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La definizione di "documentari"

Post n°59 pubblicato il 21 Giugno 2006 da lugio5
 
Foto di lugio5

Con il termine "documentari" si intendono dei film, di qualsiasi lunghezza, girati senza esplicite finalità di finzione, e perciò, in generale, senza una sceneggiatura che pianifichi le riprese, ma anzi con disponibilità verso gli accadimenti, e senza attori. Non a caso, nei Paesi anglosassoni si impiega sempre più spesso – invece di "documentari" - il termine nonfiction. Alla base dei documentari c'è un rapporto ontologico con la realtà filmata, che si pretende restituita sullo schermo come si è manifestata davanti alla macchina da presa, senza mediazioni. Il film è il "documento" di tale realtà, la prova che le cose si sono svolte come risultano proiettate.
Il cinema di finzione rappresenta invece una realtà mediata, manipolata dal regista per esprimere ciò che ha immaginato. È una realtà messa in scena. Nel documentario la macchina da presa è al servizio della realtà che le sta di fronte; nel film di finzione la realtà viene rielaborata per la macchina da presa. In quest'ultimo il patto implicito dello spettatore è: «so bene che ciò che vedo rappresentato non è vero, benché verosimile, e tuttavia ci credo»; nei documentari egli dirà piuttosto: «ciò che vedo è vero, e non solo verosimile, e per questo ci credo». L'effetto magico di illusione di realtà che il cinema di finzione produce viene, per così dire, sospeso nei documentari, dove si evidenzia l'effetto probatorio.
Anzi, i film di finzione nacquero proprio come trasposizione cinematografica delle varie forme precedenti dello spettacolo teatrale (Méliès), mentre i documentari come aggiunta del movimento alla fotografia (Lumière); successivamente l'industria si incaricò di relegare i documentari ai margini dello spettacolo cinematografico istituzionalizzato, facendone una forma specializzata di cinema.

I documentari come cinema della realtà

Alcuni grandi cineasti hanno proseguito le esperienze del cinema diretto. Negli Stati Uniti il film-concerto, sottogenere fortunato fra i documentari, è esploso con due film: Woodstock (1969) di Michael Wadleigh e Cocksucker blues (prodotto nel 1972 e uscito nel 1979) di R. Frank, rimasto per anni invisibile per opposizione dei Rolling Stones.
Tra i cineasti partiti dalle esperienze innovative degli anni Sessanta per prolungarle in un itinerario personale è stata fondamentale l'attività dell'olandeseJohan van der Keuken, i cui documentari sono osservativi, interattivi e riflessivi, in film come De Platte Jungle (1978, La giungla piatta), De Weg naar het Zuiden (1981, La via verso il sud), Face value (1991), Amsterdam global village (1996), De grote vakantie (2000, La grande vacanza). Simile è stato il percorso dello statunitense R. Kramer, che però alterna i documentari alla finzione, spesso con contaminazioni reciproche, realizzando opere di prim'ordine come Route One/USA (1989), Point de départ/Starting place (1993), Walk the walk (1996).
Un campo a sé è quello del cinema etnografico, dove ha prevalso un consapevole intento scientifico nella realizzazione di documentari. In questo campo si distingue la scuola australiana, con le opere realizzate da Ian Dunlop ( Desert people, 1966-67, mm), David e Judith MacDougall (To live with herds: a dry season among the Jie, 1971; Kenya Boran, 1974; Wedding camels; 1977), Timothy e Patsy Asch e Linda Connor (Jero on Jero, 1980), BobConnolly e Robin Anderson (First contact, 1983).

Documentari e post-documentarismo

Le tendenze più nuove e prolifiche manifestatesi a partire dagli anni Settanta sono quelle legate a un cinema riflessivo, che si possono ordinare in alcune categorie: i documentari di montaggio, i documentari autobiografici e diaristici, i film-saggio, i fake documentary, nonché in certe frange del cinema sperimentale. Dopo alcune anticipazioni già menzionate, all'inizio del decennio alcune opere possono essere considerate antesignane di tali tendenze, come quella dell'australiano Philippe Mora, che rievocano epoche storiche (nazismo e Grande depressione) con un rimontaggio innovativo di materiali documentari e di finzione.
[Estratto dalla voce di Adriano Aprà della "Enciclopedia del cinema Treccani", vol. 2°. ]

Cosa sono i documentari?

lo dice la parola stessa: un qualcosa che "documenta la realtà".
Alla base dei documentari c'è la voglia di diffondere le immagini che noi vediamo e riprendiamo nei nostri viaggi, nei reportage in giro per il mondo, od anche semplicemente quando ci guardiamo attorno e scopriamo cose a cui non avremmo mai pensato.
Ci sono documentari di tipo naturalistico (flora e fauna), scientifico, turistico, pubblicitario, culturale (d'arte), industriale, antropologico, di costume, storico, eccetera fino al tipo giornalistico: anche un cine/telegiornale è composto da spezzoni di documentari.
Si parla di documentari anche se analizziamo la biografia di una persona, come un attore e la sua vita artistica, oppure la vita di tutti i giorni di una persona "normale". Il dibattito teorico sui generi cinematografici – e quindi su cosa sono i documentari - prese forma solo a partire dagli anni venti. Il termine "documentari" compare per la prima volta nel 1926 in una recensione di John Griergson a proposito del film Moana di Robert Flaherty. Da allora molti teorici cercarono di definire lo specifico dei documentari e quindi circoscriverne gli ambiti di manovra.
È difficile descrivere rigorosamente l'area semantica che il termine "documentari" è chiamato a coprire. Non è molto semplice circoscrivere con assoluto rigore il "genere" la "classe" o per lo meno l'insieme al quale appartengono i prodotti tipo i documentari. Michel Colin dice: "Possono essere considerati documentari tutti i film di cui la gente dice che si tratta di un documentario".
Se lo analizziamo in negativo indicando ciò che i documentari non sono, possiamo affermare che i documentari non si basano su racconti di fantasia, o su vicende di storia romanzata, e non utilizzano di regola attori professionisti che interpretano personaggi inventati di sana pianta o solo vagamente ispirati a personaggi reali. In positivo, l'opinione comune cataloga come documentari tutti quei prodotti filmati che sembrano mostrare fatti reali e frammenti di vita vissuta "colti in flagrante".
I documentari costruiscono le storie con mattoni tratti dalla realtà. La gente vive i documentari come la relazione che potrebbe fare a ciascuno di noi il testimone oculare di un fatto che in nostra assenza sia realmente accaduto.

 
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