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Messaggi del 11/01/2016

 

DiCaprio: redivivo e in corsa per l’Oscar da cinecittànews

Post n°12892 pubblicato il 11 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

DiCaprio: redivivo e in corsa per l’Oscar
Andrea Guglielmino08/01/2016
Forse questa è la volta buona. The Revenant – Redivivodi Alessandro Gonzalez Inarritu, con protagonista Leonardo DiCaprio, in sala dal 16 gennaio, arriva giusto in tempo per la corsa agli Oscar. L’attore insegue idealmente la statuina da talmente tanto tempo che la vicenda è diventata un argomento da ‘meme’ (come si definiscono i giochi spiritosi e le battute su Internet). 

Dopo i tentativi andati a vuoto con film come Titanic, Blood Diamond, The Aviator, Shutter Island, Inception e, l'anno scorso, The Wolf of Wall Street, Leo non sembra essersi perso d’animo, offrendo nel nuovo film una prova sofferta e soddisfacente, nei panni di un uomo della frontiera americana si inizio Ottocento, disperso tra le nevi, abbandonato dai suoi compagni (Tom Hardy Will Poulder) – che per di più gli hanno ucciso il figlio mezzosangue, avuto da un’indiana – dopo essere stato aggredito da un orso, che riesce a superare atroci sofferenze e grandi difficoltà pur di sopravvivere, con il solo scopo di vendicarsi dei terribili torti subiti. La storia è basata su un personaggio reale, Hugh Glass, commerciante di pellami, che a sua volta ha ispirato l’omonimo libro di Michael Punke, da cui è tratta la pellicola.   

“Faceva così freddo che non si riusciva a tenere gli occhi aperti", dice l’attore, che ha girato buona parte del film sdraiato sulla neve del Canada o dell'Argentina, in luoghi dove la temperatura raggiungeva anche i 40 gradi sotto zero. "Per trovare la neve, in un inverno particolarmente asciutto, abbiamo raggiunto la punta estrema dell'Argentina – continua DiCaprio - la Terra del Fuoco, andando fino alla città più meridionale del pianeta. Quando abbiamo girato nel fiume ghiacciato, in cui indossavo una pelliccia d'alce e una d'orso che pesavano circa 45 chili, ho rischiato ogni giorno l'ipotermia. È capitato che la temperatura scendesse così tanto da non riuscire a tenere gli occhi aperti. C'erano momenti in cui nemmeno le attrezzature funzionavano più molto bene". E Leo si è impegnato parecchio, perdendo tanto peso, addentando pesci vivi o interiora di bisonte, infilandosi nella carcassa di un cavallo per tenersi al caldo, lasciandosi ricoprire di formiche e svegliandosi in piena notte per essere sottoposto a ore di trucco prima di buttarsi in mezzo alla bufera. Insomma, il premio se lo meriterebbe proprio. Ma lui giura di averlo fatto per tutt’altro nobile motivo: "Girarlo ha rappresentato una sorta di percorso esistenziale, sia per me che per Alejandro, perché rappresentava la perfetta fusione di violenza e bellezza, ed è proprio questo che volevamo: mettere in scena la brutalità e la bellezza della natura".   

Mentre Inarritu, che lo scorso anno ha vinto l'Oscar per Birdman, lo ha definito come "uno dei film più difficili della mia carriera, caratterizzato da problemi fisici, psicologici, finanziari, ritardi e sacrifici".   E ora un’uscita strategica e intelligente: il film ha debuttato a Natale negli Usa in solo quattro sale cinematografiche, incassando un po' meno di 500 mila dollari. Il secondo miglior debutto di sempre. Un trucco per far concorrere il film all'Oscar – doveva rientrare tra le pellicole del 2015 – e nello stesso tempo istillare curiosità nel pubblico, sperando di riuscire a rifarsi del 135 milioni spesi nella realizzazione. E intanto il film può contare su quattro nomination ai Golden Globe compresa quella per il migliore attore, proprio a DiCaprio.   

 
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Il ponte delle spie

Post n°12891 pubblicato il 11 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Steven Spielberg, magnifico come sempre alla regia; la scrittura avvincente e ironica dei fratelli Coen; l'interpretazione magistrale e incantevole di Tom Hanks, ci regalano questo film sulla crisi degli U-2,che forse ha come unico difetto la mancanza di ritmo in larga parte del film, visto il tipo di film; e il finale all'americana.

Rudolf Abel, pittore, viene arrestato con l'accusa di essere una spia sovietica. Siamo nel 1957,in piena caccia alle streghe. Deve essere processato,almeno di facciata, per ribadire i principi costituzionali e la scelta dell'avvocato cade su James B. Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Ma Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l'incomprensione di sua moglie, del giudice e dell'opinione pubblica intera. Nel frattempo un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA incarica Donovan stesso di gestire il delicatissimo negoziato. 

Il personaggio di Donovan nel film di Spielberg e nella sua cinematografia, ci entra a pennello, in quanto l'avvocato, è un giusto; uno che crede e onora la sua professione ed ha fede nella giustizia. Un personaggio quinci che ha una morale e dei principi che vuole difendere a tutti i costi. Un ex soldato in Normandia, durante la guerra, che non vede il suo assistito come un nemico, ma come un uomo. Questa scelta di umanizzare il personaggio c'è fin dall'inizio, per scelta del regista, e lo vediamo con Abel che si fa un ritratto, o nell'amicizia, ammirazione e rispetto che si creano tra lui e il suo avvocato. Siamo ben lontani dai film propagandistici e macchiettistici degli anni '80. Un inizio di film che è un vero capolavoro sia per la regia che per la descrizione.

La scrittura dei fratelli Coen serve in parte a sdrammatizzare gli eventi, rendendo forse più semplice il seguire del film. Non c'è diciamo quella difficoltà per chi non conosce gli eventi di capire il film, pur rimanendo la complessità della storia; che magari potevamo trovare nè Le vite degli altri, o nei film di Spielberg "Shinder's list" o "Munich".

Proprio questo ultimo film citato, aveva mostrato uno Spielberg che non vuole essere schierato, anzi. Di conseguenza Il ponte delle spie, tranne nel finale, rispecchia la stessa idea, attaccando entrambi gli schieramenti; e ammonendo sul rischio che entrambi hanno portato per l'umanità con i loro giochi. In qualche modo va anche a ridisegnare l'immagine piena di clichè del sovietico, presente fino alla fine della guerra fredda e non solo. Rimane però nonostante questo molta della retorica americana.

Un film che rientra a tutti gli effetti nell'ambito del cinema classico, anche spielberghiano ma con toni assai più divertenti e ironici dei precedenti, grazie e soprattutto ai fratelli Coen come detto prima; in quanto non c'è l'urgenza politica di raccontare i fatti e in quanto l'autore sa benissimo quello che vuole dire e lo fa in maniera tale da far rimanere a bocca aperta.

voto finale: 4+/5

Titolo originale: Bridge of Spies

Poster

Il titolo del film, Il ponte delle spie, fa riferimento a un ponte realmente esistente a Berlino, che un tempo univa la zona est e quella ovest, oggi noto come Ponte di Glienicke. Il soprannome gli viene dal fatto di essere stato spesso teatro di scambi di prigionieri tra i servizi segreti americani e quelli della Germania Est. Il ponte delle spie racconta la storia di James Donovan (Tom Hanks), un famoso avvocato di Brooklyn che si ritrova al centro della Guerra Fredda quando la CIA lo ingaggia per un compito quasi impossibile: la negoziazione per il rilascio di un pilota statunitense, Francis Gary Powers, abbattuto nei cieli dell'Unione Sovietica mentre volava a bordo di un aereo spia U2.

 
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