Perso nel blu

Diario di bordo di una vita alla deriva e di un capitano rimasto senza equipaggio perso nel tempestoso oceano del vivere

 

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« L'ipocrisia del Grillo ...E "Tap Gun" s'innamorò ... »

"Impunità Calcistica"     

Post n°45 pubblicato il 02 Settembre 2008 da Capt_Hornblower
 

Ecco un bell'articolo trovato oggi sul Corriere, niente di mirabolante ma di sicuro 4 righe buttate giù col cuore e tanto buon senso, con quel meraviglioso, e quasi scomparso, senso di dire le cose "pane al pane e vino al vino" come si faceva una volta .
Peccato resterà come al solito inascoltatao da chi invece dovrebbe fare di queste parole la propria missione per il futuro ...
 

"Perché né terroristi né bande di rapinatori né gruppi di vituperati zingari, grazie a Dio, non attaccano apertamente i treni, picchiando selvaggiamente i passeggeri e obbligandoli a scendere, causando gravissimi danni a persone e a cose? Perché i seguaci di nessuna setta religiosa, a differenza dei beoti adoratori di una squadra di calcio, non sfasciano, nell'entusiasmo per il loro dio, bar e negozi, rovinando economicamente i loro proprietari e le loro famiglie? E perché, invece, i cosiddetti tifosi, ultrà o come si vogliono chiamare i violenti che escono da uno stadio lo fanno periodicamente?

La ragione è semplicissima: perché i primi verrebbero immediatamente perseguiti e costretti a pagare le conseguenze dei loro atti, mentre invece i secondi, i criminali travestiti da tifosi, possono farlo, sanno di poterlo fare, sanno che nell' epoca moderna lo stadio ha sostituito la chiesa quale asilo per i delinquenti; sanno di restare impuniti o di pagare pene irrisorie per i loro gravi e imbecilli reati. Se una banda di zingari si impadronisse di un treno o se nostalgici delle Brigate rosse devastassero la stazione di Milano, sarebbero perseguiti con adeguata durezza. Se chi negli anni scorsi, come accaduto, ha causato gravissime lesioni a pacifici cittadini, magari provocandone la morte, fosse ancora in galera, nessuno si abbandonerebbe più a tali atti bestiali. Se chi ha distrutto un esercizio pubblico fosse condannato a pagare i danni fino all'ultimo centesimo, venendo così pesantemente e giustamente penalizzato nella sua esistenza, nessuno si scatenerebbe contro persone e cose. Non capisco proprio perché se aggredissi o danneggiassi qualcuno per conto mio sarei chiamato a pagarne di persona, mentre se lo facessi urlando slogan calcistici godrei di una sostanziale impunità.

È giusto, doveroso punire violenze di rapinatori e terroristi, ma occorre punire ancor più duramente chi delinque in nome di una squadra di calcio, con l'aggravante dei motivi futili e abbietti, perché accoltellare qualcuno in nome della Triestina o della Juventus è ancor più spregevole che farlo in nome di qualsiasi ideologia politica. In Inghilterra i delinquenti dello stadio, individuati con un intelligente lavoro di infiltrati, sono stati pesantemente puniti e il fenomeno criminoso è grandemente diminuito.

Si parla tanto di soldati per reprimere la piccola criminalità; è il caso di impiegarli contro questa media e peggiore criminalità, tenendo presente che, se si fanno intervenire i soldati e non le Orsoline è perché reagiscano alle violenze da soldati e non da Orsoline. Psicologi e letterati si affannano a spiegarci che chi spacca la testa di un altro in nome del calcio lo fa perché ha i suoi problemi psicologici, i suoi disagi interiori. È vero, ma ciò vale per tutti; anche i serial killer, gli stupratori, i rapinatori hanno evidentemente i loro problemi e forse non sono stati amati abbastanza dalla mamma. Non è una buona ragione per lasciarli uccidere o stuprare.

Se le violenze del calcio continueranno — e continueranno — sarà perché e soprattutto perché le autorità preposte a garantire in generale la sicurezza dei cittadini, in questo caso decidono, chissà perché, di lasciar correre, di non tutelare i cittadini, diversamente da quel che accade nei confronti di altri malviventi. Ogni governo, sinora, sotto questo profilo, si è comportato irresponsabilmente; ha lasciato fare e certo lo farà ancora."

Claudio Magris 

(fonte: Corriere.it)

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