Creato da WalterSantoSubito il 08/05/2008
 

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Ringrazio il popolo italiano... è stato magnifico...

 

 

« Piccole speranze fra le macerie.Ahahahahah...!!!! »

Una nazione che si evolve

Post n°15 pubblicato il 19 Aprile 2009 da WalterSantoSubito

«la battuta migliore? Afef che per darmi un bacio si sbuccia un ginocchio»

Brunetta: «È un momento magico, l'Italia cambia. Tremonti? A volte è tenero»

Il ministro della Pubblica amministrazione: «D'Alema non mi è simpatico. E sull’energumeno non è finita qui»

Renato Brunetta è in tour pre-elettorale sulle Langhe. Si apre una bottiglia di Fallegro Gagliardo, uno dei suoi vini preferiti. Rilegge le bozze del prossimo libro, in usci­ta la prossima settimana da Monda­dori: Rivoluzione in corso. E ne sin­tetizza così lo spirito: «L’Italia sta vi­vendo un momento magico. Una grandissima transizione in positivo. Un’enorme voglia di cambiare, di non essere più l’Italietta del passato, di diventare diversa, migliore. Il go­verno ha tanto consenso proprio perché Berlusconi, con i suoi istinti, per primo ha capito questa voglia di cambiamento».

Momento magico? E la crisi, mi­nistro? Il terremoto?
«È vero, ne stiamo vivendo di tut­ti i colori. È un Camel Trophy. Eppu­re, in questo anno sfortunatissimo, il governo Berlusconi è l’unico a ve­der crescere un consenso già alto. Perché intercetta il ' mood', il ' senti­ment'. E l’Abruzzo, come prima Na­poli, diventa il simbolo del cambia­mento. Stavolta lo Stato ha fatto il suo dovere. Per la prima volta dal­l’unità, di fronte a una catastrofe l’Italia ha funzionato. Ha reagito co­me un Paese serio, efficiente, coe­so».

E più povero.
«Non è così. La crisi ha impoveri­to 5-600 mila lavoratori dipendenti che hanno perso il posto, pur poten­do contare su cassa integrazione e in­dennità di disoccupazione. Ma gli al­tri 14 milioni di lavoratori dipenden­ti vedono crescere il potere d’acqui­sto: i loro redditi sono stabili, anzi per i 3 milioni e 650 mila dipendenti pubblici crescono con il nuovo con­tratto; ma spendono meno per prez­zi, tariffe, mutui. La crisi produce pa­radossalmente un effetto ricchezza».

Però l’economia è ferma, il Pil di­minuisce.
«Perché hanno paura. L’effetto ricchezza è in stand-by perché fino­ra si traduce in risparmio, non di­venta consumi né investimenti, fi­nanziari o reali. La gente non sa che fare; i Bot non rendono un tubo; c’è ancora sfiducia. Ma sta cambiando tutto. I segni ci sono già. Con la buo­na stagione, il clima, il turismo, la mobilità, sono certo che il rispar­mio da paura si muterà in consumi e investimenti da fiducia».

Il suo libro, un diario di bordo lungo un anno, comincia con la pa­rola- chiave: fannulloni.
«L’ho pronunciata dopo il giura­mento del governo. Già a maggio, il mese dell’insediamento, le assenze diminuiscono del 10,9%. A giugno, meno 22,4. A luglio tra il 37 e il 40. Agosto e settembre sono sopra il 44. E la tendenza continua. All’Ispra, l’istituto per la protezione e la ricer­ca ambientale, le assenze sono dimi­nuite del 94%. In molti enti siamo sopra il 70. Posso dirlo? Che schifo».

Questa campagna l’ha fatta ama­re da molti, ma anche detestare dai dipendenti pubblici. O no?
«Proprio no. A parte il fatto che, come professore universitario, ap­partengono anch’io alla categoria, lei non ha idea di quanti mi ferma­no per strada e mi dicono: 'Sono un dipendente pubblico; vada avanti'. Perché li sto liberando dalla fatica di lavorare anche per i fannulloni».

Lei cita minacce e insulti ricevu­ti, ma pare che le abbia fatto parti­colarmente male la battuta di D’Alema: energumeno tascabile.
«Sì. Non per il tascabile: sorridere è lecito, lo faccio anch’io. Per l’ener­gumeno; come se fossi un violento, quando sono io a vivere sotto scorta dall’83, quando collaboravo alle poli­tiche del lavoro di Craxi. D’Alema ha poi peggiorato le cose mandandomi un biglietto di scuse. Insulti pubbli­ci, riparazione privata. E no! Non è finita qui».

Di solito a destra D’Alema è mol­to apprezzato.
«A parte il fatto che non sono di destra ma liberalsocialista, come lo è questo governo; a me D’Alema non è simpatico. Presume troppo da se stesso».

Però la statura per lei ormai non è un problema.
«Ci scherzo su. La migliore è quel­la di Afef che per darmi un bacio sul­la guancia si sbuccia un ginocchio. Però non tollero diventi una discri­minante razzista».

Un altro personaggio che lei cri­tica, sia pure senza toni polemici, è il Papa: «È straordinariamente at­tento alla realtà politica e sociale del nostro Paese...».
«A differenza di D’Alema, Benedet­to XVI mi è simpatico. Però speravo si occupasse di più delle grandi que­stioni universali. Io sono un laico mangiapreti ma anche un grande estimatore del ruolo sociale della Chiesa. Però: 'Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio'. Ognuno faccia bene il suo me­stiere».

Si aspettava un’accoglienza mi­gliore ai Didoré, il progetto suo e di Rotondi sulle coppie di fatto?
«No. Ho dato forma a cose che avevo sempre scritto; così come re­sto referendario. È stato un eserci­zio di libertà, che non riguardava so­lo i gay. Sapevo che il programma di governo era altro».

Per Tremonti ha parole agrodol­ci.
«Lo considero il miglior ministro dell’Economia del G-20, per espe­rienza, competenza e visione. Ma ab­biamo due nature e due caratteri op­posti. Lui ha asperità caratteriali che ne rendono difficile la relazionalità. A volte però è tenero».

Cosa intende quando definisce un errore aver imposto le stesse re­gole del Nord al Sud?
«Con la battaglia per la trasparen­za, questo è il punto-chiave del li­bro. Sin dall’unificazione, l’asticella è stata messa troppo in alto; e la so­cietà civile c’è passata sotto. Oggi il Sud è una grande occasione di svi­luppo. Purché si differenzino i sala­ri, non tornando alle vecchie gabbie ma legandoli alla produttività. E si faccia il federalismo fiscale, che re­sponsabilizzerà gli amministratori. Tra cui consiglio di tener d’occhio Lombardo: uno in gamba».

Erano davvero «orribili», come le definisce, le gondole che da ra­gazzo vendeva sulla bancarella a Venezia?
«Orribili, sì. Plastica. Ne tengo una sulla scrivania di ministro. Ma meravigliose, perché mi hanno dato di che vivere, e di che studiare».

Coprotagonista del libro, a co­minciare dalla dedica, è Titti.
«È la mia compagna, la amo, e presto la sposerò».

Dove vi siete conosciuti?
«In un vivaio. Lei fa l’arredatrice di interni. Io sceglievo le piante per casa mia. Ci hanno fotografati la pri­ma volta il 2 giugno, nei giardini del Quirinale. Lei alta, bionda, bella; io no. La foto è stata pubblicata senza didascalie. Nessuno ha avuto il co­raggio di riferire i commenti fatti in redazione».

Lei scrive di aver declinato molti inviti nei salotti.
«Rispetto chi ci va, ma non li amo. Ho detto sì un paio di volte, mi sono ritrovato su Dagospia, e me sono pentito amaramente. Giusta nemesi. Dagospia è la catarsi di una certa Italia. E io certi inviti non li ac­cetterò più».

 

Aldo Cazzullo - Corriere della Sera
19 aprile 2009

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