Creato da deandreando il 27/02/2007
Deandreando
La dimensione religiosa nelle canzoni di Fabrizio De Andrè, Ettore Cannas
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ll cielo di Fabrizio
Post n°90 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da deandreando
Fede e sentimento di Ettore Cannas
Il titolo di questa contaminazione del pensiero che mi accingo a compiere, come fedele riproposizione dei fatti, dovrebbe essere il seguente: Tano mi ha chiesto di scrivere qualcosa su Fabrizio De Andrè. Ma potrebbe ancora continuare così: mi sono rifiutato più volte però, come in un antico canto popolare, a reiterati rifiuti reiterati inviti. Non nascondo che la decisione di scrivere sia stata dettata, almeno in parte, dalla possibilità di chiarire (a Tano) in modo formale, canonico, (lo scrivere può essere talvolta atto di solenne liturgia) il motivo del mio rifiuto. Cercherò di essere breve! Sono d'accordo con le culture, filosofie e religioni che vedono il silenzio carico di "Altro" messaggio. Altro che sinonimo di niente! Dio crea con la parola; essa è ordinatrice, causa ed effetto... il silenzio, come tutta la creazione, è toccato da quella parola divenendone custode (anch'esso). La parola degli uomini, in quanto partecipazione di sé, è imprecisa, precaria, epifania del proprio limite. (Vi risparmio il discorsetto sulla Grazia, restiamo sul piano umano-naturale). La parola scritta, all'interno di questo quadro, sembra denunciare proprio lo scarto, la "minima somiglianza e massima differenza" tra le due parole (Divina e umana). Essa tenta di impegnarsi di più, di penetrare di più, di immergersi in quel silenzio per riportare in superficie frammenti di fondale Verità. La parola se autentica, genuina, se ha consapevolezza di sé, ha la responsabilità di ciò che produce e delle modificazioni che genera. Così il silenzio può essere rispettato o offeso, profanato o svelato. Ora, non avendo nell'immediato cose importanti da dire, e non volendo impegnarmi più di tanto nell'ascolto di quel silenzio dal quale le parole (se sono vere) provengono, avevo detto: "No!" Ma... " l'amore ha l'amore come solo argomento", misteriosa propensione dell'uomo ad affezionarsi e legarsi con tutto ciò e con chi ha toccato il nostro cuore. Questa misteriosa propensione ha costituito uno dei motivi che mi hanno indotto a scegliere quale argomento della mia tesi, (in teologia) "La ricerca di Fede, il senso religioso, in Fabrizio De Andrè". Sono sicuro che è per la stessa misteriosa propensione che Tano mi ha chiesto di anticipare qualcosa del mio lavoro. Tuttavia, l'unico stralcio che ritengo si possa anticipare in quanto leggero e immediato ma soprattutto perché isolabile dal contesto, in quanto organicamente autonomo, è la breve chiacchierata che ho fatto con la Signora Enrica Rignon, prima moglie di Fabrizio De Andrè. Mi scusi, io telefono[...] avrei preparato una sorta d'intervista, alcune domande. "No guardi... un'intervista! Non ho grandi rivelazioni da fare. Tutto quello che posso dire, di Fabrizio, è ciò che lui mi diceva". Inizia a parlare ed io non la interrompo. Mi pare di cogliere un certo suo disagio alle domande come se queste avessero potuto condurla su un altro campo. Un campo diviso da un filo invisibile, impalpabile confine, aldilà del quale non è lecito sporgersi. Aldilà del quale, forse, non è rispettoso o è perfino arbitrario rispondere su questioni che non riguardano direttamente le nostre persone. "Dovrebbe rispondere lui alle sue domande" Ma erano domande che avrei voluto fare a lei non a lui. (Tace). "Con Fabrizio parlavamo di religione, di Dio quando eravamo ragazzi e non era ateo. Noi ci siamo sposati in chiesa e nostro figlio è stato battezzato. Se fosse stato ateo, lui avrebbe rifiutato tutto questo". Ho letto sul Corriere della sera una sua intervista sull'argomento: ho avuto l'impressione che alcune necessarie premesse, forse per la necessaria brevità della sintesi giornalistica, fossero sacrificate. "Ho deciso io di rilasciare quell'intervista. Dicevano che Fabrizio era ateo e quindi non capivano la decisione di celebrare la funzione in chiesa. Allora mi sono arrabbiata e ho deciso di parlare. Fabrizio non era ateo. Era piuttosto allergico al potere costituito, ma a tutti i poteri... Ma quello che posso dire io lo dicono già le sue canzoni: Si chiamava Gesù, Pregiera in gennaio, La ballata del Michè - sa perché l'ha scritta? l'ha scritta per un suo amico suicida, che non era stato ammesso alla celebrazione in chiesa. Privato dei sacramenti. Questo aveva fatto soffrire moltissimo Fabrizio. Lui diceva:- Sì, il suicidio è sbagliato, perché la vita è un bene prezioso, ma voi che fate, lo rifiutate? non lo ammettete in chiesa?. Se fosse stato ateo, non sarebbe rimasto così male. Non si sarebbe posto tutte queste domande.Poi ci siamo lasciati, ma ci siamo voluti sempre un bene enorme, però non so quale sia stata l'evoluzione del suo pensiero. Si! Era polemico con l'istituzione, forse un po' per le sue esperienze... (lascia cadere) ma c'erano delle persone (rappresentanti di quell'istituzione?) che lui stimava. Ogni tanto andava a parlare con uno... Certo per lui Cristo era un uomo, non diceva ch'era Dio ma che successivamente era divenuto Dio... Ecco, questo è tutto quello che posso dire, le domande le avrebbe dovute rivolgere a lui." Secondo me, ed è una delle premesse della mia ricerca, spesso si usa impropriamente l'espressione ateismo, e di conseguenza erroneamente si definisce qualcuno ateo: ateo non è affatto chi, come Fabrizio De Andrè, è critico verso l'istituzione e sensibile alla ricerca di un'altro linguaggio religioso... "Magari lei ha una grande fede. Anche a me piacerebbe avere una grande fede, invece ho dei dubbi! Ma non mi sento per questo atea. Come me, Fabrizio non riusciva a dare delle risposte assolute, però non credo che questo voglia dire essere atei. Per me l'ateismo è un'altra cosa, è uno che non si è mai posto il problema di Do, e di conseguenza si comporta in un certo modo. Fabrizio era di una grandissima generosità. Mi dispiace non poterla aiutare di più. Ma lei, sono sicura, ha capito." Vorrei chiudere questa mia incursione ritornando alla misteriosa propensione, all'amore, che ha l'amore come solo argomento, e vorrei farlo con una domanda. Mi sono chiesto: cos'è che mi ha fatto amare, ci ha fatto amare, quella persona? Quella voce? Parafrasando un'affermazione di Wittgenstein, di De Andrè credo si possa affermare che l'interesse per ciò che dice apra ad un interesse maggiore costituito dalla voce, dal come lo dice, che è poi tutto ciò he non dice... Noi cosa abbiamo colto di quel silenzio?
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