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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 02/07/2018
Post n°14549 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
di Fabio Nobile Domenico Moro, La gabbia dell’euro. Perché uscirne è internazionalista e di sinistra, Imprimatur, 2018 Con molto piacere scrivo del nuovo lavoro di Domenico Moro: "La gabbia dell'euro. Perché uscirne è internazionalista e di sinistra.". Questo nuovo libro è in continuità con il punto di vista da lui esplicitato in questi ultimi anni sulla natura dell’euro e la necessità di un suo superamento. La chiave è però originale rispetto al consueto approccio economico con cui è affrontato il tema dalle diverse impostazioni che si confrontano ormai da tempo. Prova ad affrontare la questione partendo dalle radici strutturali del nazionalismo contestualizzandolo nelle diverse fasi storiche in cui questo ha assunto diverse connotazioni. Costruisce una risposta razionale a quelle obiezioni che provengono anche da sinistra all’uscita dall’euro. Obiezioni che indicano questa scelta come regressiva e portatrice del “ritorno alla nazione” contrapposta ad un campo sovranazionale che, in qualche modo, anche la moneta unica garantirebbe seppure con politiche da contrastare. Ed è proprio la connotazione negativa che la nazione assume nella prima metà del Novecento, ci dice Moro, che determina una tale rigida lettura. Ma in questo ragionamento si sottovaluta che in quella fase storica la base nazionale di accumulazione rendeva “utile” per le borghesie dominanti il nazionalismo che deflagherà nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Mentre nel XXI secolo la tendenza all’internazionalizzazione del capitale è estremamente avanzata e preponderante. L'esempio della Fiat, oggi FCA-Crysler è estremamente esemplificativo. Mentre prima il mercato decisivo per la crescita dell’azienda (prima con sede a Torino, oggi a Londra e Amsterdam) era l’Italia, oggi con tutta evidenza sia gli assetti proprietari, che la produzione e la circolazione hanno una base globale ed integrata sul piano sovranazionale. In questo filo di ragionamento si inserisce la netta distinzione tra internazionalismo e cosmopolitismo. Il primo come parte del pensiero socialista . “L’internazionalismo, come parte del pensiero socialista del XIX e del XX secolo, non prescinde dall’esistenza delle nazioni e dagli stati e ha un carattere collettivo e di classe. Infatti, si propone di superare le differenze e le rivalità nazionali e statali mediante la costruzione di una solidarietà e di una unità di intenti economici e politici tra classi subalterne e lavoratori salariati appartenenti a nazionalità differenti, nei confronti del capitale. L’internazionalismo tiene conto dell’esistenza delle nazionalità e sostiene il principio dell’autodeterminazione dei popoli, cioè il diritto alla separazione, come strumento di lotta contro l’oppressione dell’imperialismo e dei regimi autoritari e arretrati." Il secondo “ …nasce come ideologia nel periodo illuminista ed è fatto proprio dalla massoneria, organizzazione segreta che nasce con una impostazione universalistica, e in genere delle élite capitalistiche legate a interessi globali e a reti di relazioni sovranazionali, piuttosto che soltanto a specifiche relazioni territoriali”. La lettura dialettica della realtà lo porta a soppesare gli ingredienti della miscela che nelle diverse fasi storiche hanno determinato il concetto di nazione e il peso dell’internazionalizzazione del capitale. Da quello ottocentesco in cui la borghesia consolidava il suo potere, a quello della prima metà del novecento accennato prima, fino a quello contemporaneo in cui il peso dello Stato nazionale non perde la sua funzione di tutela delle frazioni dominanti della borghesia come dimostrano i contrasti franco-italiani sulla Libia, quindi nella stessa Europa, o quelli tra Germania ed Usa sul piano commerciale, ma in cui l’elemento transnazionale è centrale e con esso il cosmopolitismo che diviene la base ideologica dell’attuale integrazione economica e valutaria in Europa. Nella sostanza quello che condivido a fondo con Moro è che i pericoli reazionari che provengono dalle classi dominanti non sono tanto legati al riemergere della nazione ma alla capacità del capitale e della borghesia transnazionale di utilizzare con grande disinvoltura la nazione insieme allo spirito cosmopolita finalizzandolo al dominio di classe, togliendo alle classi subalterne qualsiasi capacità di resistenza e di difesa che nel corso del novecento in particolare in Europa erano riuscite a conquistarsi. In questo senso lo strumento di dominio è il trasferimento di funzioni statali a organismi sovranazionali, spesso non eletti, che aggirano gli organismi nazionali e la democrazia rappresentativa, in primis il Parlamento, nei quali i rapporti di forza più favorevoli ai lavoratori. Da tale punto di vista il recupero dello spirito internazionalista passa per l’individuazione di un nemico e di obiettivi comuni tra i lavoratori e i proletari nel nostro campo d’azione che è l’Europa, che ne permettano in primo luogo la riconquista del senso di se. E certamente, se questi ragionamenti hanno una loro linearità, non è la sinistra che da battaglia contro l’integrazione valutaria a favorire o ad andare incontro al riemergere del nazionalismo di destra e della xenofobia, ma è proprio l’attuale integrazione ad allevare quel tipo di risposta irrazionale con l’aumento delle divergenze economiche tra i Paesi e l’assoluta assenza di sovranità democratica condita da un impoverimento di massa. Un lettura attenta di questo testo può aiutare a superare alcuni dei nodi che attraversano il dibattito a sinistra su questo cruciale argomento e fare dei passi avanti. Lo consiglio.
Post n°14548 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
L'incredibile viaggio del fachiro The Extraordinary Journey of the Fakir - DATA USCITA: 04/07/2018
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': Francia
- ANNO: 2018
- REGIA: Ken Scott
- CAST: Bérénice Bejo, Dhanush, Erin Moriarty
Stronger - Io sono più forte Stronger - DATA USCITA: 04/07/2018
- GENERE: Drammatico, Biografico
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2017
- REGIA: David Gordon Green
- CAST: Jake Gyllenhaal, Tatiana Maslany, Clancy Brown
Doraemon il film - Nobita e la grande avventura in Antartide Eiga Doraemon: Nobita no nankyoku kachikochi daibouken - DATA USCITA: 05/07/2018
- GENERE: Animazione, Avventura, Commedia, Family, Fantascienza, Fantasy
- NAZIONALITA': Giappone
- ANNO: 2017
- REGIA: Atsushi Takahashi
- DATA USCITA: 05/07/2018
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': Spagna
- ANNO: 2017
- REGIA: Carla Simón
- CAST: Laia Artigas, Paula Robles, Bruna Cusì
Post n°14547 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Jurassic World - Il regno distrutto (guarda la video recensione) vince il weekend e arriva a quota 9,3 milioni di Euro con 1,3 milioni di spettatori, superando A casa tutti bene (guarda la video recensione) e mettendosi in scia a Come un gatto in tangenziale, che ora dista solo 200mila euro. A questo punto il sorpasso dovrebbe essere cosa fatta entro la fine di luglio, anche visto che non ci saranno uscite di rilievo almeno fino alla fine del mese: l'Italia perderà l'ultimo esponente del suo cinema nella top ten stagionale, mancando l'obiettivo di piazzare almeno un film tra i migliori della stagione per il secondo anno consecutivo. Nel weekend vanno abbastanza bene Obbligo o verità (guarda la video recensione), che si avvicina al milione e mezzo di euro e Papillon, cresciuto giorno dopo giorno, che chiude con quasi 300mila euro complessivi. Buoni gli incassi de Il sacrificio del cervo sacro (guarda la video recensione), che ha incassato complessivamente 174mila euro, battendo un po' a sorpresa Hurricane - Allerta uragano, che si è fermato a 154mila euro. Briciole per tutti gli altri film in classifica, a cominciare da Solo: A Star Wars Story (guarda la video recensione), che anche in Italia ha confermato il trend non positivo avuto nel resto del mondo. Questa settimana arrivano in sala Stronger - Io sono più forte (guarda la video recensione) dal 4 luglio e Prendimi!, Unsane, La prima notte del giudizio e Doraemon - La grande avventura in Antartide che potrebbero fare leggermente meglio delle uscite della settimana scorsa.
Post n°14546 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Pubblichiamo qui il ricordo della Rete dei Comunisti e di Stefano G. Azzarà, che con Losurdo ha studiato e lavorato. La morte dello studioso, del compagno Domenico Losurdo è una perdita che pesa. Particolarmente in una fase storica, come quella che viviamo, in cui le ragioni dell’alternativa, del riscatto sociale e della liberazione dal lavoro salariato sembrano offuscate e smarrite sotto il peso e la evidente pervasività dell’offensiva borghese. Losurdo è stato un intellettuale comunista a tutto tondo. Losurdo è stato uno scienziato della teoria il quale – da materialista e, quindi, da marxista autentico – non si è mai tolto il cappello a fronte delle ideologie dominanti e delle loro mastodontiche forme di esercizio e di comando. Mai banale, mai dogmatico, mai impressionistico nei confronti della materia sociale che ha studiato, interpretato e, quando necessario, sapientemente demistificato. In questo contesto Domenico Losurdo ha dato un notevole contributo al generale processo di critica del liberalismo in tutte le sue diversificate rappresentazioni e del capitalismo. Sul versante filosofico e storico lo studio e la rigorosa ricerca di Losurdo ha contribuito allo smantellamento di alcune (forti) narrazioni capitalistiche su temi e snodi di fondamentale importanza non solo per disarticolare il sistema ideologico di pensiero dominante ma anche per mantenere aperta – su tutto l’arco delle contraddizioni – la strada del cambiamento societario, dell’alternativa di sistema e del socialismo. Nei suoi scritti la spinta al mutamento ed alla necessità della rottura rivoluzionaria è sempre presente senza mai dimenticare la storia, l’epopea ma anche la necessità di un bilancio del movimento comunista internazionale e di alcuni suoi grandi interpreti che hanno segnato, in ogni caso, la nostra contemporaneità. Enormi sono i suoi lavori editoriali e lo studio accumulato nei decenni, sia in Italia e sia in altri paesi. Non a caso Domenico Losurdo è stato apprezzato anche da chi, pur da posizioni teoriche distanti dal marxismo, riconosceva la qualità e la serietà del contributo ideale ed intellettuale di Domenico. Ora è il momento del lutto e del cordoglio ma ritorneremo, in maniera più sistematica, sul contributo elaborato da Losurdo con l’auspicio di mantenere viva la “battaglia delle idee” e la lotta a fondo ad ogni tentativo di voler affermare il modo di produzione capitalistico come “fine della storia”. Rete dei Comunisti ***** Dall’intervista che chiude il mio libro “L”humanité commune: Dialectique hégélienne, critique du libéralisme et reconstruction du matérialisme historique chez Domenico Losurdo” (Delga, Paris 2012). Grazie di tutto. _________________ Azzarà. Come incide questa debolezza teorica sullo stato della sinistra attuale? LEuropa si confronta oggi con trasformazioni imponenti che stanno mutando il volto del mondo. Sono trasformazioni che riguardano i rapporti di forza internazionali sul piano politico e su quello economico, ma anche lequilibrio tra Stato e mercato, la natura della democrazia, le grandi migrazioni. La sinistra non sembra avere oggi né idee, né prospettive politiche. Losurdo. Con la crisi prima e col crollo poi del «socialismo reale», in Occidente e in Italia in modo particolare la sinistra ha smarrito ogni reale autonomia. Sul piano storico ha sostanzialmente desunto dai vincitori il bilancio storico del Novecento. Due sono i punti centrali di tale bilancio: per larghissima parte della sua storia, la Russia sovietica è il paese dell’orrore e persino della follia criminale. Per quanto riguarda la Cina, il prodigioso sviluppo economico che si verifica a partire dalla fine degli anni 70 non ha nulla a che fare col socialismo ma si spiega soltanto con la conversione del grande paese asiatico al capitalismo. A partire da questi due capisaldi ogni tentativo di costruire una società post-capitalistica è oggetto di totale liquidazione e persino di criminalizzazione, e l’unica possibile salvezza risiede nella difesa o nel ristabilimento del capitalismo. E paradossale, ma sia pure con sfumature e giudizi di valore talvolta diversi, questo bilancio viene spesso sottoscritto dalla sinistra, compresa quella «radicale». Ancora più grave è la subalternità di cui la sinistra dà prova sul piano più propriamente teorico. Nellanalizzare la grande crisi storica che si sviluppa nel Novecento, l’ideologia dominante evita accuratamente di parlare di capitalismo, socialismo, colonialismo, imperialismo, militarismo. Queste categorie sono considerate troppo volgari. I terribili conflitti e le tragedie del Novecento sono invece spiegate con l’avvento delle «religioni politiche» (Voegelin), delle «ideologie» e degli «stili di pensiero totalitari» (Bracher), dell«assolutismo filosofico» ovvero del «totalitarismo epistemologico» (Kelsen), della pretesa di «visione totale» e di «sapere totale» che già in Marx produce il «fanatismo della certezza» (Jaspers), della «pretesa di validità totale» avanzata dalle ideologie novecentesche (Arendt). Se questa è l’origine della malattia novecentesca, il rimedio è a portata di mano: è sufficiente un’iniezione di «pensiero debole», di «relativismo» e di «nichilismo» (penso al Vattimo degli anni Ottanta). In tal modo non solo la sinistra fornisce il suo bravo contributo alla cancellazione di capitoli fondamentali di storia: i massacri e i genocidi coloniali sono stati tranquillamente teorizzati e messi in pratica in un periodo di tempo in cui il liberalismo si coniugava spesso con l’empirismo e il problematicismo; prima ancora dell’avvento del pensiero forte novecentesco, la prima guerra mondiale ha imposto col terrore a tutta la popolazione maschile adulta la disponibilità e la prontezza ad uccidere e ad essere uccisi. Per di più, come medico per eccellenza della malattia novecentesca viene spesso celebrato Nietzsche, che pure si attribuisce il merito di essersi opposto «ad una falsità che dura da millenni» e che aggiunge: «Io per primo ho scoperto la verità, proprio perché per primo ho sentito la menzogna come menzogna, la ho fiutata» (Ecce homo, Perché io sono un destino, 1). Così enfatica è l’idea di verità, che coloro i quali sono riluttanti ad accoglierla sono da considerare folli: sì, si tratta di farla finita con le «malattie mentali» e con il «manicomio di interi millenni» (L’Anticristo, § 38). D’altro canto, il presunto campione del «pensiero debole» e del «relativismo» non esita a lanciare parole d’ordine ultimative: difesa della schiavitù quale fondamento ineludibile della civiltà; «annientamento di milioni di malriusciti»; «annientamento delle razze decadenti»! La piattaforma teorico-politica suggerita a suo tempo da Vattimo – ma che Vattimo stesso pare oggi mettere in discussione – mi sembra insostenibile da ogni punto di vista. Altre correnti del pensiero dominante indicano il rimedio alle tragedie del Novecento non già nel relativismo, ma, al contrario, nel recupero della saldezza delle norme morali, sacrificate da comunisti e nazisti sull’altare del machiavellismo e della Realpolitik (Aron e Bobbio) ovvero della filosofia della storia e della presunta necessità storica (Berlin e Arendt). Nella sinistra e nella stessa sinistra radicale (si pensi a «Empire» di Hardt e Negri) è divenuta un punto di riferimento soprattutto Arendt. Rimossa o sottoscritta è la liquidazione a cui lei procede di Marx e della rivoluzione francese con la connessa celebrazione della rivoluzione americana (e il conseguente indiretto omaggio al mito genealogico che trasfigura gli Usa quale «impero per la libertà», secondo la definizione cara a Jefferson, che pure era proprietario di schiavi). In questo caso ancora più assordante è il silenzio sulla tradizione colonialista e imperialista alle spalle delle tragedie del Novecento. Arendt condanna l’idea di necessità storica nella rivoluzione francese, e soprattutto in Marx e nel movimento comunista; dimentica però che il movimento comunista si è formato nel corso della lotta contro la tesi del carattere ineluttabile e provvidenziale dell’assoggettamento e talvolta dell’annientamento delle «razze inferiori» ad opera dell’Occidente, si è formato nel corso della lotta contro il «partito del destino», secondo le definizione cara a Hobson, il critico inglese dell’imperialismo, letto e apprezzato da Lenin. Arendt contrappone negativamente la rivoluzione francese, sviluppatasi all’insegna dell’idea di necessità storica, alla rivoluzione americana, che trionfa all’insegna dell’idea di libertà. In realtà l’idea di necessità storica agisce con modalità diverse in entrambe le rivoluzioni: se in Francia viene considerata ineludibile anche l’emancipazione degli schiavi, che è in effetti è sancita dalla Convenzione giacobina, negli Usa il motivo del Manifest Destiny consacra la conquista dell’Ovest, inarrestabile nonostante la riluttanza e la resistenza dei pellerossa, già agli occhi di Franklin destinati dalla «Provvidenza» ad essere spazzati via. Arendt muore nel 1975, non ancora settantenne. In questa morte precoce c’è un elemento paradossale di fortuna sul piano filosofico. Solo successivamente intervengono gli sviluppi storici che falsificano totalmente la piattaforma teorica della filosofa scomparsa: a partire dalla presidenza Reagan sono proprio gli Stati Uniti a impugnare la bandiera della filosofia della storia contro l’Urss e i paesi che si richiamano al comunismo, destinati a finire nella «spazzatura della storia» e comunque collocati ai giorni nostri lo proclamano Obama e Hillary Clinton «dalla parte sbagliata della storia». Più longevi ma meno fortunati sul piano filosofico sono i devoti di Arendt, che continuano a ripetere la vecchia filastrocca, senza accorgersi del radicale rovesciamento di posizioni che nel frattempo si è verificato sul piano mondiale. Subalterna sul piano del bilancio storico così come delle categorie filosofiche, la sinistra (compresa quella radicale) è chiaramente incapace di procedere a un«analisi concreta della situazione concreta». Tanto più, se teniamo presente che alla catastrofe teorico-politica ha contribuito ulteriormente una mossa sciagurata, quella che contrappone negativamente il «marxismo orientale» al «marxismo occidentale». Alle spalle di questa mossa agisce una lunga e infausta tradizione. In Italia, subito dopo la rivoluzione d’ottobre, Filippo Turati, che continua a fare professione di marxismo, non riesce a vedere nei Soviet null’altro che l’espressione politica di un’«orda» barbarica (estranea e ostile all’Occidente). A partire dagli anni 70 del secolo scorso, la divaricazione tra marxisti orientali e marxisti occidentali ha visto contrapporsi da un lato marxisti che esercitano il potere e dall’altro marxisti che sono all’opposizione e che si concentrano sempre più sulla «teoria critica», sulla «decostruzione», anzi sulla denuncia del potere e dei rapporti di potere in quanto tali, e che progressivamente nella loro lontananza dal potere e dalla lotta per il potere ritengono di individuare la condizione privilegiata per la riscoperta del marxismo «autentico». E’ una tendenza che ai giorni nostri raggiunge il suo apice nella tesi formulata da Holloway, in base alla quale il problema reale è di «cambiare il mondo senza prendere il potere»! A partire da tali presupposti, cosa si può capire di un partito come il Partito comunista cinese che, gestendo il potere in un paese-continente, lo libera dalla dipendenza economica (oltre che politica), dal sottosviluppo e dalla miseria di massa, chiude il lungo ciclo storico caratterizzato dall’assoggettamento e annientamento delle civiltà extra-europee ad opera dell’Occidente colonialista e imperialista, dichiarando al tempo stesso che tutto ciò è solo la prima tappa di un lungo processo all’insegna della costruzione di una società post-capitalistica? * da Facebook
Post n°14545 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Otto riconoscimenti per il film di Matteo Garrone, tra cui la regia e i due protagonisti Fonte e Pesce, dal Sindacato Giornalisti: cerimonia questa sera a Taormina Stravince Dogman di Matteo Garrone ai Nastri d’Argento 2018 che chiudono a Taormina stasera la 72.ma edizione. Otto i riconoscimenti al ‘miglior film’, premiato anche per la regia, la produzione (lo stesso Garrone con Paolo Del Brocco per Rai Cinema), la scenografia, il sonoro, il montaggio (ex aequo con Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino) e anche per il casting director e, soprattutto, per i due attori protagonisti: Marcello Fonte, premiato a Cannes poche settimane fa, e Edoardo Pesce. Un trionfo assoluto in un’edizione – come sempre realizzata con il sostegno del Mibact – Dg Cinema, main sponsor BNL Gruppo Bnp Paribas – che ha visto candidati cinque film tra i più significativi della stagione e ben sette ‘grandi firme’ della regia, a cominciare, con Garrone, da Luca Guadagnino, arrivato quest’anno anche al traguardo degli Academy Awards e Paolo Sorrentino che vince per Loro – scritto insieme a Umberto Contarello – il Nastro per la migliore sceneggiatura e tre premi per gli attori: Elena Sofia Ricci migliore protagonista (che riceve anche il Premio Wella per l’immagine), Kasia Smutniak e Riccardo Scamarcio, non protagonisti dell’anno. Ancora: è Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani la commedia 2018 per la quale, nel decennale del premio dedicato alla commedia, i Nastri premiano come migliori attori Paola Cortellesi e Antonio Albanese. Sul palcoscenico del Teatro Antico – in un’edizione come negli ultimi anni realizzata a Taormina con il supporto della Regione Siciliana, Assessorato al Turismo, Sport e Spettacolo, Sicilia Film Commission, nell’ambito del progetto Sensi Contemporanei, Fondazione Taormina Arte – due premi per la Musica a Pivio e Aldo De Scalzi con le liriche di Nelson, e per la migliore canzone – Bang Bang interpretata da Serena Rossi, Giampaolo Morelli e Franco Ricciardi – vanno a Ammore e malavita dei Manetti Bros. Proprio tra gli interpreti del musical – che aveva già ricevuto tra l’altro dai giornalisti il ‘Pasinetti’ a Venezia – il Premio Nino Manfredi va a Claudia Gerini, anche protagonista quest’anno di A casa tutti bene (premiato eccezionalmente per il cast) e dell’opera prima (di Michela Andreozzi) Nove lune e mezza. Nel ventennale del suo esordio con Radiofreccia, per il suo terzo film, Made in Italy, interpretato da Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, vince per il miglior soggetto Luciano Ligabue, il rocker che a Taormina sale sul palco da regista anche per il Nastri d’Argento – Hamilton Behind the camera award, prestigioso riconoscimento importato da Hollywood che ha già premiato Alessandro Gassmann, Pif, Luca Zingaretti, Gabriele Muccino e ancora una volta festeggia un grande ritorno dietro la macchina da presa. Tra i riconoscimenti decisi dal Direttivo due i ‘Nastri alla carriera’ 2018: dopo Gigi Proietti premiato a Roma da Alessandro Gassmann (che l’ha diretto quest’anno ne Il Premio), i giornalisti cinematografici festeggiano a Taormina, per i suoi primi quarant’anni di carriera, Massimo Ghini. E dopo aver consegnato a Roma Nastri speciali a Paolo Taviani (Una questione privata) ultimo film firmato con il fratello Vittorio, e a Gatta Cenerentola (per l’innovazione e il coraggio produttivo), i Nastri premiano a Taormina Nome di donna che grazie al soggetto di Cristiana Mainardi, alla produzione di Lionello Cerri e soprattutto alla regia di Marco Tullio Giordana e all’interpretazione dell’attrice protagonista, Cristiana Capotondi, ha toccato il tema delle molestie sul lavoro non solo con il taglio della denuncia sociale, ma con un invito a rompere l’omertà di un silenzio ormai fuori del tempo eppure spesso ancora ‘complice’. Tra gli attori, a Edoardo Leo per una performance speciale, quest’anno, non solo come protagonista in Smetto quando voglio – Ad Honorem ma anche come autore e interprete di Io c’è, va il Persol – Personaggio dell’anno che ha già premiato negli anni Pierfrancesco Favino, Maria Sole Tognazzi, Claudio Santamaria, Elio Germano, Luca Marinelli e Alessandro Borghi, Claudio Amendola e Luca Argentero Premi tecnici di quest’edizione, infine, per la fotografia (Gianfilippo Corticelli) a Napoli velata di Ferzan Ozpetek, per i costumi (con Nicoletta Taranta) a Agadah e A ciambra, per il sonoro in presa diretta (Maricetta Lombardo) ex aequo a Dogman e L’intrusa. E a Dogman è andato anche il premio per la scenografia (Dimitri Capuani). A Taormina l’ultima manche di un palmarès che in un anno speciale per il cinema italiano ha segnalato anche il talento e il valore di protagonisti dell’annata come Gabriele Salvatores (Nastro ‘Argentovivo’ cinema&ragazzi) autore de Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, ma anche Paolo Virzì (Ella&John – The leisure seeker) e Vittorio Storaro per la ‘cinematografia’ del film di Woody Allen La ruota delle meraviglie. Ancora: a Roma per la fiction e a Lamezia Terme sono stati consegnati i Nastri della legalità, nati quest’anno in collaborazione con il festival Trame: premiati Prima che la notte di Daniele Vicari con Fabizio Gifunie Nato a Casal di Principe di Bruno Oliviero, prodotto Amedeo Letizia e Mariella Li Sacchi, con Alessio Lapice, Massimiliano Gallo, Donatella Finocchiaro, Lucia Sardo. I Premi ‘Guglielmo Biraghi’ per gli esordienti sono andati a Euridice Axen (Loro) con la ‘borsa’ di formazione del Nuovo Imaie 2018, che il SNGCI ringrazia per la collaborazione. Per il terzo anno, infine, SIAE affianca i Nastri d’Argento sulla giovane sceneggiatura segnalando, con un’altra ‘borsa’ di formazione, i fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo, anche vincitori della migliore opera prima, La terra dell’abbastanza. Sempre per il talento giovane, alla terza edizione il ‘Premio Graziella Bonacchi’, destinato ad un attore rivelazione di quest’anno, ha segnalato il giovane protagonista di Quanto basta, Luigi Fedele. Graziella Bonacchi, è stata l’agente che ha sostenuto i giovani con affetto, attenzione e amicizia. Un sostegno interrotto troppo presto. Il bilancio del voto, le scelte dei Giornalisti “Troppi premi? Forse, ma segnalazioni decisamente importanti, significative e meritate: la scelta del Direttivo ha voluto sottolineare la qualità di un anno speciale, di ripresa assoluta nella qualità del cinema italiano, in netta controtendenza sull’andamento dei dati nelle sale” spiega Laura Delli Colli, Presidente, a nome del Direttivo Nazionale. “E’ indubbio che un’ondata positiva di talento, di novità e di rilancio abbia segnato, infatti, con una fortissima visibilità, il successo del cinema italiano negli appuntamenti con i premi internazionali e i grandi festival, con un effetto positivo non solo di immagine ma anche di mercato avviato fin dalla notte degli Oscar®. La stessa ‘cinquina’ del miglior film ha il limite in questo senso di aver sacrificato titoli e autori che si sono misurati in Italia e nel mondo segnando davvero con l’affermazione, così si augurano i Giornalisti Cinematografici, un nuovo inizio.” Un esempio per tutti – si legge nella nota del Sindacato che accompagna l’annuncio dei Premi – è il film di Luca GuadagninoChiamami col tuo nome, ‘Film dell’anno’ per il Sngci che gli aveva attribuito il riconoscimento, non assegnato, al quale il regista ha voluto però rinunciare, non accettandolo, preferendo la competizione. “Se abbiamo voluto sottolineare la stagione appena conclusa, straordinariamente, con un eccesso di segnalazioni e omaggi dilatando in qualche caso anche a 7 le tradizionali ‘cinquine’ (che non a caso abbiamo chiamato più correttamente quest’anno ‘candidature’) – spiega Laura Delli Colli a nome del Direttivo Nazionale – è proprio per l’eccezionalità di un passaggio che merita attenzione. E i premi servono a darla perché sono il solo modo, a volte, di fronte alla crisi degli spettatori, per aiutare il pubblico a scegliere e a riscoprire il piacere del cinema in sala. Fare cronaca, segnalando fenomeni, eccellenze, novità, scoperte – e denunciando, certo, omissioni e censure anche nel mercato – è il nostro mestiere. Un piacere farlo quest’anno, anche se non è detto che la quantità sia, nella stagione in arrivo, la giusta misura della qualità complessiva che quest’annata rende già irripetibile”. Il voto, i Nastri in tv su Rai 1, Rai Movie e Rai Italia Le candidature, anche su segnalazione degli iscritti al SNGCI, sono state scelte quest’anno, come i premi speciali, dal Direttivo presieduto da Laura Delli Colli e composto da: Fulvia Caprara (vicepresidente), Oscar Cosulich, Paolo Sommaruga, Stefania Ulivi, Romano Milani (Segretario generale) e Franco Mariotti (Sindaco). Li affiancano nel Consiglio Nazionale, con Titta Fiore e Maurizio Turrioni (rispettivamente delegati per l’area Sud e Nord del Sngci), Maurizio di Rienzo, delegato per documentari e cortometraggi, Fabio Falzone e Susanna Rotunno (tv) e Miriam Mauti (web). Del Consiglio fa parte con l’ex presidente Mario Di Francesco, Carlo Muscatello in rappresentanza della FNSI. Le candidature sono state votate dal 1° al 15 Giugno quando lo spoglio del notaio dei Nastri, Alessandra Temperini ha decretato i vincitori. Da Taormina in tv con la Rai I premi, come sempre negli ultimi anni, dal Teatro Antico di Taormina, andranno in onda su Raiuno venerdì 6 Luglio prossimo in una serata a cura di Laura Delli Colli per il Sngci, condotta da Carlotta Proietti, con la regia di Luca Alcini che ne è anche autore con Giancarlo De Andreis. E la collaborazione tecnica per le riprese di Videobank. La serata di Raiuno sarà anticipata da un numero speciale di Movie Mag che ne conclude la stagione su Rai Movie. Replica nel mondo, il 6 e 7 Luglio, con Rai Italia.
Post n°14544 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
di Marco Pondrelli, direttore di Marx21.iInizia oggi la mia avventura come direttore di questo sito. Il mio primo pensiero ed il mio primo ringraziamento va all'amico ed al compagno Mauro Gemma, che ringrazio per le belle parole che ha speso su di me. Lo ringrazio, come tante e tanti hanno fatto in questi giorni, per il lavoro che ha profuso in questi 10 anni: un lavoro guidato dalla professionalità e dalla passione. So che non sarò all'altezza del suo esempio ma spero ugualmente di riuscire a profondere tutte le mie energie in questo percorso. Dirigere un sito che si richiama a Karl Marx in questo momento non è affatto facile. La sinistra in tutte le sue forme (comunista, radicale, riformista...) non è mai stata così debole. Debolezza che è, prima che elettorale, culturale.
In questi anni la sinistra ha smarrito la bussola arrivando perfino a sommare la propria voce a quella degli aggressori imperialisti (qualcuno si è già scordato le manifestazioni sotto l'ambasciata libica al tempo della guerra?). In nome di un nuovismo, che è stato in realtà il peggio che il passato ci ha consegnato, abbiamo disconosciuto la nostra identità. Qualcuno rifletterà seriamente sul perché la sinistra vince nei quartieri bene delle città e perde nelle periferie?
Il nostro sito si colloca dentro questa battaglia. Una battaglia teorica che vuole smontare i dogmi liberisti e guerrafondai. Vorremmo una sinistra che tornasse a capire che la minaccia alla pace oggi arriva dalla Nato e non dalla Russia, vorremmo una sinistra che capisse che la Cina non è la causa della nostra crisi ma potrà esserne la soluzione, vorremmo una sinistra che non barattasse i diritti del lavoro con quelli di genere (non essendovi nessuna contraddizione fra di essi).
Marx XXI sarà sempre più il luogo in cui, senza paure e senza anatemi, chi non si riconosce nel pensiero unico si confronterà portando, dall'Italia e dall'estero, il suo contributo, la sua esperienza e la sua storia.
Mentre scrivo queste righe mi ha raggiunto la notizia della morte del compagno Domenico Losurdo. Non sprecherò parole per dire quanto lo stimavamo e quanto il suo contributo teorico ci mancherà. Voglio ricordarlo quando lo vidi per l'ultima volta più di un anno fa alla presentazione del suo libro un mondo senza guerre assieme al professor Carlo Galli. Lo ricordo come sempre lucido ed impeccabile. Si capiva, e tutti i presenti lo capirono, come ogni parola non fosse scelta casualmente ma fosse il prodotto di un attento ragionamento. Di questo rigore intellettuale di questa coerenza politica tenteremo di essere all'altezza.
Post n°14543 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Martedì #3luglio ore 22:15 su #SkyArte Paolo Villaggio, nella sua ultima commovente prova d’attore: "La Voce di Fantozzi". Il film prodotto da Volume Audiobooks con la regia di Mario Sesti, raccoglie anche le testimonianze di sua moglie Maura, Diego Abatantuono, Bruno Altissimi, Renzo Arbore, Lino Banfi, Maurizio Battista, Roberto Benigni, Antonino Cannavacciuolo, Gianni Canova, Maurizio Costanzo, Domenico De Masi, Dario Fo, con la sua ultima intervista, Anna Foglietta, Fiorello, Nino Frassica, Francesco Giorgino, Michele Mirabella, Neri Parenti, Andrea G.Pinketts, Christian Raimo, Emanuele Salce, Emilio Schroeder, Marco Travaglio, Enrico Vaime e Fabio Volo. Nei panni dei personaggi storici della saga fantozziana, con dialoghi inediti scritti da Paolo Villaggio, la partecipazione straordinaria di Milena Vukotic (nel ruolo di Pina Fantozzi), Plinio Fernando (Mariangela Fantozzi), Paolo Paoloni (Mega Direttore Galattico) Piero Villaggio(l’hooligan) e Clemente Ukmar (controfigura di Villaggio in tutti i film di Fantozzi).
Post n°14542 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
A Casamicciola il 17/7 con Zerovskij. Premiati anche i Manetti (ANSA) - NAPOLI, 17 GIU - Renato Zero riceverà l'Ischia Music Legend Award in occasione del XVI Global Film & Music Fest (15-22 luglio). L'artista festeggerà il riconoscimento anche nella piazza di Casamicciola, il comune isolano maggiormente colpito dal sisma della scorsa estate, martedì 17 luglio, presentando tra la gente "Zerovskij Solo per Amore" il film-opera che racchiude oltre due ore di spettacolo registrate all'Arena di Verona. Il riconoscimento è stato annunciato da Tony Renis, presidente onorario del Festival, insieme all'Ischia Film & Music Award ai registi Antonio e Marco Manetti, autori di 'Ammore e Malavita'. "Siamo entusiasti di celebrare la leggenda di un talento unico ed amatissimo come Renato Zero - dichiara Tony Renis - Ischia e i colleghi internazionali lo accoglieranno con l'affetto che merita la generosità di un genio. Il suo nome sarà iscritto nel prestigioso albo d'oro della manifestazione".
Post n°14541 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
La seconda stagione di Ozark, la serie Originale Netflix con Jason Bateman, Laura Linney, Julia Garner e la new-entry Janet McTeer, sarà disponibile dal 31 agosto 2018 sulla piattaforma di streaming. Contemporaneamente all’annuncio della data di uscita, Netflix ha reso disponibili la sinossi, un primo trailer e le prime foto della nuova, attesissima stagione. Trama di Ozark 2 La stagione 2 di Ozark riprende il racconto delle vicende di Marty Byrde e della sua famiglia nei loschi affari del traffico di droga e del riciclaggio di denaro. Con Del Rio fuori dai giochi, l’organizzazione criminale decide di inviare la spietata avvocatessa Helen Pierce in città per smuovere le acque, proprio quando i Byrde si stanno finalmente ambientando. Marty e Wendy cercano disperatamente di trovare un equilibrio tra il bene della propria famiglia e le situazioni pericolose generate dal loro accordo con l’affamato di potere Snells, il cartello e il loro nuovo agente, Ruth Langmore, il cui padre Cade è stato da poco rilasciato dal carcere. La posta in gioco è addirittura più alta di prima e i Byrde realizzeranno molto presto di essere costretti a rischiare tutto prima di poterne uscire. Trailer Prime Immagini La prima stagione di Ozark ha debuttato su Netflix nel luglio del 2017 ed è stata una delle rivelazioni a livello televisivo della passata stagione.
Post n°14540 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Nella democrazia della rete, così come nella sondocrazia, l’effetto soundbite tende a ridurre il dibattito politico a slogan e concorre alla produzione di meccanismi di semplificazione della politica e di banalizzazioni di tipo populistico. Oggi il governo dell’opinione pubblica sembra superato dall’idea che possa esistere una specie di “governo della rete”, evidentemente non alieno a quei fenomeni di webpopulism di cui ha scritto ampiamente Emiliana De Blasio in un libro che ha realizzato insieme a me, a Micheal Higgins e a Matthew Hibberd. L’idea della democrazia della rete è una sorta di superamento del concetto di democrazia diretta (i cui rischi di involuzione totalitaria, peraltro, sono noti a chiunque abbia basi elementari di scienza politica). Al tempo stesso, però, essa ha molti tratti di contiguità con l’idea un po’ snobistica del governo dell’opinione pubblica che Bryce ipotizzava un secolo fa. Nella democrazia della rete, così come nella sondocrazia, l’effetto soundbite tende a ridurre il dibattito politico a slogan e concorre contemporaneamente alla produzione di meccanismi di semplificazione della politica e di banalizzazioni di tipo populistico (in maniera non troppo dissimile da quanto avviene anche nella rappresentazione televisiva della politica). Aggiungerei un’ulteriore preoccupazione: quanto incide nelle scelte collettive la mia vicina ottantenne nella democrazia della rete? Questo non significa, ovviamente, che il web non possa avere un ruolo significativo nell’attivazione di circuiti virtuosi di accesso, coinvolgimento e partecipazione. Non bisogna però confondere lo spazio pubblico rappresentato dalla rete (uno spazio che va tutelato e difeso, attraverso l’adozione di strumenti che certifichino la neutralità della rete stessa) con la democrazia. Lo scontro fra gli entusiasti della webdemocracy e i suoi detrattori, nasconde la vecchia contrapposizione fra fautori della democrazia diretta e alfieri della democrazia liberale. In realtà, proprio molte delle esperienze di base (che nella rete trovano uno spazio di visibilità) costituiscono realtà sociali che sperimentano forme di democrazia deliberativa e partecipativa molto diverse sia dalla tradizione delle ormai esauste democrazie liberali sia dalle pericolose derive della democrazia diretta o assembleare. Michele Sorice Docente di Comunicazione Politica e di Sociologia della comunicazione e Direttore del Centre for Media and Communication Studies “Massimo Baldini” dell’Università LUISS “Guido Carli”
Post n°14539 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Amazon, secondo quanto riporta Production Weekly, ha rinnovato la sua serie The Man in the High Castle per una quarta stagione. Il progetto si basa sul romanzo del 1962 scritto da Philip K. Dick e le riprese delle puntate inedite inizieranno a metà stagione e dureranno fino alla fine di febbraio. Lo show, composto da episodi della durata di un’ora, continuerà a raccontare la storia ambientata in un mondo in cui gli Alleati hanno perso la seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti non esistono più: a ovest si trovano gli Stati Giapponesi del Pacifico, mentre a est c’è il Grande Reich Nazista e i due territori sono separati daglla zona neutrale degli Stati delle Montagne Rocciose. La resistenza è guidata da una misteriosa figura chiamata “L’uomo nel castello alto”. In questa nuova società alcuni cittadini lottano contro la paura, l’oppressione e le diseguaglianze, mentre altri accettano le proprie vite. Una serie di film enigmatici emergono mostrando un mondo completamente diverso, mettendo in dubbio la natura della realtà. Che ne pensate? Siete felici del rinnovo?
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45