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Messaggi del 08/09/2019

 

IT: Capitolo 2

Post n°15332 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

( It: Chapter Two )
Regista: Andy Muschietti
Genere: HorrorThriller
Anno: 2019
Paese: USA
Durata: 165 min
Data di uscita: 05 settembre 2019
Distribuzione: Warner Bros. Italia
IT: Capitolo 2 è un film di genere horror, thriller del 2019, diretto da Andy Muschietti, con Bill Skarsgård e Jessica Chastain. Uscita al cinema il 05 settembre 2019. Durata 165 minuti. Distribuito da Warner Bros. Italia.
Data di uscita:05 settembre 2019
Genere:Horror, Thriller
Anno:2019
Paese:USA
Durata:165 min
Distribuzione:Warner Bros. Italia
Sceneggiatura:Gary Dauberman
Fotografia:Checco Varese
Produzione:KatzSmith Productions, Lin Pictures, New Line Cinema

 

Il male risorge a Derry con IT - Capitolo 2, il sequel del grande successo IT, sempre firmato dal regista Andy Muschietti, che ha deciso di scorporare in due lungometraggi diversi le due linee temporali che nel monumentale romanzo di Stephen King si alternano. Ridefinendo e trascendendo il genere, IT è diventato il film horror dai più alti incassi di tutti i tempi.
27 anni dopo gli eventi narrati nel primo IT, un ormai adulto Mike (Isaiah Mustafa) richiama i membri del Club dei Perdenti a Derry: basandosi su diversi elementi in alcuni efferati recenti omicidi, è sicuro che ormai Pennywise (Bill Skarsgård) sia tornato a colpire.
Pur con un ricordo confuso del passato, Bill (James McAvoy), Richie (Bill Hader), Eddie (James Ransone), Ben (Jay Ryan) e Beverly (Jessica Chastain) rispondono al richiamo lasciandosi momentaneamente alle spalle le proprie vite lontane.
Ma riaffrontare IT non sarà più semplice al secondo giro: di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, e non sono affatto sicuri di riuscire a ricreare la magica alchimia che li unì in quella fantomatica estate. Soprattutto, pesa l'assenza di Stanley, che non si è presentato con gli altri alla nuova chiamata alle armi. Che il segreto per affrontare IT si celi nei differenti legami che tutti i Perdenti hanno mantenuto, volenti o nolenti, con l'insopportabile Derry e le loro infanzie?

 

PANORAMICA SU IT: CAPITOLO 2:

 

A due anni di distanza dal primo film, IT: Capitolo 2 arriva per proseguire la storia del "Club dei Perdenti" ormai cresciuti ed entrati definitivamente nella loro versione adulta. Sappiamo bene che il romanzo di Stephen King è un "mattone" di quasi 1300 pagine e non ci si stupisce del fatto che ci sia voluto così tanto tempo dalla prima pubblicazione del 1986 per vederne una versione cinematografica. Adattare un tomo di quelle dimensioni e di quella profondità narrativa deve essere stato un tentativo fatto da molti e alla fine, dopo aver visto decine e decine trasposizioni sullo schermo dei libri King, grandiose, ignobili, estremamente curate o colpevolmente tirate via, IT ha trovate le persone giuste. C'è stata naturalmente la versione televisiva del 1990 con un grande Tim Curry nel ruolo di Pennywise, ma il cuore e la spettacolarità della storia storia sono stati davvero raccolti soltanto ora.
È nel 2009 che David Kajganich e Cary Fukunaga hanno iniziato a lavorare alla stesura del copione, poi passato a Gary Dauberman dopo l'arrivo di Andy Muschietti alla regia. A quel punto la visione che il regista aveva della storia imponeva una scelta decisiva, quella di realizzare un primo film soltanto con i personaggi bambini ed eventualmente un successivo capitolo che esplorasse il confronto tra il clown e i protagonisti adulti. L'ambientazione temporale che nel libro era anni 50 e anni 80 è stata spostata in avanti mantenendo lo stesso intervallo, anni 80 e anni 2010. IT: Capitolo 2 è dunque il momento in cui i personaggi si ritrovano quasi tre decenni più tardi dandosi appuntamento di nuovo nella cittadina di Derry dove sono cresciuti. Pennywise sta per tornare ed è tempo che tutti loro chiudano questa faccenda.

Derry è la fittizia località del Maine dove Stephen King ha ambientato molte delle sue terrificanti storie, una città spesso definita "sbagliata" nelle parole dei suoi personaggi. Qui risiede il male sotto varie forme, a volte come proiezione delle nostre più recondite paure, altre volte imprescindibile e radicato come se fosse sempre esistito e quel posto ne fosse l'origine. Riferimenti a Derry ce ne sono ovunque nella bibliografia di King ed è nei seguenti racconti che spicca come luogo di ambientazione degli eventi: La giusta estensione (novella contenuta in Notte buia, niente stelle), Insomnia, Mucchio d'ossa (parzialmente), 22/11/1963 (parzialmente), Dreamcatcher e naturalmente IT.

La calorosa accoglienza di critica e pubblico di IT si è unita al plauso dello stesso King. "Non ero preparato al fatto che potesse essere così buono, fedele ai personaggi ma innovativo al tempo stesso", ha commentato il Re dell'horror. L'attenzione e le aspettative per il secondo capitolo sono dunque andate moltiplicandosi, a cominciare dal cast di attori che avrebbe dovuto interpretare i protagonisti adulti. Lasciando ovviamente al suo posto Bill Skarsgård con il suo Pennywise (peraltro molto apprezzato), hanno fatto il loro ingresso nel cast James McAvoy (versione adulta di Bill Denbroug)Bill Hader (versione adulta di Richie Tozier)Jay Ryan (versione adulta di Ben Hanscom)James Ransone (versione adulta di Eddie Kaspbrak)Isaiah Mustafah (versione adulta di Mike Hanlon)Andy Beam (versione adulta di Stan Uris) ed infine colei che è stata voluta a tutti i costi, sia dai fan sia dal regista Muschietti che per ironia della sorte l'aveva già diretta nel suo esordio in Mama, Jessica Chastain. Nessuno poteva immaginare una diversa Beverly Marsh, oltre al fatto che la Chastain sembra davvero la versione adulta della giovane attrice Sophia Lillis che interpreta il personaggio da bambina.

 

CURIOSITÀ SU IT: CAPITOLO 2:

 

Poco prima dell'uscita del film al cinema, il regista Andy Muschietti ha annunciato la sua intenzione di realizzare montare in un unico film i due capitoli IT e IT2.

 

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Voce off: Succede qualcosa quando si lascia la città: più ci si allontana, più tutto si sfoca. Ma io...sono rimasto, ricordo tutto di IT!

Mike (Isaiah Mustafa): Abbiamo giurato, non l'abbiamo fermato!

Pennywise (Bill Skarsgård): Per ventisette anni vi ho sognato, vi ho desiderato, vi ho aspettato!

Beverly Marsh (Jessica Chastain): Ho visto tutti noi morire, ci consuma da dentro finché non ci rimane più scelta!

 
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Del Brocco: J'accuse una denuncia contro ogni pregiudizio da cinecittànews

Post n°15331 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

"È un riconoscimento ad un film bellissimo e al genio di Roman Polanski - commenta Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema - Il Leone d’Argento - Gran Premio della Giuria premia un impianto registico maestoso, che solo pochi cineasti contemporanei riescono a costruire con la stessa forza visiva ed emotiva. J'accuse - una coproduzione Francia-Italia con Eliseo Cinema e Rai Cinema - è un film che va dritto all'obiettivo di denuncia e di tensione morale che sostiene tutta l'idea del film: una denuncia contro le discriminazioni, contro ogni pregiudizio. Siamo felici di aver contribuito alla produzione di una straordinaria opera cinematografica e il premio conferma Roman Polanski come uno dei più grandi registi del mondo.

La Coppa Volpi a Luca Marinelli consacra questo attore come uno dei più talentuosi del momento. Con il suo Martin Eden - coprodotto da Rai Cinema - ha saputo dare corpo, spirito e passione ad un personaggio in continuo cambiamento con sorprendente naturalezza. Pietro Marcello lo ha guidato magistralmente all'interno di un'opera ambiziosa e libera. Il suo è un cinema di grande respiro internazionale che rimarrà nella memoria di questa edizione del Festival. Le nostre congratulazioni a Pietro Marcello e a Luca Marinelli per un film semplicemente meraviglioso".

Aggiunge Nicola Claudio, presidente di Rai Cinema: "Nell'edizione della Mostra appena conclusa, la presenza di Rai Cinema è stata la più significativa degli ultimi anni. La diversificazione e l'altissima qualità che caratterizzano tutti i nostri titoli - dalle opere dei registi in selezione ufficiale, agli esordi, dai documentari ai cortometraggi - permettono alla Rai di mantenere una posizione centrale nella produzione cinematografica e culturale del Paese".

 
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Virzì sogna un podio Phoenix-Marinelli

Post n°15330 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

VENEZIA - La Giuria del Concorso, presieduta da Lucrecia Martel, con accanto Paolo Virzì, ha commentato: “I premi sono stati frutto di grande dialogo, con punti di vista molto differenti: sono una presidente di una giuria democratica, non c’era bisogno di essere tutti d’accordo”. 

Sull’affaire Polanski, risponde subito Virzì: “Garantisco che s’è parlato solo del film, del suo lavoro di regista, del processo produttivo, dell’uso degli attori. Le polemiche che forse vi aspettavate non hanno riguardato la diuria”. Lucrecia Martel sulla questione ha aggiunto: “La cosa peggiore che potremmo fare con un essere umano è allontanarlo dalla sua opera, Polanski rappresenta un caso fra molti, quindi non pensate che separare l’opera dall’uomo sia una cosa buona per l’uomo, che ha dimostrato di aver un punto di vista molto interessante sul mondo”. 

Sempre la presidente commenta il Leone d’Oro: “Per Joker è notevole che un’industria come quella americana, preoccupata dagli affari, si sia presa il rischio di fare una film come questo, una riflessione sugli eroi e anti-eroi, in cui il nemico non è un uomo ma il sistema, è molto interessante per il mondo”. “E’ più di un cinecomic: c’è ferocia, senso di esclusione, solitudine e omaggi a un cinema non di supereroi, cito Taxi Driver, quindi è una lettera d’amore al cinema, oltre alle performance disumane, da Phonenix al nano. Ci hanno colpito la qualità artistica e il pensiero penetrante nello spirito del tempo”, dice Paolo Virzì, a cui piacerebbe un bel confronto sul podio tra Joaquin Phoenix e Luca Marinelli, se mai fosse possibile.  

Su Maresco, Premio Speciale della Giuria per La mafia non è più quella di una volta, il regista livornese racconta come non sia stata una battaglia personale per un collega italiano: anzi, è rimasto molto stupito di come il film abbia contagiato i colleghi stranieri, però ha un po' di rammarico per il mancato premio a Mario Martone

 
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Joker Leone d’Oro: è arrivata la prima legittimazione intellettuale dei cinecomic da badtaste

Post n°15329 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

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Il Leone d’Oro a La Forma Dell’Acqua era stato un indizio molto potente, confermato poi dagli Oscar. Il Leone d’Oro a Joker è un passo ancora più in là.

Il sistema cinema americano non ha ancora mai premiato i film tratti da fumetti con riconoscimenti artistici (al massimo tecnici), l’unica eccezione è l’Oscar postumo a Heath Ledger (curiosamente sempre grazie a un Joker) che tuttavia trovava anche altre ragioni nel decesso dell’attore. Invece la Mostra del Cinema di Venezia, di certo una legittimazione intellettuale maggiore dell’Oscar, per prima ne riconosce il valore. Il film di Todd Phillips (l’abbiamo scritto) somiglia molto poco ai cinecomic, non ne ha il linguaggio per immagini, e lavora invece sull’eredità della new Hollywood, su Taxi Driver e un’idea di cinema che peschi da quel bacino. Eppure rimane un cinecomic, probabilmente anche uno destinato ad essere legato alla nuova mitologia di Batman.
E in fondo lo sapevamo che se mai fosse arrivata questa legittimazione, sarebbe arrivata dal mondo del cavaliere oscuro, il più legato agli autori e alle evoluzioni del genere al cinema, tra Burton, Nolan e ora Phillips.

Questo Leone d’Oro a Joker è una sentenza che come spesso avviene arriva in maniera rocambolesca, da una giuria probabilmente non unanime né compatta, anzi molto divisa e litigiosa che tuttavia alla fine è riuscita ad accordarsi proprio su questo film. Probabilmente non è stato un plebiscito ad eleggerlo e in molti tra i giurati avrebbero preferito altro, lo stesso non c’è stato film in questa Mostra che li abbia messi d’accordo di più. Sarà divertente tra qualche decade andare a riguardare chi era in testa alla giuria e dentro la giuria che premiò Joker e leggere nomi come Virzì, Tsukamoto, Stacy Martin e Lucrecia Martel.

Adesso ci aspetta un’ondata di polemiche non da poco, ma è un bene. I cinecomic saltano al centro del dibattito intellettuale da che questo se n’era occupato a fatica e con ritrosia. Sono diversi anni che raccontiamo come la Mostra di Alberto Barbera abbia iniziato a far scivolare il concetto di “film da festival” verso un cinema più commerciale e di genere. GravityBirdmanArrivalIl caso Spotlight e La La Land ne sono stati dimostrazione ma anche film meno apprezzati come Acusada e Suspiria l’anno scorso o The Perfect Candidate quest’anno hanno dimostrato che questo metro così facile da applicare al cinema hollywoodiano viene applicato anche ad altre cinematografie.

Insomma senza dimenticare i grandi nomi del cinema d’autore, da sempre presenti al festival, la gestione Barbera gli sta affiancando anche altro. E questo “altro” sta cominciando a vincere sempre di più, sta cominciando a incontrare i favori delle giurie.

Se Venezia tiene in grande considerazione Hollywood vedendo nei suoi movimenti qualcosa di importante a livello mondiale (e nei suoi film ovviamente qualcosa di importantissimo per sé, per la partecipazione del pubblico, l’attrazione anche di altri registi e di stampa), Hollywood però non è detto che tenga così tanto in considerazione Venezia. Per quanto dal Lido partano le campagne Oscar più vincenti degli ultimi anni, questo non significa che senza una legittimazione dell’Academy i cambiamenti indicati qui in Italia possano influenzare la produzione lì a Los Angeles. In parole povere Joker non è già un successo, avrà lo stesso bisogno del botteghino e dell’Oscar, Venezia può solo essere un aiuto, un buon calcio d’inizio. È bene capire il cambiamento in corso ma non esagerarne la portata.

È evidente da qualche anno che il cinema di supereroi sta iniziando a cercare anche un altro pubblico, sta sperimentando con contenuti più adulti e i divieti ai minori diventano un titolo di merito invece che uno spauracchio. Il pubblico è assetato finalmente di contenuti maturi e non necessariamente solo di quelli più quieti. Deadpool ne è stata la prova definitiva ma la DC lo sperimenta con più o meno fortuna, con più o meno successo, da molto tempo, fin da Christopher Nolan. Batman ha il carattere, la personalità e l’universo narrativo che si adattano meglio ad un simile sguardo ma di certo non è l’unico che subirà questo trattamento. È un segno ancora più forte del fatto che i nuovi autori americani (o stranieri che vanno a lavorare in America) sono ricercati e desiderati dalle major. E se Disney (cioè Marvel, Lucasfilm…) ha un atteggiamento ambivalente, li cerca ma poi li irregimenta, vuole la loro creatività ma fatica quando esprimono una personalità troppo grande, la Warner pare lasciare maggiore libertà e, chissà, potrebbe essere il punto da cui iniziano i cambiamenti.

Non si sentano violati nelle loro passioni i fan storici dei cinecomic nel momento in cui i film che prima in molti attaccavano (ma non così tanti visti gli incassi che fanno) ora vengono accolti nei salotti buoni, semmai si sentano finalmente al centro del dibattito senza bisogno di mascherarsi da altro, si sentano accettati da un mondo che ha capito quel che loro sentivano già da tempo. Perché nonostante il linguaggio da New Hollywood, nonostante i riferimenti sofisticati e la presenza ingombrante ma magnifica di Joaquin Phoenix, Joker è una grande origin story da fumetto. Forse non una che avrebbe trovato spazio nei numeri regolari di una serie e più una da miniserie o, parola abusatissima, da graphic novel particolare. Nondimeno da oggi è il campione intellettuale dei cinecomic.

 
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Festival di Venezia: Leone d’Oro a Joker, tutti i vincitori della 76. Mostra del Cinema! da badtaste

Post n°15328 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

joker leone doro
 
TUTTI I VINCITORI DEL FESTIVAL DI VENEZIA

La Giuria internazionale di Venezia 76 presieduta da Lucrecia Martel assegna ai lungometraggi in Concorso i seguenti premi ufficiali:

  • Leone d’Oro per il Miglior FilmJoker di Todd Phillips (recensione | videorecensione)
  • Leone d’Argento Gran Premio della GiuriaJ’Accuse di Roman Polanski
  • Leone d’Argento per la Migliore RegiaRoy Andersson per About Endlessness
  • Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione MaschileLuca Marinelli per Martin Eden di Pietro Marcello
  • Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione FemminileAriane Ascaride per Gloria Mundi di Robert Guédiguian
  • Miglior SceneggiaturaYonfan per No.7 Cherry Lane
  • Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergenteToby Wallace per Babyteeth di Shannon Murphy
  • Premio Speciale della GiuriaLa Mafia Non È Più Quella Di Una Volta di Franco Maresco

La Giuria internazionale della sezione Orizzonti presieduta da Susanna Nicchiarelli assegna, senza possibilità di ex-aequo, i seguenti premi:

  • Premio Orizzonti per il Miglior FilmAtlantis di Valentyn Vasyanovych
  • Premio Orizzonti per la Miglior RegiaThéo Court per Blanco En Blanco
  • Premio Orizzonti per la Miglior SceneggiaturaJessica PaludPhilippe LioretDiastème per Revenir di Jessica Palud
  • Premio Speciale della Giuria di OrizzontiVerdict di Raymund Ribay Gutierrez
  • Premio Orizzonti per il Miglior CortometraggioDarling di Saim Sadiq
  • Premio Orizzonti per la Miglior Interpretazione MaschileSami Bouajila per Bik Eneich – Un Fils di Mehdi M. Barsaoui
  • Premio Orizzonti per la Miglior Interpretazione FemminileMarta Nieto per Madre di Rodrigo Sorogoyen

 

La Giuria internazionale del Premio Venezia Opera Prima presieduta da Emir Kusturica assegna, senza possibilità di ex-aequo, tra tutte le opere prime di lungometraggio nelle diverse sezioni competitive della Mostra il Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” e un premio di 100.000 USD, messi a disposizione da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis che sarà suddiviso in parti uguali tra il regista e il produttore:
  • You Will Die at 20 di Amjad Abu Alala (Giornate degli Autori)

La Giuria internazionale del Venice Virtual Reality presieduta da Laurie Anderson assegna i seguenti premi:

  • Miglior Film VRThe Key di Céline Tricart
  • Migliore Esperienza VR (per contenuto interattivo): A Linha di Ricardo Laganaro
  • Migliore Storia VR (per contenuto lineare): Daughters of Chibok di Joel Kachi Benson

La Giuria della sezione Venezia Classici presieduta da Costanza Quatriglio assegna:

  • Premio Venezia Classici per il Miglior Film RestauratoExtase di Gustav Machatý
  • Premio Venezia Classici per il Miglior Documentario Sul CinemaBabenco – Alguém Tem Que Ouvir o Coração e Dizer: Parou di Bárbara Paz

 
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Gp d'Italia: trionfo Ferrari, Leclerc conquista Monza da tuttosport

Post n°15327 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 
Tag: sport

Bottas e Hamilton sul podio, gara da dimenticare per l'altra Ferrari di Sebastian Vettel

domenica 8 settembre 2019

MONZA - Trionfo Ferrari nel Gp d'Italia: Charles Leclerc conquista Monza, di fronte a migliaia di tifosi della Ferrari in visibilio. Per il monegasco della Ferrari si tratta della seconda vittoria consecutiva in carriera e in questa stagione, dopo il primo posto conquistato la scorsa settimana in Belgio. La Ferrari non vinceva a Monza dal 2010, con Fernando Alonso. Gara da dimenticare, invece, per Sebastian Vettel: un errore al settimo giro gli è costato un rientro ai box anticipato (per un contatto con Lance Stroll) e una penalità di 10 secondi. Il tedesco della Ferrari alla fine della gara è solo tredicesimo. Sul podio salgono anche le due Mercedes di Valtteri Bottas e Lewis Hamilton, con il britannico che non ha mollato un attimo la presa e ha cercato ripetutamente di attaccare Leclerc, prima di compiere un errore che gli è costato il secondo posto. Ai piedi del podio si piazzano le due Renault di Daniel Ricciardo e Nico Hulkenberg; settimo Sergio Perez, che separa le due Red Bull di Alex Albon e Max Verstappen, protagonista di una grande rimonta dall'ultima posizione in griglia. Nono posto per Antonio Giovinazzi con l'Alfa Romeo, chiude la Top 10 Lando Norris.

La partenza 

Dopo l'inno nazionale e il passaggio delle Frecce Tricolori, i piloti completano il giro di formazione e parte la gara: Leclerc scatta dalla pole position accanto a Hamilton e il campione del mondo si lancia subito all'attacco per conquistare la prima posizione, ma si ritrova a lottare per difendere il secondo posto dall'assalto del compagno di squadra Bottas. Vettel cerca di infilarsi in mezzo e approfittare della lotta tra i due piloti Mercedes, ma resta quarto.

Errore per Vettel

All'altezza del settimo giro, Vettel compie un errore in curva e finisce in testacoda: nel tentativo di rientrare in pista, viene toccato da Lance Stroll e, nel contatto, danneggia l'alettone della Rossa ed è costretto a rientrare ai box. Il tedesco, poi, è stato penalizzato dalla direzione gara con una "Stop&Go penalty" di 10 secondi. La stessa penalità viene data a Kimi Raikkonen che avrebbe montato delle gomme diverse da quelle utilizzate in qualifica: il finlandese dell'Alfa Romeo era partito dalla pitlane per aver sostituito il cambio, dopo l'incidente di ieri in qualifica.

Duello Leclerc-Hamilton

Il primo a fermarsi per il pit-stop è Hamilton, dopo poco lo segue Leclerc: al rientro in pista, è battaglia per il quarto posto. Il monegasco della Ferrari riesce a portarsi davanti al campione del mondo, che però non lo molla e si fa sempre più pressante. Leclerc sorpassa Hulkenberg e conquista la terza posizione, ma dopo pochi istanti ecco che si ritrova Hamilton nuovamente nello specchietto retrovisore. Il pilota della Mercedes tenta il sorpasso, ma Leclerc resiste e spinge Hamilton all'errore. Superata metà gara, si ferma anche Bottas che al rientro in pista si ritrova in terza posizione, dietro Leclerc ed Hamilton e seguito dalle due Renault di Ricciardo ed Hulkenberg.

Alta tensione in pista

Al trentaseiesimo giro, la tensione si fa sentire per i piloti di testa: Leclerc taglia per errore la Roggia, ma non viene investigato o sanzionato dalla direzione gara e riesce a tenere dietro Hamilton. Poco dopo, è il turno di Hamilton che, a causa di un bloccaggio, perde addirittura la posizione a vantaggio del compagno di squadra Bottas, che quindi si porta al secondo posto dietro Leclerc a dieci giri dalla fine della gara. Con circa 36 secondi di margine su Ricciardo, Hamilton decide di rientrare ai box per cambiare le gomme e tentare il giro veloce.

 
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Gp Italia, trionfa Leclerc. La Ferrari vince a Monza dopo 9 anni da asksport

Post n°15326 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 
Tag: sport

Podio completato con Bottas e Hamilton, Vettel 14esimo
Roma, 8 set. (askanews) – Dopo nove anni la Ferrari torna a conquistare il Gp d’Italia e lo fa con Charles Leclerc. Il momegasco bissa il successo di Spa con una gara praticamente perfetta e conquista anche Monza. Bottas chiude secondo, Hamilton terzo dopo un errore e un crollo gomme nel finale. Vettel si gira all’Ascari ed entra in contatto con Stroll: chiude 14esimo dopo aver scontato 10 secondi di penalità.

“Non sono mai stato così stanco, è stata una gara difficilissima”. Vuole parlare in italiano Charles Leclerc al termine del Gp d’Italia. Esulta tra la folla e i suoi meccanici per aver riportato la Ferrari a vincere a Monza dopo nove anni. “Ci tenevo tanto per me, un sogno lo è stato già a Spa, vincere qua è dieci volte di più rispetto. Non ho parole”.

 
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Formula 1, Leclerc vince a Monza 9 anni dopo Alonso: "Un sogno, fatemi parlare italiano" da skysport

Post n°15325 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 
Tag: sport

 

Charles Leclerc in estasi dopo la prima vittoria a Monza: "Un’emozione indescrivibile, non ci sono parole". Chi lo intervista gli fa la domanda in inglese, ma Charles chiede: "Posso parlare italiano?"

"Posso parlare italiano?". In questa semplice domanda nella prima intervista dopo la vittoria a Monza sta tutta la passione di Leclerc per la Ferrari e della Ferrari per Leclerc. Un amore reciproco tra il giovane pilota e i tifosi, che hanno intonato il suo nome sul podio. Charles Leclerc ha spezzato la maledizione Rossa a Monza, dove la Scuderia di Maranello non vinceva da nove anni. "Mai stato così stanco dopo una gara", le prime parole del monegasco, che poi chiede subito all’intervistatore di potersi esprimere in italiano. "E’ stata una gara difficile, volevo fare bene per il team e per i tifosi. Vincere qua è un qualcosa di indescrivibile: già la settimana scorsa a Spa era stato fantastico, ma in termini di emozioni questo successo vale 10 volte di più". Leclerc analizza anche alcuni errori che potevano costargli caro. "Ho commesso un paio di errori è vero, per fortuna nessuno di questo mi è stato fatale. Per il futuro devo stare attento". Infine il monegasco è tornato su quanto accaduto nelle Qualifiche del sabato. "Non ho fatto niente di male, Seb sa che non è stata colpa mia".

Leclerc spezza la maledizione Ferrari a Monza

Nove anni di digiuno a Monza per la Ferrari, che non festeggiava sul circuito di casa dal 2010. Allora a vincere era stato Fernando Alonso, oggi presente nel box della McLaren in qualità di consulente e ambasciatore del team inglese. Da allora tante delusioni, con sei vittorie Mercedes (5 di Hamilton e una di Rosberg) e due di Vettel con la Red Bull. Leclerc ha riportato la Rossa sul gradino più alto del podio, spezzando l'incantesimo.

 
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Leclerc pazzo di gioia: "Posso parlare in italiano?" da sportal

Post n°15324 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 
Tag: sport

"E' per tutti i tifosi, è un sogno".

leclerc

 

 

Charles Leclerc non riesce a contenere la sua emozione dopo la vittoria a Monza: "E' un sogno, è per tutti i tifosi. Grazie a tutti, non ho parole", le sue parole. "Che gara! Non sono mai stato così stanco. Posso parlare in italiano? È stata una gara difficilissima, ci tenevo tanto a fare bene qui per il team e i tifosi. Vincere qua è un sogno, lo era già settimana scorsa per la prima vittoria, ma in termini di emozioni vincere qua è dieci volte di più". 


"Grazie a tutti, non ho parole. Ho commesso un paio di errori, ma ho concluso al 1° posto e sono contento. Ma devo stare attento con questi errori, fortunatamente nessuno ha compromesso la mia posizione".

 
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ZeroZeroZero: Stefano Sollima ci parla della serie tratta dal romanzo di Roberto Saviano | Venezia 76 da badtaste

Post n°15323 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

In occasione della presentazione al Festival di Venezia di ZeroZeroZero, la serie originale di Sky Studios tratta dall’omonimo libro di Roberto Saviano che arriverà su Sky nel 2020, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il regista Stefano Sollima.

 

Con lui abbiamo parlato del progetto, di come si inserisce nel suo percorso artistico e professionale e di cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi episodi. Potete vedere l’intervista qui sopra!

Co-prodotta da Cattleya – parte di ITV Studios – e Bartlebyfilm per Sky Studios, CANAL+ e Amazon Prime Video, la serie in otto episodi vanta un cast internazionale composto da Andrea Riseborough, Dane DeHaan, Gabriel Byrne, Giuseppe De Domenico, Adriano Chiaramida, Harold Torres, Tcheky Karyo e Francesco Colella.

ZeroZeroZero è creata da Stefano Sollima e da Leonardo Fasoli e Mauricio Katz, basata sul trattamento degli stessi Fasoli e Sollima con Stefano Bises e Roberto SavianoMax Hurwitz e Maddalena Ravagli completano il team di scrittura. Ad affiancare Stefano Sollima alla regia Pablo Trapero e Janus Metz.

La serie debutterà nel 2020 su Sky in Italia, Regno Unito, Irlanda, Germania e Austria, su CANAL+ in Francia e nei paesi francofoni di Europa e Africa, su Amazon Prime Video negli USA, in Canada, America Latina e Spagna. Il distributore internazionale è STUDIOCANAL TV.

La sinossi:

La serie segue il viaggio di un carico di cocaina, dal momento in cui un potente clan della ‘Ndrangheta decide di acquistarlo fino a quando viene consegnato e pagato.
Attraverso le storie dei suoi personaggi, ZeroZeroZero getta luce sui meccanismi con cui l’economia illegale diventa parte di quella legale e su come entrambe siano collegate a una spietata logica di potere e controllo che influenza le vite e le relazioni delle persone: i cartelli messicani che gestiscono la produzione di droga, le organizzazioni criminali italiane che ne amministrano la distribuzione in tutto il mondo e le compagnie americane che, al di sopra di ogni sospetto, controllano la quantità apparentemente infinita di denaro coinvolta in questo giro di affari. Un’epica lotta per il potere si scatena coinvolgendo tutti i livelli di questa gigantesca piramide criminale, dallo spacciatore all’angolo della strada fino al più potente boss della malavita organizzata internazionale: i loro introiti e le loro stesse vite sono in pericolo.

 
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THE BOYS, UNA SUPERSQUADRA PER FERMARE I SUPEREROI CHE OLTREPASSANO IL LIMITE da mymovies

Post n°15322 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

Ora su Amazon Prime Video la serie ad alto tasso di violenza tratta dall'omonimo fumetto di Garth Ennis.
di Tommaso Tocci

Stufi di storie di supereroi in cui il mantello conferisce un paradigma morale? La nuova serie The Boys, ora su Amazon Prime Video, stupisce per come riesce a metterci nei panni di chi nulla può di fronte a dei superpoteri utilizzati per il male, invece che per il bene. O meglio, un male ben mascherato, perché nell'universo immaginato dai creatori Seth Rogen ed Evan Goldberg (che hanno già portato in TV Preacher), insieme a Eric Kripke (Supernatural), gli eroi sono sempre un esempio positivo, almeno in teoria. Controllati da una corporazione globale, la Vought, i cosiddetti "The Seven" si prestano al servizio del pubblico sempre a favor di telecamera e vantano sponsorizzazioni globali ultra redditizie. Lontano dai riflettori, però, vengono anche "prestati" alla protezione di singole città dietro ricco compenso, come un giocatore di una franchigia NBA, e usati per alterare gli equilibri geo-politici del paese e del pianeta intero.

Composta da personaggi come The Deep, una sorta di Aquaman protettore dei mari, A-Train, velocissimo come Flash e del tutto irresponsabile con ciò che si para sul suo cammino, e il leader Homelander, un fiero guerriero in stile Superman che svolge il ruolo di leader, la squadra dei Seven si piega in realtà al volere di qualcuno dal potere meno "super" ma più radicato: Madelyn Stillwell (interpretata da Elisabeth Shue), executive senza scrupoli del gruppo Vought che nasconde piani di dominio molto ambiziosi.

The Boys è tratta da un famoso fumetto del 2006 di Garth Ennis, una firma prestigiosa e dai tratti creativi molto estremi, sia per le sue de-composizioni e ri-composizioni della materia narrativa, sia per il suo gusto sfacciato per violenza e profanità.Tommaso Tocci

Rimane però un nome importantissimo, e la serie The Boys deve la sua parte migliore proprio alla premessa inventata da Ennis: quella sensazione opprimente di un mondo al rovescio, in cui il sopruso del potere non è soltanto quello della legge, ma l'eccesso impunito di creature di livello superiore.

A guidare lo spettatore in questo torbido scenario sono due personaggi in particolare: Hughie Campbell, un timido commesso di negozio che ha sperimentato di persona i danni che possono essere causati senza conseguenze dai membri dei Seven, e Annie January, giovane ragazza che sogna di entrare a far parte della squadra di supereroi e che ci mostrerà sia il processo di selezione, grottescamente mutuato dallo show business, quanto il marcio che si cela all'interno del gruppo una volta assunto il "ruolo" dell'eroina Starlight.

L'altro polo narrativo della serie è ovviamente il misterioso gruppo "The Boys", creato per opporre resistenza semi-ufficiale ai soprusi dei Seven. Tra i legami con la CIA e la natura da misfit dei suoi componenti, il gruppo è un concentrato di puro Ennis, che fa del pastiche alla Tarantino uno dei suoi punti di forza. Alla guida c'è Billy Butcher, interpretato da Karl Urban che negli anni ha sviluppato un gusto divertente e divertito per ruoli da caratterista di puro genere. Butcher ne è l'ennesima conferma, dall'accento fino allo humor cinico.

"O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo" profetizzava Harvey Dent in una delle scene più famose di Il cavaliere oscuro: il film, come la citazione, ha assunto una rilevanza speciale per via di ciò che il filone supereroistico è diventato nel decennio seguente. È naturale dunque che l'intera industria, una volta raggiunta l'egemonia totale sui prodotti di intrattenimento, torni con decisione su temi auto-riflessivi (lo ha fatto la stessa Marvel, del resto, sia in Avengers: Endgame che in Spider-Man: Far from home) che sono già parte integrante del genere. Si pensi a Watchmen, capolavoro di Alan Moore portato sullo schermo da Zack Snyder, che si interroga tanto sui limiti etici del potere assoluto, quanto sul dovere morale di opporvi resistenza, il tutto in chiave ovviamente metalinguistica. The Boys raccoglie proprio quell'insegnamento e lo porta all'estremo, calandolo alla perfezione nel contesto di una società contemporanea fatta di sistematica commercializzazione di ogni bene.

 
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Zero, Battiato e Celentano: i nuovi album in arrivo, e perché dovremo ascoltarli da https://teatroemusicanews.com

Post n°15321 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

Renato Zero, Franco Battiato, Adriano Celentano. Tre numeri uno, tre icone della nostra musica, troppo impauriti dall’aereo per imporsi allo stesso modo anche all’estero, specie gli ultimi due.

GLI INNOVATORI

Innovatori, originali al punto da nascondere dietro al loro stile ineguagliabile quell’inclinazione alla musica moderna a cui hanno dovuto anche loro acconsentire, per rimanere giustamente in vetta alle classifiche. Quando hanno cercato di mantenere il modo di produrre arte a cui erano abituati, sono rimasti schiacciati dalle critiche, superati dai tempi che nel frattempo correvano inesorabili. È accaduto rare volte, e si sono sempre rialzati. Nell’arte è come nella moda: è tutta una continua ripetizione dello stesso ritornello e degli stessi prodotti, vestiti di abiti moderni. I particolari, che per qualcuno non suscitano incredibili cambiamenti, contano, eccome se contano. Per tre fenomeni della musica (e non solo), abituati a innovare e ad andare a scavare già nel postmoderno (o meglio ancora nel posthumano, come direbbe il sociologo Belpoliti), la tentazione di riposare sugli allori delle loro creazioni potrebbe essere la più naturale conseguenza, e invece hanno sempre voluto mettersi in gioco, adeguandosi a quanto richiesto dall’attualitá.

IL PASSATO È UNA RISORSA SE È ANCORA NEL PRESENTE

Per Sant’Agostino il passato non conta non essendo più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e quindi non conta nemmeno il presente in sé, visto come mediazione tra due realtà che non esistono. Per lui esistono solo il presente del passato, che si configura come memoria, il presente del futuro che é la speranza e quindi il presente del presente, ovvero l’attualità. Praticamente, per Agostino, esiste solo tutto quello che ha uno stretto contatto con quanto si vive qui ed ora. Al tempo non si può sfuggire, e occorre adeguarsi ai ritmi della modernità. E se il passato rimane, è perché glielo abbiamo concesso, è perché doveva rimanere.

Non sta certo a noi determinare se sia più coraggioso mettersi continuamente in gioco con qualcosa di nuovo oppure rischiare il quasi certo surclassamento dai nuovi fenomeni musicali proponendo sempre se stessi. Albano non ha mai spostato di una virgola il suo modo di produrre musica, eppure il successo non gli è mai mancato. Un caso raro, forse, ma non importa. Non siamo qua a giudicare questo, ma a festeggiare il nuovo traguardo di tre miti della musica italiana.

BATTIATO

Battiato il 4 ottobre, dopo tante voci che lo volevano ormai lontano dalla musica, uscirà con un nuovo album di 13 inediti. Come sono lontani i tempi in cui era considerato un alieno della musica (come si definì lui stesso a Sanremo nel 2011, in gara con Madonia) con i suoi suoni tutti particolari! Ora è un guru e tutti bramano di sentire nuove poesie coi suoni odierni. Che tutto sommato possono permettersi di essere, nel suo caso, quelli di quarant’anni fa. Sono ancora geniali e innovativi.

ZERO

Nello stesso giorno anche Renato Zero uscirà col nuovo album Zero il folle. Ripudiato dalla Rai, poco capito e solo a tratti amato dalla critica, il re dei Sorcini nel 1991 annunciò che dopo la partecipazione a Sanremo con Spalle al muro avrebbe chiuso per sempre con la musica. Eccolo qua, pronto a farci sognare con quelle melodie intense, mature e commoventi, di sicuro diversissime da quando cominciò cantando triangoli e corpi in vendita.

CELENTANO

E poi c’è Adriano. Dopo l’insuccesso (rifiutiamo il termine flop in assoluto! ) del suo colossale progetto in cartone animato, voci ben informate mormorano che quest’estate a Bordighera abbia registrato nuovi brani. Rimane ancora avvolto nel mistero il contenuto del suo nuovo show in carne e ossa in arrivo su Canale 5: Celentano è, dei tre artisti, quello chiamato alla prova più dura, perché non può sbagliare. Adrian è troppo fresco nella memoria degli spettatori che vogliono tornare ad apprezzarlo nella sua bellissima voce. Il Molleggiato da mesi prova con dei giovani ragazzi in studio: abbiamo provato a indagare ma tutto resta top secret. E quando si parla di Adriano, sappiamo che questo significa che siamo vicini al nuovo grande progetto. Programma tv e album quindi per riscattare Adrian, di cui uscì l’album, ovviamente frenato dalla brusca interruzione della trasmissione. Non è certo la prima volta che Adriano deve rialzarsi, e come in passato, siamo ancora lí a pendere dalle sue labbra.

TENIAMOCI STRETTI TRE MITI

Il passato deve rinnovarsi e guardare verso il futuro per vivere nel presente, non vi è dubbio. Ma il presente e il futuro, senza l’esperienza del passato, nemmeno esisterebbero. Tre miti stanno tornando, tre leggende vogliono ancora emozionarci. E noi lì aspettiamo intrepidi, perché se esistono Ghali e compagnia, il merito è di chi li ha preceduti, che quando torna, non a caso, comanda le classifiche. Insomma non saranno solo le radio questa volta a imporci i nuovi tre album in arrivo, è una scelta morale, oltre che di gusto ai livelli dell’indiscutibilitá Settimana prossima parleremo ancora di passato e presente, sotto un aspetto differente. Se avete voglia, sapete dove trovarci.

Massimiliano Beneggi

 
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Renato Zero: la tracklist di "Zero il Folle" da skytg24

Post n°15320 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

Renato Zero
@Kikapress

Il nuovo disco di Renato Zero arriverà nei negozi il 4 ottobre 2019 e si intitolerà “Zero Il Folle”. Ecco la tracklist

Il nuovo album di Renato Zero sta per arrivare in tutti gli store online e fisici e l’artista rivela la tracklist per mantenere le aspettative alle stelle. La release sarà seguita da un importantissimo tour nei palasport che ha già segnato oltre 13 sold out lungo tutto il percorso.

Renato Zero: il nuovo album è “Zero Il Folle”

“Zero il Folle” sarà il trentesimo album studio di Renato Zero, e verrà rilasciato il 4 ottobre 2019 per l’etichetta Tattica. La pubblicazione arriva a due anni di distanza dall’ultimo album, “Zerovskij”. Parlando di questo suo nuovo progetto, Renato Zero lo ha presentato così: «Perché folle è chi sogna, chi è libero, chi provoca, chi cambia… Folle è chi rifiuta le regole e l’autorità, alimentando i desideri nascosti di chi lo giudica e segretamente vorrebbe assomigliargli. Folle è chi non si vergogna mai e osa sempre, per rendere eterna la giovinezza. Folle è RENATO ZERO». L’album conterrà 13 tracce inedite ed è stato registrato a Londa con la produzione artistica e gli arrangiamenti di Trevor Horn, lo stesso produttore di Paul McCartney, Rod Stewart e Robbie Williams. Ecco la tracklist completa:

  1. Mai più da soli
  2. Viaggia
  3. La culla è vuota
  4. Un uomo è…
  5. Tutti sospesi
  6. Quanto ti amo
  7. Che fretta c’è
  8. Ufficio reclami
  9. Questi anni miei
  10. Figli tuoi
  11. La vetrina
  12. Quattro passi nel blu
  13. Zero il Folle
Zero il Folle in Tour: tutte le date

A partire dal 1° novembre, Renato Zero ricomincerà un’avventura dal vivo intitolata “Zero Il Folle In Tour”, di cui le date sold out sono già oltre 13. Tutti gli show dal vivo sono organizzati da Tattica, etichetta discografica dell’artista. Ecco l’elenco aggiornato delle date del tour:

  • 1° novembre, Roma @ Palazzo dello Sport (SOLD OUT)
  • 3 novembre, Roma @ Palazzo dello Sport (SOLD OUT)
  • 4 novembre, Roma @ Palazzo dello Sport (SOLD OUT)
  • 6 novembre, Roma @ Palazzo dello Sport (SOLD OUT)
  • 8 novembre, Roma @ Palazzo dello Sport (SOLD OUT)
  • 9 novembre, Roma @ Palazzo dello Sport (SOLD OUT)
  • 14 novembre, Firenze @ Mandela Forum (SOLD OUT)
  • 15 novembre, Firenze @ Mandela Forum (SOLD OUT)
  • 18 novembre, Mantova @ Grana Padano Arena
  • 19 novembre, Mantova @ Grana Padano Arena
  • 23 novembre, Pesaro @ Vitifrigo Arena
  • 24 novembre, Pesaro @ Vitifrigo Arena
  • 7 dicembre, Livorno @ Modigliani Forum
  • 8 dicembre, Livorno @ Modigliani Forum
  • 14 dicembre, Torino @ Pala Alpitour
  • 15 dicembre, Torino @ Pala Alpitour
  • 21 dicembre, Bologna @ Unipol Arena
  • 22 dicembre, Bologna @ Unipol Arena
  • 11 gennaio 2020, Milano @ Mediolanum Forum (SOLD OUT)
  • 12 gennaio 2020, Milano @ Mediolanum Forum
  • 18 gennaio 2020, Eboli @ Palasele
  • 19 gennaio 2020, Eboli @ Palasele
  • 23 gennaio 2020, Bari @ Palaflorio (SOLD OUT)
  • 25 gennaio 2020, Bari @ Palaflorio (SOLD OUT)
  • 26 gennaio 2020, Bari @ Palaflorio (SOLD OUT)

I biglietti sono già disponibili in prevendita sul sito ufficiale di Renato Zero e sul circuito VivaTicket.

 
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Cina: si espande la più grande foresta pluviale del Paese da https://www.swissinfo.ch

Post n°15319 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

QUESTO CONTENUTO È STATO PUBBLICATO IL 2 SETTEMBRE 2019 

La più grande foresta pluviale tropicale cinese, sull'isola meridionale di Hainan, è cresciuta di circa 200.000 ettari negli ultimi 20 anni. Immagine d'archivio.

KEYSTONE/AP/GREG BAKER

(sda-ats)

La più grande foresta pluviale tropicale cinese, sull'isola meridionale di Hainan, è cresciuta di circa 200.000 ettari negli ultimi 20 anni.

È accaduto in virtù della maggiore protezione e delle campagne contro la povertà, che hanno permesso agli abitanti dei villaggi di smettere di tagliare illegalmente legname e di bruciare gli alberi per la caccia.

Secondo i dati dell'ufficio forestale dell'Hainan, le aree della foresta pluviale tropicale della provincia hanno raggiunto 659.300 ettari nel 2018 e il tasso di copertura forestale nell'area protetta è salito da meno del 90% al 98,16% negli ultimi due decenni. L'Hainan vanta la più grande distesa di foresta pluviale incontaminata del Paese, ospita molte specie rare e in via di estinzione, tra cui i gibboni di Hainan, noti come i primati più rari del mondo.

Ma lontano dall'equatore, la foresta pluviale dell'Hainan è più vulnerabile ai disastri naturali e artificiali. Nel XX secolo, l'eccesso di disboscamento e gli incendi da parte dei cacciatori hanno avuto un impatto pesante sulle foreste. Per questo, negli anni Novanta, l'Hainan ha vietato completamente il disboscamento e i massicci sforzi di rimboschimento hanno contribuito al ripristino naturale della foresta.

 
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“13 Reasons Why”: serie disturbante, che ci porta al limite da illibraio

Post n°15318 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

un articolo di 2 anni fa molto interessante
di Elena Marinelli | 13.04.2017

"13 Reasons Why", la serie-adattamento del bestseller di Jay Asher (distribuita da Netflix), fa ciò che al libro non riesce: disturba... - L'approfondimento

Qualsiasi studente italiano che abbia studiato inglese ha avuto davanti almeno una volta i false friends: li ho sempre chiamati amici ambigui. Dal loro punto di vista, non hanno nulla di sbagliato o falso: il verbo to abuse non sa che può lasciar intendere abusare, non si sentirà mai falso. E ci sono dei concetti interi che per me sono sempre stati amici ambigui.

Un esempio è to commit suicide, letteralmente commettere un suicidio, come fosse un crimine. In italiano diciamo suicidarsi, un verbo riflessivo, lento e raggomitolato su se stesso, che punta verso chi compie l’atto, non verso il mondo fuori. L’inglese giudica ma non è ipocrita: include chi sta fuori. L’italiano sospende il giudizio ma è ipocrita: finge che la partita non riguardi mai gli altri.

Quando la materia è difficile da dire, e la lingua fa quel che può ma alla fine arranca, come si fa?

Thirteen Reasons Why, il libro, è uscito il 18 ottobre 2007 per Penguin Random House, in Italia un anno dopo per Mondadori. Lo ha scritto Jay Asher e negli Stati Uniti ha avuto un’attenzione altalenante, fino a diventare un bestseller grazie al passaparola fra adolescenti.

Il titolo sa perfettamente perché è successo: come è stato possibile che Hannah, una diciassettenne, si sia suicidata. Ci sono le ragioni, sappiamo quante sono. Il titolo fa una promessa impossibile da mantenere: raggiungere una persona ormai morta. Si rivolge a chi ha contribuito a costruire il suo disagio, ad alimentarlo e renderlo insostenibile. Quello di Hannah è un moto che non si è fermato con la morte: “farla finita”, per questa volta, non vale.

Il libro ricostruisce tredici decisivi momenti della vita di Hannah: violenze verbali, fisiche, psicologiche, una fila indiana di episodi che le hanno costruito attorno una ragnatela. Il racconto è fatto in prima persona: Hannah lascia la sua eredità incisa su musicassetta, racconta ciò che le è capitato non risparmiando se stessa né gli altri. Tutte le persone chiamate in causa conoscono il contenuto delle cassette, una dopo l’altra. In un’intervista a Steve Bertrand di Barnes&Noble, Jay Asher afferma che la storia riguarda Clay, uno degli altri, perché ha a che fare con le conseguenze che l’atto di Hannah ha portato nella sua vita: alla fine della storia è lui a cambiare.

È Clay che ci accompagna nel libro, assistiamo con lui allo spettacolo. Fa da controcampo ai ragionamenti della ragazza: le registrazioni scorrono inframmezzate dai suoi rimandi, riflessioni e ricordi. I due punti di vista lottano e si inseguono l’un l’altro, ma quello di Clay soccombe. I ragionamenti a posteriori perdono di efficacia, ci danno l’impressione di essere inutili e le parole di Clay non affondano, e anzi ci distraggono.

Quando la materia è difficile da dire, quindi, e la lingua scritta fa quel che può ma alla fine arranca, come si fa?

Arriva dritto e tagliente, il linguaggio audiovisivo.

13 Reasons Why, la serie-adattamento del libro distribuita da Netflix dal 31 marzo scorso, fa ciò che al libro non riesce: disturba.

Porta in scena i fatti filmati, senza bisogno di molto altro: c’è la storia di una adolescente imperfetta che ci disturba e c’è un ragazzo a disagio, che sente un peso enorme relativo a questa storiae ce lo trasferisce immediatamente, ci sono i perché che si infilano uno dopo l’altro di fretta, per necessità incombente, play dopo play.

Quando un ricordo è puntuale è più vero. Alla purezza della sua essenza – essere stato effettivamente vissuto – si somma il restauro, caricato di verità.

L’ho visto, l’ho sentito, l’ho detto, l’ho costruito, l’ho provocato, l’ho minacciato, l’ho pensato, l’ho insultato, l’ho violentato. Quindi l’ho vissuto. Quindi è vero.

Hannah ha ricordi esatti e così ce li rende – filmicamente succede quando, durante il racconto, le scene sono sovrapposte e si passa dal passato della narrazione al presente, o viceversa – le basta dire come sono andate le cose esattamente.

Disturba Hannah, con la sua voce non filtrata.
Disturba l’impotenza, onnipresente, che con Clay ci sentiamo in dovere di espiare.
Disturba la precisione con cui la narrazione viene portata avanti.

Disturba l’intimo pensiero che viene esplicitato.

Disturbano le intenzioni terribili.

Disturba il silenzio.
Disturbano i corpi e la lingua che compiono una violenza.

13 Reasons Why, la serie televisiva, arriva al limite personale che ognuno di noi ha e lo valica, perché non ci risparmia. Ci disturba nelle viscere, perché non riusciamo a tirarci indietro, come non ci riesce Clay onessuna delle persone coinvolte.

Diventa una questione di limiti a ogni livello possibile: dei personaggi della storia, degli strumenti per raccontarla, della capacità di guardarla dello spettatore, a volte un adolescente incapace, a volte un adulto incurante.Questa serie preme dove nessuno vuole sentire e costringe a fermarsi e cedere al disturbo. Possiamo solo assecondarlo, e quando siamo di fronte alla scena del suicidio, che si sviluppa in ogni suo dettaglio, mentre non sappiamo dove tenere le mani, se guardare proprio tutto fino alla fine, la pressione esplode e ci domandiamo cosa diventeremo dopo.

Le conseguenze, diceva l’autore nella sua intervista, arrivano. Riguardano la comprensione delle ragioni, certo, ma anche un cambiamento profondo, se c’è stato. In Clay c’è stato: Clay ammette di stare male e lo confessa a una sua amica. Noi, da parte nostra, ci guardiamo attorno, nel caso ci fossimo persi qualcosa, ma non ci sentiamo meglio.

Se ci siamo illusi che le vicende raccontate potessero insegnare qualcosa a qualcuno, il racconto ci viene ancora incontro e fa uno scatto: uno dei cattivi, infine, la fa finita.

Non c’è speranza: l’animo umano è imperfetto, ha limiti che possono essere talvolta sconquassati ma che poi riconquistano il loro posto.  Possiamo solo provare a cambiarli, e spostarli un po’ più in là.

***

thirteenreasonswhy.com è il sito del libro di Jay Asher che raccoglie, fra le altre cose, le reazioni dei lettori, il loro cambiamento. Promuove 50 States against bullying, la campagna contro il bullismo che l’autore ha promosso durante le sue presentazioni. #reasonswhyyoumatter su twitter colleziona i messaggi che raccontano perché qualcuno conta.

 

L’AUTRICE – Elena Marinelli nel 2015 ha pubblicato il suo primo romanzo, Il terzo incomodo (Baldini&Castoldi); qui i suoi articoli per ilLibraio.it

 
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Perché è importante che adulti e insegnanti leggano “13”, senza paura da il libraio

Post n°15317 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

 

di Giusi Marchetta | 04.09.2017

"Libro e serie vanno conosciuti". Giusi Marchetta, scrittrice e insegnante, riflette su ilLibraio.it sul discusso successo di "13" tra gli adolescenti e si rivolge ai suoi colleghi e agli adulti, che possono giocare un ruolo fondamentale, affrontando senza timori con i ragazzi la tragica storia di Hannah e le delicate tematiche che accompagnano la narrazione

Tra le letture che hanno più successo tra i miei alunni adolescenti ci sono di sicuro i romanzi incentrati sul bullismo. Il tema li riguarda e li affascina. Per quanto molti di loro non siano estranei a dinamiche che potrebbero rasentare il bullismo (soprattutto quando interagiscono virtualmente) tutti quanti si sentono in qualche modo vittime e queste storie rappresentano una sorta di riscatto: dalla variante buonista in cui bullo e vittima diventano amici, a quella facilona per cui il perseguitato si riscatta con un meritato successo o attraverso una vera e propria vendetta.

13 (Mondadori, traduzione di Stefano Borgotallo) di Jay Asher (o 13 reasons why titolo originale ripreso dalla serie Netflix) non prevede né l’una né l’altra via d’uscita. Hannah, 17 anni, dopo una serie di sfortunati eventi causati più o meno intenzionalmente  dai suoi compagni di scuola, si uccide. E questo ai miei alunni è piaciuto moltissimo.

La prima cosa che vorrei dire riguardo al libro e alla serie (entrambe di enorme successo) è che vanno conosciuti. Insegnanti, genitori, il mondo adulto che deve avere a che fare con i ragazzi dovrebbe essere in grado di affrontare l’argomento senza stigmatizzarlo a priori o averne paura perché i giovani lettori o fruitori della serie hanno voglia e bisogno di parlarne e a mio parere sarebbe il caso che trovassero un punto di riferimento estraneo al mondo di Hannah, qualcuno che sia capace di contestualizzare il suo gesto. Il libro di Asher infatti è molto interessante perché non è condiscendente, né didascalico. Anzi è molto diretto nel rappresentare le tredici ingiustizie che Hannah ha subito dal suo punto di vista e con la sua voce.

Nodo centrale della storia infatti non è tanto l’esito del bullismo subito: Hannah è già morta quando il libro comincia. L’idea alla base del romanzo è che prima di uccidersi abbia inviato delle audiocassette ai tredici responsabili della sua morte per raccontare nei dettagli in che modo vi abbiano contribuito. La voce di Hannah, insomma, torna dall’oltretomba per vendicarsi, far soffrire i bulli colpevoli suscitando in loro un senso di colpa tremendo e un inevitabile rimpianto per lei. Che questo si verifichi davvero lo lascio scoprire al lettore che arrivi in fondo alla storia. Quello che mi interessa è testimoniare che questo meccanismo ha reso Hannah un’eroina agli occhi di tutti quegli adolescenti che hanno amato il libro e la serie. L’autolesionismo come mezzo per richiamare l’attenzione e l’affetto del mondo, per ingenerare senso di colpa, insomma, per punire gli altri, è decisamente presente tra i nostri banchi: nascosto in alcuni casi, esibito in altri, nella vita vera e più spesso su internet.

 
| 13.04.2017

Vi ricordate l’ultima cosa che mi avete detto? Dice Hannah. L’ultima cosa che mi avete fatto?

E non importa che loro non la ricordino. Ci pensa lei dalla tomba a spiegarlo per bene.

Ma cosa le hanno fatto? Inezie tra ragazzi, poi qualche atto di bullismo vero e proprio, infine qualcosa di molto grave che ha a che fare con il sessismo feroce e bigotto che è sotteso nella nostra società e diventa spietato tra gli adolescenti. Quello che Hannah teme più di tutto è il giudizio altrui ed è il giudizio degli altri che, a suo parere, la spinge a uccidersi. Se avrete voglia di leggere il libro, di ascoltarla davvero, non vi sorprenderete: a mano a mano che la storia procede tutto prende la forma di un incubo. Lo sa bene Clay, da sempre innamorato di Hannah, che ascolta i nastri con la consapevolezza che sia ormai troppo tardi per cambiare le cose. La domanda che Clay non si pone e che un insegnante che ne parla con la classe dovrebbe fare invece è se questo sia vero. Se c’era davvero qualcosa che si poteva fare per evitare la morte di Hannah e a chi spettasse farlo. La risposta nel libro è accennata ma c’è: bisogna tenere gli occhi aperti, rendersi conto dell’impatto che si ha sugli altri con il proprio modo di fare, con le proprie parole.

Di più: ci vogliono gli adulti, che nel libro sono totalmente assenti. Questi adulti sono responsabili delle banalità sessiste che popolano la mente dei ragazzi: se la scuola non si prende l’incarico di disintegrarle non sta facendo il suo lavoro. Se una ragazza teme per la sua “reputazione”, se un ragazzo crede che approfittarsi di una compagna, siano cose normali, il problema non sono tredici persone ma la società intera che in fondo pensa che le cose stanno così e che chi è un po’ fragile è ovvio che ci rimetta.

Detto questo, mi sembra che il libro vada letto a scuola per un altro motivo: perché ci vuole un adulto che contesti “la teoria del tredicesimo”. Hannah si uccide perché la tredicesima persona a cui si rivolge nei nastri l’ha delusa. Vago spoiler: è un adulto. Imperdonabile, se lo chiedete ai miei alunni. È evidente infatti che mentre Hannah è santificata dal suo essere vittima (e mi raccomando di tenerlo a mente se decidete di affrontare il libro in classe), chiunque non si accorga della sua immane sofferenza è un mostro. Le cose sono più complesse di così: bisogna farlo capire ai ragazzi. Si deve testimoniare che non bastano tredici persone a spezzare qualcuno perché forse sono tredici persone sbagliate in un mondo che è molto più ampio. Far notare che Hannah non ha parlato mai con i suoi genitori, con altri insegnanti, con Clay. Senza demonizzare il suicidio come gesto, colpevolizzando la persona, facendo notare tutti gli appigli che Hannah semplicemente non ha visto. Ribadendo che è morta e non può parlare più. Che le cassette sono un espediente narrativo: la bella idea alla base di un bel libro. La vita dei tredici andrà avanti, la sua no. È finita.

 
| 30.01.2017

Ci sarebbe molto da dire sul modo in cui la serie ha trasformato un libro interessante in un prodotto non completamente riuscito. A mancare sullo schermo è tutto quello che rende forte il libro di Asher: i ragionamenti dietro le azioni di Hannah, la descrizione del contesto in cui viveva. Sarebbe stato bello che lo spettatore avesse visto anche le cose che Hannah non vede: la meschinità dei compagni in quanto meschinità, la disponibilità dei genitori, la possibilità di scegliersi uno stile di vita alternativo a quello dei compagni. Questo perché da lettrice, posso leggere Infinite Jest, amare David Foster Wallace, capire le profonde ragioni del suicidio, vederlo possibile. Ma 13 non è indirizzato a me: è per una ragazzina che pensa che la fine di Hannah sia inevitabile a causa di un contesto che tempo cinque anni potrebbe lasciarsi alle spalle.

L’unica scelta degli sceneggiatori che va in questa direzione può essere considerata quella di mostrare il suicidio di Hannah in modo cruento e realistico. In una scena oltremodo disturbante e lontana dai clichè della vasca da bagno che si riempie lentamente di rosso mentre la persona si addormenta con i polsi tagliati, vediamo il dolore, le convulsioni, l’impossibilità di tornare indietro e lo shock dei genitori ricoperti di sangue. Tutta la determinazione dei nastri scompare. Hannah è morta. Un’altra Hannah si sveglia e va a scuola.

L’AUTRICE – Giusi Marchetta, nata a Milano nel 1982, è cresciuta a Caserta, poi si è trasferita a Napoli. Oggi vive a Torino dove è insegnante. Per Terre di Mezzo ha pubblicato le raccolte di racconti Dai un bacio a chi vuoi tu (2008), con la quale ha vinto il Premio Calvino, e Napoli ore 11 (2010). Il suo primo romanzo, L’iguana non vuole, è stato pubblicato nel 2011 da Rizzoli. Nel 2015 è uscito, per Einaudi, Lettori si cresce.

 

 
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Tredici 3: l'assassino di Bryce e nuovi scenari nel finale di stagione da mondofox

Post n°15316 pubblicato il 08 Settembre 2019 da Ladridicinema
 

 di  - 04/09/2019 10:15 | aggiornato 04/09/2019 10:26

La terza stagione di Tredici, nel finale, risponde alla domanda che l'aveva lanciata. Ora sappiamo chi ha ucciso Bryce Walker. E sappiamo cosa ci aspetta nei nuovi episodi. Ma abbiamo anche assistito a molti, troppi errori...

 

Per la prima volta, Tredici ha scelto di narrarci una storia slegata dalla morte di Hannah Baker. 

Dopo una seconda stagione incentrata sulle conseguenze del suo gesto, il tragico suicidio di Hannah (Katherine Langford) - nella scena che Netflix ha deciso di rieditare in seguito alle polemiche - resta marginale nella trama dei nuovi episodi.

Episodi che, a mio parere, sono stati i peggiori visti finora.

A cominciare dalla scelta d'introdurre un personaggio nuovo, con tanto di funzione di narratore, applicando così un espediente di sceneggiatura tipico di chi non sa bene come muoversi, per proseguire con una serie di sviluppi discutibili e un finale inaccettabile.

Un finale che serviva necessariamente ad aprire nuovi scenari per un seguito, una quarta stagione che aveva bisogno di un punto di partenza. Ma a che prezzo?

Chi ha ucciso Bryce?

Attenzione! Possibili spoiler!

La risposta a questa domanda, almeno in parte, era scontata: sapendo che era stato picchiato a morte - almeno secondo una delle versioni che circolavano prima che il mistero fosse svelato - non era difficile intuire il colpevole. L'unico più grosso di Bryce (Justin Prentice), l'unico che insisteva particolarmente nell'addossare a Clay (Dylan Minnette) la colpa dell'omicidio.

Zach Dempsey (Ross Butler) era quindi il sospettato ideale, fin dall'inizio. 

La banalizzazione delle indagini - di cui parleremo di seguito - e il finale moralmente inaccettabile e completamente avulso dall'orizzonte di riferimento della serie fino a questo momento, si risollevano solo per la capacità di inserire un secondo colpevole (anzi: due...) senza farne un complice di Zach.

Alex (Mies Heizer) infierisce su Bryce senza l'intenzione di ucciderlo. Ma dopo averlo gettato in acqua, con due arti rotti e un'emorragia in corso, non muove un dito e lo guarda annegare.

La stessa cosa fa Jessica (Alisha Boe), eppure non viene considerata colpevole, o almeno non tanto da far passare ai telespettatori il messaggio che assistere impassibili a un omicidio sia un grave crimine.

E ancora una volta, siamo fuori dall'orizzonte morale.

Tredici: i poster della stagione 3HDNetflix
Tredici, stagione 3: Chi ha ucciso Bryce Walker?Sono tutti sospettati

La tattica di trovare validi moventi per gran parte dei personaggi, tipica del genere giallo e investigativo, sarebbe risultata vincente se non fosse stata così frettolosa.

Clay, che indaga insieme alla nuova arrivata Ani (Grace Saif) - alla quale tutti inspiegabilmente raccontano i fatti loro come se la conoscessero da sempre - cambia idea ogni 5 minuti.

Guardando in cagnesco il nuovo potenziale assassino, si convince grazie al repentino cambio d'opinione della sua nuova amica che siano tutti colpevoli. Uno alla volta.

Sono tutti sospettati. Tutti hanno dei moventi più o meno validi. Ma il modo in cui i moventi vengono esposti, facendo ricadere gli indizi sui vari protagonisti, è superficiale e sbrigativo.

Sì, certo: a indagare sono Clay e Ani, due adolescenti. Ma perfino per loro il cambio d'idea è troppo repentino per essere credibile.

E da sviare le indagini per rendere il tutto più interessante a includere una quindicina di persone nella lista dei sospettati, ce ne passa...

Tredici: Clay e Ani nella stagione 3Netflix
Clay e Ani nella stagione 3 di TrediciNuovi scenari e un nuovo orizzonte morale

Il ritorno della mamma di Hannah (Kate Walsh) sembra essere un semplice pretesto per legare la trama della stagione 3 a quella delle due stagioni precedenti.

In realtà, senza volerlo, la sua presenza rafforza il contrasto con il precedente orizzonte morale delineato dalla serie.

Dopo la cruda (e vendicativa) denuncia del bullismo, dopo la riflessione su come un suicidio determini il corso delle vite di chi resta e dopo il tentativo di cambiare le cose in una scuola come tante, dove i più forti la fanno sempre pagare ai più deboli, Tredici vacilla. Irreparabilmente.

Lo fa quando un poliziotto, un rappresentante delle forze dell'ordine e di quello stesso ideale di giustizia (tradita) sul quale si basava il processo contro Bryce Walker, decide di voltare le spalle alla legge, alla giustizia, a tutto ciò in cui crede, per interessi personali.

Se lo facesse per corruzione, o disillusione, o altro, forse aprirebbe scenari interessanti per la quarta stagione.

Visto che lo fa solo per proteggere qualcuno, indipendentemente da quanto caro gli sia, non funziona più.

Tredici: Bryce WalkerHDNetflix
Tredici: Justin Prentice è Bryce WalkerErrori irreparabili

Abbiamo i colpevoli, ma entrambi vengono assolti. Il primo perché, già durante la sua confessione, la polizia non gli crede (e perché mai?) e lo tratta come se non avesse fatto nulla, cosa già molto grave: si legittima la vendetta, dopo aver costruito l'immagine negativa di Hannah per due stagioni denunciando la crudeltà della sua vendetta.

Il secondo colpevole non verrà mai scoperto perché la legge sceglie di fare una vistosa eccezione.

Un'eccezione che porta a incolpare un altro - innocente, sebbene autore di gesta atroci - dell'omicidio di Bryce (il cui tentativo di auto-riabilitazione morale durante i flashback stona decisamente).

Un'eccezione che apre al nuovo scenario: le conseguenze di quella scelta morale inaccettabile.

Attenzione! Possibili spoiler!

Qualcuno sa che Monty (Timothy Granaderos) non ha ucciso Bryce. 

Qualcuno sa che Tyler (Devin Druid, indubbiamente il migliore nel cast) voleva fare una strage a scuola (strage, per altro, giustificata da ciò che ha subito: e di nuovo, siamo fuori dall'orizzonte morale stabilito nella prima stagione).

Ci sono errori irreparabili, in sceneggiatura. Uno dei più gravi è la modifica dell'orizzonte morale di riferimento senza alcuna giustificazione.

Un conto è spostare il confine sempre più in là, come accade per esempio in The Walking Dead man mano che i personaggi evolvono.

Un altro conto è cancellare il confine perché, diversamente, non si saprebbe più come andare avanti con la narrazione.

E questo è certamente un errore irreparabile.

Non siete d'accordo?

 
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