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L'IMPEGNO DELLE DONNE PER LA COSTRUZIONE DEL BENE COMUNE

Post n°10 pubblicato il 15 Marzo 2008 da POLIKORE

L’impegno delle donne per la costruzione del bene comune di Cinzia Maria Rossi

E’ un titolo impegnativo, per un argomento molto vasto e interessante che si può affrontare da parecchi punti di vista e offre molti spunti di riflessione e dibattito , ma intendo, in questa occasione , approfondire il tema del ruolo femminile , rispondendo alla domanda:

Cosa può fare una donna per contribuire alla costruzione del bene comune?

Le donne sono naturalmente portate alla costruzione del bene comune: mogli madri sorelle amiche sono abituate a pensare in maniera cooperativa – circolare sia che pensino al bene dei figli, dei genitori, della famiglia, in sostanza pensano al bene del gruppo. Dalla preistoria le donne raccolgono il cibo, allattano i figli, nutrono i genitori anziani e ammalati, si prendono cura di tutti, ultimamente si è stimato che la donna presta il 70 % del suo tempo vitale alla cura degli altri. La donna è naturalmente altruista : l’atto dell’allattamento , l’accoglimento nel grembo di una nuova vita, ecco l’accoglimento volontario assoluto, decisione ultima di un processo mentale inconscio e conscio, rivolto verso l’altro. La donna naturalmente dialoga: quanta importanza ha il dialogo nella mediazione culturale per la costruzione del bene comune?Il reciproco travaso di opinioni arricchisce le persone sicuramente più dello scambio di denaro. Il dialogo interculturale deve essere sì rivolto agli stranieri, ma deve esserci anche tra uomo e donna: sono essi stessi stranieri, diversi per sesso e per cultura, geneticamente programmati per fare cose distinte. Quale impegno L’impegno delle donne è quello di sempre, per loro è “normale amministrazione” impegnarsi per risolvere tutte le questioni pratiche e ci riescono quasi sempre, dato il loro contatto con la realtà quotidiana, quella realtà da cui si nota sempre di più il distacco , quando si parla di politica Ora più che mai si sente l’esigenza di dare risposte concrete ai bisogni sociali. Le istituzioni sono la grande famiglia delle donne coscienti delle loro responsabilità, la società è la famiglia a cui bisogna guardare con sguardo amorevole di madre che educa, ogni madre sa come crescere il suo bambino e sa anche che per il suo bene qualche volta bisogna essere rigide. Se c’è qualcosa che non va dobbiamo intervenire, dobbiamo far presente alle istituzioni del malessere, ma anche fornire soluzioni , da donne consapevoli del nostro ruolo sociale. Non si può più far finta di niente o limitarsi a evidenziare un fatto passivamente, bisogna essere attori principali del film della propria vita ed agire nelle situazioni che impongono un intervento. La donna è la prima responsabile della pace , in quanto molto spesso le viene affidata l’educazione dei figli, che , se vengono educati alla pace e al dialogo in un ambiente ricco di stimoli culturali e di valori morali, ma soprattutto di amore, gli uomini del futuro saranno uomini e donne di pace e di dialogo. E’ un momento in cui il dialogo è fondamentale, ma un dialogo a cui devono seguire dei fatti, serve cioè uno sforzo comune per riappropriarci con dignità del nostro mondo, certi che indietro non si puo’ tornare, perché il mondo è di tutti! Ma le parole tolleranza e disponibilità devono avere lo scopo della progressione morale e materiale dell’individuo, non solo della carità fine a se stessa. Ci deve essere il momento della carità e quello della costruzione si puo’ costruire il bene comune sulla carità, ma l’assistenzialismo da solo non basta perchè rende le persone schiave e non consapevoli delle proprie capacità. Una schiavitù tanto peggiore perché proposta e accettata senza alternative. Bisogna fornire i mezzi alle persone per poter camminare da sole e chi a più intelletto o risorse li deve condividere e mettere a disposizione di chi non ha le stesse possibilità. Si può mettere a disposizione se stessi o il proprio denaro per far progredire una situazione o un pensiero, si deve stimolare la buona volontà, la cara buona antica buona volontà, che , a volte non si sa dove sia andata a finire. Basta poco. Basta dare l’esempio e farsi notare mentre si da l’esempio, bisogna urlare, ormai è indispensabile in questa nostra società dove tutto corre, dove le immagini , le notizie , spesso o sempre solo quelle negative, si susseguono a ritmo impressionante. La visibilità del bene non come esteriorizzazione narcisistica , ma come esempio di vita da seguire. Cito le stesse parole del Papa nel messaggio per la Quaresima: “Tutto deve essere dunque compiuto a gloria di Dio e non nostra. Questa consapevolezza accompagni, cari fratelli e sorelle, ogni gesto di aiuto al prossimo evitando che si trasformi in un mezzo per porre in evidenza noi stessi. Se nel compiere una buona azione non abbiamo come fine la gloria di Dio e il vero bene dei fratelli, ma miriamo piuttosto ad un ritorno di interesse personale o semplicemente di plauso, ci poniamo fuori dell’ottica evangelica…” L’esempio, il buon esempio è un grido, va contro corrente, ma se si ha il coraggio di farlo si potrà vedere il cambiamento. Non si verrà risucchiati da questo vortice di apparenza che vuole far sembrare normale quello che non è. Sono normali i buoni sentimenti: l’affetto, l’amicizia, la pace, l’accoglienza. Diciamo chiaramente cosa è bene e cosa non l’ho è, forse pensiamo di avere ancora tutti l’idea di una educazione e di un’etica condivisa. Ma non è così, bisogna ribadire che non sono normali: l’invidia, l’arroganza, la prevaricazione, la gelosia, l’egoismo e l’arrivismo. A volte , ho l’impressione che serva qualcosa di forte per risvegliare gli animi e allora bisogna avere il coraggio dell’ovvio. Davanti all’imperante maleducazione, assenza di valori ed educazione civica sono costretta a pensare che il tentativo di autoresponsabilizzare le persone sia fallito: il messaggio democratico non è passato. (la mia libertà finisce ….) La sanzione è necessaria ed ancor più educativa è la certezza della pena un diritto irrinunciabile in un ordinamento democratico per far comprendere che certi comportamenti non sono leciti. Non tutti sono capaci di autodeterminazione, il bene comune si costruisce anche correggendo ed educando. Per questo bisogna sempre essere presenti e attivi sul territorio d’azione della propria vita, recuperare il senso dell’appartenenza a questa società: i ragazzi che giocano fuori sulle strade sono nostri, gli anziani soli sono i nostri anziani, con coraggio e impegno qualunque cosa noi facciamo nella vita sia nel nostro ambiente di lavoro che in famiglia , cerchiamo di farlo con impegno, le nostre competenze scambiamole con gli altri diamo il massimo in ogni situazione che ci si presenta, solo così il nostro apporto sarà incisivo e darà frutto…e non pensiamo che certi compiti educativi debbano essere demandati ad altre persone, istituzioni o scuola. Pubblico e privato non sono due compartimenti stagni, ma due realtà che si inglobano e si fondono l’una nell’altra e danno effetti nel tempo . Il bene comune parte anche dalla vita famigliare dalla cura dei nostri cari,dalla considerazione di chi ci sta intorno, dalla negazione dell’indifferenza, il bene comune non ha riscontro: si fa senza aspettarsi nulla in cambio. La donna ha il cuore e la forza di fare tutto questo e con il suo comportamento può indurre chiunque a comportarsi allo stesso modo. La donna deve essere il punto da cui deve ripartire la scintilla del rinnovamento, un rinnovamento che parte dall’interesse per la sua casa , per la sua famiglia, per il suo ambiente di lavoro, per far crescere e ricostruire il bene comune nella società. Se non puoi cambiare le cose che ti stanno intorno, allora cambia il tuo atteggiamento Solo cosi’ si puo’ sperare di poter costruire il bene comune, ma da sole non si può: bisogna chiedere e stimolare l’aiuto delle Istituzioni, come? Con la presenza, senza scoraggiarsi, creando reti di supporto , progetti e proposte. L’aiuto delle istituzioni Le istituzioni hanno l’obbligo di aiutare concretamente la donna per lo svolgimento di questo grande compito, la devono aiutare con interventi mirati al sostegno, sia nella famiglia, che in altre situazioni, perché come ho già indicato sono soprattutto loro che si prendono cura degli altri e questo lavoro deve essere riconosciuto. Le donne di oggi stanno vivendo una situazione per certi versi paradossale : si continua a chiedere loro di svolgere le tradizionali funzioni riproduttive nell’interesse della famiglia e della società, alle quali si sono aggiunte le funzioni produttive, anch’esse utili alla famiglia, perché necessarie alla soddisfazione sia dei beni materiali che per il sistema economico in generale. A fronte di queste richieste non sono state date alle stesse donne gli strumenti di politica culturale , sociale ed economica per poter svolgere tutto ciò nel rispetto delle loro libertà di scelta come cittadini uguali agli altri. Le donne per realizzare i propri obiettivi individuali e sociali, per fare cose che soddisfano i loro bisogni materiali e psicologici, siano essi di miglioramento della situazione culturale didattica o professionale, insomma personali, devono fare ricorso prevalentemente a strategie individuali e/o a risorse informali. Questo spiega perché la cittadinanza sociale delle donne sia ancora limitata e incompiuta: l’invisibilità sociale del lavoro di cura , la sua disuguale distribuzione tra donne e uomini, tra sfera privata e pubblica tra famiglia e sistema dei servizi, di fronte all’impegno crescente nell’ambito lavorativo e dall’altra parte la scarsa sensibilità e flessibilità del mondo del lavoro nei confronti delle esigenze femminili, sono un potente vincolo alla loro uguaglianza reale. Bisogna riconoscere il lavoro di cura come valore sociale e ridistribuirlo tra donne , uomini , tra privato e pubblico , bisogna attuare una riorganizzazione dei tempi delle città e dei tempi di lavoro , dando nel contempo la possibilità di uscire temporaneamente dal mondo del lavoro , senza essere penalizzate professionalmente. Non è facile trovare il punto d’incontro, ma le risorse femminili sono molte e il loro impegno per la costruzione del bene comune sarà sicuramente maggiorato se si potranno attuare queste strategie di intervento. L’esempio del passato Senza Storia l’uomo non è niente, dal passato traiamo spunto per la vita presente e anticipazioni per il futuro. Non si può dimenticare ciò che ci ha portato fino a qui, sono solo 60 anni che le donne hanno conquistato il diritto di piena cittadinanza, non bisogna dimenticarlo e davanti a qualsiasi tentativo di tornare indietro sui diritti femminili, bisogna intervenire . Nella storia recente possiamo ricordare due grandi momenti storici , due rivoluzioni di cui sono state protagoniste: grandi momenti di aggregazione per una causa che sentivano giusta, in quelle occasioni risposero in massa . La prima grande occasione fu al termine della guerra per la richiesta del diritto di voto e la ricostruzione morale e materiale della Nazione. Le votazioni del 2 giugno del 1946 furono di importanza storica rilevantissima ,per la prima volta nella storia d’Italia le donne potevano votare ed essere elette,(solo il 10 marzo del 46 fu concesso l’elettorato passivo) mentre la Costituzione fu promulgata a gennaio del 1948, perciò quest’anno ricorre il 60° anniversario. Le 21 donne , la cosiddetta “pattuglia delle 21”, elette alla Costituente erano unite da una vocazione politica interiore e da un immenso interesse per il bene comune in un momento di ricostruzione : dopo la guerra e dopo un ventennio di dittatura, durante la quale erano state via via estromesse da ogni tipo di lavoro nelle istituzioni- per esempio non potevano ne’ insegnare ne fare le Presidi- tutte affermavano il diritto alla libertà ed alla democrazia. Il secondo momento ci fu negli Anni 70 , con le rivendicazioni femministe per l’attuazione della Costituzione. Il periodo storico del primo dopoguerra è il più rappresentativo di un ideale diffuso e condiviso, ne è esempio l’opera dell’Onorevole abruzzese FILOMENA DELLI CASTELLI , costituente e parlamentare che lavorò per la ricostruzione morale e materiale del Paese , le sue idee sono ancora molto attuali, ella ha sempre creduto nelle capacità femminili di gestione sociale e di rinnovamento. Fondamentalmente le sue idee si possono riassumere nei seguenti punti essenziali: 1- associazionismo femminile 2- collaborazione tra donne e uomini 3- Mai nemici, ma avversari politici 4- Il bene per tutti, il bene comune 5- Linea unitaria per la difesa di interessi comuni 1- Dall’Associazionismo la donna può trarre forza e sostegno, nel dialogo con altre donne condivide passioni ed esperienze. 2- La donna deve ricercare la collaborazione delle altre donne , ma anche degli uomini per poter progredire e far progredire, capire la forza e l’importanza del ruolo, soprattutto nel trasmettere il messaggio positivo del vivere e passare il “testimone” alle generazioni future . 3- Tra colleghi, in politica , non ci sono nemici da combattere, semmai avversari da convincere, persone con cui dialogare, la politica non è un campo di battaglia , ma uno scacchiere . 4- Il bene comune esiste e la sua costruzione parte da noi , come un sasso gettato nell’acqua si espande tutto intorno con cerchi sempre più ampi fino a comprendere e perdersi nel tutto. 5- La linea unitaria delle donne della Costituente ha fatto sì che la Costituzione avesse un impianto di tutela dei diritti della donna lavoratrice , un interesse comune condiviso nel riconoscimento di un unico problema da risolvere: il diritto a “pari lavoro” deve corrispondere “pari salario”. Purtroppo ancora oggi, pur essendo migliorate generalmente le condizioni lavorative , le donne percepiscono , in alcuni settori, il 30% in meno rispetto ai loro colleghi uomini e non riescono ad entrare ai livelli retributivi e di carriera più alti. Il quel periodo nacquero dall’Azione Cattolica due grandi associazioni che si occupavano delle problematiche femminili, una di queste è il C.I.F., e l’altra l’U.D.I. .Tra le fondatrici del C.I.F, Centro Italiano Femminile) vi era un’altra costituente abruzzese, Maria Federici , esperta in diritto del lavoro e sindacalista, l’opera dell’associazione si indirizzo’all’assistenza ed alla preparazione all’esercizio del voto, dato che la missione sociale della donna, così come aveva sottolineato il Pontefice nel discorso del 1945, si doveva convogliare a favore dell’unione famigliare . Il “Memena” pensiero per il giorno 10 marzo “La famiglia è il perno vitale, è il fondamento vero per il dispiegamento della civiltà cristiana non solo nelle contrade europee, ma in tutto il mondo ed è veramente inopportuno e sbagliato parlare di famiglie allargate o plurime, tanto è vero che le grandi iniziative sociali del movimento cristiano, per esempio Don Bosco, provengono dalle origini del pensiero famigliare e l’attenzione era rivolta agli orfani ed alle vedove- E’ senza meno difficile costruire una famiglia, perché significa costruire su una base che è l’amore, sentimento di cui oggi si parla poco, famiglia significa amore dei coniugi, tra loro verso i figli e la “casa” , se questa vive d’amore tutto il sacrificio è possibile, ma se è basata su accordi economici o passioni passeggere ecco che la costruzione crolla e crolla la “casa”.” Filomena delli Castelli 6 marzo 2008

 
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