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COME CONSEGUIRE LA PROPRIA SALVEZZA IN MODO RAPIDO, SEMPLICE E SICURO

Post n°22 pubblicato il 18 Maggio 2012 da giugibzz1

 

 

Ho creduto, perciò ho parlato” 2Co.4:13.

       C’è davvero un modo, per un cristiano, di conseguire, come dice il titolo di questo trattatello, la propria salvezza con celerità, semplicità e in tutta sicurezza? Io direi di sì. La Parola di Dio afferma chiaramente in più luoghi che basta credere in Gesù quale Figlio di Dio e nella sua opera redentrice (passione, morte e resurrezione) a favore dell’umanità per essere salvi. Come si vede la strada è breve, non c’è bisogno di trascorrere duri e interminabili anni sui libri di teologia, né di conseguire alcun dottorato o passare la vita in altro genere di studi, anzi, più si è semplici e ignoranti in questo campo, e maggiormente il successo appare assicurato. E’ una questione di fede più che di cultura. Il battesimo può quindi amministrarsi immediatamente dopo la proclamazione di fede del convertito, come mostra esplicitamente la Bibbia, e non farlo attendere mesi o addirittura degli anni, com’è costume fare da parte di certe chiese, anche perché talvolta Dio fa precedere il battesimo d’acqua da quello ben più importante dello Spirito Santo, che fa discendere sul neofita al momento stesso del suo cambiamento di vita (vedi l’episodio della conversione di Cornelio e familiari da parte di Pietro, narrata in Atti). E allora, non conviene imitare Dio piuttosto che gli uomini? Si è accennato alla semplicità. Certo, conseguire la salvezza in modo semplice è possibile, ancorché auspicabile. Perciò niente più macerazione della carne, niente più estenuanti digiuni, niente più lunghe orazioni e solitari ritiri, ma unicamente tanto amore, tanta umiltà e soprattutto tanta concentrazione per stare in ascolto della voce silenziosa ma viva di Dio. E’ vero che Gesù digiunava, pregava, e si ritirava frequentemente, ma è pur vero che s’intratteneva anche volentieri a festeggiare, bere e mangiare nelle case altrui, tanto da essere accusato dai suoi detrattori di essere “un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”. Semmai raccomandava ai discepoli l’amore piuttosto che il sacrificio. Del resto egli ha già patito per noi tutto quel che c’era da patire, così che a noi non rimane che l’apertura del cuore a Dio e l’amore per i fratelli per sentirci dei buoni cristiani (“Chi non ama il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede?”, si chiede giustamente l’apostolo Giovanni nella prima delle sue tre omonime epistole). So bene che a certi cristiani, e non sono pochi, i quali fanno della sofferenza la ragione del proprio credo, tanto da procurarsela spontaneamente e con i mezzi più duri e improponibili, se non sono affetti da alcuna dolorosa malattia, questo discorso non piace, ma si rileggano bene le lettere di Paolo con il suo continuo richiamo alla gioia indirizzato ai fratelli e la raccomandazione di tenersi lontani dai divieti riguardo al cibo, ma di prendere, senza scrupoli, qualsiasi genere di esso, purché fatto con rendimento di grazie verso Colui che lo provvede. Dà poi fastidio, ne sono certo, soprattutto alle chiese istituzionalizzate e che dividono il popolo di Dio in due categorie, clero e laici, che io, non facendo che seguire in ciò quanto dichiara la Scrittura, proclami la sola fede in Gesù, sufficiente per ottenere la salvezza, scavalcando così santi, madonne, riti, dogmi e quant’altro, poiché, come afferma ancora la Scrittura, solo in Gesù è possibile ottenere la salvezza e in nessun altro. Ora, se io mi pongo a tu per tu con Gesù e Gesù si pone a tu per tu con me, chi altri può e deve interferire nel nostro rapporto? Nessuno, sicuramente. Con questo non voglio dare il ben servito alle chiese, non sono io il loro giudice, anzi ne sono io stesso un membro, solo affermo che, al di là dell’unico sacrificio di Cristo, atto a soddisfare in pieno il riscatto a Dio della persona umana, Dio si serve di molte vie per portare il peccatore alla salvezza e nessuno ha il diritto di spiare alcuno, per avere magari poi il pretesto di giudicare e anche di condannare la libertà altrui in Cristo Gesù. Ciascuno prenda la strada che vuole; se vuole allungarla e perdere in ciò del tempo faccia pure, io, da parte mia, preferisco, consiglio e imbocco la più breve, perché, ogni volta che lo desidero, prima raggiungo il mio Signore e Salvatore e meglio sto. Per ultimo consideriamo il tema della sicurezza. La certezza della nostra salvezza ci viene garantita proprio da chi ce la promette, ossia Gesù Cristo. Egli è il credibile e sostenibile latore delle sue promesse, proprio perché santo nella sua persona, coerente tra il suo dire e l’agire, disinteressato nel suo scopo, tanto da privarsi volontariamente delle sue prerogative divine con l’assumere la natura umana e sacrificarsi fino alla morte per la salvezza altrui. Profondo conoscitore dell’animo umano, sapiente come nessun altro, portentoso in opere, è soprattutto determinato e autoritario (era uno che non guardava in faccia a nessuno: né a Pietro, che definì “Satana”, né alla classe dominante del suo tempo, che chiamava “ipocrita”). Così autoritario da non tenere conto del parere degli uomini e risultare perciò grandemente e gravemente scandaloso a certe categorie di persone: agli animalisti, per aver egli mandato i demoni, scacciati dal posseduto di Gerasa, in una mandria di porci pascolanti poco distante, che in conseguenza di ciò sono corsi a precipitarsi in un burrone, morendo tutti quanti; ai vegetalisti (coloro che pensano che anche i vegetali abbiano un’anima), per l’episodio del fico reso eternamente sterile da Gesù, perché avendo un giorno fame si era avvicinato ad esso per cogliere qualche frutto, solo che non era la stagione adatta, ma Gesù, seccato per non essersi potuto sfamare, lo ha maledetto lo stesso; ai benpensanti, infine, perché nella parabola dei vignaioli sfaccendati che il padrone della vigna chiama, via via che incontra, a lavorare sul suo terreno, alla fine della loro giornata di lavoro, come convenuto con essi al momento del reclutamento, si permette di dare a chi aveva lavorato soltanto un’ora la stessa cifra di chi aveva invece sopportato il peso dell’intera giornata, suscitando, nel nostro meschino modo di pensare, il forte disappunto di quest’ultimi. Ma la sicurezza definitiva di avere conseguito con il nostro assenso al messaggio cristiano anche la nostra salvezza eterna, è la vittoria di Gesù sulla morte. Proprio la sua risurrezione è il sigillo inoppugnabile della testimonianza che egli dà di se stesso. Ritorno quindi volentieri all’unica vera valida prova che più volte ho espresso nei miei precedenti scritti riguardo alla veridicità o meno del fenomeno Gesù: la sua sanità mentale. Soltanto ritenendolo un pazzo, infatti, e ritenendo dei pazzi coloro che ne hanno raccolto il messaggio, testimoniando e tramandando con la sua parola anche la sua divinità, potremo chiudere e archiviare definitivamente l’argomento. Ma chi ha il coraggio di dichiararlo tale, senza essere accusato egli stesso d’essere un malato mentale? Chi se la sente di lanciare per primo un siffatto “boomerang” verbale? Lasciamo andare, quindi, che è meglio, anche perché non se ne uscirebbe più, dovendo, in caso affermativo, dimostrare che siano pazze pure tutte quelle migliaia e migliaia di persone che dall’inizio fino a qui hanno aderito e aderiscono al messaggio cristiano, includendovi tra costoro numerosissimi letterati, filosofi, scienziati, artisti, ecc., di ogni parte o quasi del mondo. E allora teniamoci stretta la nostra certezza, ben consapevoli però che essa non è così lampante e accecante come il sole che brilla al meriggio di un giorno d’estate, bensì è più simile a un sole che appare e che scompare continuamente tra una coltre di nubi. Difatti, nonostante tutto quel che abbiamo detto, il mistero intorno alla nostra fede rimane. Dio non vuole svelarlo, perché neanche vuole obbligarci a credere, ma ci ha donato la libertà perché con essa si aderisca al nostro credo liberamente, senza forzature. Come ha scritto il noto filosofo e matematico francese del XVII secolo, Blaise Pascal, riferendosi a coloro che vogliono cercare i segni della manifestazione di Dio nel mondo, nel mondo appunto “c’è luce a sufficienza per chi vuole credere, ma anche buio a sufficienza per chi non vuole credere” (Pensieri). Allora, per concludere tutto il discorso fin qui fatto, diciamo pure che per amore Dio ci ha creato, per amore Dio ha mandato suo Figlio nel mondo per redimerci dal peccato, per amore, infine, e non per obbligo, vuole che noi rispondiamo alla sua chiamata. Sì, o lettore, forse compiaciuto o forse infastidito dal mio modo di argomentare; dall’inizio alla fine, l’avventura dell’uomo su questa terra è stata, è, e sarà tutta e semplicemente una questione d’amore: amore dato, amore negato, amore corrisposto, amore rifiutato, amore esaltato, amore oltraggiato, ma sempre tutto e solo in nome e in vista dell’amore. Questo è la via maestra per raggiungere il traguardo certo della salvezza. L’unica strada, in fondo, che ci ha veramente indicato Gesù e per cui ha anche accettato di sacrificarsi, e l’unica cosa per cui valga ancora la pena di vivere.

 

 

                                                               giuliobozzi53

poggibonsi, 18/05/20012

 

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