Mi sembra, davvero, che «Miseria e nobiltà» sarebbe ora di considerarla (e metterla in scena) come un'autentica commedia nera: poiché qui la scelta ideologica di Scarpetta a favore della borghesia napoletana appare tanto radicata da spingersi, addirittura, sino ai limiti del razzismo.
Basta a dimostrarlo la battuta che Felice pronuncia sul finire del secondo atto: «Il mondo dovrebbe essere popolato di tutti nobili... Pezziente no nce n'avarrieno da sta'. Eh, e si no nce starrieno pezziente, io e Pascale sarriemo muorte... Nce ha da sta' la miseria e la ricchezza, se capisce...». E valga, in proposito, il commento autorevolissimo stilato da Benedetto Croce ne «La Critica» del giugno 1937: «C'è da notare quella singolare deduzione sillogistica: la miseria non dovrebbe esistere, ma se la miseria non esistesse, io e il mio amico saremmo morti. Il povero diavolo non riesce nemmeno a immaginare che esso e il suo amico possano avere altra parte nel mondo che quella di miserabili, necessaria al mondo e che nessuno, per destinazione di natura, esercita meglio di essi».
Non a caso, del resto, in «Miseria e nobiltà» chi vince - sia pure dopo aver subìto, da parte dell'autore, infinite caricature - è Gaetano Semmolone, l'ex cuoco ridicolo e ignorantissimo, sì, ma che (e questo conta!) ha i soldi e in casa del quale, dunque, i diseredati di turno dovranno andare a sottomettersi se vogliono mangiare.
Ebbene, Laura Angiulli - regista dell'allestimento del capolavoro scarpettiano che si replica alla Galleria Toledo - giustamente affoga i personaggi nel vuoto e, appunto, nel nero, ma insieme, contraddittoriamente, cancella la battuta citata e s'accomoda decisa sulla superficie farsesca del testo, assumendo quei personaggi come le semplici e solite macchiette. E le forme e i ritmi sono ripresi pari pari dal varietà più andante, tanto che si va da «La risata» di Cantalamessa alla passerella e ai nasi posticci.
La bravura degli interpreti si pone entro questi limiti. Primeggiano Tonino Taiuti (Felice) e, soprattutto, una scatenata Alessandra D'Elia nei ruoli di Luisella e Gemma.
Enrico Fiore
(«Il Mattino», 26 settembre 2013)
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