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Post n°90 pubblicato il 18 Aprile 2015 da Eos13
Educazione di genere. Il racconto della maestra Pina: "Ecco che cosa facciamo in classe" Pina Caporaso Quando un maschio e una femmina, anche molto piccoli, giocano insieme, subito i grandi tendono ad attribuire ai due una relazione di fidanzamento. Pina Caporaso, maestra elementare di Pistoia, nella sua classe (la seconda della scuola "Galileo Galilei") lavora moltissimo sul tema dell'amicizia. Perché se un bambino o una bambina stanno bene insieme o provano una simpatia reciproca, ben venga. Pina, tra i banchi, è abituata anche a usare il femminile quando serve: e quando ai suoi alunni e alle sue alunne ha proposto un progetto sui mestieri, le femmine non hanno avuto problemi né titubanze a dire che da grandi vorranno fare le muratrici, le biciclettaie, le meccaniche. I dubbi e le resistenze, piuttosto, appartengono agli adulti: "Quando si tira in ballo l'educazione di genere, i genitori sono convinti che in classe noi insegnanti impartiamo chissà quali nozioni. Come se ci mettessimo lì a confondere ai bambini le idee. L'ideologia gender è diventata lo spauracchio collettivo per due motivi: da un lato perché sussiste la sempiterna paura della libertà, quando invece noi forniamo delle mappe che consentano ai bambini di orientarsi nella complessità, di riconoscere la propria identità e non averne paura. Dall'altro perché viviamo in un Paese omofobo che crede che combattere gli stereotipi di genere, cosa che la scuola purtroppo contribuisce e veicolare, equivalga a incoraggiare i bambini all'omosessualità, come se quest'ultima fosse una scelta o un condizionamento che viene dall'esterno". L'anno scorso Pina ha partecipato a un incontro organizzato da La Manif pour tous al quale - tramite le parrocchie - erano arrivati anche parecchi genitori: "Per un po' sono rimasta zitta ad ascoltare. Poi, accorgendomi come i relatori non avessero la benché minima idea del lavoro che viene svolto in classe, come se maestre e maestri, ai bambini, facessero il lavaggio del cervello, mi sono alzata e ho preso la parola. Spiegando che l'educazione di genere è uno sguardo, non un progetto specifico: significa guardare in modo diverso alle dinamiche che avvengono in una classe, significa usare un linguaggio appropriato, contrastare i luoghi comuni. Non sono mica temi nuovi: pensiamo al libro 'Dalla parte delle bambine', pubblicato quarant'anni fa. La novità è che questi argomenti, adesso, prendono sempre una piega polemica: guardiamo al caso di Trieste, dove i genitori mica sono andati a protestare con gli insegnanti. Al contrario, si sono rivolti ai giornali". Pina, insieme alla sua quarta di tre anni fa, ha realizzato il documentario "Bomba liberi tutti": "Ai genitori ho chiesto solo la liberatoria per le riprese, non sono stata a spiegare nel dettaglio quale attività avremmo fatto. Perché l'educazione di genere è un approccio da tenere sempre, non da inserire in un'ora specifica. E gli insegnanti devono essere adeguatamente formati perché facciano proprio quello sguardo".
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