Creato da: mojofuel il 15/08/2005
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Primi vagiti

Post n°1 pubblicato il 15 Agosto 2005 da mojofuel

Mioddio, che dire...Vorrei battezzare degnamente questo mio piccolo, minuscolo spazio all'interno di quel dedalo d'informazioni e storie che e' la rete. Non so se interessera' a qualcuno, anche se mi piacerebbe. Inutile prendermi in giro - ho aperto un blog perche' spero che qualcuno che legga la mia roba ci sia, la' fuori (se mai capitasse, premetto subito che scrivo mettendo apostrofi a tutto spiano perche' la tastiera inglese non ha accenti). Non sono sufficientemente umile da scrivere per me stesso, anche se devo dire che dedicarmi un piccolo spazio di riflessione puo' farmi bene.

Bando alle ciance: di cosa si parla qua dentro? Di cio' che piu' mi aggrada, e' ovvio. Musica (tanta e buona), cinema (di tutti i tipi), libri, religione, amore, sesso, cibo, natura, politica e storia. Insomma, di tutto  un po'. Dipende da come mi gira e da come gira a chi decidera' di fare un pezzo di strada con me. Se mai ci sara' qualcuno, ma questo si vedra'.

Sono le 2 del mattino, qui a Londra. Anzi, ormai sono quasi le 3. Sto lavorando, anche se a quest'ora dovrei ronfare beatamente sotto le coperte. Gia', in un'altra vita. Stanotte ho il turno. Fino alle 8. E ci sono ancora 5 ore da far passare, nel rito sempre uguale a se stesso di un lavoro inutile e alienante a livelli fordisti.

 Ho le palpebre pesanti, eppure le dita accarezzano la tastiera partorendo pensieri a velocita' inaudite. Mi piacerebbe dare una forma a tutto questo, ma credo che il sonno in questo momento prenderebbe il sopravvento, e potrei scrivere un sacco di stupidaggini. Percio' tento solo di controllare il torpore che mi si aggrappa addosso pesante e scivoloso, sgradevole e dolce al tempo stesso. Mi chiede di lasciarmi andare, di farmi cullare dal silenzio e da una morte temporanea che potrebbe durare 2,3 o 12 ore. Purtroppo non ho scelta: devo fare del mio meglio per non soccombere e restare con gli occhi aperti, altrimenti dovro' come minimo vendere un rene per pagarmi le prossime bollette...

Un pensiero mi sovviene in questo momento: stanotte e' la notte di Ferragosto. Notte di stelle cadenti, di falo', di ubriacature feroci sulla spiaggia, di storie che durano lo spazio di una brace che si ravviva nel vento. Impresse sulle mie miopissime retine porto il ricordo di tanti 15 agosto - sette, per la precisione - trascorsi al freddo in qualche caletta sperduta a San Foca o a Torre dell'Orso. Mi sembra quasi di sentire il vento gelido e spietato sferzarmi la faccia, sollevare sabbia e far danzare le fiamme dell'improvvisato falo' acceso alla meno peggio in una buca scavata con le mani a pochi metri dal mare. E se chiudo gli occhi (e grazie a Dio posso farlo e continuare a scrivere sulla tastiera allo stesso tempo) sento le risate e le battute in dialetto dei miei vecchi amici leccesi, i sospiri e i baci di qualche coppietta improvvisata creatasi stasera complice una vodka alla pesca di troppo, i pianti di storielle finite causa corna che domani saranno dimenticate, le strimpellate sulla chitarra di intramontabili canzoni di Battisti o Baglioni (a parte loro, Guccini, Ligabue e qualche canto popolare salentino, e' praticamente impossibile sentire altro...Una volta ho provato a cantare "Blue Suede Shoes" e mi hanno guardato come se venissi da un altro pianeta!), con qualcuno (solitamente il mio amico Damiano) che canna paurosamente l'intonazione e tira delle stecche agghiaccianti...E su tutto, su tutto questo - sopra lo sfrigolare delle salsicce che arrostiscono sulla brace, sopra il crepitare delle fiamme rosse e bollenti che fanno male agli occhi al guardarle troppo da vicino, sopra le bestemmie in leccese stretto e le urla da mercato del pesce, sopra la tramontana gelata che ti mozza il fiato e fischia da cani, sopra tutto questo il suono dolce, infinito, ovattato, eterno e immutabile del mare.

Dio, quanto mi mancano queste sensazioni. Sono tre anni che non festeggio un Ferragosto, per motivi piu' o meno validi, e non so quanto pagherei per rivivere respiro per respiro quei momenti che allora mi sembravano cosi' scontati e banali. Siamo sempre stati noi tre a festeggiare. Sempre insieme, o quasi. Io, Damiano ed Enrico. Una trilogia incasinatissima e perfetta nelle sue storture. Tre amici che si sono sempre voluti bene, in mezzo a lacrime, litigi e momenti d'incomunicabilita' totale. Otto anni di amicizia, a corrente piu' o meno alternata. Abbracci, urla, pianti, spaghettate notturne e bagni a mezzanotte. E soprattutto, il bello di passare del tempo insieme, facendo progetti, crescendo, incazzandosi, fantasticando, pensando a cosa avremmo fatto una volta grandi. Be', ora siamo grandi, e...

E siamo sparsi per il mondo a celebrare il rito del Ferragosto, ognuno a modo suo e in un contesto completamente diverso da quello dell'altro.

Damiano si stara' lasciando coccolare dalla notte africana di Bangui, sorseggiando vino di palma nel suo appartamento stile coloniale e col suono della giungla a portata d'orecchio. Magari se ne stara' in qualche bar polveroso, terra rossa che si alza dappertutto, birra Castel e fumo, donne africane a bizzeffe, tamburi, piedi che danzano e urla dionisiache di divertimento sfrenato e primordiale. Lo invidio. Chissa' che profumo ha l'Africa.

Enrico, invece, si stara' lasciando coccolare da Justina nel loro letto di Watowice, Katowice, Varsavia, Cracovia o come diavolo si chiama il posto in cui e' adesso. Me l'immagino a torso nudo, la mano sotto la testa, a fissare il soffitto buio mentre Justina gli si appoggia contro, accarezzandogli il petto con la mano destra. E' bella, Justina, e ha i capelli di un rosso fuoco venato di striature nere. Dev'essere ancora piu' bella e donna adesso, dopo che ha fatto l'amore. Non ho un'idea precisa di come dev'essere la loro stanza o di come dev'essere la Polonia, ma me li vedo ficcati sotto le coperte, magari leggermente infreddoliti e desiderosi di riscaldarsi l'uno con il corpo dell'altra. Come due innamorati, come due persone che hanno bisogno l'uno dell'altra per sopravvivere e non puo' essere altrimenti. Invidio anche loro. Chissa' che profumo ha la pelle di Justina mista alla rugiada di un'alba polacca.

E io, invece?

Beh, io sono a Londra, e il mio modo di festeggiare il Ferragosto e' il ricordare i miei amici e pensarli, stando qui a scrivere mentre faccio finta di lavorare durante il turno di notte. Il cielo comincia a schiarirsi, sembra che tra poco fara' alba. Dire che il sole sorgera' non e' un'informazione corretta. Qui non sorge proprio niente, e anzi vi sono nuvole dappertutto, soprattutto cumulonembi, ossia pioggia certa. Anche se devo dire che qua il clima se ne sbatte altamente delle considerazioni sulla densita' delle nuvole e di opinioni di meteorologia spicciola. Questo mio Ferragosto odora di stanchezza, di fame e di profumo di Dorothea, la mia collega tedesca che siede dietro di me. La marca ufficiale e' Calvin Klein, ma per me e' solo un'etichetta. Quello che importa e' che si tratta del SUO profumo e di quello di nessun altro. Voglio bene a Dorothea, anche se mi ha dato il due di picche. Ha un bel viso, due occhi stupendi, capelli biondi e folti e un corpo da paura, almeno per quanto mi riguarda. Ed e' dolce, intelligente e un po' immatura, ma non c'e' traccia di cattiveria nel suo essere. Mi piacerebbe fare l'amore con lei, ma pazienza. So anche essere un amico, non solo un amante. Peccato mi capiti cosi' spesso. Chissa' che profumo ha la sua anima. Magari sa di Calvin Klein anche lei.

Buon Ferragosto a tutti.

 
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