Creato da: mojofuel il 15/08/2005
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« BACKDOOR MANHOME SWEET HOME...O FORSE NO? »

BACKDOOR MAN PARTE 2

Post n°3 pubblicato il 18 Agosto 2005 da mojofuel

Parte 2. Mi sono alzato solo per cambiare CD e vedere se una persona a cui avevo scritto mi ha risposto. Mi sa che sono stato un po' pesantuccio e sicuramente egocentrico come mio solito, dato che la donzella in questione ha replicato al messaggio in modo non troppo entusiastico. So essere una bella peperonata quando voglio...

Ho anche richiamato Asia, probabilmente la mia migliore amica (insieme alla maestra, a Chiara e Veronica) e una delle persone più buone che esistano al mondo. Imperfetta come tutti, ma grandiosamente umana come pochi. A lei devo gran parte della mia serenità e della mia crescita in questi tre anni che ci conosciamo. Mi ha ascoltato, sorretto, abbracciato, voluto bene quando io stesso mi facevo schifo e non volevo più saperne di me. Un giorno lo racconterò, ma non ora. Questa è un'altra storia.

Torniamo a noi. Ho appena messo su Chet Baker. Non chiedetemi il titolo della canzone, è un pezzo blues con sottofondo di piano. Patetico, triste, sfrontato come solo un blues suonato con la tromba sa essere. Non conosco molto bene il jazz, ma Chet è un grande. Il suono pulito, pastoso, nostalgico del suo ottone. La sua voce da ragazzino, quando ancora non aveva perso tutti i denti dell'arcata superiore a causa dell'eroina. E quel talento innato per accarezzare le note, cullarsele in grembo, srotolarle in aria come stelle filanti. La cosa bella è che anche se adesso fa il funambolo e suda, inanellando progressioni musicali a una velocità tale che non so neanche come fa a respirare, lo senti che cerca quasi di scappare dal blues. Sposta la sua attenzione sul suo virtuosismo per non affrontare il blues, quelle note semplici e quasi tutte uguali che però fanno paura. Perchè significano tristezza, male di vivere, solitudine. Robert Johnson ce l'aveva. E non aveva bisogno di assoli o numeri da circo. Perché il blues era parte del suo modo di essere. Se lo gustava, se lo piangeva, se lo scopava con la sua chitarra. Diretto, semplice, spietato. E non sempre riusciva a reggere il peso psicologico del blues. Tant'è che suonava quasi sempre ubriaco. Si racconta facesse piangere la gente che lo ascoltava. E non mi meraviglierei se un giorno o l'altro venisse fuori che piangeva pure lui, durante i suoi show. Anche se non si poteva, anche se non si doveva, anche se un nero da Clarksdale, Mississippi non ce l'aveva il lusso di piangere in pubblico negli anni '30. Sarebbe stato un imperdonabile segno di debolezza. Roba da rischiare il linciaggio.

Ma torniamo a noi. Leggo quel titolo, e subito tutti i discorsi di Oriana che mi si affollavano in testa da quando avevo iniziato a leggere la trilogia (per inciso: ognuno dei suoi tre libri contiene cenni alla sua storia d'amore con Alekos Panagulis, raccontata nello splendido romanzo "Un uomo"...Ogni volta che lo nomina mi sembra un pochettino di fare parte della famiglia, a conoscere la vicenda di due persone così difficili e straordinarie al tempo stesso) hanno agito da catalizzatore, aiutandomi a formulare un pensiero compiuto per sei parole terribili che mi hanno impastato la bocca di vomito e amarezza.

"CHOSE THE SEX OF YOUR BABY".

Scegli il sesso del tuo bambino. Mioddio, mi sono detto. Allora alla fine ci siamo arrivati. Adesso si potrà anche scegliere il sesso del nascituro, stabilire in anticipo se sarà maschio o femmina, se in un futuro potrà essere madre o padre. Determinare la vita del proprio figlio in modo netto e incontrovertibile ancora prima che il concepimento abbia avuto luogo.

Che tristezza. E non solo perché non ci sarà più la sorpresa di scoprirlo alla prima ecografia o addirittura al momento del parto, come è successo con il mio fratellino. Non è solo questo. No, non è mica solo questo. Sarebbe il meno. E' una tristezza perché non ha senso, non ha finalità mediche o umanitarie, come la clonazione, ad esempio (ammesso e non concesso che venga utilizzata a questo scopo...io sinceramente ho i miei dubbi, anche a rischio di apparire retrogrado. Però è vero che per il momento non ho bisogno di un fegato o di un rene nuovo, per cui posso permettermi anche di averceli, i dubbi). Non si può essere d'accordo con una vigliaccata del genere. No, non si può. A cosa serve? A niente. E' solo un atto di estrema arroganza del genere umano, che sempre di meno ammette l'esistenza del mistero nella propria vita (quel mistero di cui, secondo Einstein, ogni scienziato degno di questo nome deve tenere conto). Niente più di una pisciata territoriale del genitore sul proprio figlio, una pisciata che una volta di più serve ad affermare "QUESTO E' MIO. L'HO CONCEPITO IO, L'HO PARTORITO IO, IO HO DECISO DI CHE SESSO DOVEVA ESSERE. PERCIO' E' MIO". E credetemi, per noi figli è già difficile affrancarsi dai genitori e dimostrare che non siamo di nessuno tranne che di noi stessi adesso che certe cose sono ancora lasciate al buon Dio. Figuriamoci se mio padre mi dovesse un giorno rinfacciare che sono un uomo, magari sospirando: "Eh, magari ti avessi scelto femmina, quel giorno in ospedale"...Credo che un vaffanculo non glielo toglierebbe nessuno.

Ma che senso ha? Che senso ha, me lo volete spiegare? Come possiamo essere così stupidi da trattare i nostri figli come vestiti su misura, no-lo-voglio-grigio-no-questo qui-nero,  come cuccioli da scegliere in un negozio di animali, voglio-un-cagnolino-ma-non-femmina-che-poi-mi tocca-sterilizzarla. Diosanto. Qui non parliamo di desiderare che i nostri figli siano sani e che nascano con tutti e quattro gli arti o il cuore forte. No. qui si tratta di un maledettissimo capriccio. E tra poco (se già non si è fatto) sarà possibile anche scegliere il colore dei capelli e degli occhi.  E poi? Che altro? Perchè invece non ci si concentra sul farli crescere bene, i figli, invece di imporsi su di loro con così tanta crudeltà ancora prima che siano venuti al mondo? Non è già abbastanza il proiettare su di loro le nostre aspettative, i nostri progetti? "Voglio che diventi dottore, no, voglio che diventi avvocato". Credevo che Gavino Ledda con "Padre padrone" qualcosina ce l'avesse insegnata...

E invece no. Siamo qua tutti a berciare di libertà, e non ci accorgiamo che vogliamo fare prigionieri i nostri figli. La gente non vuole far battezzare il proprio bambino o fargli fare la comunione perché "poi i preti lo condizionano con quelle scemenze e non è più capace di pensare con la sua testa" (davvero? Mio nonno è stato battezzato. Ha scelto liberamente di non seguire più la religione, ma non mi sembra proprio che i sacramenti ricevuti quand'era bambino gli impedissero di decidere con la sua testa...tutt'altro...), però ci arroghiamo il diritto di decidere se deve essere maschio o femmina o se deve avere i capelli biondi o castani. E' questo il concetto di libertà che abbiamo? Allora fermate il mondo, voglio scendere e ritirare 20.000 lire senza neanche passare dal via, grazie. Non ci sto.

Se andiamo avanti così, perderemo completamente di vista l'idea principale dell'essere genitori. E cioè che un figlio è un dono, una scoperta, una novità continua, non è un qualcosa che ci si costruisce a tavolino come un pupazzetto di pongo. Un figlio non si fa, si ha. Tant'è che non si decide la forma della testa, le dimensioni delle mani, il taglio degli occhi. Una madre non si mette a lavorare di ago e filo sul proprio bambino mentre è in gravidanza. Non si può fare. Quando arriverà, vedrai che taglio hanno i suoi occhi, che colore hanno i suoi capelli, che dimensioni hanno le sue manine. Punto. E lo devi amare. Amare per quello che è. Tuo figlio, un dono. Un regalo meraviglioso e difficile, una sfida continua che non si può abbandonare. Se viviamo il figlio come un nostro progetto, un qualcuno su cui riversare tutte le nostre aspettative e le nostre ambizioni frustrate, non amiamo un altro essere umano. Amiamo un involucro che riempiamo con i nostri desideri e di cui non consideriamo la volontà. Mai. Lo facciamo già adesso. Se ci mettiamo anche a decidere di che sesso lo vogliamo, lo consideriamo alla stregua di un oggetto. E allora facciamoci e facciamogli un piacere: cloniamoci. Almeno così saremo contenti, e potremo incazzarci solo con noi stessi se le cose non vanno.

Buonanotte a tutti.

 
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