Creato da blujocker0ne il 22/08/2006

European Front Line

Spazio di resistenza culturale e civile della cultura Europea

 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

CONTROINFORMAZIONE:INFORMAZIONE NON CONFORME

http://www.tortugatv.org/

http://www.noreporter.org

http://www.casapound.org

http://www.vivamafarka.com

News & Politica nazionale  internazionale, iniziative culturali e politiche NON conformi:tutto ciò che altrove non vi dicono e di cui si guardano bene di parlare.

Un altra chiave di lettura della realtà Italiana e intenazionale oltre la possibilità di partecipare a forum e dibattiti. Presto altri aggiornamenti e nuovi links.

 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 11
 

ULTIME VISITE AL BLOG

blujocker0necurlandiablualbaaricla917petricadg100giovanedestra_leccofiammetta.1963BRUTTOSTARESOLIkissesdgl10ludwig.csailata76licomodepcapotostoMarquisDeLaPhoenix
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

 

 

 

 

 

 

« A 126 Anni dalla nascita...UN ESTATE NON CONFORME..... »

LA MADRE DI TUTTE LE STRAGI: LA STRAGE DI BOLOGNA

Post n°53 pubblicato il 01 Agosto 2009 da blujocker0ne

L'autore di questo articolo è Ugo Tassinari,intellettuale di sinistra.Motivo per cui sarà occasione di doppia riflessione il fatto che non solo la Destra Radicale denuncia l'innocenza di Ciavardini e le manipolazioni di una "giustizia di stato"asservita a logiche clientelari, ma tutti coloro che hanno un cervello e lo sanno usare.

Ripubblico buona parte del capitolo dedicato alla strage di Bologna in "Naufraghi".
Il 27 giugno 1980 un Dc9 Itavia in volo da Bologna a Palermo cadde tra l'isola di Ponza e l'isola di Ustica causando la morte di 81 persone tra passeggeri ed equipaggio. Un cedimento strutturale dell'aereo fu la causa cui immediatamente venne attribuita la ragione del disastro che apparve quindi nella contestualità del suo verificarsi agli occhi dell'opinione pubblica soltanto uno dei ricorrenti incidenti che funestano il traffico aereo. Poco più di un mese dopo, e cioè il 2 agosto 1980, un ordigno esplosivo abbandonato nella sala d'attesa di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna deflagrava intorno alle ore 10,25 cagionando la morte di 85 persone e il ferimento di numerose altre, molte delle quali riportavano lesioni gravi o gravissime. Enorme fu l'impatto su un'opinione pubblica che, a sei anni di distanza dalla strage dell'Italicus e pur provata da un sanguinoso decennio di tensioni altissime, restò attonita dinanzi a quello che ben presto si sarebbe rivelato un attentato doloso dalle conseguenze senza precedenti.
La relazione del senatore Giovanni Pellegrino, presidente diessino della Commissione stragi nella scorsa legislatura, evidenzia immediatamente il collegamento tra le due stragi che funestarono l'estate del 1980. Il primo ad avanzare questa ipotesi, già il 5 agosto 1980, in sede di comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza, era stato l'onorevole Antonio Bisaglia, all'epoca ministro dell'industria:
"Dal verbale, che è peraltro redatto in forma riassuntiva e non stenografica, non sembra che l'onorevole Bisaglia aggiunga alcun dettaglio in ordine alla fonte della sua informazione e ai contenuti della stessa. Ed anzi lo stesso onorevole Bisaglia, in un suo secondo intervento, sembrò adeguarsi alla tesi prevalente della riferibilità della strage di Bologna alla destra eversiva senza alcun ulteriore accenno al presunto collegamento con il disastro di Ustica. Tuttavia il primo riferimento dell'onorevole Bisaglia appare non privo di interesse indagativo atteso che nei primi di agosto del 1980 la tesi ufficiale era che il Dc9 dell'Itavia in volo da Bologna a Palermo fosse precipitato per effetto di un cedimento strutturale".
Il giorno prima, rispondendo alle interrogazioni urgenti in parlamento, il presidente del consiglio Francesco Cossiga non aveva esitato a indicare la “scontata” pista nera. Dieci anni dopo, nel suo strenuo impegno di “picconatore” dal Quirinale avrebbe poi coraggiosamente chiesto scusa per la falsa accusa.
Nella sua relazione Pellegrino sottolinea che "lo spunto investigativo è apparso alla Commissione interessante perché trovò riscontro nell'affermazione piuttosto netta di un possibile collegamento tra il disastro di Ustica e la strage di Bologna che il prefetto Parisi, capo della polizia, aveva fatto a questa Commissione in due successive audizioni. [...] Una tesi analoga è stata, come è noto, di recente avanzata con lucidità e forza in sede saggistica dal senatore Zamberletti, che ha collegato gli eventi di Ustica e di Bologna ad una possibile reazione della Libia all'accordo raggiunto, nella stessa estate del 1980, dall'Italia con il governo di Malta per assicurare protezione militare a questo Paese e sganciarlo in tal modo dall'influenza libica".
Allo stato dei fatti, un quarto di secolo dopo, le cause del disastro di Ustica sono ancora avvolte nel mistero - e i responsabili impuniti - mentre Bologna è l’unica strage che ha visto condannare definitivamente militanti neofascisti. L’attacco alla Questura di Milano compiuto da Gianfranco Bertoli – al di là della sua rivendicazione di identità politica – rientra come modalità organizzative in una tradizione anarchica che affonda le sue radici nel “fosco fin del secolo morente”. Dal suo canto, ha qualche ragione l’organizzatore dell’autobomba di Peteano, l’ordinovista missino Vincenzo Vinciguerra, a sostenere che, al di là della fattispecie giuridica, la trappola mortale contro i tre carabinieri è cosa sostanzialmente diversa dall’esplosione di un ordigno su un treno o nel salone di una banca.
Così Valerio Fioravanti, la figura più nota e più controversa della “giovane guardia” del terrorismo nero, si è trovato schiacciato da una sentenza definitiva per la strage della stazione insieme alla mo­glie Francesca Mambro e a Luigi Ciavardini, loro sodale per una brevissima stagione, una condanna che ha l’insopportabile marchio dell’errore giudiziario. Nel corso degli anni è crollato l’intero castello accusato­rio, che vedeva un triplice li­vello orga­nizzativo (il cervello formato da Gelli e dai vertici piduisti dei servizi segreti, la rete di trasmis­sione composta dai leader storici della destra extraparlamentare golpista – da De Felice a Signorelli - e il braccio armato dai ragaz­zini del mucchio selvaggio spontanei­sta) e un unico disegno strate­gico eversivo, manifestato in un crescendo di agguati e di attentati dal 1978 al 1980 e che non escludeva il ricorso ad attività stragiste. Il preconcetto che a provocare la strage fosse stata la solita "fascisteria" orienta da subito le indagini e la repressione giudiziaria genera un dispositivo di "profezia che si autoavvera", favorendo quella radicalizzazione dell'ambiente che velleitariamente aveva tentato di suscitare l'escalation militare innescata dalla banda Fioravanti-Cavallini.
Nella riunione del Ciis appare largamente prevalente la tesi della riferibilità della strage di Bologna alla destra eversiva, soprattutto sulla considerazione che si trattava di un attentato con obiettivo indiscriminato, analogo a numerosi altri attentati dinamitardi attribuiti alla stessa matrice, e che, come tale, appariva già nel 1980 e in una qualificatissima sede di governo estraneo alle modalità operative del terrorismo di sinistra, pur ancora fortemente attivo nel Paese. Tuttavia non mancano nel verbale riferimenti ad un possibile collegamento dell'attentato di Bologna con fatti eversivi di carattere internazionale.
E così decine di giovani che sono sulla soglia del passaggio alle armi saltano definitivamente il fossato e vanno ad affollare i campi di addestramento della Falange in Libano, forza paramilitare di estrema destra cristiana, impegnata in una guerra civile dispiegata con i palestinesi e le milizie filosiriane. Molte vite ne usciranno variamente triturate.
Dal suo canto Fioravanti, che pure si è mac­chiato di feroci e inutili delitti per “isteria” – si è poi giustificato – non ha ucciso né Mattarella né Peco­relli (come è stato dato per scontato per anni, anche in motivazioni di sentenze) e quindi non può essere considerato il “killer della P2”. Né del resto ha mai compiuto in vita sua un solo “attentato” dinamitardo. Mazzate, coltel­late e pistolettate tante, sin da ragazzino, ma Valerio, con i “botti” non ci ha mai giocato, a differenza di tanti camerati, a cominciare da Cristiano, che ci ha quasi lasciato una mano. Con i bombaroli del Movimento rivoluzionario popolare, Valerio non ha mai avuto rapporti. Anzi, da Lele Macchi era diviso da una fiera ostilità competitiva. Con il capo, Ca­lo­re, ha fraternizzato in car­cere nel­l’estate ’79, dopo la campa­gna di attentati antiistituzionali (Csm, Regina Coeli, Farnesina, in frenetica successione tra il 14 e il 24 maggio) culminata nell'attentato fallito a piazza Indipendenza sotto il Csm, in coincidenza con la sfilata degli alpini.
Nel pro­cesso di Bo­logna nessuno dei quadri di vertice del Mrp era imputato. Alla fine l’unico testimone a carico di Valerio e Francesca è rima­sto Sparti, un vecchio malavitoso romano, una sorta di “padre adottivo” di Cristiano. Un personaggio che si guadagnerà l’impu­nità avallando le accuse contro la coppia e che invece andrebbe sottopo­sto a un vaglio critico per il suo ruolo nell’intreccio tra mala­vita romana e servizi segreti, per i rapporti con il falsario autore del falso volantino n.7 delle Br durante il sequestro Moro. Anche lo specifico elemento di accusa – una minacciosa richiesta di do­cumenti falsi due giorni dopo la strage - è dal punto di vista logico piuttosto una prova di innocenza: due clandestini, già re­sponsabili di alcuni omicidi (Fioravanti quattro: il compagno Scialabba, i poliziotti Arnesano ed Evangeli­sti e il giudice Amato, la Mambro gli ultimi due), prima di compiere una strage di quella portata si premu­niscono di documenti falsi, se non li hanno già. Gli stessi magistrati che giudicheranno Ciavardini per la strage della stazione di Bologna rilevano una evidente contraddizione nella tesi accusatoria: "a distanza di pochissimi giorni da quel fatidico 2 agosto la coppia ancora si barcamenava tra più date di partenza; e, cosa ancora più importante agli strettissimi fini che interessano questo processo, Ciavardini ancora non sapeva nulla, o non sapeva abbastanza, di quel che andavano facendo e preparando Valerio e la Mambro in quei giorni, visto e considerato che egli aveva nel frattempo dato appuntamento alla Venditti e agli altri amici per andarsi a svagare il 2 agosto a Venezia: laddove la disdetta da lui poi data alla vigilia di quella partenza (questo uno dei capisaldi dell’ Accusa) può sì significare che Ciavardini aveva a quel punto altro da fare, ma può anche significare che era stato informato di quel che s’ andava preparando solo all’ immediata vigilia dei fatti".
Romano Ricciotti, il procuratore dei minori che in primo grado ha chiesto l'archiviazione del procedimento a carico di Ciavardini, in un libro intervista in corso di pubblicazione si dice sorpreso della decisione della Corte d'appello che ha condannato il presunto autore materiale della strage e definisce queste testimonianze “voci, e non dichiarazioni precise, peraltro inattendibili per diversi motivi”. Il magistrato sottolinea l’incongruità nella dinamica del viaggio da Treviso a Padova. Per quale motivo, si chiede lo stesso Ciavardini "dei quattro partiti da Treviso per andare presumibilmente a mettere la bomba a Bologna, tre (io, Mambro e Fioravanti) sarebbero colpevoli mentre il quarto, Gilberto Cavallini, per la Corte d'appello sarebbe sparito nel nulla. Si è fermato a Padova? E cosa fa credere che lui si sia fermato e io no?".
L’ imputato nega anche l’altro principale indizio a suo carico, la telefonata a Cecilia Loreti per consigliarle di non prendere il treno per Venezia proprio il giorno della strage e riduce a “voci di radio carcere” le accuse di alcuni pentiti: "Non è andata proprio così. Non ricordo telefonate fatte in questi termini così come non le ricorda, da quanto risulta dai verbali degli interrogatori, nemmeno la Loreti. E poi è stato accertato che nessun treno diretto dal Sud a Venezia sarebbe passato quel giorno per Bologna. (…) Nessuno mi ha visto a Bologna quella mattina. Angelo Izzo dichiarò di aver sentito da Raffaella Furiozzi che a Bologna avevano agito Mambro, Fioravanti e un gruppo di ragazzi di Terza posizione. La Furiozzi disse a sua volta di aver appreso dal fidanzato Diego Macciò [ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia nel 1985, nda] che tra quei ragazzi c'eravamo io, Massimiliano Taddeini e Nanni De Angelis. Tuttavia un video amatoriale dimostra senza possibilità di smentita che quella mattina Taddeini e De Angelis erano al campo sportivo di Castel Giorgio, in provincia di Terni, per una partita di football americano".
Merita quindi rispetto l’accanimento con cui Valerio e Francesca respingono l’accusa, che in termini pratici non gli porta un solo giorno di più di carcere (e infatti ora sono tutti e due fuori: evidentemente anche i giudici di sorveglianza hanno qualche dubbio sulla loro effettiva responsabilità). La que­stione l’ha spiegata molto bene Francesca:
"Noi ci siamo presi gli ergastoli proprio per dimostrare che i fascisti non mettevano le bombe sui treni".
È lei la più decisa nell’affermare la loro innocenza e questa dif­ferenza è iscritta nelle opposte traietto­rie che li hanno portati a unirsi per la vita. Francesca proviene dalla militanza missina, nella periferia sud di Roma, tra forti istanze sociali e spinte movimentiste. E’ giunta alle armi per la stanchezza di veder morire amici inermi (Mario Zicchieri, Stefano Recchioni). Valerio, ragazzo prodigio in tv (la pubblicità dei formaggini poi il trionfo nazional-popolare della “Famiglia Benvenuti”), politica non l’ha mai fatta: ha cominciato a bazzicare l’ambiente per riportare a casa il fratello più piccolo che già a 12 anni si scontrava con i compagni di Monteverde. Con Cristiano è rima­sti coinvolto nell’escalation, da ragazzi della via Paal a guerriglieri urbani, per una serie di passaggi quasi indolori. Valerio ha indubbie qualità: cari­sma, coraggio, determinazione e ca­pacità mi­litare, ma di libri ne ha letti veramente pochi e riesce ad animare solo bande in cui il princi­pale legame è l’amicizia adolescenziale. Da questo limite deriva la tendenza alla litigiosità interna e allo spirito di scissione, oltre la soglia della paranoia, che finiranno per mettere capo alla tragedia di “Ciccio” Mangiameli. Questa è uno degli elementi di effettiva discontinuità con la generazione dei militanti del partito (armato) del golpe e dei gruppi legati a filo doppio agli apparati statali e di sicurezza atlantica. Alle vecchie organizzazioni gerarchizzate sono subentrate bande fondate su vincoli personali: una dinamica simila caratterizza, negli stessi anni, l’emergere sulla scena criminale dei “bravi ragazzi”, le batterie di giovani rapitori in radicale rottura con miti e riti della vecchia mala [Quadrelli 2004]. A Roma, alla fine degli anni ‘70, sono una decina le bande neofasciste in cui il vincolo politico-organizzativo di partenza è andato dissolvendosi, e così le attività illegali hanno finito per prevalere sull’impegno militante: in qualche caso gruppi partono per la tangente, più spesso intorno a singole personalità carismatiche, in rottura con l’ambiente o in fuga dalla militanza, si aggregano amici del bar e “pischelli” da muretto. Il “fare cose” come elemento aggregante e identitario rappresenta una evidente rottura con l’ambiente familiare e la vecchia guardia. Anche se Valerio è stato prosciolto per gli omicidi più inquietanti resta nel suo agire, nella breve stagione fuori e poi nei lunghi anni dei processi, più di un’ombra che ha contribuito a trasformarlo nel capro espiatorio perfetto. Molti boatos usati per attribuirgli la strage di Bologna (si è incontrato con Gelli, per suo conto ha ucciso un banchiere in Francia, e via fantasti­cando) sono stati alimentati da un clima di cre­scente ostilità, in parte de­terminato dal suo “discutibile” stile di lavoro. Gli pesa addosso il so­spetto che in più di una circostanza abbia lu­cida­mente “incastrato” i camerati, coinvolgendoli in delitti più gravi di quelli per i quali erano disponibili. A garan­tire l’odio del­l’area di Tp basta l’omicidio Mangiameli. Ucciso per errore di sopravvaluta­zione, come ha poi raccontato a Sergio Zavoli: "Fu preso da noi perché intendevo far­gli delle domande abbastanza precise; al di là del de­siderio di punire una per­sona con cui avevamo avuto diversi litigi, per vari mo­tivi, in questo clima di para­noia, volevo ca­pire cosa c’era sotto. Non riuscivo a capire che, in fin dei conti, Mangiameli era sem­plice­mente un uomo normale impelagatosi in un’avventura troppo grande. Adesso lo so, Mangiameli è morto soltanto per degli eccessi no­stri".
A isolarlo in carcere è la scelta di confrontarsi con i giudici, nello sforzo lu­cife­rino di limitare i danni, anche a costo di calunniare qualche coimputato. Fino alla de­cisione rovinosa di flirtare con Izzo e Calore sullo scivoloso terreno della ricostruzione storica dello stragismo, col risultato paradossale che i suoi compari hanno finito col “pentirsi” e nonostante le evidenti menzogne si sono conquistati la libertà e lui, che aveva preso le armi per dimostrare che i camerati ammazzano ma non fanno le “stragi vigliacche”, e pretendeva di incastrare gli “infami stragisti”, si ri­trova con vari er­gastoli e marchiato a vita come l’autore della strage più grave della storia repubblicana. Su quella fase Valerio ha fatto profonda autocritica. A Za­voli che gli chiedeva chi ci fosse dietro l’esplosivo ha risposto: "Non l’abbiamo mai saputo. Io ebbi l’impressione di intuirlo in determinati anni e mi sto accorgendo proprio in questi ultimi mesi di essere stato molto sciocco quando ho pensato di intuirlo perché ho dato troppo retta alle campagne di stampa. Diciamo che paradossalmente sono stato troppo antifascista, mi ero convinto anch’io, per un certo periodo, che die­tro le bombe dovevano esserci certi fascisti, non quelli che conoscevo io, non quelli a cui volevo bene io, ma un altro tipo di fascisti da cui noi sentiamo il bisogno di differenziarci".
Nella stessa occasione si sforza di giustificare, ideologicamente, il viaggio al limite dell’infamia: "Io ho un certo rispetto ideologico per il pen­timento. Per il tipo di cultura da cui provengo, per una certa forma di nichili­smo, l’uomo che riesce a rompere col suo passato, a passare sui vincoli, a ri­farsi una vita partendo da zero, può essere degno di rispetto; anzi va addirit­tura ammirato perché a volte dobbiamo intendere certi vincoli affettivi come una forma di debolezza. Perciò, da un punto di vista astratto, non posso prendermela con il pentito. Il pentito potrebbe essere una persona estremamente forte. Da un punto di vista intellettu­ale li potrei capire, da un punto di vista pra­tico, conoscendoli e cono­scendo le loro questioni processuali, non li capisco e non vedo alcuno spazio per condividere la loro scelta".
Una beffarda eterogenesi dei fini. Un’incapacità di con­trollare gli ef­fetti delle proprie azioni che sem­bra averne già segnato la carriera. Se si pren­dono per buone le ricostruzioni dei nume­rosi agguati organizzati appare un guerrigliero da “stato li­bero di Bananas”: niente si realizza secondo le pre­visioni. Non fosse una vi­cenda lastricata di lacrime e sangue ci sarebbe da ridere. Ovviamente non è così: la sua fredda “cattiveria” è fondamentale per il buon esito degli attentati. La sparatoria nel mucchio a piazza don Bosco si risolve con la morte di Scia­labba perché Vale­rio disincaglia la pistola e spara il colpo di grazia dopo essergli montato a cavalcioni. A Radio città fu­tura la sua abilità di tiro evita il disastro ma l’obiettivo dichiarato (imporre la tregua ai compagni con una dimostrazione di potenza a basso spargimento di sangue) si rovescia in un’impennata nel gioco delle vendette incro­ciate. Nel­l’omicidio (sbagliato) di Leandri, Valerio interviene per la scarsa mira del pistolero designato. Il resto del com­mando si fa imbotti­gliare nel traffico e si ar­rende ingloriosamente a due poliziotti male armati. Nell’arco di due anni Valerio è sempre in­tervenuto in seconda bat­tuta, per turare le falle. Qu­ando si mette in pro­prio, dopo la decimazione poliziesca dei vertici della destra armata (i leader di Fuan, Tp e Cla arrestati in quindici giorni) il gioco al rilancio diventa esplicito: uccide, sparandogli alla schiena, l’agente Arnesano che scappa, (e Vale ne parlerà come un patto di morte fir­mato in bianco); l’incur­sione al Giulio Cesare, programmata come un disarmo per «ridicolizzare la milita­rizza­zione del territorio» si trasforma in un tiro al bersaglio. Esemplare è la dinamica dell’omicidio Amato: un mese dopo aver agito a volto sco­perto davanti a decine di ragazzi, dopo aver curato l’inchiesta, manda Cavallini, latitante da anni, a uccidere il magistrato per non esporsi al ri­schio di un rico­noscimento. Era stato proprio Valerio a curare l’inchiesta sulle abitudini della vittima. Ai limiti dell’autolesionismo, è la gestione del delitto Mangiameli. Le ri­sibili e con­traddittorie motivazioni via via offerte (un ammanco di cassa, un atteggiamento pavido in azione, uno stile di lavoro non preciso) finiranno per le­gittimare, prima nell’ambiente e poi nella testa dei magistrati, il sospetto di chissà qualche soz­zeria da seppellire...

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/European/trackback.php?msg=7466850

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
thyrdagaz
thyrdagaz il 02/08/09 alle 01:04 via WEB
Eja, tasto dolente ... Ciavardini sta finendo di scontare interamente in semilibertà ! Dopo 29 anni non hanno ancora avuto il coraggio e l'onestà di ammettere che quella sentenza fu una farsa ! Senza dimenticare Nanni ... Nemmeno i magistrati che comminarono gli ergastoli avevano il minimo sospetto dui tre eccellenti condannati ... CHE VERGOGNA ! un saluto legionario THYR
 
thyrdagaz
thyrdagaz il 02/08/09 alle 09:22 via WEB
Buongiorno Blu, questa canzone tanto per non scordare : http://www.youtube.com/watch?v=5SPBndi0nAs&eurl=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Freqs.php&feature=player_embedded un saluto legionario Thyr
 
maresogno67
maresogno67 il 02/08/09 alle 11:34 via WEB
ogni strage ha il suo alone nero che copre i morti ed i relativi colpevoli
 
blujocker0ne
blujocker0ne il 03/08/09 alle 11:04 via WEB
Ho riportato questo articolo di Tassinari e non altri di illustri camerati nonchè intellettuali di Area per sottolineare,nonostante alcune differenze di lettura di Ugo,che chiunque dico chiunque aldilà delle proprie opinioni politiche e delle personali posizioni se è in buona fede NON può pensare che la sentenza che condanna Ciavardini e gli altri sia una sentenza logica,motivata e equa.E' una sentenza politica atta a giustificare un quadro di indagini e pregiudizi politici che hanno guidato e motivato le azioni e i fatti di quegli anni bui.Nulla a che vedere con il concetto di astrattezza della legge, nulla a che vedere con la ricerca della verità. Ma avremo modo di parlarne in altri post.Come non c'è obiettività sulla guerra civile non c'è stata obiettività nella disanima di tanti fatti della nostra storia recente.Oggi noi chiediamo verità e lo urliamo: verità e giustizia per le vittime e per gli innocenti che stanno pagando per quelle vittime...qui hanno pagato solo gli innocenti,vogliamo i colpevoli e le responsabilità attribuite a chi a creato quel clima e quelle tragedie.
 
 
santodopo
santodopo il 04/08/09 alle 16:23 via WEB
Si, vorrei la verità . Mi piacerebbe sapere i veri motivi di tanta inutile crudeltà. Accetto lo scontro ideologico , talvolta quello fisico, ma è inaccettabile uccidere qualcuno perchè ha idee diverse.Non è da fascista accettare l'omicidio , almeno nella mia concezione di fascista. Un saluto a Te , Amico mio
 
thyrdagaz
thyrdagaz il 05/08/09 alle 17:20 via WEB
ciao Blu, penso di aver completato la raccolta del materiale per stendere il post correlato all'anniversario della strage di Bologna e alla recentissima libertà ... condizionale di Fioravanti. Un camerata (che tra l'altro mi ospita in questi giorni) mi ha "recuperato materiale del 2007-2006 ed anche antecedente non catalogato. Vero come dici che questa è la madre di tutte le stragi, ma ... correndo il rischio dell'ennesima bannatura io commenterò la FARSA DELLE FARSE : IL PROCESSO SULLA STRAGE DI BOLOGNA ! un saluto legionario Thyr
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963