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RAI e documentario

Post n°78 pubblicato il 28 Novembre 2006 da lugio5

"L'associazione di categoria dei documentaristi Doc/it, in
collaborazione con la Regione Emilia Romagna e il Comune di Bologna, in
occasione dell'apertura degli stati generali del documentario di
Bologna, è tornata a denunciare l'assenza del genere documentario nei
palinsesti dei network nazionali. Il ministero delle Comunicazioni,
attraverso una nota del ministro Paolo Gentiloni ha confermato
l'impegno a prendere in considerazione il documentario, come elemento
di crescita qualitativa dell'industria audiovisiva e, in quanto tale,
inserirlo nel nuovo contratto di servizio tra ministero e
concessionaria televisiva della Rai".

La creazione di una apposita struttura Rai dedicata al Documentario è stata ipotizzata dal direttore di Rai tre Ruffini.

"A
raccogliere le istanze dei documentaristi, era presente il direttore di
Rai 3 Paolo Ruffini. Proprio la terza rete è quella che, nel panorama
pubblico, si adopera maggiormente per il sostegno alle produzioni
documentarie, come constatato dallo stesso Ruffini. Il direttore di Rai
Tre ha denunciato la mancanza di un approccio sistematico al genere da
parte della Rai, individuando un possibile percorso correttivo, che
passa attraverso una maggiore autonomia (anche finanziaria) delle reti
e la creazione di un'unica struttura aziendale dedicata ai documentari
o, ancora, attraverso la possibilità da parte di autori e produttori di
accedere regolarmente al materiale d'archivio della Rai, oggi gestito
dalle Teche ma commercializzato da Rai Trade secondo modalità non
formalizzate".


 
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FANDANGOdoc

Post n°77 pubblicato il 21 Novembre 2006 da lugio5
 
Tag: News

immagineÈ da molto tempo ormai che abbiamo deciso di portare i grandi documentari nelle sale cinematografiche, nelle videoteche, nelle librerie. Il successo di questo progetto ci ha portato oggi alla creazione di FANDANGOdoc, una piccola pubblicazione, venduta insieme all'edizione speciale in video di un film sempre diverso, sempre appassionante, che conterrà non solo notizie sul DVD stesso, ma anche informazioni e approfondimenti sul mondo del documentario in generale. Un film, certo. Perché il documentario - ed è questo, forse, il fenomeno più importante del cinema contemporaneo - si è trasformato in questi anni in una nuova forma di racconto, il racconto appunto della realtà, della vita vissuta, della società in cui viviamo. Un racconto spesso appassionante come e più della finzione. Perché il successo di film tanto diversi tra loro come “Farenheit 9/11” e “Viva Zapatero!”, “Essere e Avere” e “La storia del cammello che piange”? Perché il cinema (la macchina da presa) oggi, con i nuovi mezzi di ripresa e montaggio "ultraleggeri", ha la possibilità di essere usato come un agile strumento, una naturale "appendice" del proprio sguardo e della propria mano e può quindi permettersi di entrare in profondità nel vissuto delle persone, nella realtà delle cose. Perché è una forma d'espressione libera, in principio senza i condizionamenti tecnici, linguistici, industriali del cinema di finzione. La sua forma, il suo linguaggio non sono "innocenti", ma devono comunque ogni volta essere messi in discussione a partire dalla materia che si vuol rappresentare e che non è mai totalmente controllabile e prevedibile. Perché i cineasti sono di solito profondamente implicati nelle storie che raccontano. Avvertono la responsabilità morale e civile di quello che stanno facendo. Per questo anche lo spettatore percepisce la forza, la necessità del racconto (mentre con la finzione assiste spesso a un gioco ripetitivo, a un esercizio di stile, a una formula seriale). Perché infine, nonostante il diluvio di immagini e di notizie a cui siamo sottoposti, si fa sempre più evidente il dato che le informazioni sul mondo in cui viviamo siano filtrate e controllate da poche fonti. E il documentario può essere allora quel punto di vista diverso sulle cose di cui sentiamo davvero il bisogno. Lo si sarà capito: ogni film del reale è un'avventura a sé, una sfida all'opacità sensoriale che ci avvolge, uno choc emotivo, un approccio per definizione inedito e non superficiale a quel momento di realtà. Questo sia che si svelino i meccanismi e i modi di funzionamento delle multinazionali come in "The Corporation", che troverete nel primo numero, sia che si rievochi l'incredibile e drammatica avventura umana di un gruppo di cultori della montagna come in "La morte sospesa". E' ora di seguirci con fedeltà, mese dopo mese. Siamo certi che potrete fare ogni volta una scoperta. Di cinema e forse, concedetecelo, anche di vita.


Fabrizio Grosoli

 
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Documentario sulle vicende di BitTorrent.

Post n°76 pubblicato il 16 Novembre 2006 da lugio5
 
Tag: News
Foto di lugio5


Secondo Armin Medosch in un ambiente interconnesso non sono tanto
l'individualità e l'espressione che contano, ma progressivamente le
nuove forme per condividere, disseminare e pianificare il lavoro
digitale. Attraverso l'azione collettiva il campo progredisce nella sua
interezza, poiché condividere e collaborare significa imparare gli uni
dagli altri. Ed è questo lo spirito che anima 'Steal This Film',
una prevista serie di documentari che descrivono e promuovono le
attività del movimento contrario alla proprietà intellettuale. Sul loro
website gli autori del progetto, The League of Noble Peers, si
autodefiniscono un gruppo di amici intenzionati a realizzare un film
sul diffuso movimento del file sharing con l'obbiettivo di evidenziare
la visione progressista che molti attivisti e artisti hanno del futuro
della creatività. La prima parte di 'Steal This Film', l'unica
realizzata e a al momento disponibile per il free download, racconta la
storia di The Pirate Bay, uno
dei più grandi BitTorrent tracker, e dell'organizzazione svedese
Pyratbyræn, ripercorrendo attraverso la viva voce dei protagonisti
intervistati gli eventi successivi al sequestro dei servers compiuto
dalla polizia svedese nel maggio del 2006. In alcuni paesi distribuire
torrents che puntano a copie illegali di materiale protetto è
considerata una violazione di legge. In Svezia, nazione dalla forte
tradizione democratica dell'allemannsretten, il downloading di
materiale ad uso personale non era considerato illegale sino al luglio
del 2005 quando il governo, come alcuni sostengono forzato dalle
pressioni degli USA, ha dichiarato fuorilegge la copia, la
distribuzione, l'uploading e il downloading di contenuti coperti da
copyright. Ma se il successivo raid operato dalla polizia in difesa
della legge era mirato a inibire l'attività dei 'pirati', l'effetto è
stato contrario: gli accessi a The Pirate Bay, grazie alla pubblicità
ricevuta, sono raddoppiati, è aumentato il numero dei downloading e si
è costituito un partito politico, The Pirate Party, che accoglie i
consensi dei giovani elettori i quali non intendono rinunciare ad una
simile risorsa di contenuti. 'Steal This Film' racconta tutto questo,
in una mezz'ora di montato autofinanziato che indubbiamente racchiude
alcune ingenuità amatoriali, come i brevi messaggi subliminali quali
'Resist Share Copy' o 'Sharing is not Stealing', o lo sguardo
apologetico sulla guerriglia. Eppure la natura metadata del lavoro, un
BitTorrent che codifica dati sullo sharing, così come lo sforzo di
documentare l'acceso dibattito sul copyright che anima il web 2.0,
rendono l'iniziativa degna di nota.

Valentina Culatti

 
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Vajont, anche le mucche avevano paura

Post n°75 pubblicato il 11 Ottobre 2006 da lugio5

immagine
Che quel fatale monte Toc fosse inquieto, fin dai primi tempi dell'invaso, lo sentivano e sapevano tutti, anche l'aria che la notte tremava ai boati della terra di quel monte; lo sapevano gli animali, sismografi perfetti; lo sapevano i pendii erbosi dei prati curati come giardini, che si spaccavano in sequenza allarmante e crescente con crepe che sembravano bocche aperte al grido d'allarme che nessuno di quanti dovevano ascoltare, ascoltò, lo sapevano le pietre che scivolavano nell'acqua, con una continuità tale da essere quasi un sottofondo sonoro alla visione sempre più preoccupante di quel monte e di quella valle, dentro la quale l'acqua continuava inesorabilmente a salire, creando uno spettacolo incomparabile, soprattutto al mattino quando banchi irregolari di vapori spezzavano loa continuità dello specchio celeste che andava premendo contro quella diga, miracolo di perfezione tecnica e titanica sfida alla natura.

Io ho insegnato, lassù in quella colloquiale frazione di Casso, nell'anno scolastico 1961-1962, abitavo in una stanzetta, nella scuola e la finestra dava sul lago, potevo così ammirare lo spettacolo unico e vedere fette intere di bosco piegarsi sui cigli già prossimi a franare, come in drammatica riverenza verso la valle del lago; sentivo, non di rado, i boati delle frane che la notte ingigantivano l'effetto sonoro tanto da far pensare a proporzioni immense di massi cadenti.

Una notte mi svegliai di soprassalto, il solito notturno chiacchierio della ghiaia che scendeva nel lago, fu rotto da un fragore assordante, che durò qualche minuto, ma che mi parve infinito, sembrava quello di migliaia di camion che scaricassero contemporaneamente su una scarpata, un carico di pietre; rimasi con il fiato sospeso, pensai a mille cose, ma la frana poco dopo smise di rumoreggiare, seguita da uno sciabordio di acque scosse; poi l'altro silenzio ansioso della notte, dominò sovrano.

Rimasi sveglio fino all'alba, quando i primi raggi del sole ravvivarono la sottile coltre di nebbia che vagava sopra l'acqua e faceva intravedere qua e là il chiarore sinistro e sempre più esteso della frana e i picchi emergenti a volte nuovi, perché emersi come fantasmi la notte che visibilmente scendevano immaginelentamente nell'acqua durante il giorno, per via della frana, in continuo movimento;

Altri picchi più modesti, invece, apparivano a volte, ai piedi della massa franosa, quasi come fantasmi e come tali sparivano, inghiottiti improvvisamente dal mare d'acqua che pareva, salendo, soffocare ogni cosa che volesse emergere e salvarsi.

Non era raro il caso che durante la ricreazione, dal piccolo cortile, antistante la scuola, tutti volgessimo lo sguardo al lago, improvvisamente scosso da una pianta o da una fetta di prato che precipitava di sotto come divorata da un implacabile mostro. Quella massa azzurra, sotto la scuola, non era mai tranquilla, mentre saliva inghiottendo i pendii boschivi del monte fatale, di tanto in tanto la si vedeva qua e là ribollire come se sotto respirassero mostri enormi, o si aprissero falle paurose e voraci.

Ogni sabato, lasciando Casso, percorrevo a piedi un buon tratto della statale che portava a Cimolais e allora scendevo spesso vicino all'acqua, disobbedendo agli avvisi posti ovunque a impedirne l'accesso «per improvvise piene»; immergevo le mani in quello specchio fatale di acque inquiete, come a esorcizzarne il mistero, ma mi sentivo sempre teso, per inconscie e inspiegabili paurose attese; risalendo poi alla strada, volgevo lo sguardo ansioso ad alcune case prossime al lago: ce n'era una della frazione di Casso, quasi all'inizio della strada che, staccandosi dalla provinciale, saliva alla frazione, vi abitava la famiglia di una mia alunna, fu forse la prima a essere travolta dalla immensa frana.

In questi giorni di ricordi, ho rivisto alcune fotografie che testimoniano le avvisaglie del fenomeno franoso e il fiotto irresistibile delle emozioni mi ha preso l'anima; sto invecchiando, ma quel dramma non mi ha mai lasciato. È per questo che nel quarantesimo anniversario del disastro, ho scritto al Presidente della Repubblica Ciampi perché almeno si rinnovasse la scuola, ancora un ammasso di rovine e la piccola borgata avesse un punto di aggregazione; mi fu risposto che le autorità locali avevano provveduto diversamente a quel bisogno e la scuola, la mia scuola, è ancora un cumulo di ricordi incancellabili e rovine amare.

Quante volte l'argomento frana ha fatto parte delle composizioni dei ragazzi di Casso; più di tutti erano loro a registrare le impressioni e le maledizioni, a ricordare fatti che nessuno meglio di loro poteva riferire, fedelmente.

Il Toc era una vasta piana che, staccandosi dal monte si portava verso la valle del Vajont per qualche centinaio di metri e si allungava, forse, di qualche chilometro, sulla sinistra del lago; vi erano sorte stalle che accoglievano uomini e animali per una gran parte dell'anno, da marzo a ottobre inoltrato, quando, finita la transumanza, rientravano tutti nella tranquilla borgata. Molti bambini, che frequentavano la scuola, finite le lezioni, scendevano alla diga e andavano a trascorrere il resto della giornata sulla piana del Toc, con i loro genitori.

L'argomento frana perciò era spesso tema di discussioni e di elaborati, disegni o composizioni scritte; i bambini denudavano la verità, riflettevano la febbre e l'ansia dei genitori. I commenti impietosi e sinceri che riporto, così come li ricordo, ma nella sostanza inalterati e fedeli, si riferiscono a esperienze vissute durante la loro permanenza sulla piana del Toc.

«Questa maledetta Sade ci ha pagato la terra, ma non ci fa dormire, durante tutta la notte la terra trema e nessuno dorme», scrive A.

«Il papà e il nonno sono tornati ieri sera senza selvaggina, dicono che non c'è più neanche un uccello sul Toc, è ormai inutile andare a caccia qui», scrive S.

«La nonna di C. attraversando la passerella in legno gettata sopra una spaccatura larga e profonda, è caduta dentro la spaccatura con la gerla del fieno, si è incastrata e mio nonno e il papà di F. sono andati a tirarla su, si vede che la crepa si è allargata ancora, durante la notte», scrive V.

«Il muretto che limita la strada davanti alla stalla, si è crepato e il papà dice che è per via della frana che capita questo», scrive S.

«Si è aperta una crepa sul muro della stalla grande, il papà ci ha messo un vetro, ma si è rotto qualche giorno dopo, ora sembra che la immaginecrepa si apra sempre più», scrive P.
«La fontana che serviva ad abbeverare le mucche, non butta più; la sorgente è sparita, la terra sotto, muovendosi, ha deviato altrove l'acqua», scrive G.

«Il papà si lamenta che le mucche fanno poco latte, dice che hanno paura e che sentono il terremoto, non vogliono stare dentro la stalla e si rifiutano di rientrarvi la sera, quando le dobbiamo spingere dentro», scrive F.

«Il nonno mostra il prato sotto la strada: è impraticabile perché si aprono ogni giorno nuove crepe ed è pericoloso per le mucche che escono al pascolo, io le guardo e ho paura», scrive G.

Così i bambini di Casso hanno vissuto e sofferto in anticipo la loro singola tragedia. Io ricordo che davanti la scuola, una delle poche case della frazione devastata dalla onda che è schizzata fin lassù, c'era un cippo di forse un metro, vi venivano spesso, degli addetti della Sade, geologi, credo, a eseguire dei rilievi e, dai loro commenti, si capiva che erano seriamente preoccupati, anche loro: la frana si allargava e scendeva sempre di più; un giorno uno di loro, ridendo di un riso ansioso, mentre riponeva nella loro custodia gli strumenti, mi disse: «Maestro, prima o poi andiamo tutti laggiù» e indicava con l'indice della mano il lago.

Chissà se anche lui, quella fatidica sera, occupava una delle baracche che la Sade aveva costruito, per i suoi tecnici, in alto, a destra, «al sicuro», sopra la galleria che porta a Longarone e che l'ondata paurosa ha spazzato via come foglie, con tutte le altre, disseminando sul letto melmoso del fatidico Piave, migliaia di morti.

Mi torna alla mente una domanda che, un giorno, mi rivolse una bambina, mentre guardavamo insieme, dalla finestra della scuola, il lago sottostante, per osservarne meglio alcuni aspetti: «Ma perché, maestro, la Sade non ferma tutto»?

Già, piccola mia,... perché, non ha fermato tutto? David Turoldo risponderebbe che il Dio dei poveri è sempre altrove e i poveri erano, per lui, tutti quelli che non hanno mai voce, contro i potenti di turno e sono costretti a soccombere sempre. Ma perché... Perché?... Ma questa ...è un'altra storia!



Giovanni Sesso

Articolo del GAZZETTINO Mercoledì 11 Ottobre 2006

 
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Erto e Casso 

Post n°74 pubblicato il 18 Settembre 2006 da lugio5
 
Tag: Video


 

 
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Italian Doc Screenings

Post n°73 pubblicato il 18 Settembre 2006 da lugio5
 
Tag: News

DOC/IT Associazione Documentaristi Italiani
Ministero del Commercio Internazionale
e
ICE - Istituto nazionale per il Commercio Estero
Regione del Veneto

in collaborazione con
San Servolo Servizi, VenetoCinemaPro

presentano


Italian Doc Screenings
Venezia 11 - 15 novembre 2006


Gli Italian Doc Screening sono l’unico showcase del prodotto documentario italiano. Negli ultimi anni sono diventati la più grande iniziativa italiana nel campo del documentario ed una delle più significative in Europa.

Insieme alle attività di business per film e progetti, le tavole rotonde sul prodotto non fiction oggi sono una importante parte della manifestazione.

Compratori (Buyers e Commissioning Editors) delle televisioni di tutto il mondo ed alcuni tra i più importanti produttori esteri incontreranno a Venezia i produttori e gli autori di documentario italiano e per 4 giorni visioneranno film e discuteranno progetti di co-produzione con potenzialità di accesso al mercato internazionale.

CIFRE DELLA SCORSA EDIZIONE.
Più di 200 nuovi film documentari italiani e 14 progetti sono stati presentati a 40 compratori delle maggiori reti televisive internazionali, provenienti da 20 paesi in 3 continenti.
Sono stati presenti, oltre a televisioni extra-europee terrestri e satellitari, tutte le televisioni europee di servizio pubblico. I paesi rappresentati sono: Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Israele, Irlanda, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Regno Unito, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera. Circa 300 sono stati i visionamenti effettuati dai compratori stranieri.

L’EDIZIONE 2006.
E’ prevista la partecipazione di più di 50 delegati delle televisioni straniere, 22 progetti di documenatrio saranno selezionati per i pitch “one-to-one”, 5 film allo stadio di rough-cut saranno presentati durante il “pitching forum” pubblico.

Una library di circa 250 nuovi film sarà disponibile per i compratori stranieri.

E’ attesa, per la prima volta, una grande partecipazione anche delle televisioni Italiane, alcuni commissioning editors italiani accompagneranno i produttori nel proporre i progetti di documentario ai responsabili delle televisioni straniere. Ad oggi è confermata la presenza dei delegati dei canali RAI, Mediaset e Fox (Fox, FoxLife, Fox Crime, National Geographic Channel, The History Channel, Adventure One e Cult).

Il principale argomento delle tavole rotonde di quest’anno sarà la relazione tra il mercato attuale e i formati, le durate per i documentari singoli e per le serie, e le problematiche relative alle versioni nelle differenti lingue. La discussione sarà riferita al mercato globale per poi essere riportata alle realtà e potenzialità del mercato italiano, uno dei 3 più grandi in Europa, la cui definitiva apertura libererà risorse non solo per i professionisti del nostro Paese, ma per l’intero settore delle co-produzioni internazionali.

www.italiandocscreenings.it/
 
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Primo Carnera Un mito made in Friûl

Post n°71 pubblicato il 21 Luglio 2006 da lugio5
 
Tag: Foto
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Quello che segue è il resoconto del viaggio degli anziani di Cimolais nella villa del campione predisposto da Maricla Zago, animatrice della Casa albergo di Cimolais gestita dalla Cooperativa Itaca. (fdp)

Ninives racconta "Mi piaceva Carnera perché mio padre lo nominava sempre quando ero piccola. Era un idolo, aveva le mani grandi ma vinceva perché era tanto bravo! Guai a chi gli toccava Carnera... Mai e poi mai avrei pensato che in vita mia sarei riuscita a vedere la sua casa... Una volta ho letto sul giornale che a Roma (io vivevo lì con mio marito), dopo che aveva fatto un incontro, Carnera era così stanco che sua moglie lo fece sedere nei sedili posteriori della macchina mentre lei guidava per tonare a casa; un gruppo di ragazzi che l’aveva vista cominciò a seguirla, finché la raggiunse costringendola a fermarsi. In quel momento lui si svegliò, scese dalla macchina e li fece scappare a gambe levate! Mio marito era appassionato ed andava all’Eur a vedere i suoi incontri quando era possibile. Vedere la casa e tuti i ricordi di Primo Carnera mi ha portato alla mente mio papà, che era un vero appassionato. Ascoltare il Signor Sartini che parlava m iè piaciuto, è stato bravissimo, bravissimo veramente".

I ricordi di Stella. "Carnera era un pugilista e quando ero piccola mi chiedevo sempre: ’Chissà quanta ginnastica avrà fatto per essere così grande e grosso...’. E’ stato a udine ma io non l’ho visto perché mia mamma non ci ha lasciate andare (io e mia sorella), ’C’è troppa confusione, non si sa cosa può succedere’, però poi è passato anche per Basagliapenta, dove io abitavo. Ricordo che aveva una macchina grande e lui era scortato. In televisione io l’ho visto quando faceva la lotta (Wrestling), ero a casa e avevo la televisione, l’avevo pagata ben 2500 lire, una grande cifra quella volta. Anche se lavoravo tanto io qualche volta non dormivo neanche per guardarlo in televisione. Sono contentissima, non credevo a 82 anni di riuscire a vedere la sua casa con tuti i suoi ricordi. Mi è rimasta impressa la foto di carnera dove era a grandezza naturale. La Maricla si è messa vicina e gli arrivava al gomito. Un’altra cosa che mi ha colpito è quella statua in palestra fatta da uno scultore, dove Carnera solleva sopra la testa un altro pugile. La casa mi è piaciuta, anche il giardino è ben curato. Carnera è stato un grande uomo. Ricco grazie alla sua forza, signore per la sua bontà ed intelligenza, un friulano completo, orgoglioso della sua terra e delle sue umili origini, proprio come me, emigrante come lui ed orgogliosa di essere friulana".

L’immagine, tratta da www.carnera.org, ritrae Primo Carnera Campione del mondo (29 giugno 1933).


 
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Io, Primo Carnera - Documentario per i 100 anni del Campione

Post n°70 pubblicato il 21 Luglio 2006 da lugio5
 
Tag: News
Foto di lugio5

Io, Primo Carnera, il documentario della Cineteca del Friuli e della cooperativa L’Altravista che rende omaggio al “gigante buono” a 100 anni dalla sua nascita.
Le due autrici Daniela Vigorita e Flaminia Cardini, Nino Benvenuti e la figlia di Carnera, Giovanna Maria, che insieme al fratello Umberto ha contribuito alla realizzazione del film condividendo ricordi, fotografie, oggetti e documenti importanti, primo fra tutti il memoriale autobiografico del padre, ritrovato nella sua ultima residenza americana a Tampa, in Florida.

 
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Ritratti, autoritratti, diari filmati, reportage di viaggio, film-saggio, video-lettere, film di famiglia........

Post n°69 pubblicato il 21 Luglio 2006 da lugio5
 
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In un periodo segnato da un sempre più diffuso narcisismo e da un ricorrente bisogno di ancorare la propria identità ad un patrimonio visivo, la questione del rapporto tra cinema e dominio biografico e autobiografico diventa significativa. Si tratta di una relazione, quella tra cinema, biografia e autobiografia, non priva di difficoltà, perché interviene in uno spazio di produzione ibrido, più prossimo alla sfera privata e sperimentale che a quella più propriamente industriale.  Ritratti, autoritratti, diari filmati, reportage di viaggio, film-saggio, video-lettere, film di famiglia, video-confessioni hanno costretto, a partire dagli anni ’60, cineasti e teorici a riflettere su molteplici questioni: il ruolo dell’autore, la dialettica tra soggettività e oggettività e quella tra privato e pubblico, il rapporto tra memoria e immagine e quello tra autenticità e mediazione del cinema, ecc. Il dominio biografico e autobiografico porta dunque a individuare una serie di materiali eterogenei che possono essere ricondotti all'ambigua denominazione di “cinema personale”. Determinato da ragioni assai soggettive, mosso da una curiosità per sé e per l’altro che mette in gioco le radici di ogni identità, teso ad una esplorazione spesso ossessiva, il cinema personale rappresenta da un lato uno sguardo che vuole possedere un legame diretto e forte con la realtà, dall'altro lato, un “genere” che travalica i confini della tradizione letteraria, per diventare lo strumento privilegiato di espressione di un Io ormai definitivamente votato all'immagine.

 
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CREATIVE COMMONS

Post n°68 pubblicato il 16 Luglio 2006 da lugio5
 
Tag: News
Foto di lugio5

Tratto da TuttoScienze e Tecnologia -www.lastampa.it-
La creatività è globale con il nuovo copyright  VERTICE A RIO PER LE LICENZE «CREATIVE COMMONS». TST RACCOGLIE L’INVITO PER RENDERE DISPONIBILI I SUOI PDF
di Anna Masera

A Rio de Janeiro, pochi giorni fa, erano riuniti i Pearl Jam, i Beastie Boys, David Byrne, Brian Eno e la Bbc: testimonial eccellenti, assieme a migliaia di autori meno noti fra produttori di film, fotografi, artisti video e blogger, per discutere di diritti e futuro. «L’idea di copyright è talmente associata alla frase «tutti i diritti riservati» che si fatica ad immaginareun altro sistema»,commentava il «New York Times». Ma un’alleanza globale tra artisti, scienziati e giuristi sta lavorando per creare i «Commons» (i «beni comuni», così definiti per la prima volta durante la rivoluzione industriale inglese). Permettono agli artisti di decidere quali diritti vogliono tenersi stretti e quali preferiscono condividere: i «Creative Commons» (www.creativecommons.it) nella loro forma più ampia permettono ai creatori e ai consumatori di cultura non solo di vedere o ascoltare un’opera digitale, ma anche di copiarla, remixarla o trarne un brano, a patto che all’autore originario sia riconosciuto il suo lavoro.
«Abbiamo un’esplosione di tecnologie che invitano la gente a essere creativa, ma per come sono scritte le leggi tutte queste attività sono presumibilmente illegali», ha dichiarato Lawrence Lessig (www. lessig.org): è il giurista della Stanford University che ha inventato il concetto di Creative Commons, oltre ad aver dedicato due libri sul futuro delle idee e della cultura libera. «Vogliamo creare un futuro in cui la creatività possa svilupparsi in uno spazio protetto senza togliere diritti a nessuno».
Il testimonial chiave della conferenza è stato il cantautore brasiliano Gilberto Gil, che è anche ministro della Cultura e un paladino della battaglia contro il sistema globale di copyright. Gil è stato uno dei fondatori del Movimento Tropicalista, che utilizzava il copia- e-incolla e le tecniche di mixaggio fin dagli Anni 60, molto prima dell’avvento del digitale. «Sempre più la proprietà intellettuale ha bisogno di essere trattata diversamente rispetto al passato: abbiamo bisogno di nuove politiche e nuovi modelli di business, improntati all’accesso», ha dichiarato.
Da quando è stato introdotto il concetto di Creative Commons nel 2003 sono state registrate ben 145 milioni di «creazioni», di cui più di 100 milioni in sei mesi. La maggior parte sono blog - ha spiegato Lessig - e poi immagini e musica, anche se cominciano a crescere i video. Tra le opere registrate sotto licenza Creative Commons c’è il video «Life Wasted» dei Pearl Jam, il primo in otto anni. Anche il disco dell’81, «My Life in the Bush of Ghosts», è appena stato rimesso in vendita con una licenza Creative Commons, che invita gli ascoltatori a remixare e scaricarsi un paio di brani senza paura di finire in tribunale per violazione di copyright. Intanto la Microsoft ha reso disponibile un programma «plugin» per il software Windows Office, che permette di indicizzare le proprie creazioni, come le presentazioni in PowerPoint e i documenti Word, con licenza Creative Commons.
Gil ha raccontato di aver dovuto battersi in tribunale per riconquistare la proprietà del proprio lavoro dalle case discografiche: un catalogo di oltre 400 canzoni, che sono registrate con licenza Creative Commons. Ma - fa notare Gil -migliaia di musicisti si ritrovano intrappolati dall’intermediazione delle loro case discografiche, che non vogliono perdere il controllo e rischiare di diventare superflue.
«Nel passaggio da un mondo analogico a un mondo digitale, vediamo opportunità e minacce» ha dichiarato Richard Owens, portavoce dellaWIPO(World Intellectual Property Organization), l’agenzia dell’Onu. Per questo - ha aggiunto- «Creative Commons offre una grande promessa».
Raccogliendo la sfida, «La Stampa», prima tra i grandi quotidiani in Italia, per agevolare l'utilizzo dei suoi contenuti in una modalità innovativa rispetto al copyright tradizionale, rilascia le pagine in formato .pdf (Portable Document Format) di TuttoScienze e Tecnologia sul sito Internet sotto licenza CreativeCommons: cioè una licenza in cui l'editore ne autorizza esplicitamente l'utilizzo a patto che venga citata la fonte: «Tratto da TuttoScienze e Tecnologia -
www.lastampa.it».

 
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