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PENSIERI IMMARCESCIIBILI (Parte seconda)

Post n°25 pubblicato il 24 Luglio 2012 da giugibzz1

 

 

31.Esultare per ogni gara vinta, prima del tempo conclusivo di qualsiasi torneo, e per di più chiassosamente e pubblicamente, è da autentici incauti. E’ come gridare gatto quando ancora non lo hai nel sacco. Inoltre, per gli scaramantici, ciò porterebbe anche iella. Così, mentre lo stolto fa baldoria, il saggio scuote il capo e mormora: “Aspettiamo e vediamo se la gallina farà o non farà l’uovo. Per il momento non ha fatto di nuovo coccodè”.

32.La verità è una meta che si sposta tanto più in là, quanto più noi ogni volta avanziamo per raggiungerla. Così, per quanti sforzi facciamo o faremo, le rimarremo sempre indietro.

33.Non so davvero se definire l’uomo, almeno un certo tipo d’uomo, ridicolo, presuntuoso, deficiente, o tutte e tre queste cose messe assieme. Sicuramente è un vanitoso senza uguli, e la vanità lo acceca e lo porta spesso a delirare. In questi giorni è proprio al limite della follia, per avere scoperto quella che è stata subito battezzata in modo iperbolico la particella di Dio, e secondo l’intervista di una notissima astrofisica italiana, però in un'età in cui purtroppo molti sono colpiti da arteriosclerosi, addirittura dio. La particella in realtà si chiama bosone, o particella di Higgs dal nome del suo scopritore. La questione, di non poco conto, è se adesso si dovrà buttare (via) buona parte della fisica precedente, e intanto a qualcuno sta fin da ora stretta pure questa nuova scoperta. Già si parla dell’esistenza di una super particella o particella x che deve essere trovata, della ricerca di super spazi e di super mondi, nei quali in realtà noi già vivremmo, sebbene inconsapevolmente. Ma chi li ferma più questi? Nemmeno la camicia di forza. E bisogna chiamarli anche scienziati e, oltre che pagarli profumatamente, magari ringraziarli. Ma ringraziarli di cosa? Dei loro frequenti dietro front? Per lungo tempo avevano teorizzato che noi esseri umani discendevamo dalle scimmie, oggi molti di loro non ne sembrano più tanto convinti. Molto probabilmente sentivano o sentono questa affinità perché è il loro comportamento a essere tipico delle scimmie. Così mentre la scimmia imita l’uomo e si sa come lo imita, loro imitano scimmiottandolo Dio. E concludo. L’uomo nei suoi super attrezzati laboratori, con le sue super attrezzate macchine, potrà scomporre la materia e ricomporla quante volte lo desidera, suddividerla in un numero imprecisato di particelle e sub particelle sempre più elementari ecc., ma non potrà mai ricreare la vita. Primo, perché lui stesso fa parte di questa vita, e per poterla avere tutta presente e in tal modo, se possibile, scomporla e ricrearla a piacimento, dovrebbe, innanzi tutto, fare proprio quello che evidentemente non può assolutamente fare, cioè uscire da essa. Secondo, perché la vita non è solo una questione di masse e di energie, bensì è soprattutto una questione d’idee e queste l’uomo non potrà mai ricrearle nei suoi laboratori, perché sono prodotte dalla mente. Le idee prime poi, quelle che sono il fondamento e l’origine di tutte le altre, escono dalla mente di chi ha creato l’universo e ha dato a esso un fine, e questi è Dio e lui soltanto. E l’idea di Dio quale ipotesi atta a spiegare la nascita dell’universo, non è, come le teorie dei nostri scienziati, risalente ad alcuni decenni o poco più e sempre in attesa di essere sconfessate da nuove scoperte, ma è vecchia di millenni, immarcescibile, nata in sostanza con l’uomo, che potrà negarla o affermarla, ma mai confutarla o demolirla, tanto meno in un laboratorio, perché trova spazio soltanto nella mente e nel cuore dell’uomo e si rende concreta in un libero atto di volontà da parte di quest’ultimo, come risposta alla chiamata del suo Creatore. “Tu non mi cercheresti, se non mi avessi trovato” (sant’Agostino).

34.Che cos’è in sostanza la verità? Un concetto? Un’astrazione? Un’opinione? Certo. Forse. Non saprei che dire. Ma nella storia dell’umanità, non era mai avvenuto e non avverrà mai più che un uomo, nella persona di un oscuro falegname di Nazareth, oltre che presentarsi con la pretesa folle di qualificarsi come Figlio di Dio, ne aggiungesse pure un’altra e non meno incredibile della precedente: quella di essere la verità. Non più quindi questa, un’idea da ricercare, studiare, ampliare, bensì un uomo da amare, seguire e al quale aderire incondizionatamente. Non più una questione in cui procedere cautamente per dubbi, con tentativi, per via di errori, ma un uomo, Dio stesso, a cui credere, assoggettarsi, dargli tutto noi stessi, senza esitazioni. Non più uno studio, una meditazione su di un argomento, un oggetto inerte, ma una sequela, un percorso da compiersi dietro un soggetto vivo, con un volto, un nome e una storia personale. Non più una fatica della mente, ma un’apertura del cuore. Ma ci pensate veramente? Una cosa da brividi, da febbre, da delirio d’amore! In realtà quante parole inutili nei nostri discorsi quotidiani, quanti concetti vecchi e triti nei nostri libri, quante banalità nei nostri dibattiti, quanti sproloqui nelle nostre affermazioni. Basterebbe invece che ci riempissimo il cuore, la mente e l’anima di una sola parola, e precisamente di un sol nome, il nome santo di Dio, per divenire in un istante e tutto insieme, la persona più sapiente, più saggia e più caritatevole di questo mondo. E allora addio libri, addio falsi maestri, addio falso progresso. Ma questo non l’abbiamo ancora fatto, non lo facciamo e non lo faremo mai. Piuttosto che rinunciare alla nostra vanità, che umiliarci scendendo dal nostro vano orgoglio, siamo disposti a rimettere in croce Gesù e ad attendere, come folli inebriati che corrono inconsapevoli verso la propria rovina, che l’ira divina si riversi definitivamente e implacabilmente su di noi. In fondo, a ciascuno quel che si merita.

35 Quando l’uomo manca di visibilità nel campo delle idee, conseguenza della sua incapacità a riflettere e a proporre buoni e utili argomenti, e ciò nonostante vuole ottenerla ad ogni costo, si affida così all’immagine, in specie a quella del proprio o altrui corpo, che espone in varie pose, senza badare al ritegno, finendo perciò molto spesso nel cadere in un sicuro e manifesto cattivo gusto e in una pessima trivialità.

36.L’uomo, perlomeno lo stolto, recalcitra, non vuole sottostare minimamente alla benefica e paterna autorità di Dio e finisce così col rimanere soggiogato a quella molto spesso proterva o tirannica di un suo simile. E’ in ciò, come chi volendo intraprendere una gara ippica, disdegnasse salire su di un cavallo per preferire la groppa di un asino. Quanto pensate che andrà lontano? E soprattutto con chi se la dovrà prendere se non con la sua insipienza?

37.Virtù teologali: fede, speranza e carità (la più grande, ci dice l’apostolo, è la carità). Virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. I sette vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. I dieci comandamenti (non avrai altro Dio al di fuori di me, non farti immagini per prostrarti davanti a esse, non nominare il nome di Dio invano, ricordati di santificare le feste (o, per gli ebrei, il sabato), onora il padre e la madre, non ammazzare, non rubare, non commettere adulterio, non dare falsa testimonianza, non desiderare le cose d’altri), che Gesù riassume mirabilmente in due: 1) Ama il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e: 2) Ama il prossimo tuo come te stesso. Ecco, basterebbe avere presente, ogni volta che dobbiamo agire, questo piccolo schema di comportamento morale e naturalmente, per proprio e altrui profitto, adeguarvisi, che avremmo potuto fare a meno di scrivere forse milioni di libri di etica e credo pure di altre materie affini o ruotanti attorno ad essa. Quanta carta sprecata quindi, quanti alberi sacrificati inutilmente alla vanità di migliaia di scrittori di tutte le parti del mondo, quanto ossigeno tolto al respiro di questa natura sempre più malata per mancanza d’aria pura! Mi chiedo: Ma ne valeva o, vista l’attività senza sosta di ancora tanti scrittori, continua per davvero a valerne la pena?

38.Solo in Gesù, verità fattasi carne, è possibile conseguire la verità tutta intera, raggiungerne la meta. Se difatti andiamo a lui, essa non si allontana né sposta ancora più in là, quanto più noi avanziamo verso di essa, il suo punto d’arrivo come nella ricerca speculativa o scientifica, ma si fa sempre più vicina, perché il Maestro ci viene incontro a mezza strada. Se poi ti allontani dalla verità non disperare, perché egli non ti abbandona, ma ti viene a cercare lo stesso e non smette di farlo finché non ti ha trovato. E una volta ritrovatoti, dubito che lasci che tu ti smarrisca di nuovo. Egli, infatti, è anche luce (lampada ardente) e amore e così dissolverà, oltre che ogni errore, ogni ombra di dubbio dalla tua mente e d’indolenza dal tuo cuore, affinché la tua aderenza a lui sia perfetta. Devi solo rispondergli, sì.

39.Esistono in circolazione riviste e nella rete siti di chiara matrice cattolica, che ci propongono una fede, un modello di devozione, fatto per lo più d’immagini e tra le più svariate, spesso di cattivo, anzi di pessimo gusto e del tutto stereotipate e quindi false, rappresentanti in primo luogo Gesù e Maria, ma seguite a ruota da quelle dei santi più popolari, tra cui sono da annoverare sicuramente quelle riferentesi al padre putativo di Gesù, il carpentiere san Giuseppe. Ma questo, lasciatemelo dire, è un modo distorto e aggiungerei pericoloso, di far passare il messaggio della fede cristiana. Inoltre è infantile. Costoro sono regrediti per qualche ragione oscura all’infanzia, al catechismo dei bambini, o non si sono mai mossi da quelle posizioni. Non masticano cibo solido, ma sono ancora al latte spirituale, al biberon o poppatoio della fede. Mi spiace dirlo ma è così. Gli atei ci ridono dietro, e a ragione. Almeno facciamoci rispettare dai nostri avversari, se proprio non vogliono crederci. Provate a crescere, perciò, o nostalgici dell’infanzia. Se non altro fate uno sforzo in tal senso. Penso che alla fine sia principalmente una questione di buona volontà. E voi preti non supportate più un tal genere di devozione. Aiutate a maturare in modo definitivo i vostri parrocchiani, altrimenti ne pagherete un giorno le inevitabili conseguenze: quelle d'essere stati amministratori incapaci e infedeli delle cose di Dio. Nessun uomo ama passare per un fenomeno da baraccone, figurarsi Dio! In questo genere distorto di fede popolare, fatto di santini, statuette, coroncine, medagliette e quant’altro, si rasenta, manco a dirlo, la bestemmia. La chiesa possiede ben altri e più maturi argomenti per proporre il suo messaggio di salvezza. Li usi una buona volta, o comunque li usi da soli, senza farli accompagnare da altri di dubbia provenienza e di scarsa solidità, evitando in tal modo di inquinare la purezza del messaggio originario espresso dai libri del Nuovo Testamento, depositari primi e custodi infallibili della retta interpretazione della fede cristiana. Non più, quindi, auguriamoci per un futuro a noi prossimo, una chiesa manovrata dalla superstizione di una massa in buona parte ignorante e sovente intollerante, ma finalmente una chiesa, com’era ai tempi degli apostoli, guida e maestra di un popolo, il popolo di Dio, da portare all’adulta fede spirituale. “Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”. E non l’ho detto io, ma Gesù: Gv.4:24.

40.Come sappiamo, la strada maestra che collega la terra al cielo, il filo diretto e privilegiato che ci mette in contatto con Dio, è la preghiera. Gesù, ma anche le altre religioni, non cessa mai di raccomandarla. Ma come pregare realmente? Moltiplicando le parole, e ostentandola, per essere notati dagli uomini, magari con un cuore che tace, o, viceversa, con la lingua che tace o è parca di parole, ma con un cuore ricolmo, che trabocca di desiderio verso Dio? Gesù e i più grandi santi e i più grandi mistici di tutti i tempi non hanno avuto alcun dubbio nello schierarsi con la seconda delle due domande posteci. Puoi dire anche una sola parola e ripeterla quante volte vuoi, e pregare con ciò lo stesso efficacemente se dietro c’è l’intensità del desiderio. Ma a cosa ti servono diecimila parole se celano l’aridità del tuo affetto verso Dio, il raffreddamento del tuo desiderio o, peggio ancora, la durezza del tuo cuore? Come pregò Gesù nell’orto del Getsemani? Ripetendo per ben tre volte poco più di dieci parole, ma con un’intensità tale da fargli mutare, ad un certo punto della sua agonia, come ci narra l’evangelista Luca, il suo sudore in gocce come di sangue che cadevano per terra. Concludendo: “Se tu desideri sempre, tu preghi sempre, anche se la lingua tace” (sant’Agostino).

41.Se vuoi propagandare efficacemente un tuo messaggio o una tua idea che consideri di particolare importanza e serietà, non metterti a fare il maestro, né il cattedratico, o, peggio, il predicatore dal proprio pulpito domenicale, perché è facile che pochi, se non nessuno, ti ascoltino, tanto più se il tuo messaggio non solletica le orecchie del tuo uditorio, ma risulta sgradito, e allora il tuo insuccesso sarebbe garantito. Ma sii, per chi tu vuoi che ti ascolti, come un insetto, più precisamente una zanzara pungitrice e succhiatrice, o una fastidiosissima, insistente, insopportabile e ripugnante mosca, capaci di farti perdere la calma, che quanto più le scacci tanto maggiormente ritornano, fino a che, o tu riesci a liberartene, con modi talvolta anche drastici, o saranno loro ad averla vinta su di te, lasciandoti fiaccato ed esausto. Deve essere la tua una battaglia, soprattutto se è quella combattuta per la fede, in cui o si è vinti o vincitori, altra possibilità non esiste.

42.Cosa ce ne facciamo di quei sogni che servono a nascondere la realtà e non a scoprirla, a narcotizzarla e non a vivacizzarla, a limitarla e non a spostarne i confini, ad odiarla e rinnegarla e non ad amarla e ad accettarla. Niente, ma proprio niente. Sono solo sogni sterili di alienati dell’esistenza, di disperati del quotidiano, di bambini che non cresceranno più.

43.Quando si comunica un qualcosa; allorché sentiamo in noi l’esigenza di trasmettere un nostro o altrui pensiero, abbiamo con ciò anche il dovere, se non la responsabilità morale, di considerare massimamente colui che ci sta di fronte: un uomo, uno come noi, fosse anche il più abietto, il più meschino, Il più depravato, il più brutale fra i suoi simili, così da proporgli la verità e non l’errore, la virtù e non il vizio, la speranza e non la disperazione, la vita e non la morte.

44.Spesso essere ignorati è un indice d’apprezzamento migliore che il ricevere pubbliche e sperticate lodi.

45.Quando sei lodato, considera innanzi tutto chi è colui, o sono coloro, dal quale ti proviene un tale apprezzamento.

46.Quando ti vieni a trovare tuo malgrado in un deserto ed ardi per l’arsura, anche una goccia d’acqua può sembrarti il mare.

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Montalbagnosono
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