arrivata la Gradisca e tutti applaudirono". Video L'attrice di origine turca aveva 83 anni e viveva in Francia. La popolarità grazie ai personaggi in "Amarcord" e "La dolce vita" In Francia, ebbe anche una carriera di successo come cantante, grazie soprattutto a una canzone -'Fais-moi mal Johnny'- che aprirà la strada al rock and roll francese e che fu anche oggetto di censura. 

Sposata con l'attore Jean-Pierre Bernard, con cui ebbe una figlia, in seconde nozze adottò due bambini.

 
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Il cordoglio di Franceschini per Remotti

Post n°12429 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

Cr. P.22/06/2015
“La scomparsa di Remo Remotti – dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini – priva il nostro paese di un artista poliedrico e vivace: attore, scrittore, cantante e poeta romanesco che nel corso della sua vita ha avuto il privilegio di lavorare con i maggiori  registi italiani in film originali e di grande successo. Indimenticabile la sua canzone 'Mamma Roma addio' amata da intere generazioni che è subito diventata inno dell'anticonformismo'.

 
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E' morto Remo Remotti

Post n°12428 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

ssr22/06/2015
All'età di 90 anni, Remo Remotti, poeta, artista e attore si è spento stanotte al Policlinico "Gemelli" di Roma. Era nato nella capitale il 16 novembre del 1924 e oltre ad aver partecipato ad alcune pellicole di Moretti, come Sogni d'oro,Bianca e Palombella rossa, aveva avuto una parte anche nel film Padrino - III di Francis Ford Coppola.
Aveva lavorato anche con Ettore Scola, Marco Bellocchio, Nanny Loy, Carlo Mazzacurati, i fratelli Taviani e Carlo Verdone.
Per festeggiare i 90 anni, lo scorso novembre, si era tenuta a Roma una mostra di suoi quadri e sculture.

 
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Botrugno & Coluccini: "Dalle borgate di Pasolini a Mafia Capitale"

Post n°12427 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news

Cristiana Paternò24/06/2015
Alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro abbiamo incontrato i due registi romani, che stanno lavorando all'opera seconda, ispirata al romanzo di Walter Siti
PESARO - Romanzo della corruzione dilagante, della droga e del sesso venduti e comprati, della periferia di Roma come metafora dell'Italia intera, perché mentre le borgate si adeguano, o tentano di adeguarsi, ai valori borghesi, come scriveva un tempo che non sembra così lontano Pier Paolo Pasolini, la borghesia si sta "imborgatando", tra arroganza, sogni di lusso impossibile, assenza di futuro per tutti. Le nefandezze di Mafia Capitale nascono anche da questo clima antropologico. "Vivere alla grande fin che si può e crollare quando capita", come sintetizza Walter Siti. Autore di un romanzo che qualcuno ha definito post-pasoliniano, Il contagio. Mondadori l'ha pubblicato nel 2008, Nuccio Siano l'ha portato sul palcoscenico con 14 attori in scena guidati da un regista "professore" dentro e fuori una serie di siparietti di tragica vitalità e grottesco squallore. Ora Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, romani, classe 1981, con all'attivo un esordio di quelli che non si dimenticano (Et in terra pax, distribuito da Luce Cinecittà), ci stanno lavorando per farne il loro secondo lungometraggio. Ne abbiamo parlato con i due giovani autori ospiti della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, dove sono tra i protagonisti dell'Evento speciale dedicato agli esordi degli anni 2010-2015. 

L'incontro tra voi due, che avevate raccontato Corviale e le sue speranze spezzate nell'opera prima, e il testo di Walter Siti deve essere stato quasi naturale. Come vi siete approcciati al Contagio? Avete tenuto conto della versione per la scena in cui tra l'altro recita anche Michele Botrugno, attore anche per Et in terra pax?
 
Daniele. Abbiamo scritto la sceneggiatura insieme al regista Nuccio Siano. Avevamo già fatto una prima stesura con lui, doveva essere il suo esordio al cinema, poi, per varie vicende produttive, non è andato a buon fine e dopo un paio d'anni il copione era ancora lì nel cassetto. Allora ci è venuto in mente di prenderlo e rimaneggiarlo. Ne abbiamo parlato con Gianluca Arcopinto e Simone Isola, i produttori di Et in terra pax, ed è arrivata anche la Rai che ci ha dato il sostegno per lo sviluppo e che speriamo possa entrare nella produzione. 
Matteo. I fondi della Rai ci garantirebbero, tra le altre cose, più punteggio nel momento in cui ci presentiamo al Ministero per la richiesta di finanziamenti. La produzione di un film italiano è un collage: Rai, ministero, tax credit... 

Come siete intervenuti sul testo?
Daniele. Lo spettacolo teatrale in un certo senso è più vicino al libro perché può essere costruito come il libro, cioè con monologhi e brevi scene, sprazzi di dialoghi, sprazzi di storie mischiate, non ha le necessità narrative e drammaturgiche del cinema. Gli attori dello spettacolo - e alcuni di loro saranno nel film - hanno lavorato come in un laboratorio: Siano è arrivato con il romanzo, l'ha fatto leggere agli interpreti e ha costruito improvvisando. Noi dobbiamo strutturare di più.
Matteo. Nel film devi riuscire a raccontare senza monologhi. Ci devono essere dialoghi e immagini.  

Quindi quale sarà la struttura?

Daniele. E' stato complesso trovare una struttura narrativa diacronica, però abbiamo mantenuto molto la linea del libro, abbiamo cercato di rispettare il testo e mantenere la divisione in due parti. Nella prima parte c'è una grande introduzione in questo condominio in borgata in cui si intrecciano una serie di storie. 
Matteo. Nella seconda parte, dopo uno stacco totale, troviamo uno di questi personaggi che è riuscito a fare carriera. Un po' quello che sta succedendo a Roma in questo periodo. 

Vi siete ispirati all'inchiesta su Mafia Capitale?
Matteo. Abbiamo preso qualcosa dall'inchiesta, aggiornando il discorso di Siti che aveva già intuito certe cose quando ha scritto il romanzo, parlando di questi personaggi che stanno nella terra di mezzo. 
Daniele. Certo, abbiamo messo qualcosa della nostra attualità: Mafia Capitale ha investito Roma e non potevamo tacere su questa cosa, ne abbiamo dovuto prendere atto e siamo riusciti ad inserirlo in modo neanche troppo velato. 
Matteo. Non è un film d'inchiesta, parla sempre di quel personaggio, della sua sfera personale, privata, è uno spacciatore che ritrovi due anni dopo diventato il responsabile di una cooperativa. Altro non possiamo dire. 

Nella scelta del cast siete maggiormente condizionati rispetto all'opera prima? Ci sono maggiori aspettative produttive?
Matteo. Non possiamo ancora parlare del cast, ma sappiamo che vogliamo alcuni interpreti del testo teatrale e anche alcuni attori più conosciuti, non per ragioni di reference system ma perché sono congeniali al progetto. 
Daniele. Nessun condizionamento, siamo interessati anche noi ad avere un attore noto, purché sia in parte.

Dove girerete?
Daniele. Abbiamo immaginato di girarlo in varie periferie romane. Et in terra pax era ambientato a Corviale, ma nei vari paesi del mondo dove il film è arrivato ognuno ci ha visto un quartiere della sua città. Il centro delle città è riconoscibile sempre, le periferie si somigliano tutte, da Bari a Tokyo, da Istanbul a Mosca tutti hanno riconosciuto la propria città e le storie che possono accadere in qualsiasi periferia. 

Qui a Pesaro è in corso un omaggio a Pasolini. Voi vi sentite in qualche modo post pasoliniani?

Daniele. Ce l'hanno detto in tanti. Parlare delle periferie di Roma e usare la musica barocca, crea un sillogismo immediato... Ovviamente Pasolini l'abbiamo sempre amato, abbiamo letto le sue cose. 
Matteo. Ci piacerebbe essere post pasoliniani nel senso di proseguire quelle intuizioni incredibili che aveva avuto, quasi profetiche, specie per quanto riguarda la perdita dell'anima popolare. 

Pasolinana è anche la radiografia di un degrado culturale diffuso della nostra società e di una definitiva perdita dell'innocenza dei borgatari.
Daniele. Secondo me c'è una sorta di appiattimento dovuto anche alla cultura televisiva che propone modelli ai quali le persone inconsapevolmente iniziano a tendere senza poterli mai raggiungere. 
Matteo. Lo stesso Walter Siti con Troppi paradisi, il suo libro precedente, aveva affrontato il tema della televisione. Ci piacerebbe proseguire questo discorso per parlare di un degrado che non è quello della periferia, è un contagio generale, che riguarda anche chi gestisce il potere. In Mafia Capitale ci sono personaggi della Banda della Magliana che parlano con il politico di turno, che a sua volta si accorda con Buzzi, responsabile di una cooperativa che fatturava 30 milioni di euro l'anno. Questo è il contagio: quando mondi diversi entrano in contatto tra loro e si compenetrano in modo patologico. 

Con Siti avete discusso?
Daniele. Abbiamo fatto varie lunghe chiacchierate con lui per parlare del libro, di alcuni aspetti dei personaggi... Ci ha svelato alcuni retroscena, alcune cose che non ha messo nel libro che noi abbiamo inserito nella sceneggiatura. L'ha letta poco tempo fa e gli è piaciuta molto.  

Stasera rivedrete Et in terra pax?
Matteo. Assolutamente no, l'abbiamo visto troppe volte. Lo rivedrò quando sarà ufficialmente diventato il passato. 

 
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