CONTROSCENAIl teatro visto da Enrico Fiore |
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In un'aula scolastica con tanto di lavagna, Eduardo insegna il teatro a quattro allievi, dandogli da recitare qualcuna delle sue poesie, recitandone egli stesso e interpretando con loro «Pericolosamente» e la scena della prova di «Uomo e galantuomo». Questo, in sintesi, l'impianto di «Eduardo 110 e lode», lo spettacolo che, per la regia di Gaetano Liguori, ha aperto la stagione del Bracco.
Così, per esempio, si trascorre da «Io vulesse truva' pace» a «'O rraù», da «'O camionne» a «'O paese 'e Pulicenella». E in aggiunta ci sono un brano di «Non ti pago», «Uocchie c'arraggiunate», la canzone preferita di Eduardo, una sorta di rap con le più celebri battute di tutti i suoi più celebri testi (a partire, si capisce, dalla fatidica «Ha da passa' 'a nuttata») e un nutrito florilegio delle altrettanto note considerazioni eduardiane sul teatro e sulla vita.
Tale antologia viene condita con le musiche di Antonio Sinagra, Enzo Avitabile, Lino Cannavacciuolo, Massimo Volpe e Mariano Bellopede. Ma - salvo l'immissione del monologo da «Peppino Girella» scandito dall'intercalare «È cosa 'e niente», una feroce bordata contro l'ignavia e il lasciar correre - l'insieme, come si sarà capito, risulta piuttosto scontato.
Nel ruolo di Eduardo, sotto la guida del quale cominciò, Umberto Bellissimo è molto bravo. Però, come dire?, non inducono a salti di gioia i due giovinotti e le due giovinotte che lo affiancano. E poi, che c'entrano con Eduardo quei balletti da scombinato varietà televisivo?
Enrico Fiore
(«Il Mattino», 24 ottobre 2012)
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