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Carnage, film 2011, Francia, Germania, Polonia, Spagna
Post n°75 pubblicato il 30 Settembre 2011 da cineciclista
“Carnage”: di Riccardo Tavani La scena si svolge tutta all'interno di un sobrio appartamento di Brooklyn. Ci sono, però, sia una premessa che una conclusione completamente esterne, rese con una identica e semplice inquadratura fissa, compresa tra due alberi del parco e lo sfondo del fiume. L'elemento naturale esterno è quello da cui scaturisce l'agitato dramma interno e, sembra dire Polanski, è un elemento fisso, inamovibile, in nessun modo aggirabile. Nello spazio compreso tra quei due tronchi d'albero due adolescenti vengono a diverbio. Uno dei due ha un lungo ramo in mano e lo molla sulla faccia dell'altro, rompendogli due incisivi. Dentro questa aperta e chiusa parentesi naturale si svolge un classico “dramma da camera”, o “kammerspiel”, con la più classica delle unità aristoteliche di tempo, di luogo e di azione. I signori Longstreet – Penelope e Michael –, genitori del ragazzo che ha avuto la peggio, ricevono nel loro appartamento i signori Cowen – Nancy ed Alan, per cercare di risolvere civilmente l'incidente e riportare la pace tra i ragazzi. Due incisivi rotti, con delle seccanti complicazioni gengivali, non è proprio roba da poco, da risolvere con due battute, tante scuse, un arrivederci e grazie. E d'altronde ogni volta che i Cowen fanno per andare via o escono addirittura sul pianerottolo, stanno entrando nell'ascensore per scendere, qualcosa li riporta prepotentemente dentro. Non si può sfuggire all'appartamento sobrio di Brooklyn, ovvero alla caverna primordiale le cui pareti abbiamo arredato con eleganza, ma che pur sempre una caverna rimane. Ancora aristotelicamente, possiamo dunque dividere il dramma in tre atti. Il primo è quello dell'esibizione, dello sfoggio delle sembianze, dei modi, delle parole civili. Il secondo quello della messa in crisi dello svelarsi delle prime vistose crepe nella facciata. Il terzo quello dell'esplosione nella caverna degli istinti, sia aggressivi che difensivi, di ognuno contro tutti gli altri, o con alleanze mobili, opportunistiche, inaffidabili. È il ritorno allo spirito primordiale del massacro, della carneficina, richiamata dal titolo del film. È anche una critica al sogno o all'illusione americana, occidentale di una civiltà superiore, che in realtà non riesce più a nascondere la sua base di autentica brutalità. Ogni svolta drammatica è segnata non dal ragionamento, dal dialogo tra i quattro, ma da un gesto fisico, da un'azione sugli oggetti dell'ambiente. Più precisamente: l'impossibilità del dialogo di arrivare a qualcosa di ragionevole si manifesta in un gesto di concreta reazione fisica. Nancy Cowen dà all'improvviso di stomaco e sparge il suo vomito proprio sui preziosi libri d'arte di Penelope. È come se avesse vomitato tutta la inconcludente quanto stomachevole ipocrisia del primo atto, determinando così la svolta verso il secondo. E poi ancora quando le si rovescia la borsa a terra o getta il cellulare di suo marito nell'acqua di un vaso pieni di tulipani gialli. È come se questa scansione dei gesti fosse anche una scansione dei corpi nell'uscire inesorabilmente fuori dalle precarie, fragili sembianze civili e svelare il loro vero aspetto primordiale mentre brandiscono un ramo nodoso per difendersi e attaccare dall'interno della caverna. Anzi, l'inganno delle false apparenze di una civiltà, di una nazione, di una collettività quanto dei singoli compromette definitivamente qualsiasi possibilità di risoluzione. Infatti, i due ragazzi, completamente ignari e indifferenti al dramma scatenato dai genitori nella caverna, tornano semplicemente a fare pace, tra quei due tronchi d'albero e lo sfondo del fiume nel parco. |
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Inviato da: cineciclista
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Inviato da: filo_rosso14
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Inviato da: cineciclista
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